CAPITOLO III (R)✔ - Agli ordini, papà!
Il centro storico di Genova a quell'ora brulicava di gente di ogni etnia. Senegalesi che dopo la giornata passata a vendere sulle spiagge, rientravano a casa con il loro pesante carico. Gruppi di sudamericani, prevalentemente dell'Ecuador, che bevevano birra ridendo sguaiatamente tra loro, qualche turista che tornava in albergo e pochi commercianti intenti a chiudere bottega.
Aveva smesso da poco di piovere e Giorgio e Alessandro si facevano strada tra enormi pozzanghere ed escrementi di cane.
A ogni vicolo o crêuza attraversati le loro narici venivano invase dagli odori più disparati. Quello della pioggia che tentava senza troppo successo di lavare via il puzzo di urina, reso ancora più pungente dal caldo afoso di quei giorni, l'aroma speziato del thiéboudieune, un piatto africano a base di riso, pesce e salsa di cipolla. Ma su tutti risaltava l'irresistibile profumo della frittura di totani proveniente dalle numerose trattorie e friggitorie che man mano incontravano sulla propria strada.
L'ex moglie di Poretti abitava al sesto piano senza ascensore di un vecchio palazzo storico davanti alla sopraelevata. Il citofono funzionava solo in entrata, quindi, come succedeva per molti edifici della zona, il classico "chi è? " doveva venire urlato direttamente dalle finestre: un aspetto senz'altro caratteristico e nostalgico, ma decisamente poco pratico.
- Cristo santissimo - sbuffò Ferro a metà del quarto piano - Se prima avevo solo un leggero mal di testa, dopo tutte queste scale sarò costretto a chiedere un analgesico alla vedova! -
A fatica i due affrontarono le numerose rampe malandate in marmo scuro, illuminate a tratti da semplici lampadine appese ai soffitti dei pianerottoli.
Una volta giunti al piano notarono la porta di casa Poretti socchiusa, ma nessuno ad attenderli vicino a essa.
- È permesso? - domandò Alessandro a voce alta, dopo aver leggermente aperto lo stipite.
Non ricevendo alcuna risposta, se non il rimbombo dei bassi di uno stereo che suonava dall'interno, si decisero a entrare, seguendo la provenienza della musica. Si fermarono davanti alla cucina, dove con grande nonchalance, una ragazza era intenta a lavare delle tazzine all'interno del lavabo al ritmo di Thunderstruck degli AC/DC.
Alessandro rimase interdetto davanti a quella scena quasi surreale, mentre Giorgio, dopo avergli rifilato una gomitata sulle costole, si godeva compiaciuto lo spettacolo.
Per lui, partire dal commissariato per andare a sentire la testimonianza di una vedova, e ritrovarsi ad ammirare una ragazza a malapena vestita, mentre si dimenava nella sua cucina non aveva prezzo.
- Quanto sei coglione! - lo ammonì Alessandro a bassa voce - Ehm, chiedo scusa. - continuò poi alzando il tono, rivolto alla giovane moretta.
Fu allora che quella si voltò nella loro direzione, mostrandosi per ciò che già si intuiva guardandola solo di spalle: una ragazza decisamente provocante.
- Scusate, non vi ho sentito entrare. - sorrise rivolta ai due, allungandosi per spegnere lo stereo posto sopra una mensola. - Prego, accomodatevi. -
A Giorgio non sfuggì l'occhiata maliziosa che la ragazza gli rivolse e a sua volta le sorrise, avanzando insieme al collega nell'angusta cucina.
Li invitò a sedersi al piccolo tavolo poggiato su di un lato alle piastrelle ocra della parete, mentre lei dopo essersi asciugata le mani con un canovaccio, rimase in piedi, appoggiata con la schiena al piano cottura.
- Che è successo ancora? Mio padre sta facendo danni pure da morto? -
Alessandro e Giorgio si guardarono, indecisi su come procedere.
