℘ąཞɬɛ 39 - Fuoco
La temperatura esterna stava diventando man mano sempre più rigida, ed a causa delle sue pessime condizioni strutturali quella vecchia capanna non poteva garantire alcun tipo di protezione dalle folate gelide che si si insinuavano tra i buchi delle sue pareti. Così, raccogliendo una buona quantità di pietre e rami secchi, il gruppo si impegnò a costruire un piccolo falò proprio al centro dell'unica stanza presente; a causa dell'umidità fu faticoso dar vita alla prima fiamma, ma non appena quest'ultima fu riuscita ad attecchire tutti e quattro i presenti poterono mettersi a sedere attorno e scaldarsi un po'.
-Non riesco ancora a credere che ci siamo fatti scappare quel vecchio...- mormorò Jason, con un'espressione sconsolata. -E che abbiamo creduto ad ogni cazzata che ci ha rifilato. Adesso mi tocca pure dormire in questo posto di merda, se solo sapessi dov'è andato lo raggiungerei per tagliargli la gola-. Nel dire questo lanciò un'occhiata a Liu per verificare la sua reazione, ma si sentì piuttosto deluso nel notificare che l'espressione sul volto del castano non era cambiata di una virgola.
-Se può consolarti, ero ricuro anch'io che stesse dicendo la verità- gli rispose evitando di proposito il contatto visivo, mentre giocherellava distrattamente con un ramoscello tra le dita -Adesso che ci penso, forse non ha esattamente voluto ingannarci- continuò. -Probabilmente era solo spaventato e non sapeva davvero dove Judge Angel fosse fuggita, ma è stato costretto a mostrarci comunque una via trovandosi sotto minaccia- esordí, riferendosi ovviamente al fatto che Jeff gli avesse puntato un pezzo di vetro alla gola, pretendendo una pista da seguire anche se forse il poveretto davvero non l'aveva. -Avrà preferito darci un'informazione sbagliata, piuttosto che rivelarci di non sapere proprio niente-.
Jason sbuffò, strofinando le mani sulla giacca nel tentativo di creare un po' di calore. -Vedo che ci tieni a difenderlo, ma penso che neanche tu sia felice di trovarti qui adesso-.
Il poliziotto non rispose, anche perché avrebbe dovuto dargli ragione.
E proprio non gli andava, considerato quanto disprezzasse segretamente Jason; adesso che aveva avuto la conferma dei suoi sospetti riguardo alla sua identità, ancor più di prima desiderava starne alla larga ed evitare di instaurare un qualsiasi tipo di rapporto con lui. Anche perché sapeva che da lì a poco lo avrebbe fatto arrestare: a quell'ora i suoi colleghi erano quasi certamente già arrivati sul posto e probabilmente si stavano occupando della rimozione del corpo di Ben, dunque si trovavano a meno di venti minuti a piedi dalla vecchia abitazione abbandonata che stavano utilizzando come rifugio.
Abbastanza vicini da farlo sentire al sicuro.
Ma abbastanza lontani da non mettergli i bastoni tra le ruote.
Dall'altro lato del falò Jeff si era seduto a terra con le gambe incrociate e lo sguardo perso nel nulla, posizionandosi piuttosto distante dalle lingue di fuoco che danzavano e scoppiettavano davanti a lui; nonostante fosse fortemente infreddolito a causa del fatto che i suoi vestiti fossero ancora bagnati, non riusciva proprio ad avvicinarsi più di così. L'invalidante fobia che aveva sviluppato glielo impediva in modo categorico, e sapeva per certo che non sarebbe riuscito a vincerla neanche se fosse stato in procinto di morire di freddo.
Jane lanciava di tanto in tanto un'occhiata falsamente distratta in sua direzione, chiedendosi a che cosa lui stesse pensando. -Jeff.. - mormorò, richiamando la sua attenzione. -Dovresti almeno asciugare la felpa-. Nonostante vantassse di un sistema immunitario straordinariamente forte, trascorrere la notte al freddo e con i vestiti bagnati sarebbe stata di certo una pessima idea anche per lui.
Il moro tacque qualche secondo e poi, ancora senza dire una parola, sfilò via con un piccolo gemito di dolore la felpa nera che indossava e la distese frettolosamente su una roccia, più possibile vicina al fuoco ma in modo che non potesse incendiarsi.
