16 - Never Land

Faceva freddo. L'aria sferzava sul viso come una frusta, gelandogli le guance e il naso, che spuntava da sotto la sciarpa di cachemire.

Non smetteva di chiedersi perché Darrell avesse insistito tanto per uscire a quell'ora, lasciando Logan assieme a Gabriel. Tuttavia non si era azzardato ad aprire bocca, ancora pieno di sensi di colpa per quanto accaduto a Short Strand. Lo aveva seguito senza fare domande, con le mani in tasca e gli occhi bassi, mentre la sua mente spaziava e tornava indietro, alla colazione che aveva consumato a tozzi e bocconi di fronte al fantasma che Gabriel aveva lasciato in cucina.

Poi, raggiunto il grosso cancello in ferro battuto del Miltown Cemetery, si era trovato a deglutire a vuoto, con la gola improvvisamente secca e un lungo brivido che gli aveva fatto tremare le gambe. A quel punto aveva spostato lo sguardo su Darrell per dire:

«Un cimitero, davvero? Perché mi hai portato qui?». Le sopracciglia aggrottate e il dubbio sotto pelle. Subito pensò che volesse parlargli di qualcosa di molto personale e si sentì a disagio, inadeguato, terribilmente fuori luogo. «Non vorrai farmi conoscere i tuoi genitori, spero» ironizzò, cercando di tenere a bada il dubbio che potesse essere davvero così.

Lui sorrise e, continuando a guardare di fronte a sé, si lasciò sfuggire un leggero suono divertito. «Sarebbe carino, Rondinella, una trovata davvero romantica» mormorò. Sollevò appena il capo verso la croce latina che si trovava sulla sommità dell'ingresso, dopodiché chinò lo sguardo in terra. «Ma no, non credo che il nostro rapporto sia così maturo per poter fare una cosa del genere.» Detto questo gli lanciò un'occhiata di sguincio e fece spallucce. Ghignò sardonico, gli vide muovere un passo verso sinistra per allontanarsi e scosse la testa. «Ho deciso di portarti qui per un altro motivo» spiegò. «Perciò seguimi senza fare domande.»

Randy storse appena le labbra e distese le sopracciglia. Dubbioso, batté le palpebre una sola volta. Si lasciò andare a un sospiro, osservando le spalle di Darrell, il quale, avanzando per primo, lo superò oltre la soglia del cancello. E lui gli fu subito dietro, mormorò: «D'accordo. Niente domande, promesso». Lo vide annuire e gli sentì dire:

«Bene».

Non emise un fiato, camminò in totale silenzio per quasi un chilometro. La testa piena di pensieri, di domande, e il cuore che gli batteva forte nel petto. Si sentiva strano, perciò continuava a guardarsi attorno a rimirare le tante tombe tutte uguali. Era come se quell'ambiente gli fosse familiare, tuttavia non riusciva a sopportarlo.

Così, stringendosi nel cappotto color cammello, cercò di farsi il più piccolo possibile per dimenticare il periodo trascorso all'interno de Il Grande Drago Rosso.

Darrell accelerò lungo il viale che costeggiava una lunga schiera di lapidi, poi si bloccò di colpo, venendo letteralmente colpito dietro la schiena dalla fronte di Randy.

«Cazzo, avvisa!» imprecò a gran voce. Si aggrappò al suo cappotto e, dopo aver aggrottato le sopracciglia, mosse un passo indietro.

Fece strusciare la suola delle scarpe sull'asfalto e schioccò la lingua sul palato. Sollevò il mento e lo fissò, scoprendolo intento a osservare l'incisione su una lapide in marmo verde. Trattenne il fiato e giurò che il proprio cuore potesse smettere di battere in quell'esatto momento, quando lesse:

«Lucia Walsh». Il tono sommesso e le lettere che quasi stentavano a uscirgli di bocca. Non riuscì a chiudere le labbra, sentendole improvvisamente gelate e arse, e si girò completamente nella direzione di Darrell, scrutandone il profilo con gli occhi sgranati. «Cosa significa? Lucia è morta?» riuscì a dire in un sussurro.

