CAPITOLO V (R)✔ - Il liceo

Giorgio uscì dal proprio ufficio sbuffando, il commissario Gatti e Alessandro erano in riunione da venti minuti e lo avevano appena chiamato dicendogli di raggiungerli. Non sopportava quel pigro ciccione che sembrava non vedere l'ora di dargli addosso: meno lo vedeva, meglio stava.

Nell'attraversare la sala d'aspetto non potè fare a meno di notare Martina. Era seduta alla sua scrivania, leggermente voltata di lato e gli dava le spalle. Si reggeva il mento con una mano, mentre con l'altra mescolava distrattamente il caffè all'interno del bicchierino che aveva davanti.

Si fermò a pochi centimetri da lei, che totalmente immersa nei suoi pensieri non lo aveva sentito arrivare.

Sorrise.

Giochiamo un po', piccola Bassi...

- Martina! -

La ragazza sobbalzò nell'udire improvvisamente la sua voce e per poco non si rovesciò il caffè addosso.
- Ispettore, mi dica! - rispose alzandosi  come un fulmine dalla sedia, mettendosi quasi sull'attenti.

Giorgio rimase a osservare la scena tra il perplesso e il divertito.
- Ehi! Rilassati, Bassi... respira... - le sussurrò poi con voce roca, guardandola volutamente dall'alto verso il basso, con l'intento di metterla in imbarazzo.

- A che pensavi, eh? Sei saltata su come una molla. Tranquilla, non mordo mica... poi dipende dalle situazioni... ovvio. - continuò, facendosi più vicino.

Martina indietreggiò impercettibilmente.
Giorgio vide le sue guance andare quasi in fiamme e quei grandi occhi verdi tentare di sfuggire i suoi. Si ritrovò a deglutire a vuoto.

Interessante...

- Ispettore, cosa doveva dirmi? - chiese lei, provando ad assumere un tono professionale.

- Uhm? Ah, giusto. Vai in archivio e portaci la scheda di Adriano Poretti, fai in fretta, ci trovi nell'ufficio di Gatti. - le rispose, riscuotendosi.

- Certo, vado subito, Ispettore. - si affrettò a replicare Martina. E senza aggiungere altro si dileguò.

Giorgio rimase a guardarla allontanarsi, scuotendo la testa divertito, dopodiché raggiunse Barzagli dal Commissario.

- Bel lavoro, signori. - si complimentò Gatti, lasciando Giorgio senza parole
- Abbiamo una pista. Se quei due si conoscevano, allora avremo molto su cui lavorare. -

Prese in mano il faldone che Barzagli gli aveva consegnato e in quel mentre, dopo una leggera bussata, entrò Martina con in mano una cartellina.
- Commissario, ho portato il fascicolo di Adriano Poretti che l'ispettore Ferro mi aveva chiesto. - disse avvicinandosi alla scrivania.

- Grazie, agente! - esclamò Giorgio strizzandole l'occhio, mentre prendendo la scheda, andò a sfiorare involontariamente le sue mani.

La reazione di Martina fu un disastro. Si ritrasse talmente in fretta che i documenti le caddero rovinosamente a terra, sparpagliandosi ovunque.
- Oh... mi dispiace. Io... - tentò di scusarsi la ragazza, mentre Giorgio si affrettava ad aiutarla a raccogliere il tutto.

- Bassi, cerca di essere meno imbranata, guarda che casino! - tuonò Gatti spazientito.

- Colpa mia, commissario. Sono caduti a me, l'agente non c'entra. - la difese Giorgio prontamente, sorridendole.

- Bassi, per favore, trova l'indirizzo del liceo che frequentavano le vittime e lascialo sopra la mia scrivania. - le disse poi, tentando di toglierla dall'imbarazzo.

Incredibile come in pochi minuti si fosse capovolta la situazione, fino a un attimo prima era quello il suo intento: divertirsi nel metterla a disagio. Però in quel momento non riuscì a non sentirsi in colpa.

Ma lei rimase in silenzio, a fissarlo inebetita.
- Avanti, Martina... - le sussurrò esasperato, sollevando entrambe le sopracciglia.

