Capitolo 2- L'ora del tè
L'indomani mattina mi arrampicai per la ripida scalinata che portava alla torre nord del maniero, uno dei miei luoghi preferiti. Adoravo contemplare il paesaggio e la vista sul villaggio sottostante mentre sentivo il vento che mi solleticava il viso.
«Lady Amelie, anche voi qui?» mi sorprese una voce alle spalle.
Il figlio minore dei Dowen si presentò al mio fianco.
«Buongiorno, lord Thomas.»
«A voi. Solo Thomas, vi prego» rispose, inchinandosi talmente profondamente che il suo torace toccò quasi terra. Era fin troppo ossequioso per essere un gentile gesto di saluto.
«Milord, non scherzate» lo presi in giro.
«Sembravate fin troppo assorta nei vostri pensieri. Se non prestate attenzione, la vostra pelle diventerà raggrinzita come una prugna secca» sogghignò, tirandosi in piedi con fare compiaciuto.
«Milord!» ma la mia invocazione lo fece ridere ancora più forte.
Nei suoi occhi castani riuscii a leggere serenità e divertimento. "Forse è ciò che servirebbe anche per te" disse una vocina nella mia testa.
Mi scoprì a fissarlo e, presa alla sprovvista, tornai a guardare il paesaggio.
«Il mattino vi rende ancora più graziosa» si complimentò, sornione.
«Vi ringrazio» sussurrai in risposta.
Sentii il cuore iniziare a battere forte, il palmo delle mani inumidirsi e le labbra tremare. "Non può succedere di nuovo" pensai, angosciata. "Non quando ci sono così tante cose in ballo."
Quella sensazione non mi era nuova; così come non mi era nuova la sensazione di abbandono e di solitudine che provai quando, dabbasso, i soldati di mio padre iniziarono il giro di ronda. Tra di essi vi era un soldato a capo scoperto che, come intuendo la mia presenza, alzò lo sguardo. Era il capitano delle guardie ma per me rappresentava anche altro. Lo vedevo così forte mentre si allenava, così bello e coraggioso durante le giostre organizzate per le festività, mentre indossava i colori verdi e gialli della mia famiglia, e così divertente quando parlava con me. Due anni fa era stato il mio primo amore innocente di cui parlavo solo al mio vecchio diario.
Da una porta laterale uscirono lord Dowen e mio padre che montarono subito sui rispettivi destrieri seguiti poco dopo da Edwin che però non li imitò. Si rivolse al padre con gesti agitati e ricevette da lui solo dinieghi con la testa.
«A corte si vocifera che possediate il più bello e robusto branco di cervi dell'Inghilterra orientale» intervenne Thomas, riportando la mia attenzione su di lui.
Fui percossa da un brivido. Per la mia famiglia quei boschi avevano covato ben altro: i McGregor.
«Thomas, andiamo a caccia. Volete unirvi a noi?» urlò suo padre, dal cortile. Di Edwin non vi era più traccia.
«In questi giorni non c'è stato granché da fare» confessò il giovane al mio fianco, stringendosi nelle spalle.
«Andate pure, milord.»
Con un sorriso esultante mi voltò le spalle per rifare le scale al contrario e raggiungere la compagnia sottostante senza accorgersi che ero scesa a mia volta.
Usciti nel cortile mio padre si rivolse a me. «Amelie, lascio metà dei soldati a protezione del maniero. Lord Berdyshire è in biblioteca. Avvisatelo voi.»
"Preferirei mangiare rane crude". Ma dovetti ingoiare questo pensiero e annuire, come una figlia obbediente.
«Mio fratello non ama cacciare. Preferisce passare il tempo studiando le sue carte» commentò Thomas, in attesa della sua cavalcatura.
«Che strana abitudine, milord. Credevo che un uomo dovesse godere dell'aria aperta ed esercitandosi con la caccia e le armi.»
«Spero che una buona moglie lo possa distrarre altrimenti diverrà gobbo e pallido come un reietto» rise, strizzandomi l'occhio.
"Certamente non sarò io!" pensai con una improvvisa nausea.
Osservai meglio la guarnigione e notai quanto sembrassero pronti più ad una guerra che a una battuta di caccia.
«Lord Verseshire, siamo pronti» annunciò il capitano Kendall, per poi salutarmi con un cenno del capo. «Lady Amelie.»
«Buongiorno, Kendall.» ricambiai, cercando di mantenere calma la voce.
Quei capelli umidi, le gote arrossate e il sorriso limpido che mi stava rivolgendo richiamarono alcuni ricordi assopiti. Le mani grandi e callose, le stesse che avevano fermato la mia corsa il giorno prima, stringevano adesso le redini del suo destriero e un pensiero alquanto strano mi sopraggiunse. Avrei voluto sentire di nuovo quelle mani sui miei capelli o mentre asciugavano le mie lacrime.
