"Piccolo assaggio"


Una figura col viso dipinto si incamminò per i corridori con estrema eleganza. Col bisbiglio dei tacchi che avanzavano, incideva la melodia, condimento di quella strana atmosfera quasi grottesca.

«Dannazione! Fermati!»

In un istante, quell'individuo solitario, impegnato nella solenne camminata, si ritrovò ad avere a seguito i due ragazzi, stremati dagli innumerevoli scalini del palazzo. Strano, dal passo dell'altro si sarebbe dovuta sentire la stessa fatica, se non maggiore...
Ed invece nulla, nemmeno lo sforzo della falcata, usata per salire sino al corridoio, l'aveva smosso di un centimetro.
In compenso Carl e Damian, continuavano a stargli alle calcagna, calpestando in maniera più rapida sul pavimento color mattone e attraversando il stretto vicolo che intercorreva tra pareti più ricche di sfarzo; ad accompagnarli, erano dei pilastri su cui erano poggiati busti di gente ignota che sembravano svanire un passo dopo l'altro, quadri di volti mai visti prima d'ora e porte, conducenti a stanze inespugnate. Quel palazzo sfarzoso custodiva un paesaggio generale pressoché confuso, ma al tempo stesso chiaro: quasi come un ricordo fisso nella mente, che lascia all'immaginazione i dettagli futili, focalizzandosi, però, sui particolari più essenziali.

Finalmente il cammino, per alcuni forse è più corretto dire corsa, finì con l'arrivo sul terrazzo. La maschera uscì fuori, spalancando le finestre, fermandosi due passi prima della ringhiera imbiancata. Il suo sguardo era rivolto verso l'orizzonte, con quella sua solita smorfia mistra tra un ghigno beffardo ed un sorriso pazzo. Stranamente, però, essa assunse in seguito un altro aspetto: divenne più serena, tranquilla, pacifica. Una lacrima rigò la sua guancia, senza rovinare il trucco impeccabile. Cadde proprio sulla parte superiore della ringhiera, divenendo poi più simile ad una biglia in vetro che ad una lacrima. Ella la raccolse con le sue mani guantate e, con un soffio, lasciò che divenisse un tutt'uno con il venticello gelido. Ed infatti quel "cristallo" sembro evaporare al lieve contatto con l'aria circostante

«Eccola!»

Esclamò quello coi capelli più chiari, arrivando assieme all'amico sul pavimento della balconata. Ma questo non fece voltare la maschera.

«Ti prego, ascoltaci!»

Carl continuò imperterrito a reclamare la sua attenzione. Ma nulla. Ella non si voltò, continuò a rigar dritto con gli occhi; pareva fosse impegnata a pensare, senza dare alcun peso alle parole del ragazzo.

«Damian, così non funziona!»

«Forse ho un'idea, ma devi dirlo con me!»

Il biondo ed il corvino si guardarono all'istante, annuendo tra loro. Non ci fu bisogno di comunicare verbalmente, si capirono con uno sguardo.

«Corte dei Miracoli... Noi... Chiediamo il vostro aiuto!»

Ascoltò con attenzione il coro, dato che entrambi avevano esitato ben due volte, all'unisono. Poi si girò con tutto il corpo verso di loro. La metamorfosi dell'espressione pacifica si interruppe con un sospiro, riprendendo poi la solita smorfia.
I due rimasero per un bel po' in silenzio, in dubbio sulle sue intenzioni e sulle parole da loro pronunciate.

«Avanti, sto aspettando...» ridacchiò smorzando quel silenzio «Pendo dalle vostre labbra»

«Beh ecco noi-»

«Innanzitutto non abbiamo intenzione di unirci alla Corte... Quindi la nostra domanda non deve essere considerata come la nostra- ehm»

«Adesione?0000»

«Esatto, grazie Carl!»

Ella fece le spallucce, chiudendo gli occhi per un paio di secondi.

«Grazie, tesori! So qual è la differenza tra una richiesta d'aiuto e un'adesione. Quindi ora vorrei sapere i motivi che vi portano a chiedere aiuto a ciò che temete di più»

«In verità...» Disse il biondo schiarendosi la voce «Più che aiuto vorremmo sapere alcune cose e poi se ci sarà da preoccuparsi...»

«Capisco, ma potete sbrigarvi a chiedere?  Voi avete il "coprifuoco"!