Poco dopo Jane lo guardò mentre si allontanava dal resto del gruppo, e capí il motivo per cui lo stava facendo: non restava mai volentieri in presenza di qualcuno mentre avrva le braccia scoperte, neanche quando si trattava soltanto di lei. Sospirando pesantemente la ragazza lo osservò uscire a passo lento, e dovette trattenersi dall'impulso irrefrenabile di seguirlo.
-Penso che proverò a dormire- mugolò Jason, accasciandosi a terra con entrambe le mani sotto alla testa, come a voler in qualche modo compensare la mancanza di un cuscino comodo su cui adagiarla. -Qualcuno dovrebbe restare di guardia però, non si sa mai-.
Liu annuì vagamente. -Tanto non ho sonno-.
L'uomo dai capelli rossi si sistemò vicino al fuoco avvolgendosi all'interno del suo giaccone come meglio poteva, per poi addormentarsi in modo piuttosto repentino, mentre Jane e Liu restarono seduti rispettivamete a due lati opposti del falò, in silenzio.
L'atmosfera si fece più tesa.
Essendo ormai rimasti soli entrambi si stavano chiedendo se fosse stata occasione di parlare ancora, come se si sentissero in qualche modo costretti a farlo; ma dopo il battibecco dell'ultima volta, si era creata tra loro una lieve tensione che rendeva più complicato farlo.
Dopo un interminabile silenzio nel quale si limitò ad osservare il fuoco, Liu fu il primo ad aprir bocca dopo essersi velocemente schiarito la voce.
-Mi dispiace..per il vostro amico- disse senza sollevare lo sguardo, come temesse di incrociare ancora gli occhi di lei e trovarli freddi, ostili.
La ragazza strinse i pugni di entrambe le mani per soffocare la tensione. -Non che lo conoscessi poi così bene, ma era tutto sommato un bravo ragazzo- borbottò, impacciata. -Dispiace tanto anche a me-.
Di nuovo il silenzio calò tra i due, e per interminabili minuti gli unici suoni che romperono il silenzio di quella fredda sera furono lo scoppiettìo rassicurante del falò e il canto di un gufo non troppo lontano.
-Jane...- mugolò poi il giovane poliziotto, parlando a voce bassa per essere sicuro di non svegliare Jason o farsi sentire da Jeff, ovunque si trovasse in quel momento. -Io volevo... Chiederti scusa, per il mio comportamento- esclamò, evidentemente imbarazzato. Emise poi un lungo sospiro, sfregando i palmi gelati delle mani sulle ginocchia. -Odio Jeffrey, non te. Ci tenevo a fare questa precisazione-. Subito dopo aver pronunciato la frase, tornò a perdersi con lo sguardo tra le fiamme che illuminavano il suo volto pieno di cicatrici, che in quel momento rifletteva un'espressione indecifrabile.
La mora annuì, e fece un piccolo sorriso pieno di amarezza. -Anch'io credo di essere stata un po' troppo diretta, quindi siamo pari- disse con un sorriso, avvolgendo le braccia sul petto per proteggersi dal freddo. A quel punto tacque per una manciata di secondi, ma solo per trovare le parole giuste da dire.
-Mi sa tanto che questa situazione è un bel po' difficile per entrambi...-.
Il poliziotto aggrottò la fronte, lasciando cadere il ramoscello a terra. -Per me e te?-.
-Per te e Jeff- lo corresse lei, sorridendo ancora. -Anche se forse io non posso capire del tutto... -.
Il silenzio scese ancora.
Ma questa volta fu soffocante.
Liu sembrò cercare le parole che avrebbe dovuto dirle e forse trovarne anche qualcuna, ma esitare ogni volta che provava ad aprir bocca; non aveva dubbi che quell'argomento specifico fosse la cosa che più lo rendeva vulnerabile.
-È una cosa che mi ha distrutto e segnato per sempre- mormorò con un filo di voce. -Anche adesso che ho una vita, una carriera e tutto il resto, mi rendo conto di non aver realmente superato cose che credevo risolte dentro di me. Quindi scusami, non sono sicuro di volerne parlare-.
Jane si limitò ad annuire piegando le labbra in un piccolo sorriso, e non osò insistere oltre; anche se avrebbe davvero voluto che Liu si decidesse ad aprirsi con lei riguardo a quell'argomento che la stava tanto a cuore, non avrebbe in alcun modo voluto costringerlo a farlo.
E forse il castano questo lo aveva capito bene, perchè pochi minuti dopo fu lui stesso a riprendere a parlare di sua spontanea volontà, come se avesse voluto fare quello sforzo per accontentarla.