- Sono l'ispettore capo Alessandro Barzagli e questo è il mio collega, Giorgio Ferro. - iniziò Barzagli mostrandole il distintivo.
- Ispettore capo anche tu? - chiese la giovane rivolta a Giorgio.
Giorgio sorrise, alzando le mani.
- Il capo è lui! Io sono solo un semplice ispettore. -
Alessandro si schiarì la voce, desolato di dover rovinare quel delizioso quadretto.
- Signorina, lei è la figlia di Lorenzo Poretti, suppongo. - al segno di assenso della ragazza, continuò - Sua madre è in casa? -
- Dovrebbe essere qui a momenti, ma potete parlare con me nel frattempo. -
- Sei maggiorenne? - chiese Giorgio facendo scorrere lo sguardo sulle sue gambe, appena fasciate da un paio di striminziti shorts.
- Come mai lo vuoi sapere? - domandò lei rigirandosi maliarda una ciocca di capelli intorno a un dito.
Alessandro, contrariato spettatore di quello spettacolo da liceali arrapati, simulò due colpi di tosse, attirando così nuovamente l'attenzione su di sé. - Va bene, signorina... -
- Maria! - suggerì lei, incrociando le braccia al petto.
- Dica a sua madre che torneremo domani in mattinata, abbiamo alcune domande da rivolgerle riguardo suo padre. - concluse alzandosi dalla sedia e invitando il collega a fare lo stesso.
- Mio padre era una persona orribile, il mondo ci ha guadagnato dalla sua morte, datemi retta, non sprecateci troppo tempo! - disse tornando seria, fissando i suoi occhi scuri in quelli di Alessandro - Non c'è molto altro da sapere su di lui. E comunque sono maggiorenne, Ispettore Ferro... - concluse rivolgendosi nuovamente a Giorgio.
Una volta risaliti in macchina, Alessandro, che fino a quel momento non aveva più detto una parola, si voltò verso il collega, il quale con un sorrisetto sornione a sua volta lo stava osservando.
- Che intenzioni hai, Giò? -
Ottenuto in risposta solo uno sguardo innocente, continuò: - Devo ricordarti il ruolo che svolgi o ci arrivi da solo? Vedi di non fare cazzate. Sei avvisato. -
Alzando gli occhi al cielo Giorgio si accese una sigaretta, stendendo la gambe e appoggiando i piedi sul cruscotto.
- Ma quanto rompi le palle, Ale! Lo hai sentito, è maggiorenne e non so se hai notato ma sembra tutto fuorché candida e innocente. -
Alessandro non rispose, limitandosi a scuotere la testa rassegnato.
Il collega infatti non era nuovo a quel tipo di situazioni, essendo un ragazzo che di certo non passava inosservato agli occhi femminili. Il suo portamento, dettato da chi sa di piacere, accompagnato dal simpatico accento romano e dal famoso fascino della divisa, erano per le donne una sorta di miele per le api. E se questo non fosse stato abbastanza, dalla sua aveva anche la fortuna di poter contare su un'altezza di un metro e ottantacinque, sui capelli biondo scuro leggermente mossi e su due occhi castani che le donne, a suo dire, preferivano descrivere come ambrati.
In commissariato aveva già mietuto numerose vittime, i cuori infranti tra le colleghe non si contavano più sulle dita delle mani.
Non era infatti un tipo avezzo alle relazioni serie, per quanto ne sapeva il massimo del romanticismo per lui si riduceva alla concessione di un secondo appuntamento, e solo se il primo era stato perlomeno di suo gradimento. Per molte delle sue conquiste non era un problema, come lui avevano solo voglia di divertirsi e quindi nessuno ne usciva con le ossa rotte, ma più di qualcuna ci aveva perso la testa, illudendosi che da parte sua potesse nascere qualcosa di più duraturo.
- Comunque stai sereno. - riprese Giorgio, gettando la cicca dal finestrino - Non ho intenzione di farmela... -
Alessandro lo vide armeggiare col proprio smartphone, dal quale era appena arrivato il suono di una notifica, e spalancare gli occhi.
