CORONA DI SANGUE

Da un angolo oscuro comparì il principe Dorian I di Valacchia. Iniziò a scendere, a capo chino, gli scalini coperti da un tappeto porpora che conducevano al centro di una sala ovale illuminata dal fioco bagliore delle candele appese ai tripodi al muro.

Giunse di fronte a una porta dorata. Due guardie regali si inchinarono al suo cospetto.

Il giovane fece un respiro profondo e si sgranchì le dita delle mani.

Acconsentì alle guardie di aprire il passaggio.

Dorian alzò lo sguardo: la Sala del Trono era gremita di persone addobbate in vesti sontuose, vaporose e variopinte. C'erano vampiri e vampire provenienti da tutto il regno. Erano stati invitati dal Re Dracula, perfino i ceti più poveri. Il fanciullo percepiva ogni loro occhio scrutatore puntato su di lui. La tensione stava percorrendo il suo corpo. Si attorcigliò attorno alla sua gola. Un senso di soffocamento gli provocò un lieve capogiro. Stava andando incontro a un destino che non gli appartava: a nuove responsabilità che non sarebbe riuscito a soddisfare e a ardui sacrifici con i quali non sarebbe riuscito competere. Il regno stava andando incontro a un sicuro declino e lui stava andando incontro a una morte certa.

Varcò la soglia con un passo incerto.

La musica si fermò quando un valletto infante annunciò la sua presenza. «Il Principe Dorian I di Valacchia.»

La folla si dispose ai lati, lasciando libero il corridoio.

Dorian vide che seduto sul trono c'era il suo falso nonno. Ai piedi dell'altare in piedi vi era la Signora Dragomira.

«Nipote primogenito del Re Vlad III di Valacchia.»

Il giovane lanciò una sguardo torvo all'anziano.

Percorse il pavimento liscio in marmo color ebano, ammirato con meraviglia dal suo popolo. Il rumore dei tacchi dei suoi stivali echeggiarono nella sala.

Si fermò  di fronte al sovrano.

Alla sua destra si affiancò la Signora Dragomira che gli rivolse con gli occhi un lieve inchino. Indossava un lungo abito nero. Il corsetto rigido era stretto in vita, le strizzava il prosperoso seno, mettendolo più in vista del dovuto. Era chiuso sul dietro da stretti lacci di seta ed era impreziosito sul centro davanti da una fila di luccicanti bottoni gioiello. Aveva le spalle insellate. Le maniche si aprivano a palloncino fino a stringersi sui polsi. La gonna ricadeva ampia fino a terra drappeggiata di pizzo ricamato. Un velo trasparente le copriva il pallido volto. Le labbra erano serrate in un bacio rosso sangue.

Quattro bambini sistemarono al principe il lungo mantello cremisi che portava risoluto sulle ampie e rigide spalle.

Dorian si inchinò al cospetto del suo genero, abbassando lo sguardo.

Il Sovrano Vampiro lo scrutò con superiorità. Sul capo portava la corona d'acciaio con incastonate le sette pietre preziose. I lunghi e lisci capelli bianchi, raccolti in due trecce, li ricadevano fino alle ginocchia. Era vestito uguale al nipote. In mano teneva lo scettro lungo e sottile, di un metallo pregiato. Nell'estremità superiore, racchiusa in una sfera, vi era incastonata l'ametista viola più splendente del regno. Rappresentava la forza, il potere e il dominio di governare tutte le terre della Transylvania.

Lo batté a terra e si alzò in piedi. Spalancò le braccia in segno di accoglienza. «Benvenuti nel mio castello, cari compagni vampiri. Oggi è un grande giorno per la nostra stirpe. Questa notte ha inizio una nuova era. Il mio nipote Dorian I celebra la maggiore età, diventerà ufficialmente un vampiro maturo.» Abbassò le braccia verso di lui. «E come da rituale verrà incoronato come il nuovo Re di Valacchia.

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Dorian si sedette sul trono con le gambe divaricate e le braccia appoggiate lungo i braccioli.

Dei servitori, in fila, porsero tre cofanetti a Vlad III inchinandosi al suo cospetto. L'anziano aprì quello di destra, rilevando all'interno una coppia di bracciali. Li prese in mano e li infilò ai polsi del nipote. Erano laccati in oro e foderati di velluto, con raffigurata in ciascuno un'aquila: il simbolo eterno del regno di Valacchia.

