IL FUNERALE DI DELIA

Erano quattro giorni che la pioggia non smetteva di scendere dal plumbeo cielo.

Il villaggio era caduto in un'atmosfera desolata e grigiastra, sembrava morto e abbandonato.
Per le vie del paese, non c'era un'anima viva, né un cane che passeggiava come era solito fare.
La pioggia scendeva e bagnava il lastricato della strada, i tetti e i vetri delle finestre.
Le grondaie sgorgavano acqua da tutte le parti.

Tutto era immerso nel più totale silenzio.

La gente del villaggio era riunita in un ampio giardino recintato. Le lapidi erano piantate nel terreno fangoso. Una moltitudine di fiori adornavano le diverse tombe. Alcune di esse erano protette da piccoli alberelli folti e rigogliosi.

Erano vestiti di nero. Alcuni si coprivano il capo con un mantello, altri tenevano in mano degli ombrelli scuri, tutti mormoravano sottovoce preghiere confortanti. Erano affollati davanti a una tomba decorata con rose bianche e rosse. Era la tomba di Delia.

La povera madre l'aveva data per morta. Era lì, in ginocchio, disperata dal dolore a piangere la figlia.

Alla sua destra c'era Diana, con il volto rigato di lacrime, accompagnata dal suo uomo Erberto.
Non portavano ancora le fedi. Dovevano ancora sposarsi.

«Ma che fine avrà fatto?»

«Oh povera ragazza...»

«Era così giovane e bella...»

«Avrà fatto la stessa fine del padre...»

Delle voci si interrogavano sulla tragedia.

L'aria che si poteva percepire era triste e angosciante, pervasa dalla morte.

Le persone erano addolorate, i loro occhi gonfi di lacrime erano carichi di profonda sofferenza. Alcune signore anziane singhiozzavano, altre si soffiavano il naso in continuazione, sotto quell'incessante pioggia di fine primavera.

A mezzogiorno, conclusosi il funerale della giovane Delia, gli abitanti lasciarono il cimitero, camminando lenti e tenendo sempre il capo chino per nascondere il loro viso triste e pallido.

La madre della fanciulla non smetteva di singhiozzare, ancora in ginocchio davanti alla tomba della figlia scomparsa.

La signora Marilla dal volto affranto, cercò di aiutarla a rialzarsi dall'erba inzuppata. «Dai cara, forza su, piangerla non la riporterà di certo indietro.»

La madre di Delia si levò infreddolita e tremante. Il suo viso era rigato da lacrime cariche di dolore.

Si portò il fazzoletto fradicio e sporco alla bocca, non riusciva proprio a togliere lo sguardo dalla lapide con inciso il nome di lei.

«Coraggio, aggrappati a me e andiamo a bere una bella tazza di tè caldo a casa mia.» La incitò ancora afferrandola per un braccio. «Vedrai ti farà bene. Almeno ti toglierai di dosso il freddo che ti sei presa questa mattina.»

La madre di Delia senza dire una parola si affidò all'amica.

Insieme si voltarono verso Diana, distrutta dall'inaspettata perdita.

Dietro di lei c'era Erberto che cercava in tutti i modi di confortarla con tenere carezze.

«Come stai cara?» Marilla si avvicinò alla nipote.

«Ho perso la mia migliore amica e questa volta credo di averla persa per sempre.» Aveva il volto arrosato e bagnato di lacrime.

La madre di Delia si scostò dalla signora Marilla e la strinse a sé abbracciandola forte. «Se hai bisogno di qualcosa conta pure su di me, sai dove trovarmi. A tua madre avevo promesso che mi sarei presa cura di te come una figlia e che non ti avrei mai fatto mancare nulla.»

Diana singhiozzò e strinse di più la donna. «Grazie.»

Marilla si intromise e le liberò dall'abbraccio. «È meglio andare, siamo bagnati fradici, altrimenti ci ammaleremo presto...»

Erano rimasti solo loro quattro nel cimitero.

Con calma si avviarono verso l'uscita, lasciandosi alle spalle la tomba della fanciulla, data per morta da tutti gli abitanti del villaggio.

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