IL PRINCIPE DORIAN DI VALACCHIA

All'imbrunire mite di quella sera, il cielo sereno era velato di nuvole rosa screziate di viola. I neri corvi sorvolavano le imponenti e rocciose vette frastagliate dei Carpazi. Una folata fresca di vento fece turbinare delle foglie in aria e rabbrividire le fronde degli abeti. La infinita selva smeraldina si stava lievemente addormentando in un manto caldo e vaporoso dalle mille sfumature del tramonto. In Transylvania stava giungendo l'autunno. Quella stagione che precedeva la morte e il buio delle tenebre.

Nel castello di Dracula, un giovane fanciullo vampiro dormiva nelle sua ampia stanza, immerso nei suoi sogni più quieti e profondi. Era adagiato beato sopra un letto a baldacchino in legno massello, intarsiato in oro da motivi gotici floreali. Quattro sinuosi e morbidi drappi di tende cremisi scendevano eleganti dal soffitto ed erano legate con un gonfio fiocco intorno alle colonne arrotondate. La coperta rossa di broccato e le candide lenzuola di lino avvolgevano in un tiepido torpore il corpo del principe Dorian. I suoi boccoli corvini erano sparsi e adagiati sopra i soffici cuscini, gli incorniciavano il viso marmoreo che celava un'insolita espressione serena. Gli occhi erano chiusi, le folte ciglia nere gli accarezzavano la pelle e le labbra sottili erano vellutate di rosso.

L'ambiente era avvolto nella tetra penombra. Le grandi tende, color crema, coprivano la grande finestra dalla quale filtravano gli ultimi raggi dorati del sole che rivelavano i minuscoli batuffoli di polvere vorticare nell'aria.

Regnava un pacato silenzio. Nella stanza si percepiva il respiro rilassato del giovane vampiro riposare tranquillo.

Nella sua camera, le pareti ebano erano affrescate da macabri dipinti oscuri: nascondevano figure di demoni maligni che si celavano al calar della notte.  

Al centro c'era un tondo tavolo in legno decorato, lucido e massiccio, circondato da tre comode sedie con lo schienale e la seduta imbottite da una soffice fodera color rosso porpora. Il muro, vicino alla porta, era soffocato da un enorme e vecchio armadio color castagno, mezzo coperto da un drappo di tessuto. A fianco al letto matrimoniale c'erano due comodini pregiati e intarsiati. Sopra a quello rivolto verso il principe c'era un candelabro argenteo con posizionate delle nere candele dalla cera gocciolante. Davanti alla finestra c'era una scrivania scura, macchiata d'inchiostro. Sopra c'erano appoggiati un calamaio con una penna bianca, dei fogli scarabocchiati e mezzi sbavati, una pila di libri dalla copertina smeraldina e dalle pagine venate e ingiallite e una rosa rossa appassita dentro ad un vasetto in ceramica tinto di pervinca. 

Qualcuno entrò di soppiatto. Una figura andò a scostare con le braccia le pesanti tende e aprì la grande finestra. Una ventata d'aria fresca colpì la stanza e l'ultima luce del giorno illuminò le inquietanti pareti.

«Buongiorno, Principe Dorian.» Era una donna anziana e robusta. I suoi capelli scuri erano legati e stretti in un chignon coperto da un copricapo con frontino in stile vittoriano, decorato in pizzo nero. Vestiva un lungo e scuro abito gotico. Il corpetto era stretto e attillato, chiuso sul centro davanti da una serie di bottoni in tessuto, provvisto di un colletto alto e di maniche arricciate a sbuffo chiuse da un polsino, dal quale fuoriusciva del candido merletto floreale. La gonna a ruota pieghettata cadeva liscia fino a toccare terra.

La governante si avvicinò al corpo dormiente del giovane. «È il tramonto signorino, è ora di levarsi.»

Dorian strizzò gli occhi ed emise un gemito mentre si muoveva da sotto le lenzuola. Si rigirò sul materasso, voltò le spalle alla donna e si coprì la testa con tutte le coperte che aveva. 

La cameriera sbuffò alterata e con le mani provò a scuoterlo con agiata delicatezza.

«Principe Dorian non vorrà far aspettare il suo istruttore anche oggi.»

«Non m'interessa», digrignò i denti rabbioso.

«Oggi ha le sue ultime lezioni, deve concludere gli studi prima...»

Il vampiro gettò le lenzuola all'aria e si destò. Lanciò irritato un cuscino in faccia alla domestica.

«Signorino! Ma che modi sono questi!» Lo sgridò scioccata.

«Io voglio solo dormire! Lasciatemi in pace!» Le urlò contro, mostrando i sui affilati canini. I suoi occhi si tinsero di rosso mentre guardava in collera la sua povera governante. «Se ne vada subito. Non la voglio mai più vedere. Non sono più un bambino!»