Si tolse dal dito la fede. «Ti affido l'anello del Sovrano.» Glielo infilò nell'anulare sinistro. Il fanciullo rabbrividì, era  ghiacciato. Sopra il cerchio era appollaiato un turul corvino. Aveva le ali spiegate, la bocca spalanca in un urlo malefico e due rubini rossi incastonati nelle oscure orbite. «Il falco saprà condurti verso alti orizzonti. Guiderà la tua anima a compiere benevole decisioni per la prosperità dei tuoi sudditi.»

Si voltò e aprì il secondo cofanetto. Conteneva un guanto celestino. Un intreccio di filamenti dorati creavano il disegno di un castello con due torri. Lo prese e con delicatezza lo infilò alla mano destra di Dorian.

Dracula porse lo scettro al giovane che lo afferrò stretto. Nel suo bastone avvertì scorrere tutto il potere reale. L'anziano tolse l'estremità. Si girò e aprì l'ultimo cofanetto. Dentro c'era un tondo sole circondato da ondosi e spessi raggi dorati. Al centro brillava il topazio più splendente del regno. Andò a sostituirlo e a fissarlo sulla punta. «Il Sole sarà la tua luce, la tua guida verso l'avverarsi del Bene più puro.» Un ultimo servitore giunse al cospetto di Vlad III. Si inginocchiò alzando fra le mani il globo. Lo prese e lo pose nella mano sinistra del nipote. Era realizzato in oro, con smeraldi, rubini, zaffiri, diamanti e perle. Rappresentava la notte con la sua mezza luna montata sulla sommità. «Questo sacro oggetto racchiude le tenebre più macabre e oscure. Avrai il compito di vegliarle e di custodirle fino alla fine dei secoli. Non devi permettere che il Male assoluto si liberi, altrimenti l'intero regno sopperirà al controllo delle Tenebre più oscure.»

All'ultimo rintocco della mezzanotte Dracula gli posò la corona sul capo. Dorian aprì gli occhi e guardò la folla riunita nella sala. Si inchinarono all'unisono in ampie riverenze.

«Ora sei un Re.» Gli baciò la guancia. «Buon compleanno mio caro nipote. Ti auguro una lunga vita.»

Ciò che più odiava si era concretizzato e realizzato. Era legato a un trono che non gli spettava di diritto. A un regno che avrebbe volentieri raso al suolo.

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Gli inviati si spostarono nella grande Sala Maggiore. Ad attenderli c'era un ampio buffè di varie prelibatezze. Sopra a numerosi tavoli circolari, coperti da sontuose tovaglie rosse e nere vi erano disposti argentati e laccati vassoi colmi di pietanze colorate, dolci e salate. I calici vuoti vennero riempiti da liquidi densi e scarlatti.

L'orchestra riprese a suonare una melodia incalzante e gioiosa.

Tutti consumarono qualcosa, unendosi alle danze. Volteggiavano, a ritmo di musica, coppie di giovani e anziani vampiri. Gli uomini erano in vesti nere, allacciati al collo avevano lunghi e leggiadri mantelli. Le donne avevano abiti dalle ampie gonne a balze, orlate di pizzi e piccoli fiocchi.

Dracula li stava osservando in disparte. Soddisfatto bevve un sorso di vino.

Dorian fissava la folla dall'alto del suo trono. Nulla di quello che guardava li piaceva. Voleva che finisse presto. La sinfonia gli stava dando fastidio. Venne pervaso da un lieve senso di vertigine. Strizzò gli occhi per acquistare lucidità. Deglutì a fatica e fece un profondo respiro, tentando di rilassare il corpo, troppo teso da giorni. L'odore ferroso del sangue impregnava l'aria già stantia. Non riusciva più a trattenere la sete.

Il nonno si presentò al suo cospetto elargendo un lieve inchino. Per mano teneva due nobili fanciulle. «Re Dorian I fareste  l'onore di danzare con loro?»

Il giovane le scrutò severo e impassibile con le labbra serrate.

Di scattò si alzò e scese i gradini ignorando l'invito di Dracula. Si diresse verso la tavola imbandita.

Qualcuno afferrò la sua gelida e pallida mano. Il giovane si scostò immediatamente e si girò di scatto. Davanti a lui c'era una donna incappucciata dai lunghi e ondulati capelli chiari.