I due si guardarono nuovamente e questa volta a prendere parola fu il corvino dal ciuffo blu.

«Di chi ci dobbiamo fidare?»

«Come, scusa?»

«Non sappiamo più che fare. Abbiamo paura... Il padre di Carl non sta bene e non sappiamo nemmeno se fidarci delle mani in cui ci ha affidato...»

«Fatemi capire bene! Voi non sapete da che "parte" stare?»

«Semplicemente vorremmo sapere chi sono i buoni in questo gioco? Chi sono i cattivi in questa guerra?» domandò l'altro.

«Questo è un gioco o una guerra?»

E fu lì che a quel punto il personaggio scoppiò a ridere talmente forte da dover reggersi alla ringhiera. Gli altri lo guardarono sbigottiti. Si aspettavano qualunque altro tipo di reazione: erano pronti persino ad essere buttati giù dal balcone, ma non che lo facessero ridere.

«Oh santo cielo, è esilarante!» riprese un po' di fiato «Ed io che mi preparavo già a rispondere a domande del tipo "perché esiste la vita?" o "come nascono i bambini?"»

«... Ci stai prendendo per il culo?»

«Beh, scusa come ce lo avrebbe spiegato? L'ape col fiore?»

«Oh no, sono per metodi più diretti. Quando un maschio munito di pe-»

«Ne riparliamo un'altra volta di educazione sessuale, rispondi solo alle domande»

«Va bene! Come volete, ragazzuoli!» sghignazzò un'ultima volta per poi prendere una parlata seria, senza mollare per un secondo la medesima smorfia «Ditemi, voi direste mai che un candido ovino potrebbe divenire più crudele di un lupo?»

I due ascoltarono, senza emettere un suono, ritenendo piuttosto bizzarra la sua incognita.

«Be' io vi rispondo che in effetti sì, anche la persona all'apparenza più santa potrebbe rivelarsi il demonio sceso in terra... Non esiste un lato buono o cattivo, in questo spettacolo. Non vi è alcuna traccia di bontà assoluta o malignità estrema... Beh fatta eccezione per alcuni individui, ma credo che abbiate abbastanza sale in zucca per capire a chi mi stia riferendo»

«E per mio padre invece?» domandò con un filo di preoccupazione «Avrà... Fatto la scelta giusta a lasciarci nelle loro mani... Il libro...»

«Tuo padre è sempre stato un uomo coscienzioso: non dubitare della sua saggezza, e così delle tue scelte. Se egli si fida di loro, un motivo c'è e non parlo solo perché essi sono membri eccellenti della Corte. Parlo di loro come umani... Quel libro non tiene conto né di norme, né di morali... Tanto meno d'umanità... Per quanto mi riguarda, è un inutile pezzo da ardere decorato malamente con dell'inchiostro di pessima qualità»

«Come siamo sicuri di poterci fidare delle tue parole?» chiese l'altro, più che altro sospettoso.

«Non vi sto dicendo di pendere dalle mie labbra. Vi sto solo riferendo una mia opinione. Infondo avete sentito le peggiori castronerie di questo mondo. Cosa vi costa ascoltare le mie parole? Poi siete liberi di fare ciò che vorrete.»

Non udendo alcun parere contrario, la figura riprese il discorso; non prima di essersi schiarita la voce.

«Riguardo al gioco... Diciamo che è tutto partito come una competizione innocente tra scuole. Eh sì, possiamo ancora definirlo tale se ci riferiamo a gare canore o trucchetti vari. Poi, pian piano, comincia a sfumarsi con i tornei di scherma, pugilato... Per poi concludere col conflitto vero e proprio»

«E noi da che parte dovremmo stare?»

«Qui sta a voi decidere: scegliete in base alla vostra testa... Alla vostra anima... E vedrete che poi il corpo andrà da solo.»

«Quindi dobbiamo schierarci con la nostra scuola?»

«Ma santo cielo, non comprendete un corno! Non è più una competizione scolastica, è una guerra. Non esiste la "scuola buona" e "quella cattiva". Voi dovrete solo scegliere se combattere e per cosa.»

