℘ąཞɬɛ 40 - Pietra
Jane calò lo sguardo a terra, dove stava giocherellando con una scarpa su alcune foglie mischiate alla terra umida. Aveva da sempre immaginato che Jeff non avesse avuto un'infanzia facile, e nonostante i nuovi dettagli di cui ora era a conoscenza sapeva di non possedere comunque una visione sufficientemente completa della situazione. Ma adesso, se non altro, aveva capito il perché nei peggiori incubi all'interno della mente di Jeff aveva più volte incontrato la figura di sua madre, nonostante fosse morta ormai da molto tempo.
-Beh.. - mormorò, evitando volontariamente di incrociare lo sguardo di Liu. -Probabilmente ora come ora sono rimasta soltanto io l'unica persona che può dire di conoscerlo a fondo, e non posso di certo costringerti a vedere le cose in modo diverso. Ma se me lo permetti, vorrei dirti una cosa che ho capito di Jeff-.
Il castano non disse una parola, ma era chiaro che stesse aspettando di sentire il resto del discorso; la luce danzante del fuoco si rifletteva negli occhi castani con cui silenzioso la fissava. Sembrava irritato, ma allo stesso tempo propenso all'ascolto.
-La sua... Personalità è scissa in due parti ben distinte, opposte tra loro. A volte è la parte cattiva a prevaricare sull'altra, altre volte ha il pieno controllo sulla sua razionalità. Questo lo rende talvolta potenzialmente pericoloso, è vero...-. Intrecciò le gambe, e posò il mento sopra alle ginocchia piegate come a volersi fare piccola piccola. -Ma sta migliorando. Fino a poco tempo fa era praticamente sempre preda della sua follia, mentre adesso per la quasi totalità del tempo è cosciente e non aggressivo, questo significa che con il giusto supporto forse potrà riuscire a eliminare del tutto quella parte malata che ha dentro di se-.
Il poliziotto la guardò con la fronte aggrottata, scuotendo lievemente il capo. -Mi dispiace, ma non riesco proprio a sentirmi grato per non essere ancora stato accoltellato da lui oggi- ghignò.
La mora espirò aria dal naso e chiuse gli occhi per pochi istanti, irritata da quella risposta. -Sto solo cercando di dirti che non è una persona cattiva, Liu. Di certo ha bisogno di aiuto, ma non è catt...-.
-Perchè non vai a dirlo ai familiari delle sue vittime? O anche a qualsiasi altra persona che conosca la sua fama, tutti ti darebbero della pazza- ribatté l'altro con estrema amarezza, interrompendola in modo brusco ed alzando senza volerlo il tono della voce. -Ed anche tu Jane, non capisco come tu possa aver dimenticato quello che ha fatto alla tua famiglia-.
Lei scoppiò in una risata silenziosa, volgendo lo sguardo ad un tizzone ardente che in quell'istante rotolava giu dal falò per poi spegnersi nel giro di pochi secondi a contatto con l'umidità del terrreno. -Non l'ho dimenticato, non potrei mai-.
Per una interminabile manciata di secondi rimase in silenzio, poi con una manica si asciugò le lacrime e si sforzò di sorridere ancora, questa volta in modo più deciso.
-Forse sto perdendo tempo a parlare con te-.
Il castano si voltò in direzione di uno dei tanti fori presenti sulle pareti, scrutando l'oscurità all'esterno del vecchio rudere. Forse a quel punto desiderava soltanto porre fine a quella conversazione, e uscire a prendere un po' d'aria pareva essere il modo più veloce di farlo.
-Ma vorrei soltanto che almeno provassi.... a parlare con lui- continuò Jane, sospirando.
Il solo pensiero di poter avere una conversazione faccia a faccia con Jeff lo faceva rabbrividire, e difficilmente poteva immaginare come avrebbe potuto parlargli senza avere l'impulso di estrarre la pistola e sparargli in mezzo agli occhi; ma non gli andava di dirglielo apertamente. Era sinceramente dispiaciuto per lei perché la considerava solo una ingenua vittima delle manipolazioni di suo fratello.
-Non ti prometto nulla, ma vedrò che posso fare-.
La mora tacque, annuendo in modo appena percettibile; dopotutto, già sapeva che avrebbe ricevuto una risposta di quel tipo. Nonostante ciò, solo un paio di minuti dopo vide il giovane poliziotto alzarsi in piedi e dirigersi all'esterno del vecchio rudere senza rivolgerle più un solo sguardo; non sapeva se avesse deciso di accontentarla o meno, ma sperava con tutto il cuore che fosse così.