«Come osa toccare il Re?» Sbottò adirato.

La sconosciuta fece un lieve inchino alzando le gonne dell'abito color avio e abbassando il capo in segno di profondo rispetto. «Mi perdoni, mio Signore.» Si scoprì il capo rivelando due occhi  zaffiri lucidi e profondi. Abbozzò un lieve sorriso. «Quanto sei cresciuto, che bel giovane sei diventato.» Gli prese le mani per accarezzarlo. «Aspetto sempre d'incontrarti nei miei sogni.»

Dorian scioccato si libera dalla sua stretta e indietreggia. Cosa voleva quella donna da lui? E perché il suo volto e il suo roseo profumo che emanava sembrava già conoscerlo da una vita? Spaventato le voltò le spalle e si mischiò fra la folla.

La sconosciuta lo seguì. «Tuo padre, oggi, sarebbe molto orgoglioso del tuo nuovo regno e dell'uomo bello e benevolo che sei diventato.»

"Padre". Il giovane si bloccò di colpo. Quella donna conosceva la sua famiglia? Impossibile, dopo la rivelazione del nonno li aveva dichiarati entrambi morti nel massacro. Aveva solo frainteso. Scosse il capo e si strofinò gli occhi. Andò verso il banchettò.

Dracula lo raggiunse «Sono una più graziosa dell'altra. In futuro potreste prenderne una in moglie.»

Era vicino al tavolo del banchetto. L'odore del sangue si faceva sempre più bramare. L'astinenza era diventa un'agonia insopportabile. 

«Dorian, per favore, non ignorami.»

Di nuovo quella voce femminile dietro di lui. Lentò, si voltò per scrutare ogni suo lineamento, una parvenza di somiglianza a qualcuno che forse aveva dimenticato da tempo.

«Sono tua madre», confessò con voce tremante, colma di dolore e gli occhi rigati di lacrime.

Dracula fece scivolare dalla sua mano un calice di sangue. L'ha sempre creduta morta. Sconvolto guardava la donna davanti a sé. Più la fissava, più si accorgeva che era troppo simile al nipote. Perché si era nascosta per tutto questo tempo? Perché non era mai venuta a reclamare suo figlio?

A quelle parole la vista gli si annebbiò completamente. Afferrò i lembi della tovaglia, cercando di rimanere in equilibrio. Il suo corpo prese a tremare come colpito da una moltitudine di invisibili scosse.

«Dorian...». Vlad III sta iniziando a preoccuparsi. «Ti senti bene?» Gli sfiorò il polso.

Nel volto del giovane sovrano era sceso una cupa ombra. La rabbia li risalì dal profondo delle viscere.

Afferrò per il collo il nonno sbattendolo contro la parete.

I suo occhi divennero rossi come il fuoco. Vibravano come fiamme al vento.

Ribaltò un tavolo alla sua destra per farsi spazio verso l'anziano, attirando l'attenzione di alcuni vicini ospiti.

Si accucciò, prendendolo per il colletto della camicia.

«Dorian...», balbettò. «Per favore, calmati. Non farti annientare dalla sete.»

Il fanciullo digrignò i denti.

«Bevi il sangue che ti spetta.»

«L'unico sangue che berrò sarà il tuo.»

La mano salì sul suo volto stringendogli le ossute guance scavate. Gli girò il capo di lato, esponendo il nudo rugoso collo. «Quando finirai all'Inferno ricordati che tutto questo sarà solo colpa tua.»

«Possiamo rimediare...» Tentò l'anziano, ma il nipote spalancò la bocca rivelando i suoi candidi canini.

«Dorian possiamo ricominciare una nuova vita insieme.» Ariana fece un passo verso il figlio. «Tu non sei un mostro.»

Il fanciullo affondò i canini nella carne dell'anziano. Bevve avidamente, desiderando ogni sua preziosa dolce goccia. Dracula si arrese e si lasciò prosciugare della sua linfa vitale, serrando le palpebre nel sonno eterno della morte.

Lasciò la presa, si rialzò in piedi e si voltò. Con l'orlo della camicia si ripulì le labbra sporche.