Si guardarono tra loro ancora titubanti e si accinsero a proporre una domanda. Ed ella li sorprese rispondendo ancora prima che ponessero la domanda «Io sono il Loose, la mia maschera, come vedete, è quella di un pagliaccio. Penso basti conoscere il mio "nome" per capire il mio schieramento. Ma non è detto che potremmo combattere assieme... Sapete, no? Stesso motivo, squadre diverse»

Nuovamente i novelli si guardarono negli occhi, comprendendo un po' le parole della figura. Finalmente stavano capendo il perché di tante menzogne, fantasie, stratagemmi e trucchetti.

«E così...» Riprese il riccioluto «Per dircelo siamo dovuti arrivare fino al vostro palazzo...»

«Oh per amor divino, no! Non è nel mio stile, troppo stucchevole» Esclamò drammaticamente, come se l'avessero attaccato nel profondo con quella frase «E poi la Corte è ricercata da chiunque, secondo voi si nasconderebbe ai confini della città, in un villone sfarzoso? Andiamo, so che c'è un po' di sale nelle vostre zucche.»

«Aspetta» ragionò l'altro «Quindi ci hai portato in un palazzo che appartiene a qualcun altro? È un reato!»

«Non credo che gli importi. Sempre ammesso che sia vivo... Dovrei dare un'occhiata dietro alla libreria.»

«L-L'hai rapito?»

«Io l'ho... Oh santa-» scoppiò nuovamente a ridere «Santo cielo ragazzi, siete esilaranti!»

«Perchè ci hai portato qui?» Domandò Damian confuso.

«Ritengo di aver già detto fin troppo. Lascierò che lo scopriate da soli. Inoltre...» si fermò di punto in bianco, controllando l'orologio da taschino che teneva accanto alla fondina, stranamente abbottonata «Credo che sia l'ora di chiudere il sipario, e far sparire questa scenografia. Peccato! Cominciavo ad odiarla come un tempo.»

Nulla da fare, i due erano oramai smarriti del tutto. Provarono a guardare la maschera per capirne qualcosa. Tuttavia non poterono vedere o udire molto: ella rimise l'orologio, ricompose la smorfia folle, ricomparve quel suo alone di mistero, alzò al cielo le mani e, con una piccola e rapida sghignazzata, schioccò le dita.

Da quel momento ebbe inizio la vera metamorfosi. Ecco che, all'improvviso, ogni singolo particolare svanì assieme alla sua immagine. Le statue, le pareti, i dipinti, il soffitto... Tutto si stava polverizzando ad una velocità spaventosa, accompagnato da un miscuglio di grida e movimenti della terra. Ovviamente il pavimento non era escluso in questa distruzione.

Damian e Carl corsero via, sperando di scampare al crollo, però non vi riuscirono e, non appena l'ultima piastrella sotto i loro piedi diventò cenere, non poterono fare a meno di crollare nel vuoto. Gridarono col battito accelerato, il respiro che mancava, gli occhi chiusi per il timore di vedere la propria fine imminente...
Il destino con loro fu più magnanimo. Atterrarono su alcuni cespugli, che attutirono la caduta di alcuni piani di scale. Quando si rialzarono trovarono una realtà ben diversa da quella vista poco prima.

Non vi era alcun palazzo, o almeno non più... Il tutto era rimasto un grande ammasso di cenere, qualche piccolo gruppo di mattoni, uno scaffale mezzo distrutto ed un paio di sedie bruciate. Tutto quel lusso non era più vivo, oramai vinto dal fuoco. Ed esso, trionfante, fece in modo di risparmiare il meno possibile.

«Non posso credere che ci abbia portato qui per nulla» dichiarò Damian toccando appena una sedia che si valorizzò all'istante.

«Aspetta, qui c'è qualcosa!» esclamò trovando una valigia ed una chiavetta USB, attaccata come portachiavi, «Magari può esserci utile»

Detto ciò presero i due oggetti e si incamminarono verso casa a piedi, dato che avrebbero perso comunque l'ultima corsa dell'autobus.

Invece le rovine rimasero lì, abbandonate a loro stesse in preda alle precipitazioni ed alla corrente. Non divennero altro che gli avanzi di un luogo onesto, gli indizi di un crimine abbandonato, il simbolo dell'omertà dei poteri, un urlo assordante di vittime mai udite a pieno; ma soprattutto venne considerata come la fiammella che accese la rabbia di coloro che finalmente hanno capito di dover parlare...

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