«Sì» assentì. «È morta poco dopo la nascita di Logan.» Sul suo viso si dipinse un'espressione strana, contratta, amara, mentre si strinse nelle spalle. «Dicono che sia stata depressione post-partum, ma io continuo a pensare che avrei potuto fare qualcosa per impedirlo. Sono stati i sensi di colpa a ucciderla. Non dormiva la notte, continuava a rimproverarsi per aver scelto me anziché Gabriel. E aver fatto nascere Logan è stata solo l'ultima goccia. Probabilmente non sopportava lo sguardo dell'uomo che aveva abbandonato sull'altare.» Serrò i denti e indurì i muscoli del viso. «Non avrei dovuto permetterle di avvicinarsi, non avrei dovuto amarla» disse, gemette.

«Che idiozia» sibilò.

Darrell aveva lo sguardo perso, vitreo, fisso sulla lapide di Lucia, e le labbra serrate: pareva troppo distante per essere raggiunto; perlomeno così si disse Randy quando, girandogli attorno, gli si piazzò di fronte e gli prese il viso tra le mani per sollevarlo.

Occhi negli occhi con lui, disse: «Tu non hai colpa, Darrell».

Batté le palpebre, come riscosso da uno stato di trance, e sussultò. Poi sorrise e gli carezzò le dita, prima d'intrecciarle con le sue. Lo vide arrossire, forse per l'imbarazzo, ma non muoversi. «Attenta, Rondinella, sto per baciarti» disse. Il suo sorriso si allargò sornione. «Puoi spostarti, se vuoi, ma non picchiarmi, per favore» sussurrò, avvicinandosi lentamente al suo viso.

E lui non si mosse, socchiuse solo gli occhi per guardarlo attraverso le ciglia. Immobile, sentì la pressione delle sue labbra e schiuse le proprie, lasciandosi catturare dalla sensazione che provava in fondo al petto. Gli carezzò una guancia e infilò le dita tra i suoi capelli, mentre percepiva il contatto lieve della sua lingua. Non si ritrasse, non quella volta, e assecondò i suoi movimenti, lambendolo piano, fin quando non lo sentì mugolare.

Allora Darrell fece scorrere una mano dietro la sua schiena e lo attirò a sé, stringendolo in un abbraccio improvviso e passionale, che, ne era certo, gli mozzò il respiro. Affondò nelle sua bocca con più veemenza, cercandolo e catturandolo. Infine si scostò, e lo fece a fatica, solo per riprendere fiato. Gli occhi lucidi d'eccitazione e il timore che Randy si fosse già pentito di averlo assecondato. Non disse una parola, ma lo guardò dritto negli occhi, in attesa di una sua reazione.

Nonostante ciò, questi restò immobile. Le guance paonazze e le labbra turgide, Mosse un passo indietro per allontanarsi e subito dopo provò una strana sensazione di vuoto. Aveva lo stomaco in subbuglio, le gambe molli e la testa leggera. Non gli era mai capitato di sentirsi in quel modo, perciò batté le palpebre e disse: «Non avremmo dovuto farlo».

Darrell si lasciò sfuggire un'esclamazione divertita. Non era la prima volta che qualcuno gli diceva una cosa del genere, così spostò istintivamente lo sguardo verso la lapide di Lucia. «Non avremmo dovuto? Davvero?» chiese. «E perché?»

Randy non rispose, lo guardò solamente e faticò a trovare le parole giuste. Scchiuse le labbra, poi gli sentì dire:

«Non ti è piaciuto, forse? Sai, non sembrava».

«Vaffanculo» sputò rabbioso.

«Perché? Perché cerco di capire quello che ti passa per la testa?» Si mosse verso di lui e allungò un indice inquisitorio nella sua direzione. Restrinse perfino lo sguardo, mostrandosi astioso, irritato. «Oppure ti senti in colpa?»

