℘ąཞɬɛ 34 - Rimessa
Tornando rapidamente sui suoi passi, Jeff abbassò la testa coperta dal cappuccio nero ed ispirò quanta più aria riuscì a far penetrare nei polmoni finché non sentí la cassa toracica opporre resistenza. Era abbastanza sicuro di quello che stava facendo, nonostante i continui tentativi di Jason nel convincerlo a demordere e non rischiare quello spreco di tempo: non potevano permettersi di buttare via neanche mezzo minuto, perché se Judge Angel avesse avuto anche solo il minimo sospetto di essere pedinata da loro sarebbe di nuovo sparita nel nulla, e forse avrebbero perso l'unica opportunità concreta di acciuffarla.
Ma nonostante il suo scetticismo, Jason decise alla fine di assecondare la curiosità di Jeff per una singola ma imprescindibile ragione: sapeva per certo che anche per lui la missione era diventata una priorità assoluta, perché riuscire nella cattura significava apparire utile agli occhi di suo fratello. Ed era evidente a tutti quanti, l'ossessivo desiderio di Jeff di tornare nelle grazie di Liu.
-Vedi di non far saltare la copertura, capito?- borbottò severo, ma il moro neanche si voltò a guardarlo e proseguì dritto per la sua strada. Ma questa volta, anziché raggiungere l'ingresso del piccolo bar posto sulla facciata del palazzo, preferì invece avvicinarsi al retro ove poco prima gli era sembrato di captare del movimento.
Con un atteggiamento deciso Jeff si fermò davanti alla rete metallica tinteggiata di verde, che separava il marciapiede dalla sporca aia di terra battuta attraverso la quale si aveva accesso al retro bottega. Poggiando le dita tra le maglie metalliche lanciò uno sguardo pensieroso alla baracca, così sporca e ricoperta di feci di gallina che era palese si trattasse appunto del pollaio; ma le galline erano state liberate nell'aria, la porta era chiusa e non sembrava avessero un vero e proprio accesso a quella lurida baracca.
Senza fermarsi troppo a pensare lasciandosi confondere da inutili supposizioni, Jeff si aggrappò con forza alla rete e riuscì ad incastrarvi le punte delle scarpe, per poi saltare agilmente dall'altro lato; quel movimento gli causò una dolorosa fitta alla spalla, che ignorò totalmente com'era diventato bravo a fare.
-Porca puttana- commentò Jason, rimasto all'esterno. - Sbrigati e non farti vedere, non saprei come reggerti il gioco-.
Il giovane killer si limitò ad annuire, guardando con una lieve preoccupazione l'uscita sul retro: sapeva che, oltre quella porta di legno sverniciato, pochi metri lo separavano dalla sala del bar.
Deciso a controllare l'area velocemente e svignarsela subito nel caso in cui non avesse trovato nulla di interessate o vagamente sospetto, si avvicinò per prima cosa alla baracca facendo scappare un paio di galline che stavano razzolando a terra. Poggiò i polpastrelli sulla lamiera fredda, per poi trovare subito dopo il piccolo chiavaccio arrugginito che bloccava la porta. Gli fu sufficiente spingerlo verso destra, per aprire la porta.
Contrariamente a quanto si aspettava l'interno della baracca era ben illuminato, grazie alla presenza di una finestra senza vetro e di un grande quantitativo di fori che la ruggine aveva creato divorando con il passare del tempo le lastre di lamiera. Trovò davanti a se un grande scaffale pieno di attrezzi e cianfrusaglie di ogni genere, dettaglio che gli fece subito supporre si trattasse semplicemente di una rimessa; ma fu voltando la testa alla sua sinistra, che capí finalmente di aver fatto bene a dare ascolto al suo istinto: poggiato a terra, su una pila di tavole in legno sistemate con cura, vi era un materasso perfettamente pulito e coperto da alcune lenzuola decorate da disegni floreale dal colore acceso; poco lontani, un paio di libri aperti, una bottiglia d'acqua ed alcune candele. Tutti oggetti che non appartenevano di certo ad un luogo come quello, e non serviva certo un genio per capirlo.
Non vi erano dubbi, qualcuno aveva trascorso delle notti in quella baracca e doveva trattarsi certamente di una persona che aveva bisogno di restare ben nascosta da occhi indiscreti.
Incuriosito Jeff si avvicinò, ed ispezionò molto velocemente gli oggetti che riuscì a trovare: sollevò le lenzuola, poi il materasso, frugò tra le cose poggiate a terra e li trovò dei vestiti da donna, ed una mela che sembrava essere stata morsa molto di recente: era poco ossidata, la polpa conservava ancora buona parte del suo colore originale.