Lei si avvicinò di nuovo al fanciullo e gli posò una mano sulla spalla. «Ne è sicuro? Perché in questo momento si sta proprio comportando come...» Non fece in tempo a finire di parlare che il giovane le saltò addosso afferrandola per il collo. «Come osa!» Ringhiò forte. Nei suoi occhi ora divampavano le fiamme dell'Inferno.

«Prin-ci-pe Dorian!» Si portò una mano al petto, molto provata e spaventata. I suoi occhi nocciola divennero lucidi e le sue labbra rosse fremettero. Tossì e si ricompose acquistando di nuovo coraggio. «Che le stia bene o meno, domani a mezzanotte verrà incoronato Re di Valacchia. Deve ultimare i suoi studi, esercitarsi ancora al pianoforte e infine ancora provare il vestito per la cerimonia. Il suo caro nonno sta ultimando gli ultimi preparativi, non vorrà di certo deluderlo. Quindi mi dovrà sopportare ancora per queste due ultime notti, poi sarà ufficialmente un vampiro adulto e maturo.» La governante faticava a trattenere le lacrime. «Dopodomani io non ci sarò più...»

Dorian vedendola in pena, cambiò atteggiamento e si addolcì. «Mi scusi, Signorina Dragomira.» Si alzò da letto.

«E non avrai più bisogno di me», irruppe alla fine in un pianto disperato.

Il vampiro la prese e l'abbracciò forte. Lei ricambiò altrettanto.

«Grazie per esserci stata, quando nessun altro voleva prendersi cura di me.» 

Nel frattempo, un'altra domestica irruppe a passo svelto nella camera del giovanotto. In mano teneva piegata della biancheria pulita. «Principe Dorian, ecco a voi i vestiti che indosserete oggi.»

Il fanciullo si voltò e la cameriera gli accenno un lieve inchino, poi si dileguò in fretta.

Dorian lasciò andare Dragomira e si sedette sul letto. Lei estrasse dall'abito un fazzoletto bianco ricamato e si asciugò le lacrime. «Vostro nonno desidera cenare con voi all'alba nella grande sala da pranzo.»

Il fanciullo roteò gli occhi al cielo e sbuffò. «Va bene, ditegli che ci sarò...»

«Molto bene, principe.» Gli rivolse un lieve e dolce sorriso. «Prima di presentarvi a lezione vi inviterei a fare un caldo e rilassante bagno, sapete dopo la scappatella non riuscita di ieri notte in mezzo al bosco, sarete piuttosto sporchi...»

Il vampiro la guardò impassibile e la squadrò nella sua altezza. «Come volete voi...», affermò severo.

«Se ha bisogno di me, io sarò qui fuori ad attenderlo.» La Governante si dileguò.

Dorian la seguì con lo sguardo finché un'altra donna bassa e minuta arrivò in stanza con in braccio un vassoio d'argento con sopra una teiera nera in porcellana e un calice in vetro trasparente. Lo andò a posizionare sopra al comodino di fronte al giovane. «Ecco a voi la vostra colazione», elargì inchinandosi davanti a lui per poi congedarsi come tutte le altre inservienti, chiudendo la porta.

Il vampiro rimase solo nella camera da letto. Spostò il suo sguardo verso il mondo esterno. Gli ultimi raggi dorati del sole scaldavano la sua pelle pallida, tingendola di un lieve arancio.

Dorian si levò e andò verso la finestra aperta. L'ultimo spicchio di sole scomparì dietro le montagne.

Sospirò pesantemente e si strinse a sé. Venne colpito da uno strano dolore al petto. Si tastò. Era il suo cuore. Aveva mancato un altro battito. Ormai era sempre più debole, attorcigliato ad un filo spinato, domani notte avrebbe smesso di pulsare per sempre.

Una lacrima rigò la sua guancia sinistra.

A capo chino si ritirò nella sua stanza. Guardò la caraffa esitante e indeciso.

Infine sospiro e andò verso il muro, lo premette con una mano e una porta segreta lo fece entrare in una stanza nascosta.

Si fece un bel bagno ghiacciato e si ridiede una sistemata.

Prese con sé i libri e uscì.

«Eccovi qui, Principe Dorian», irruppe La Signorina Dragomira. «Era di vostro gradimento la colazione?» Gli rivolse un gentile e premuroso sorriso.

«Non ho fame questa sera», tagliò corto lui. «Ci vediamo più tardi.» Le voltò le spalle e si incamminò con eleganza e superiorità su un rosso tappeto, lungo il corridoio ombroso, illuminato solo dalla luce fievole di alcuni candelabri dorati fissati la muro di pietra.

«Buona nottata Principe Dorian.» Lo salutò con aria assai preoccupata.

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