«In colpa per cosa? Cosa stai insinuando?» Schiaffeggiò la sua mano e digrignò i denti. «Io non sono Lucia. Ficcatelo bene in testa, razza di stronzo! Cos'avevi intenzione di fare, portarmi qui per pensare a lei? Quanto cazzo sei perverso?» Lo colpì al petto con entrambe le mani, spingendolo lontano in un moto di rabbia, che aumentò di fronte alla sua espressione vacua. «Rispondi» insistette. «Non stare lì impalato, di' qualcosa!»

Darrell si umettò le labbra e, fissandolo, socchiuse gli occhi. «Non è come sembra, hai frainteso tutto.»

«Allora spiegati» lo spronò con le sopracciglia aggrottate. «Perché mi tratti come se fossi solo una copia mal riuscita, e questo non lo sopporto.»

«Hai usato le sue stesse parole. "Non avremmo dovuto farlo"» citò. Un ghigno di scherno verso se stesso, poi lo sguardo basso e il tono che perdeva sicurezza. «Sono un essere umano, Randy.»

Sentendo il suo nome, Randy capì che Darrell era serio e deglutì a vuoto. Restò in silenzio, pieno di sensi di colpa, e lo ascoltò.

«Tento di aprirmi con te, di avvicinarmi, di raccontarti ciò che riguarda il mio passato, e tu non fai altro che ferirmi.»

Chinò lo sguardo a sua volta e infilò le mani in tasca alla ricerca di un po' di calore. «Non voglio ferirti» disse.

«Eppure lo fai. Un attimo prima mi dai una speranza, quello dopo ti ritrai e ti chiudi a riccio senza un motivo.» Fece spallucce, aggiungendo: «Se ne avessi una, potrei mettermi l'anima in pace, credo».

«È solo una tua impressione» borbottò. Venne subito fulminato dal suo sguardo deciso e si mordicchiò l'interno di una guancia. «Ho detto che non avremmo dovuto farlo perché non mi conosci. La mia vita è incasinata e potresti passare dei guai ad avvicinarti come vorresti.»

«La vita di tutti è un casino, Randy. Anche la mia lo è. Abito con mio fratello e bado da solo a un bambino che ha appena un anno.»

Lui scosse la testa e, alzando la voce, lo interruppe con un: «Non capisci». Gli vide strabuzzare gli occhi, eppure continuò: «Non parlo di questo, parlo delle persone che mi stanno cercando. Sei già stato ferito, non potrei sopportare che ti venisse fatto del male a causa mia». Aggrottò le sopracciglia per essere più convincente e serrò i pugni nelle tasche. «Lo hai detto tu: hai un figlio piccolo. Pensa a lui, cazzo.»

«Quindi non posso avvicinarmi a te, perché non vuoi» soffiò contrariato. «Non posso farlo perché ti preoccupi per me.» Non ottenne risposta e rimase immobile, osservandolo senza più dire una parola. Non sapeva se considerarla una sorta di vittoria o una sconfitta colossale. Erano sentimenti, quelli, che non avrebbe mai immaginato di smuovere dentro di lui.

La voce strozzata in gola, disse: «Se rimanessi ucciso, Logan non avrebbe più un padre». Sentì il respiro mancargli nel petto e chiuse gli occhi, allargò le narici, affannò alla ricerca d'ossigeno. «Ha già perso sua madre per una stronzata. La gente dovrebbe smetterla di essere tanto egoista.» Sollevò il capo di scatto, guardandolo, dopodiché si voltò per tornare indietro, lungo il viale.

Darrell provò l'impulso di afferrargli il polso, di fermarlo, o quantomeno corrergli dietro; tuttavia si trattenne e, dopo aver lanciato un'occhiata alla lapide di Lucia, sussurrò: «È tutto un casino, vero?». Storse appena le labbra in un sorriso tirato e rabbrividì.

Dal canto suo, Randy si strinse nelle spalle e continuò ad avanzare in quella strada di morte. La mandibola serrata e il cuore che gli batteva forte nel petto.

Sapeva che Darrell non si sarebbe mosso, non dopo quello che gli aveva detto, perciò non smise di camminare a testa china fin quando non gli mancò l'aria nei polmoni e si piegò in avanti. Le mani posate sulle ginocchia e lo sguardo perso, smarrito, pieno di lacrime.