Il killer allargò un piccolo sorriso, conscio del fatto che probabilmente aveva trovato la miglior pista possibile per scovare Judge Angel. Una donna era stata lì, fino a pochi minuti prima del suo arrivo, ed era evidente che chiunque fosse aveva scelto quella baracca orrida ed inospitale per nascondere la sua presenza al resto della cittadina, rifugiandosi in un luogo dove nessuno avrebbe avuto il sospetto potesse trovarsi.
Stava per tornare fuori e mettere subito al corrente Jason di quanto aveva appena scoperto, quando il suo sguardo cadde su un piccolo foglio di carta stropicciato sul quale era stato scritto qualcosa con l'inchiostro di una penna blu; si chinò per afferrarlo, e nell'atto di distenderlo con le dita riconobbe una calligrafia molto curata, sottile ed aggraziata.
"So che siete sulle mie tracce, e devo farvi i miei complimenti: siete stati molto bravi. Vi invito tuttavia a lasciar perdere, ho con me il vostro amico e non esiterò a farlo fuori se proseguirete la mia ricerca".
........
-Quindi adesso... Proviamo a chiedere al motel?- mormorò Jane, con un piccolo sospiro. Assieme a Liu si erano già recati alla stazione di rifornimento senza riuscire ad ottenere alcuna informazione utile, ed il ragazzo aveva proposto di proseguire con le ricerche spostandosi dall'altro lato della città.
-Si, andiamo-.
Mentre camminava lungo la strada piena di buche e crepe che si diramavano in modo confuso sull'asfalto ormai schiarito dagli agenti atmosferici, la ragazza si voltò più e più volte scrutando il volto serioso di Liu, ma senza mai riuscire ad avviare con lui una conversazione. Di certo erano moltissime le cose che avrebbe voluto dirgli e tutte quante riguardavano Jeff, ma una sensazione di soffocamento le impediva di parlare ogni qual volta tentava di farlo; sentiva di non avere il diritto di farlo, non con lui.
Ma alla fine, tentando di ignorare quella voce nella sua testa che continuava a ripeterle di stare zitta, riuscì ad avviare la tanto bramata discussione.
-Senti... Dopo tutto questo, quando questa brutta storia sarà finita... - si interruppe brevemente, nel momento in cui Liu le rivolse il suo sguardo. -Pensi che darai una possibilità a Jeff? -.
Lui tornò immediatamente a guardare avanti rifiutandosi di intrattenere il contatto visivo, con le labbra strette. - No- disse, sincero.
-Si sta dando da fare, perché spera in questo- continuò lei. -Credo che farebbe davvero qualunque cosa per... -.
-Senti, Jane-. La interruppe in modo brusco, alzando improvvisamente la voce e mostrando un'aggressività che la scosse. -È inutile che tu insista su questo punto, e ancora mi sfugge il motivo per cui tu abbia deciso di rovinarti la vita appresso a quel cane bastardo- ghignò, accelerando il passo. -Ma sappi che non arriverà mai il giorno in cui Jeffrey otterrà il mio perdono. Per me potrebbe crepare pure adesso, e non farebbe alcuna differenza. Ti è chiaro il concetto? -.
Sputò fuori dalla bocca parole acide e affilate come coltelli, senza venir scosso in alcun modo dal volto di Jane che in quel momento si spese, assieme alle sue speranze. A lei non importava davvero ciò che Liu pensasse, ma sapeva che per Jeff questo era davvero molto importante, e che avrebbe sopportato molto male quelle parole, se fosse stato presente ad udirle.
Abbassò gli occhi al suolo, osservando il movimento delle sue stesse gambe. Poi, all'improvviso, si fermò.
-Liu, possiamo parlare solo un minuto? -.
Il ragazzo arrestò il cammino a sua volta, e guardandola negli occhi capí che lei in quel momento era davvero molto scossa. Ma non gli importava: quello non era ne il luogo ne il momento adatto. -Non abbiamo tempo- borbottò, con poca decisione.
-Non mi importa- ribatté lei. - Adesso devi ascoltarmi, se vuoi che io e gli altri continuiamo ad aiutarti-. Salendo sul marciapiede intrecciò le braccia attorno al petto ove il cuore aveva iniziato a battere all'impazzata, ed appoggiò la spalla destra contro ai mattoni di un muretto guardando Liu dritto negli occhi. -Posso accettare che tu non voglia perdonare Jeff per ciò che ti ha fatto, ma non ti permetto di prenderti gioco di lui in questo modo- gli disse, con una freddezza che non le apparteneva. -Lo stai usando per raggiungere il tuo scopo, e poi quando tutto sarà finito che farai? Lo farai arrestare? Lo arresterai tu stesso? -.