Alla totale assenza di reazione da parte della ragazza e al conseguente grugnito di Gatti, Giorgio si schiarì la voce: - Grazie, Bassi, puoi andare. -

Finalmente Martina sembrò riemergere da quella sorta di catalessi, e dopo aver aperto e chiuso un paio di volte le palpebre, iniziò a indietreggiare.
- Sì certo, vado subito! - esclamò prima di lasciare la stanza.

- Non ho parole, sono circondato da inetti! - sospirò Gatti scuotendo la testa e prendendo a sfogliare il dossier del più giovane dei Poretti.

Nel frattempo, sul viso di Giorgio, che ancora guardava la porta appena chiusasi alle spalle dell'agente, si stampò un impercettibile sorriso furbo.

Decisamente interessante...

- Dunque, qui dice che nel corso dell'anno 2015, Poretti ha alloggiato diverse volte nell'albergo dove poi è deceduto. -

- Non viveva a Genova? - chiese Alessandro, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.

- No, si era trasferito a Verona alla fine degli anni novanta. Non era sposato e aveva ricevuto solo qualche denuncia per piccoli furti necessari a procurarsi la droga. -

Porse il documento a Barzagli e si alzò sbuffando dalla sedia.

- Fate tutte le ricerche che riterrete opportune. Devo avvertire il Magistrato De Lellis e dopo forse, potrò andare a pranzare. -

***

Dopo aver consumato un panino ordinato al bar situato a pochi metri dall'ufficio, Giorgio e Alessandro si immersero nei fascicoli che invadevano le loro scrivanie.
Barzagli dopo circa un'ora chiamò Martina all'interfono, chiedendole di contattare e fissare un incontro con il medico legale che a suo tempo aveva effettuato l'autopsia su Adriano Poretti.

- Cristo, nel fascicolo manca la lista degli effetti personali della vittima. -
constatò Giorgio, gettando con stizza i fogli davanti a sé.

- Lo so, Giò. Anche io speravo di trovare tra gli oggetti rinvenuti, il famoso post-it, ma essendo stata catalogata come morte naturale, non hanno ritenuto necessario stilare una lista. -

- Va bene, però ci sarà un parente a cui avranno consegnato le sue cose! - insistette Ferro.

Barzagli ci pensò su annuendo,
mettendosi subito a cercare nel database della centrale, e quando il telefono interno della sua scrivania prese a squillare, senza togliere gli occhi dal monitor si rivolse al collega:
- Rispondi tu, Giò. - bofonchiò distrattamente, passandogli la chiamata.

- Bassi. Piccola Bassi. Dimmi tutto! - rispose Giorgio con voce suadente, facendo sorridere l'amico.

- Ho contattato il medico legale Ragusa, oggi non potrà ricevervi. Vi aspetta domani alle dieci. - disse Martina, dopo un breve silenzio.

- E il mio indirizzo? Quello che ti ho chiesto prima... il liceo! - la incalzò Ferro con tono severo, ridendo tra sé mentre rigirava tra le mani il foglio che lei, puntualmente, gli aveva lasciato sulla scrivania.

- Ho lasciato il biglietto con l'indirizzo vicino al suo PC. Forse ci avrà appoggiato sopra qualcosa. - fu la risposta un tantino impanicata dell'agente.

- Ah, che stupido! Ce l'avevo davanti agli occhi. Respira Bassi... respira. - le sussurrò prima di riagganciare.

- Quanto sei stronzo... ma che le hai fatto prima da Gatti, per farla reagire in quel modo? - lo riprese Alessandro, sorridendo.

Giorgio si rilassò sulla poltroncina, allungando i piedi sopra la scrivania.
- Sei stato tu a dirmi di guardarla meglio... beh io l'ho fatto, ma te l'avevo detto io che da quell'orecchio non ci sente! Mi ha fatto pure tenerezza, pensa tu! Comunque ha detto che il dottore non potrà riceverci fino a domani. -

Ma Barzagli non lo stava più ascoltando.
- Bingo! - esultò infatti poco dopo, sbattendo le mani sul piano di legno.
- Gli oggetti sono stati consegnati al parente più vicino alla vittima, ovvero il fratello. Se siamo fortunati la signora li avrà conservati, all'epoca dei fatti, il marito viveva ancora in casa con la famiglia. Pare che dovremmo tornare a far visita alla tua stalker preferita! - disse Alessandro tutto d'un fiato, soddisfatto del risultato della ricerca.