Se solo avesse potuto, sarebbe tornato indietro nel tempo e avrebbe evitato quel bacio. Perché, ne era certo, il solo aver posato le proprie labbra sulle sue era stato in grado di sconvolgere il mondo di entrambi.

«Tutto bene?»

Sollevò il capo a fatica e, ansante, osservo la donna che aveva parlato. Batté le palpebre per metterla a fuoco e, annuendo, si portò via le lacrime con il dorso della mano.

Lei gli si avvicinò porgendogli un pacchetto di fazzoletti e corrugando la fronte con preoccupazione. «Non sembra» disse. «Sai, a volte succede anche a me di stare male quando vengo a trovare mio padre.»

Sembrava un fiume in piena, così si disse Randy, ma stranamente non gli diede fastidio averla accanto. Tirò su col naso e, silenziosamente, accettò un fazzoletto. Si asciugò le guance, poi gli occhi, e portò via le lacrime che erano scivolate via senza il suo consenso.

«Di solito aiuta venire qui con qualcuno, magari un amico» continuò lei. Il tono basso e un sorriso gentile stampato in volto. «Per non stare soli, dico. Stare soli è terribile, fa male all'anima.»

Sentendo quelle parole, Randy socchiuse le labbra come per parlare. Avrebbe voluto dirle che lo sapeva, che era una condizione che viveva da troppo tempo, ma non riuscì a farlo, perché si sentì chiamare con un forte:

«Rondinella!».

Vide la donna battere le palpebre poi le sentì dire:

«Non eri qui da solo, dunque». Storse appena le labbra in una strana espressione e poi sospirò, infilando il pacchetto di fazzoletti nella borsa marrone che teneva in bilico sulla spalla sinistra. Allora si sforzò di sorridere ancora una volta e disse: «Io sono Abaigeal. Vengo qui tutte le mattine e, se mai ti sentissi solo o avessi bisogno di parlare con qualcuno, puoi cercarmi...» Non aggiunse altro, superandolo e passando accanto a Darrell senza battere ciglio.

Randy aggrottò le sopracciglia e si voltò a guardarla più stranito di prima. Per un attimo pensò che facesse parte de Il Grande Drago Rosso, ma subito accantonò quell'idea e, studiandone anche solo il vestiario, si diede dello sciocco; nessun laveyano avrebbe mai indossato un cappotto dei grandi magazzini.

«Chi era?» chiese Darrell non appena lo raggiunse. «La conoscevi?»

«No, affatto» rispose assorto, continuando a osservare le spalle di Abaigeal. «Non l'ho mai vista prima.»

«E cosa voleva da te?»

Randy schioccò la lingua, voltandosi nella sua direzione con un sopracciglio sollevato. «Scherzi, vero? Sei geloso di una sconosciuta che potrebbe essere mia madre? Non fare l'idiota.»

Lui scrollò le spalle. «Non sei l'unico che si preoccupa, tutto qui.»

«Preoccuparti? E perché dovresti?» Accennò un ghigno beffardo nella sua direzione, quasi lo sfidò in un'occhiata. «Fino a poco fa non sembravi affatto preoccupato per me.» Gli vide cambiare espressione, aggrottare le sopracciglia per esclamare un:

«Non dire stronzate! È ovvio che sia preoccupato se te ne vai in giro da solo».

Allora si lasciò scappare un suono divertito e si portò una mano dinanzi alla bocca per trattenere una risata. «Perché mai dovresti?» Fece spallucce e si guardò intorno, indicando con il capo verso un punto del cimitero. «In questo posto non c'è anima viva.» Restrinse lo sguardo, vedendogli indurire i muscoli del viso. Poi sbuffò e disse: «Quella donna non fa parte della setta».

«Come fai a dirlo?»

Si passò le dita tra i capelli con evidente esasperazione, poi scosse la testa, ricordandosi solo allora di non aver mai preso il discorso con Darrell.