- Non per il momento, almeno... guarda qua! - disse con un sorriso a cento denti, mostrandogli un'immagine sullo schermo - Mi ha appena chiesto l'amicizia su Facebook. E poi non dire che sono io! -
Alessandro a quel punto non seppe resistere, scoppiando in una fragorosa risata insieme all'amico. - Sei proprio uno stronzo, Giò, e metti giù quei piedi! -
***
La mattina seguente Alessandro arrivò in commissariato di buon umore. La sera prima era crollato sul divano senza nemmeno cenare, e Jessica al suo risveglio gli aveva fatto trovare pronta una colazione che avrebbe sfamato l'intero distretto.
Dopo aver salutato Martina, intenta a stampare alcuni file, selezionò un caffè dal distributore di bevande, nell'attesa dell'arrivo di Giorgio. Attesa vana, dopo dieci minuti e un'occhiata comprensiva da parte della giovane agente, decise infatti di entrare nell'ufficio del commissario da solo.
Giorgio varcò la porta d'ingresso solo venti minuti più tardi, incrociando per un momento lo sguardo di Martina, che dopo averlo salutato velocemente, altrettanto in fretta si dileguò verso la propria postazione, al lato sinistro dell'entrata. Scuotendo la testa perplesso, ancora voltato nella sua direzione, non si accorse di essere arrivato davanti a Barzagli, sbattendogli praticamente addosso.
- Gatti mi ha chiesto che fine avessi fatto. - sibilò quest'ultimo, incrociando le braccia - Ha detto che scommetteva che questa volta avresti addirittura inventato la morte di tua nonna! -
Giorgio lo guardò spalancando la bocca. - Come fa a saperlo? - chiese avvicinandosi al distributore.
Alessandro sorrise, poi in breve lo ragguagliò sull'incontro con il commissario.
- La moglie di Vacchi ieri è stata qui, dice che nell'ultimo periodo erano arrivate ripetute minacce verso il marito da parte del padre della vittima di uno stalker. Vacchi era l'avvocato di quest'ultimo e pare che solo grazie a lui il bastardo non sia stato condannato in seguito alle decine di denuncie precedenti il tragico epilogo. Fatto sta che la ragazza è stata uccisa e il padre sembra voglia rifarsi su chi ha difeso il suo carnefice. -
- E come dargli torto? - mormorò Giorgio. Alessandro annuì e continuò.
- L'uomo si chiama Bruno Parodi, fa il barbiere, la sua bottega è aperta da quarant'anni, è una persona conosciuta e benvoluta da tutti, ma dovremmo in ogni caso andarci a fare due chiacchiere. -
I due rimasero in silenzio per alcuni momenti, fintanto che Giorgio non terminò di bere il suo caffè.
- Ehm, Ale. Non t'incazzare ma... ho accettato la richiesta d'amicizia di Maria. -
Il collega lo guardò esterrefatto, non sapendo se ridere o dargli un cazzotto.
- Se vedi le foto che posta, fratè... mica lo so se riesco a resistere! -
Dall'altra parte della stanza, seduta dietro la sua scrivania, l'agente Martina Bassi li osservava timidamente, indugiando in particolar modo su Giorgio.
- Ma perché non ti cerchi una ragazza seria... guarda Martina. - suggerì Alessandro, indicandola senza farsi notare - Ha gli occhi a cuoricino ogni volta che ti vede, è una brava ragazza e poi è pure molto bella... no? -
Giorgio lo fissò perplesso per un istante, per poi scoppiargli letteralmente a ridere in faccia.
- Ma mi prendi per il culo? Quella è tutta lavoro, lavoro e ancora lavoro. Non sia mai fai una battuta... ti guarda pure male! Come minimo sarà ancora vergine! -
Alessandro scosse la testa sconsolato.
- E io che ancora perdo tempo appresso a te. Dai, andiamo dalla Poretti e vedi di non metterti a fare cazzate! -
- Agli ordini, papà! -
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top