- Poi non dire che me le cerco però! -
rise Giorgio sfregandosi le mani.

***

Quella sera i due ispettori lasciarono l'ufficio piuttosto tardi. Tra le tante incombenze avevano dovuto anche partecipare a una riunione con il questore, si era discusso su come affrontare l'argomento con la stampa e al momento decisero di mantenere un basso profilo, in attesa di svolte più concrete.
Jessica era abituata agli orari del marito e poco prima al telefono era stata lei a dire ad Alessandro di   invitare a cena anche Giorgio.

Viveva da solo ed entrambi sapevano che quando non si recava in trattoria andava avanti a panini o uova fritte.
Leonardo, poi, stravedeva per lui e quando si mettevano a giocare con la Play Station diventava difficile distinguere chi fosse il bambino e chi l'adulto.

- Wow, Jes... la tua amatriciana mi ricorda casa! Peccato che tu sia già sposata con questo qui, altrimenti non ci penserei su due volte! - esclamò Giorgio, facendo la scarpetta.

Jessica sorrise divertita, alzandosi poi per togliere i piatti dalla tavola.

- E a te che ti prende? - chiese Alessandro a suo figlio, che non spiccicava una parola da mezz'ora e a malapena aveva assaggiato due fili di pasta.

- Niente! È che Giorgio non mi ha portato neanche un regalo... - piagnucolò il bambino, guardando di traverso lo "zio acquisito".

- Certo che sei maleducato forte! Non è che ogni volta che qualcuno ci viene a trovare, ti deve per forza portare qualcosa! - lo riprese il padre.

- No no, non sgridarlo. - lo interruppe Giorgio - Ha ragione. Leo senti, fai un favore a zio? Nella tasca del mio giacchetto, là sul divano, ci sono le sigarette, me le prendi per piacere? -

- Uffa... e va bene! - sbuffò il piccolo alzandosi e trascinandosi verso il divano.

Giorgio rise fra sé, attendendo le grida di gioia che a breve gli avrebbero disintegrato i timpani.

- Sììì! Papà guarda! - urlò infatti Leonardo un attimo dopo, correndo dal padre tutto eccitato.
- Zio Giorgio mi ha portato un gioco nuovo della Play! -

Alessandro sorrise al figlio, anmonendo subito dopo con lo sguardo l'amico.
- Ringrazia zio e dagli un bacetto. E non ti ci abituare, sei già troppo viziato! - lo rimproverò il padre, scompigliandogli i capelli.

- Ma quale bacetto! - esclamò Giorgio alzandosi e tirandosi sulle spalle il bambino. - Andiamo subito a provarlo e se oserai vincere... giuro che lo restituisco al negozio. -

Alessandro scosse la testa divertito e dopo aver radunato i bicchieri sporchi, raggiunse Jessica in cucina.
- Vi vedo stanchi amore. - gli disse lei, lasciando stare per un momento le stoviglie, andandogli vicino.

Alessandro posò i bicchieri dentro il lavello, sospirando. - E non sai che giornata ci aspetta domani! Senti ma... Aurora dorme da molto? - chiese poi, avvicinandola a sè, mentre le sfiorava il collo con le labbra.

- Non si sveglierá fino a domattina, ha mangiato come una vitellina. Perché... che intenzioni hai? - mugolò lei, sorridendogli sensuale.

- Perché non vedo l'ora che quel criminale di Giorgio se ne vada per mettere a dormire anche Leo e... - dal collo passò al lobo dell'orecchio, stringendolo tra i denti in una morsa eccitante.

- Beh, stanno provando un gioco nuovo a quanto ho sentito... e di solito non schiodano dal divano prima di due ore... pensi che ti possano bastare... Ispettore? - gli sussurrò lei guardandogli le labbra, mentre sedendosi sul tavolo, lo tirava a sé.