"Fermati subito" mi imposi, severa. "Sapevi che non poteva esserci futuro tra voi."
Improvvisamente Thomas prese la mia mano e tutti i pensieri sparirono. Mi salutò con un leggero baciamano e, ignaro di ciò che aveva suscitato in me, partì a cavallo seguito dagli altri cavalieri.
Rientrai in casa e lady Susan mi venne subito incontro. «Milady, vostra madre vi attende nella sala della musica.»
Le consegnai il mantello pesante e la precedetti oltre il salone d'ingresso, lasciando lo scalone che portava al primo piano sulla destra, per dirigermi verso l'ala dedicata all'arte e alla nostra biblioteca privata.
Aprii la prima porta a sinistra e trovai mia madre comodamente seduta a leggere su un divanetto color damasco, circondata da due dame di compagnia intente nel ricamo.
«Amelie, siete tutta rossa in viso. Avete preso un'infreddatura?» lamentò puntando lo sguardo indagatore su di me.
«Sono stata sulla torre» confessai attendendo il rimprovero che inesorabile giunse poco dopo.
«Ti ammalerai ad andare lassù! Non possiamo permettercelo ora che abbiamo ospiti.»
«Non credo che la mia assenza possa essere così sconveniente» borbottai, alzando gli occhi al soffitto incrociandone due di più piccoli. Appartenevano ad alcuni cherubini dipinti all'interno di una nuvola dorata.
Quella stanza era la mia preferita con i suoi dipinti e le sue piante sempreverdi vicino alle finestre. Alle estremità vi erano il pianoforte e l'arpa che insieme a Dana ero solita suonare la sera, dopo cena. Sembrava passato un secolo da quando mia sorella era venuta a farci visita.
«Dov'è tuo padre?»
«A caccia di cervi con il marchese e lord Thomas.»
«È pazzo?!» sibilò, toccando il crocifisso che portava al collo. «Il bosco orientale confina con i McGregor! Gli avevo detto di non andare, non dopo quello che le sentinelle ci hanno riferito ieri...» i suoi occhi incontrarono nuovamente i miei e si interruppe di scatto.
Ero cresciuta con i racconti dei loro saccheggi e delle loro razzie e sapere che mio padre era a pochi passi da loro non mi rendeva tranquilla. Erano poco più di un anno che non avveniva nulla, ma il sentimento di inquietudine era duro da estirpare in così breve tempo.
«Cosa state dicendo madre? Di cosa parlate?» chiesi, sentendo il cuore aumentare i battiti e i palmi sudare.
Ella però cercò di non darci peso. «Oh non è nulla, tesoro. Solo...voci...»
«Madre, volete spiegarmi una volta per tutte il motivo di questo odio verso di noi?»
Ricordavo come questo argomento fosse bandito a Verseshire House. Nessuno amava ricordare la vera motivazione di tale faida ma io volevo capire. Ero stanca di quei silenzi e mormorii strozzati che permeavano il maniero al solo nome di quella famiglia.
Mia madre, come già mi aspettavo, iniziò a mordicchiarsi il labbro inferiore; lo faceva ogni qualvolta era nervosa. «Amelie, questa non è...»
«Smettetela. È un fatto che riguarda anche me quindi ditemi la verità perché questa volta non ho intenzione di desistere.»
Mi osservò per alcuni secondi prima di cedere con un sospiro profondo. «Ebbene... credo che tu sappia di come Louis McGregor e tuo padre siano cresciuti insieme. Erano entrambi studenti del precettore Bromley che spesso li faceva incontrare per svolgere insieme le lezioni. Ciò che forse non ricordi è... Gertrude.»
Quel nome non era nuovo ma non riuscii a ricordarne il volto.
Mia madre continuò: «La sorella di Louis McGregor. La sua prima e unica sorella. La ricordo con molto affetto perché aveva sempre una buona parola per tutti. Era tanto bella quanto timida direi. Le poche volte che ho potuto udirne la voce era rivolta ai poveri, ai mendicanti e a chi giungeva in cerca di aiuto. Forse è anche per questo che i pretendenti non erano assidui frequentatori in quella dimora.»
«Credo che anche il carattere del fratello non aiutasse.»
«Louis non era così un tempo. Era affabile e sempre pronto ad aiutare l'altro. Voi non potete ricordarlo, tu e Dana vivevate perlopiù nella nursery con le balie e le governanti. Dopo quell'incidente diventammo nemici.»
«Quale...?»
«Gertrude si gettò dal suo balcone.»
Sussultai. «Si è uccisa? E perché?»