«Non sai niente della cerchia di LaVey, niente del posto da cui provengo. Puoi solo fidarti di me, Darrell.» Lo guardò ancora negli occhi e storse le labbra in una smorfia. «Ma, se proprio ci tieni a saperlo, sappi che basta guardarla per stabilirlo.» La indicò, sollevando una mano, dopodiché la fece ricadere pesantemente contro il fianco. «Nessun membro della setta indosserebbe dei vestiti così dozzinali. È più probabile che voi Graham passiate per satanisti.»

Darrell strabuzzò gli occhi perplesso. «Spero tu stia scherzando.»

«Non ho detto che credo lo siete» precisò, a scanso di equivoci. «Gabriel mi ha già fatto cambiare idea da un pezzo, perciò non hai motivo d'indignarti.» Sollevò un sopracciglio e aggiunse: «Non fare quella faccia». Si strinse nelle spalle e riprese a camminare lungo il viale.

Dietro di lui, Darrell. Il passo incerto e il nervosismo che gli correva nelle vene. «Non pensavo di essere stato sotto esame a mia insaputa» borbottò.

Randy fece spallucce. «Loro sono ovunque, mi stanno cercando e sono pericolosi. Non puoi biasimarmi per essere stato così sospettoso.»

Mugolò, dicendosi che, in fondo, aveva ragione. «Non so cos'avrei fatto se fossi stato al tuo posto» ammise. «La stessa cosa, forse.»

Soddisfatto per aver ottenuto quella risposta, Randy non aggiunse altro e infilò le mani in tasca. Poi sentì i passi di Darrell farsi più veloci e lo vide accanto a sé.

Confuso, batté le palpebre e percepì il calore della sua stretta attorno alle spalle. Un sussulto e balbettò: «Cosa stai facendo?».

«Ti porto a casa.»

«Così?» Lo pungolò con lo sguardo, lasciandosi andare a un mugolio infastidito. «Non c'è bisogno, Darrell.»

«Non lo faccio perché ce n'è bisogno, ma perché voglio farlo.»

«Pensando a Lucia» concluse sottovoce, scrollandoselo di dosso. «Dopotutto è questo che fai quando ti sono vicino, no? Sono gli occhi, i capelli... Cos'altro? Mi hai portato davanti alla sua tomba per fingere di baciare lei.»

«Ancora con questa storia? Devi smetterla di sminuire quello che faccio» disse serio. Abbassò di poco le palpebre e lo fissò malamente. «Devi smetterla d'intravedere nei miei gesti ciò che ti fa più comodo per allontanarti.»

«E questo mi farebbe comodo?» sbuffò. Si voltò a guardarlo e allargò entrambe le braccia con esasperazione. «Credi davvero che paragonarmi a una morta mi faccia piacere? Ti sbagli, Darrell.» Alzò la voce, poi chinò la testa e, con gli occhi sgranati, si morse il labbro inferiore per indursi al silenzio; tuttavia non ci riuscì, non del tutto. «Non voglio fare scenate, cazzo» sussurrò a mezza bocca. «Non voglio urlare, non voglio litigare, non voglio continuare a parlare di lei. Questo discorso è chiuso.»

Lui digrignò i denti, lo vide voltarsi e tornare a camminare. Ebbe come la sensazione di averlo perso e gli mancò il respiro nel petto.

Si sentì un idiota e scosse la testa. «È solo una scusa» mormorò. Sorrise amaramente, poi aggiunse: «Continui a ripetere le stesse cose, mi dai la colpa di qualcosa che non ho fatto, ignori le mie risposte. E tutto questo solo perché hai paura di legarti a qualcuno. Sei un vigliacco».

Note:

Ciao, ragazzi!

Randy ha una paura terribile, e questa cosa mi piace un casino. Sono davvero sadica con i miei personaggi, lo so. Anche se questo capitolo fa effetto gambero, perdonatemi. L'unico che può avere la pazienza di stare dietro a quello scemo è Darrell...

E a voi com'è sembrato il capitolo? Lasciatemi un commento e una stellina, su', fatemi felice con poco!

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