Ad Alessandro non servì altro. Raggiunse a passo svelto la porta della cucina, diede un'occhiata verso il salone per assicurarsi che i due "bimbi" stessero ancora giocando, e dopo averla chiusa a chiave tornò dalla sua Jessica.

***

- Quindi questo è il famoso liceo! -

Era la mattina successiva, e Alessandro e Giorgio erano fermi davanti al grande portone di ferro dell'istituto.
Lungo l'intera strada non c'era anima viva, se non una donna che portava a passeggio il proprio cane e un operatore ecologico intento a spazzare i marciapiedi.
Durante l'estate non vi era molto passaggio, in tutta la via erano ubicati infatti solamente i due licei: quello classico e lo scientifico, e una cinquantina di metri più avanti, nella piazzetta che fungeva da parcheggio, era situato il famoso bar del quale la vedova di Poretti gli aveva parlato.

- Il portone è aperto, vediamo se c'è qualcuno che può aiutarci! - esclamò Ferro mentre si accingeva a entrare.
- Ehi, capo! Che ti prende? Ti sei incantato? -
Giorgio si voltò a guardare l'amico, rimasto immobile a fissare l'ingresso.

- Perché non vai da solo? Io nel frattempo chiamo la Poretti, non siamo lontani da casa sua, potrei andarci io mentre tu fai qui. - rispose Alessandro, distogliendo lo sguardo lungo la via.

Ferro incrociò le braccia al petto, osservando perplesso il collega. Erano diversi minuti che stava in silenzio, per tutto il tragitto verso il liceo aveva risposto alle sue domande con semplici e distratti monosillabi. C'era sicuramente qualcosa che lo turbava: ma cosa?
Decise per il momento di non insistere e annuendo pensieroso rispose:
- Come vuoi... fai il bravo e salutami Maria. - dopodiché gli diede le spalle e varcò il portone.

Nel grande ingresso, i suoi passi rimbombavano in ogni direzione, finché una voce femminile alla sua destra ruppe il silenzio.
- Chi c'è? -

Giorgio avanzò di qualche metro, finché da una porta, verniciata di un'improbabile color giallo zafferano, si affacciò una donna. Era piccola di statura, sulla sessantina, magra come un chiodo e lo stava osservando al di sopra di un paio di buffi occhialetti rotondi.

- Buongiorno. - la salutò avvicinandosi. - Sono Giorgio Ferro, Ispettore di polizia. -

- Mmmh... non ha un distintivo? - domandò lei sospettosa, stringendogli riluttante la mano.

- Certo, mi perdoni per non averglielo mostrato subito. - si scusò Giorgio, guardandola divertito.

- Le chiedo scusa per la sfiducia, ma sa, con i malintenzionati che girano e gli studenti che si divertono, la prudenza non è mai troppa. Ma prego, si accomodi, in cosa posso esserle utile? - chiese la donnina, mostrandosi a quel punto più rilassata e collaborativa.

L'ufficio era molto piccolo, quasi soffocante e la scrivania invasa di cartelle e fogli di ogni tipo. Sulle pareti erano appesi diversi calendari, alcuni dei quali molto vecchi e dalle stampe scolorite. L'odore di carta e polvere fece sorridere Giorgio, ricordandogli i tempi della scuola, quando troppo spesso si era ritrovato sbattuto fuori dalla classe e relegato in segreteria o in presidenza.

- Non faccia caso al disordine. Stavo sistemando le schede dei nuovi iscritti. - si giustificò imbarazzata, male interpretando la sua espressione.

- Dunque, signora... -

- Gloria! -

- Ok. Signora Gloria, mi occorre visionare i registri di tutte le classi degli anni 1995 e 1996, in particolar modo delle classi terza, quarta e quinta. - spiegò guardandosi intorno.

- Beh, questo è un lavoro di archivio, mi ci vorrà un po' per trovare il tutto. - rispose in ansia la donna.

- Non si preoccupi, Gloria, non vado di fretta e comunque sono sicuro che una donna diligente e ordinata come lei, saprà farmi avere quei documenti in men che non si dica. - la lusingò sorridendole.