A quella tarda ora l'oscurità della notte aveva ormai inghiottito l'intera foresta e tutta la fitta vegetazione che la abitava, ma nel camminare a passo lento Liu potè contare sulla timidissima luce proiettata dalla luna che gli rese possibile orientarsi. Con il fiato pesante iniziò a cercare con lo sguardo la figura del fratello, indeciso se desiderasse davvero trovarlo oppure no; ma ecco che poco dopo ne scovò il profilo ricurvo su una grossa pila di pietre, forse i resti di un'antica costruzione andata ormai in rovina, che si trovava a qualche decina di metri di distanza.
Adesso sapeva in quale direzione non sarebbe dovuto andare.
Si fermò ad osservare il cielo inspirando a piccoli sorsi l'aria gelida di quella notte, finché non si insinuò nella sua mente la folle idea di provarci davvero, a parlare con Jeff.
Dopotutto da lì a poche ore lo avrebbe fatto arrestare una volta per tutte, dunque quella sarebbe stata la sua ultima occasione di sputargli in faccia l'odio che lo aveva corroso fino ad ora. E così, sfiorando più volte con la mano destra il calcio della pistola che fuoriusciva dalla sua tasca come volesse assicurarsi di poterla afferrare alla svelta in caso di bisogno, iniziò ad avvicinarsi a lui a passo lento.
Sentì i battiti del suo cuore farsi sempre più vicini l'uno all'altro.
Sì avvicinò raggiungendolo dalle spalle, senza mai staccargli gli occhi di dosso; ma nonostante Jeff avesse di certo udito il rumore dei suoi passi, non aveva osato muovere un muscolo neppure per voltarsi indietro a controllare chi stesse arrivando.
Con movimenti estremamente calcolati il giovane poliziotto si arrampicò tra alcune pietre sormontate da erbacce e piante rampicanti fino a raggiungere il fratello, poi si mise a sedere al suo fianco pur mantenendo una certa distanza; aveva il cuore in gola, le mani e la fronte già intrise di sudore.
"Che sto facendo" continuava a ripetersi nella mente.
"Che cazzo sto facendo".
Allungando lo sguardo nel nero della notte che aleggiava tra i tronchi massicci degli alberi, il castano si rese conto in ritardo che non sapeva proprio che cosa avrebbe dovuto dire. Per un attimo pensò che la cosa migliore da fare fosse semplicemente tornare indietro, ma la voce roca e stanca di Jeff interruppe il flusso dei suoi pensieri.
-... Liu-.
Sentí il sangue ghiacciarsi nelle vene. Voltò la testa in direzione del fratello e lo trovò con lo sguardo fisso verso il basso, la schiena ricurva e la folta capigliatura nera che ricadeva sulle sue guance e sulle sue spalle, comprendo quasi interamente la visuale del suo volto. La debole luce che la luna stava proiettando in quella densa oscurità illuminava in modo lieve i lineamenti del suo corpo, delle ginocchia premure tra loro, e delle braccia spoglie che aveva intrecciato tra loro. Proprio su queste ultime si soffermò lo sguardo di Liu, che percorse velocemente tutti i segni trasversali delle cicatrici. Ne era terribilmente pieno: sui polsi, sugli avambracci, persino sulle spalle. Una fitta ragnatela di tagli di diverse lunghezze e dimensioni che talvolta si sovrapponevano tra loro, così tante che gli fu impossibile immaginarne il numero esatto.
Ebbe un brivido, che non riuscì ad ignorare.
-Sono qui solo per Jane- sibilò, tentando di ricomporsi. -E' stata lei a chiedermelo-.
Ed il moro, tremando lievemente a causa del freddo che si stava insinuando nelle sue ossa, si voltò di scatto. -Jane? - ripeté.
Liu sbuffò, scaricando un po' di tensione. -Sembra che lei sia preoccupata per te. Lo trovo alquanto grottesco- esordí, iniziando a giocherellare con le dita delle mani.
-Si, anch'io-.
Quella risposta lo spiazzò. Liu riprese a guardare nel vuoto, perché si accorse che parte della sua corazza si stava sciogliendo e questo non gli piaceva per niente: aveva smesso ormai da anni di provare pietà per quel mostro, non voleva cascarci ancora.
Ancora una volta, ebbe l'impulso di alzarsi e tornare da dove era venuto.
-Sono molto dispiaciuto per lei, per questo ho voluto accontentarla e venire a parlati, ma non farti strane idee: non ho affatto intenzione di cambiare parere su di te o stronzate del genere-.