«Bada Amelie, la verità non è conosciuta da nessuno. Ciò che ti dirò sono solo voci e credo siano state messe in giro dallo stesso Louis in preda alla collera e al dolore. Egli incolpa tuo padre per quel gesto. Sostiene che la sorella fosse innamorata di lui e che lui l'abbia respinta in... malomodo» sussurrò.
«Mio padre? Respingerla in malo modo? Ma è assurdo!»
«Vedete... alcune cameriere sostengono di averlo visto entrare nella sua camera da letto.»
Osservai mia madre attentamente: non aveva mostrato alcuna nota di delusione o di odio, al contrario ne sembrava dispiaciuta.
«Impossibile! Ma come può credere che il suo vecchio amico possa aver fatto una cosa simile? È assurdo!»
«Louis McGregor è di un'altra opinione» sospirò mia madre, rassegnata. «I soldati di Dowen ci hanno aiutato a proteggere i confini in questo anno ma ora...sembrano non bastare. Qualche giorno fa sono scomparse delle ragazze, vivevano vicino al confine e la loro casa è stata completamente bruciata. I testimoni dicono siano stati i McGregor. Capite perché sono in pensiero?»
«Pensate stia tornando? Dobbiamo difenderci di nuovo?»
«Attendiamo il ritorno di tuo padre e preghiamo» rispose lei, sospirando.
La mia testa si riempì di visioni orribili dove mio padre veniva scagliato a terra e circondato da figure incappucciate, imprigionato e... no, non potevo continuare.
Dovevo distrarmi. Attraversai la stanza e aprii la porta che conduceva al piccolo ufficio con la scrivania ingombra di documenti. Iniziai a esaminare il primo foglio sotto lo sguardo critico di mia madre, la quale non prestava attenzione agli affari amministrativi, preferendo il ruolo di castellana. Per me invece era diverso e speravo di poter gestire la proprietà in un futuro non molto lontano assieme a mio marito. Dunque, interessarmi ai resoconti sul raccolto, sui contadini o sul villaggio era non solo un dovere ma una mia personale volontà.
Ero così presa dalla lettura che sentii i borbottii del mio stomaco solo quando l'ultimo rintocco della pendola annunciava mezzogiorno.
Lady Verseshire ripose il ricamo all'interno del cesto del cucito. «Farò portare dei panini e del tè, Amelie. Lady Susan, andate a chiamare il conte Berdyshire. Lo inviti a pranzo.»
La dama di compagnia uscì subito per tornare, poco dopo, con il nobile ospite.
«Contessa, spero non le dispiaccia se ho preso a prestito un libro della sua biblioteca» si scusò, baciando la mano di mia madre.
«Oh milord, fate come foste a casa vostra» rise.
Era chiaramente deliziata dalle attenzioni del giovane e ciò mi creò un'altra ondata di nausea.
"Come può comportarsi da gentiluomo con lei e da insensibile con me?"
All'improvviso egli si rivolse proprio a me. «Lady Amelie, posso avere il piacere di sedermi accanto a voi?» e senza attendere la mia risposta, si accomodò.
La sua vicinanza mi rendeva nervosa. Quell'uomo era un mistero tanto aggrovigliato quanto una delle matasse di filo di mia madre.
«Avete trascorso una buona giornata, milady?» chiese, guardandomi dritta negli occhi.
«Sì, vi ringrazio, lord Berdyshire.»
«Come l'avete trascorsa?»
«Passeggiando per la tenuta e leggendo» risposi.
«La lettura. Su cosa ricadono i vostri interessi?»
«Stavo esaminando dei documenti della tenuta» e lo guardai dritto negli occhi, con aria di sfida. Avevo notato il cipiglio aggrottato delle sopracciglia alla mia risposta ma non me ne curai.
Giunsero le cameriere con il vassoio del tè e quello dei panini; mia madre si occupò personalmente di versare la bevanda nelle tazzine con più lentezza del solito come a soppesare le parole più adatte per salvare la situazione.
Edwin ne approfittò e si avvicinò al mio orecchio. «Non sono affar vostro.»
«Lo considero tale. Sono nata in questo castello e i terreni qui intorno ci forniscono di che vivere» risposi con foga. Nessun uomo poteva farmi sentire inferiore. Non lo faceva mio padre e men che meno l'avrebbe fatto quell'uomo. Non lo avrei mai accettato.
Infine, la contessa distribuì le tazzine che sorseggiammo in silenzio finché mia madre si alzò e, scusandosi, ci lasciò soli. Rimasi sbalordita da tanta audacia, per l'ennesima volta.
«Vostra madre è complice in questo vostro interessamento?» indagò.
«La contessa mia madre si occupa per lo più della dimora. A volte anche del mulino.»
Incredibilmente notai in lui anche un piccolo cenno di assenso. «La mia gente lamenta l'esorbitante prezzo della farina» rispose.