Gloria raddrizzò la schiena, sistemandosi gli occhiali sul naso e con movimenti aggraziati aprì un cassetto da dove estrasse un grosso mazzo di chiavi.
- Ci proverò, non sarà poi così difficile. Dell'archivio non me ne occupo personalmente, ma i colleghi che adesso sono in ferie. Prego, mi segua! -

Salirono una rampa di scale, c'era puzza di chiuso e di umidità e le pareti sembravano aver bisogno urgente di una rinfrescata.
Arrivarono a un androne ampio quanto quello d'ingresso, l'archivio si trovava alla loro destra, mentre di fronte era ubicata la presidenza. Seguì Gloria in silenzio, osservando intorno a sé con attenzione.
Una volta dentro si trovarono davanti un'infinità di schedari, tutti fortunatamente etichettati per anno.

Gloria si addentrò agilmente lungo l'archivio, cercando le etichette riportanti gli anni '95 e '96.

- Oh, ecco ci siamo. - disse ad alta voce circa un minuto più tardi.
Estrasse le schede e facendosi aiutare da Giorgio portò il tutto sopra un grande tavolone sgombro.

Dopo aver constatato che effettivamente Vacchi e Poretti erano stati compagni di classe, la 5° B, e che il fratello di quest'ultimo aveva frequentato la 4° A, fece uno storico dall'inizio degli studi. C'erano centinaia di nomi da vagliare e quel lavoro avrebbe portato via loro moltissimo tempo.

Circa due ore dopo uscì dall'edificio con uno scatolone colmo di documenti posti sotto sequestro. La prima cosa che fece, dopo averlo posato a terra, fu sedersi a sua volta sui gradini e accendersi una sigaretta. Gli ingranaggi del suo cervello stavano andando letteralmente in fumo, non solo aveva dovuto visionare l'intera documentazione da solo, ma gli era toccato per tutto il tempo stare ad ascoltare i mirabolanti racconti della signora, anzi signorina Gloria. Centoventi minuti durante i quali quella minuscola ed energica donnina non aveva forse mai ripreso fiato, passando dai pettegolezzi riguardo i vari insegnanti, alle minuziose descrizioni dei suoi lavori all'uncinetto.

Alessandro Barzagli, questa me la paghi: sappilo!

Tirò fuori il telefono dalla tasca, dentro non c'era campo e non si stupì nel veder arrivare un messaggio dopo l'altro, sorridendo fra sé quando vide comparire quelli di Maria Poretti.

Ti sono mancato, baby?

Pensò, immaginando la sua delusione nel vedere arrivare solo il poliziotto noioso, dal quale tra l'altro, constatò, non aveva ricevuto nemmeno una chiamata. Dopo aver spento la sigaretta e sollevato lo scatolone s'incamminò verso il parcheggio, sperando che il collega non lo avesse lasciato addirittura a piedi. Avevano parcheggiato la macchina di fronte al bar della piazzetta e sospirò di sollievo quando, una volta svoltato l'angolo, vi vide Alessandro appoggiato contro.

- Ehi, capo. È da tanto che aspetti? - gli domandò superandolo e aprendo il portabagagli.

- Sono appena arrivato. Com'è andata? - replicò Barzagli, spalancando lo sportello.

Una volta sistemati i documenti all'interno, Giorgio andò verso il lato del passeggero.
- Oh, non poteva andare meglio di così. - rispose sarcastico - Sappi che buona parte dei professori di questo liceo sono dei gran puttanieri e che per fare un centrino perfetto occorre usare il filo di Scozia numero otto. - chiuse la portiera e si voltò verso l'amico, intento a fare lo stesso - Credo che a te sia andata meglio, giusto? -

Alessandro sorrise.
- Nadia ha ancora la busta con gli effetti personali del cognato. Non l'aveva sottomano per cui la porterà in commissariato domani, quando verrà a ufficializzare la deposizione. -

Mise in moto, lasciando il parcheggio per immettersi nel traffico.
- Ho anche telefonato al medico legale Ragusa rimandando l'appuntamento. Facciamo un salto a trovare Parodi, siamo di strada, dopo andiamo a mangiare la farinata alla friggitoria di Sottoripa, offro io. -


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