L'orchestra aveva smesso di suonare e gli invitati di volteggiare. Erano tutti riuniti di fronte a lui, allibiti. Le donne si coprirono le labbra aperte con i loro fazzoletti bianchi.

Il sangue gli aveva rinvigorito il corpo e resi affiliati i suoi sensi. Era sazio. Si sentiva in forze e in un certo senso, felice, quasi soddisfatto.

Aveva gli occhi malefici puntati sul suo popolo. Puntati contro sua madre. «Non avresti dovuto abbandonarmi.» Compì un passo in vanti, vacillando.

La folla trasalì in un sonoro urlo. Indietreggiarono uno alla volta. Alcuni si diedero alla fuga, abbandonando il più presto il castello.

Dorian urlò potente. Ribaltò altri tavoli, distruggendo ogni piatto, calice, brocca e posata, ferendo i numerosi vampiri.

Si fece strada. A ogni suo passo la gente si diradava terrorizzata.

Dorian salì sul trono. Prese in mano lo scettro. Tolse il Sole, scaraventandolo a terra. Si spaccò in due.

Dall'anima fece incanalare la sua repressa rabbia nel bastone. Un fumo cenerino lo avvolse, colorandolo di nero. Lo batté a terra. Dei sonori tocchi come quelli di un orologio rimbombarono nella sala. Le grandi porte si chiusero di scatto intrappolando gli invitati.

Alcuni corsero per tentare di riaprile con l'aiuto di tutte le loro forze, altri implorarono aiuto alle guardie di liberarli. Nessuno però li venne a salvare. Erano in prigione, prigionieri del nuovo malvagio Re.

Dorian sogghignò divertito, inclinò le labbra in un sorriso perverso. Erano in trappola come lo era sempre stato lui da quando sua madre lo aveva abbandonato.

Si alzò in piedi. Voleva ucciderli tutti. Voleva distruggere l'intero regno.

Fece scivolare il globo dalle sue mani. Cadde a terra, rompendosi in mille cocci. Dal suo cuore scaturì una voce gutturale e profonda. Una nebbia nera si sprigionò e avvolse gli invitati, soffocandoli lentamente. Presero a tossire e a dimenarsi come vipere. Dalle tenebre giunsero ulteriori sibili. Dall'oscurità comparvero un esercito di fantasmi demoniaci che invasero la sala, cibandosi delle anime degli abitanti.

Dorian rideva e guardava ogni vita piegarsi e soccombere al supremo Male.

L'ultima fu la signora Dragomira. Si era accucciata in un angolo, dietro al drappo di una tenda. Stava pregando di essere risparmiata. «Re Dorian», gridò. Il fanciullo la udì nella nebbia delle tenebre. Uno degli spiriti si era impossessato del suo corpo, l'aveva legata al pavimento.

I suo occhi incrociarono quelli di lei. La osservò morente. «Mi dispiace...» Una lacrima rigò la sua guancia. Chiuse gli occhi per non assistere alla scena.

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Aveva liberato il Male. Si era impadronito del castello. Tutto era andato in rovina.

Quando la sete si calmò realizzò quello che aveva fatto.

Si inginocchiò al centro della sala. Urlò, straziato dal dolore e dal senso di colpa. Accecato dalla rabbia e dalla vendetta aveva veramente distrutto tutto. Aveva ucciso suo nonno e la Signora Dragomira, le uniche persone che lo avevano amato come un figlio. Aveva sterminato il suo popolo. Si guardò l'abito macchiato del sangue dei suoi sudditi. Odiava talmente tanto le creature oscure che alla fine era diventato uno di loro. Un sordo gemito echeggiò nella sala. Sua madre era ancora viva, giaceva inerme a terra con le braccia spalancate. Dorian rise. L'afferrò per i capelli e la trascinò con sé fuori dalle porte del castello.

Fu così che il regno di Dracula cadde nelle tenebre, succube del Male. Dopo quello che aveva fatto, i vampiri sopravvissuti tentarono più e più volte di sterminarlo per vendicarsi delle famiglie andate distrutte.

Ma lui era il padrone dell'oscurità. Possedeva il potere oscuro delle tenebre. Aveva preso il controllo di tutte le creature della notte, ridendole loro schiave.. Anche solo addentrarsi nel castello si andava incontro a una morte certa. Era impossibile combatterlo.

Divenne presto una bestia, un demone della notte. Solo, incapace di amare.

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