-Sai, quando eravamo piccoli mi sono preso molto cura di Jeff, essendo io il maggiore- bisbigliò, con la voce che tremava in modo evidente. -È sempre stato diverso dagli altri ragazzini della nostra età, era più taciturno e scontroso e si confidava quasi esclusivamente con me-.
Jane ascoltava quelle parole in totale silenzio, e non osava intervenire per paura di rovinare l'atmosfera.
-Ma ad un certo punto, le cose sono cambiate. Purtroppo nostra madre era una donna molto malata e lui essendo poco più che un bambino la temeva moltissimo, così era finito per sottomettersi completamente a lei-.
-Che intendi?- domandò la ragazza, con un filo di voce.
Lui emise un sospiro. -Nostra madre lo plagiava, lo induceva a fare e pensare esattamente ciò che lei voleva. Ricordo che diceva sempre a Jeff che era lui l'unico vero uomo di casa nonostante fosse solo un ragazzino, lasciando intendere che aveva ben poco rispetto per me e mio padre; e questo perché noi altri ci rifiutavamo di sottostare alle sue follie da squilibrata-. Tacque per un po', forse per riordinare quei ricordi così lontani e dolorosi. -Lei voleva sempre il controllo su tutto e tutti, aveva spesso idee e convinzioni deliranti, ed era anche molto violenta. Ad un certo punto Jeffrey era diventato un suo burattino, terrorizzato all'idea di contraddirla. E quando per la prima volta gli ordinò di somministrare del veleno a nostro padre, credo che mio fratello abbia iniziato a non distinguere più il bene dal male. La sua mente ha iniziato a trasformarsi-.
Nell'udire quelle parole, fu automatico per Jane ricollegarle mentalmente a ciò che aveva visto nei ricordi del killer, ed ebbe un sussulto. -E... Jeff lo ha fatto? L'ha avvelenato? - bisbigliò, abbassando la testa.
-Si, più volte. Non so quale tipo di sostanza gli rifilasse ma non sembrava essere un veleno mortale, non in modo immediato almeno.- borbottò. -Lo aveva avvelenato nel corso di qualche mese, e lui aveva iniziato a stare davvero male, credeva di avere una malattia rara o qualcosa del genere. Io purtroppo sapevo la verità, ma non dissi mai nulla-.
-Poi che è successo?-.
-Beh, credo che ad un certo punto Jeff non abbia più avuto il coraggio di consegnare altro veleno a papà, che ormai era incapace di reggersi in piedi. Puoi immaginarlo? Vedere tuo padre morente in un letto e dover continuare a somministrargli altro veleno, solo per obbedire agli ordini di una madre folle e totalmente anaffettiva?- sibilò, stritondandosi le dita nel pugno. -Immagino sia stato questo inizialmente a deviare la mente di Jeff, che in seguito ha compiuto la strage che già conosci. Alla fine ha ucciso papà con le sue mani, stessa sorte è toccata a nostra madre... Ed anche io, sono vivo per miracolo-.
Jane deglutí a vuoto, ancora incredula di come l'altro avesse deciso di aprirsi nei suoi confronti, mettendo a nudo i suoi traumi con tanta spontaneità. Una voragine si era aperta nel suo stomaco, fin quasi a toglierle il respiro. -Tutto questo è davvero terribile, Liu- mormorò, stringendo le palpebre. -Ma c'è una cosa che ancora non capisco-.
Il castano la guardò, con il volto di un fantasma. Solo in quel momento le fu possibile notare che aveva gli occhi gonfi e arrossati, come se sentisse l'impulso di piangere ma si stesse negando di farlo.
-Mi hai praticamente appena spiegato che la colpa non fu direttamente di Jeff, che lui era sostanzialmente una vittima quanto te... - balbettò, con il fiato corto. -Perciò, non capisco perché continui a odiarlo così tanto-.
Liu si lasciò trasportare da una nervosa risatina, stringendo le spalle. -Perchè questa non è una giustificazione per tutto ciò che ha fatto dopo, ovviamente- le rispose, facendo scorrere distrattamente la punta dell'indice su una delle profonde cicatrici che portava sul volto. -Non so se avesse una predisposizione alla cattiveria dalla nascita, o sia stato plasmato solo dal corso degli eventi, ma ha smesso di essere mio fratello nel giorno in cui ha distrutto la mia famiglia. Anche se faceva schifo, non aveva il diritto di portarmela via-.
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