Il moro tacque, e forse soltanto in quel momento si era ricordato di avere le braccia scoperte; con un movimento rapido tentò di coprire le cicatrici con i palmi delle mani, per poi avvolgere le braccia attorno al petto. Pensò a molte cose che in quel momento avrebbe voluto dire, ma nessuna di queste lasciò la sua gola.
Forse il silenzio era l'unica cosa che avrebbe potuto non rovinare tutto.
-Vedi Jeff, c'è stato un lungo periodo in passato durante il quale ho provato un forte senso di colpa nei tuoi confronti- riprese a dire il castano, con un sorriso sprezzante dipinto sulle labbra. -Credevo di avere una responsabilità per tutto ciò che avevi fatto, mi sentivo come se tutta quella gente avesse perso la vita anche a causa mia, perché avrei dovuto cercarti e fermarti. Mi sentivo responsabile delle tue azioni solo perché porto il tuo stesso sangue. Ma poi ho capito che non stavano così le cose, ed ho iniziato a stare meglio-. Ispirò aria gelida dalle narici, sfiorando ancora una volta la pistola con quel gesto che era ormai diventato un automatismo rassicurante. -Ma nonostante questo hai continuato ad avvelenare la mia vita, seppur non ti abbia più visto e mi sia rifiutato di avere notizie su di te. È anche per questo che ti odio: mi hai rovinato l'esistenza, pur essendo distante-.
Ancora una volta l'altro restò in silenzio, limitandosi ad ascoltare nonostante dentro di se si stesse sentendo morire; le sue mani tremavano, e questa volta non a causa del freddo. Tutte quelle cose lui probabilmente le sapeva già, ma sentirsele dire era tutta un'altra storia.
-Perciò, nonostante a volte io mi senta ancora un po' in colpa, l'unica cosa che penso di volere davvero è vederti morto- concluse il castano, che adesso non riusciva più ad impedire alla sua voce di tremare. Chinò il capo e fece una smorfia carica di frustrazione. -Oh, di sicuro non era questo che Jane avrebbe voluto ti dicessi-.
Il silenzio si allargò sovrano coprendo quelle poche decine di centimetri che separavano i due fratelli, e Jeff sentì quell'assordante suono vuoto assalirlo alla gola; non vi erano parole che avrebbe potuto o dovuto pronunciare adesso, perché era pienamente consapevole del fatto che l'altro avesse ragione.
Liu aveva ragione su tutto.
Fissò l'oscurità per una tempo indefinito con le labbra socchiuse, sentì come se quel piccolo pezzetto di anima rimasto ancora vivo dentro di lui avesse appena abbandonato le sue carni. Il perdono non sarebbe stato mai più una cosa che poteva anche solo desiderare, semplicemente perché non lo meritava.
Poi, d'un tratto, un impulso irrefrenabile lo indusse a issarsi in piedi con uno scatto felino; nel giro di un secondo balzò verso Liu e poggiò una mano sul suo petto spingendolo indietro più forte che poté, mentre con l'altra afferrava saldamente la pistola di servizio e la strappava via dalla tasca dei suoi pantaloni.
Un solo attimo dopo, la situazione precipitò.
Il poliziotto non ebbe il tempo di reagire, e quando capí che cosa era appena accuto l'altro era già in piedi, con'arma da fuoco stretta nel palmo di entrambe le mani.
-Fermo, che fai!- gridò, balzando in piedi a sua volta. E nel farlo per poco non cadde a terra, avendo poggiato il piede sinistro su una pietra instabile. D'istinto Liu alzò entrambe le mani al cielo e iniziò ad agitarle per assicurarsi che l'altro potesse vederle nonostante l'oscurità; in quel momento si sentì spacciato, anche se l'arma non era stata ancora rivolta verso la sua testa.
-Fermo, calmati. Possiamo parlare adesso- gli disse, terrorizzato. Nel giro di un secondo si ritrovava disarmato, e la sua fidata pistola era nelle mani della persona più sbagliata al mondo; dubitava che avrebbe esitato a sparargli, specialmente dopo quello che gli aveva appena detto.
-Calmo, posa quell' arma e parliamo in modo civile- ripeté ancora, iniziando a indietreggiare a piccoli passi.
Ma con suo estremo stupore vide il fratello minore allargare un piccolo sorriso carico di malinconia, mentre lentamente sollevava la pistola: con un gesto lento ma deciso caricò il colpo in canna, e poggiò delicatamente l'indice sul grilletto.
Ma non puntò il mirino in sua direzione.
Lo vide sollevare l'arma da fuoco, guardarla con un'espressione assente per qualche secondo e poi poggiarla delicatamente sulla sua stessa tempia.
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