«Mio padre ha stabilito un accordo con i nostri fittavoli. Il prezzo è mantenuto basso cosicché ogni persona ne possa usufruirne.»
Mi tornò alla mente la casupola che avevo visitato il giorno prima. Era un ambiente buio e sporco, di sicuro i genitori lavoravano nei campi tutto il giorno e non avevano tempo di badare a quei tre bambini dai visetti pallidi e grandi occhi scuri che erano dunque lasciati a loro stessi. Le lacrime minacciarono di scendere, ma non volevo farlo davanti a lui, avrebbe frainteso. Cercai di nasconderle abbassando il viso ma mi sentii afferrare per il mento. I suoi occhi mi scrutarono e mi ritrovai a chiedere: «Chi siete in realtà? Il lord burbero o quello interessato?»
«Sto cercando di apparirvi meno scontroso e ripugnante. Il fisico non mi permette certo di conquistarvi con la bellezza.»
«Io non vi sposerò mai!»
«Invece succederà, Amelie. Il matrimonio avverrà prima che giunga il prossimo Natale».
«Troveremo dei cavilli per annullarlo.»
«Troveremo? Io non vi aiuterò» proferì alzando un sopracciglio. «I documenti sono in piena regola.»
La sua espressione era indecifrabile e il suo corpo appariva rilassato, con un braccio abbandonato sullo schienale e l'altro sul bracciolo, lo sguardo fisso nel mio come volesse incatenarmi al divanetto dove eravamo seduti.
Puntai i piedi per terra. «Mancano le nostre firme e io non ho assolutamente intenzione di apporla.»
«Non rinuncerò. C'è troppo in ballo perché voi, una stupida ragazzina, riusciate a capirlo» ribatté tornando l'uomo burbero e insensibile che avevo conosciuto.
«Ci saranno altre dame piene di benevolenza fuori da questa casa» replicai, con una sorta di speranza nella voce.
Fu allora che si avvicinò, tanto da poterne vedere ogni singola cicatrice sul viso.
«Cosa state facendo?» lo ammonii.
«Dovremmo fidarci l'uno dell'altra.»
«Io non mi fido di voi e non vi amo!»
«Cosa c'entra l'amore? Anch'io amo un'altra donna, ma qui parliamo di protocolli. Per questo vi sposerò anche se amo un'altra donna.»
«Parlatene con vostro padre, allora. Potremmo avere il lieto fine che entrambi desideriamo.»
«Non è così semplice. Si tratta della mia istitutrice. Non possiede alcun titolo.»
«Ma voi siete il suo erede e siete un conte! La vostra parola dovrà pur avere il suo peso!»
«In parte è così, ma il protocollo reale parla chiaramente. Devo sposare una nobile e voi lo siete.»
«Si dà il caso che io non voglia farlo.»
«Questo non ha alcuna importanza. Fino alla vostra maggiore età siete nelle mani di vostro padre, ergo nelle mie.»
«Che cosa intendete?»
«Se volessi, potrei sposarvi oggi stesso.»
«Quindi sarei solo una vergine immolata per il vostro tornaconto? Non credo proprio avverrà, conte» sputai quest'ultima parola come fosse una cosa lurida e maleodorante. «Andate altrove.»
«Una nobildonna non pronuncia questi discorsi o potrei anche pensare male» ribatté lui con un ghigno odioso.
"Se solo la mia tazza di tè fosse ancora bollente" pensai con rimpianto. "Avrei potuto rovinare quella sua espressione".
Ma ahimè dovetti accontentarmi di fissarlo in modo sbieco, ritirandomi nel silenzio più ostile, finché il suono delle trombe ci annunciò il ritorno del corteo di caccia.
Mi precipitai alla porta d'ingresso dove attesi sui primi gradini. Alla vista dei tagli sulle braccia e sul viso dei soldati e delle condizioni di sporcizia, di terra e sangue delle loro uniformi dovetti coprirmi la bocca per non urlare.
"Padre?" gemetti tra me e me.
Tornai a respirare solo quando lo vidi entrare sano e salvo insieme ai due ospiti, e una nuvola di tessuto rosso mi impedì di vedere oltre. Mia madre si era precipitata a capofitto giù per le scale e ora stava tra le braccia del marito.
«Siete stati attaccati?»
«Non è nulla, Marissa. Li abbiamo costretti a una ritirata fulminea» rispose lui, sciogliendo dolcemente l'abbraccio.
Poi si rivolse a Dowen stringendogli la spalla con affetto. «Venite caro George, ci meritiamo un bel bicchiere» disse mio padre, chiamando l'amico per nome. «Anche per voi Thomas.»
«Direi di affrettare le cose, James. Le forze che vi ho mandato in questi anni non sono sufficienti, a quanto vedo.»
«A breve, amico mio. A breve.»
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