Il giovane poliziotto fece un passo indietro ed intrecciò le braccia dietro alla schiena, scuotendo lievemente il capo. - Sono un agente di polizia, tu che dici?-.
-E allora possiamo finirla qui, Liu- ribatté aspramente Jane, con i pugni stretti. Era arrabbiata, così arrabbiata che aveva iniziato a tremare. -Lo vado a cercare, e lo riporto indietro-.
Un breve silenzio precedette un'aspra risata del castano, che sembrava quasi divertito dalla cosa. -Cerchi sempre di proteggerlo, mi chiedo perché mai. Non ti rendi proprio conto di essere soltanto una delle sue pedine?-. Le si avvicinò, sforzandosi di dipingere sulle sue labbra un sorriso, carico di rammarico. -Jane, anche se non siamo mai stati amici ti conosco da molti anni, perciò voglio darti un consiglio spassionato: lascialo perdere e riprendi in mano la tua vita, perché è evidente che la stai buttando via. E non credere mai che lui ti ami, o provi anche solo un po' di affetto per te, perché Jeff è un sociopatico ed in quanto tale non è proprio possibile che provi questo genere di sentimenti-.
La ragazza abbassò all'improvviso lo sguardo, e per un frangente sentì l'impulso di piangere. Sentì il calore divampare sul suo viso ma lo scacciò, scuotendo energicamente la testa. -Tu pensi di conoscerlo ma non è così. Tu non sai niente, non hai visto niente- iniziò a dire, con la voce che aveva iniziato a tremare. -Tu non c'eri quando lui veniva a portare i fiori freschi sulla tua tomba che non sapeva essere vuota, non c'eri quando è uscito di prigione e per prima cosa è venuto a salutare la tua lapide!- gridò. -Non c'eri a vederlo riascoltare un tuo vecchio messaggio sulla segreteria solo per il conforto di poter udire ancora la tua voce, e non c'eri neanche tutte le volte che ha tentato di togliersi la vita perché non riesce a sopportare il peso degli errori che si porta sulle spalle!-. Aveva tentato di resistere alle emozioni ma si rendeva conto solo adesso di non esservi riuscita, perché i suoi occhi adesso erano gonfi di lacrime.
Stava apparendo debole e forse anche patetica, ma non le importava. -Non eri lì a vederlo stordirsi con l'alcool per sopportare il dolore, o tagliarsi le braccia fino a rischiare di dissanguarsi. Non conosci la persona che è diventato, ed è evidente che tu non abbia idea di quanto sei importante per Jeff. Nel momento in cui capirà che lo odierai per sempre avrai frantumato il suo cuore e forse la situazione precipiterà di nuovo, per questo motivo non ti permetterò di farlo-.
Annaspava, ormai in preda ad un pianto incontrollato causato non solo dalla rabbia, ma anche dalla grande empatia che aveva sviluppato nei confronti del killer e che le faceva percepire chiaramente sulla sua pelle quando male gli avrebbe fatto sentire quelle parole. Il suo corpo tremava, era scosso da brividi, fragile ed esposto; non avrebbe mai voluto perdere il controllo in quel modo ma ormai era troppo tardi.
E nell'ascoltare quelle parole che aveva sputato fuori tutte d'un fiato, l'espressione sul volto di Liu era cambiata in modo radicale. Adesso aveva la fronte aggrottata, le labbra strette, e giocherellava nervosamente con le dita come tentasse di non perdere il controllo a sua volta; lei era riuscita in qualche modo a scuoterlo, seppur lo avesse fatto nel peggiore dei modi.
Il poliziotto schiuse le labbra come se avesse voluto dire qualcosa, ma non vi fosse affatto riuscito. Restò in silenzio per una interminabile manciata di secondi durante i quali Jane riuscì a calmarsi, poi abbassò ok sguardo ed estrasse il cellulare dalla tasca per controllare l'ora.
-È già tardi, dobbiamo tornare al bar per ricongiungerci agli altri- disse soltanto, con il fiato mozzato dall'angoscia.
Non lo avrebbe mai ammesso neppure a se stesso, ma le parole di Jane lo avevano trafitto come una lama conficcata nel petto.
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