ρꪖ᥅ꪻꫀ 9 - Combattere
La sterile camera ove Jeff veniva custodito si trovava sul fondo di un lungo corridoio bianco dalle pareti completamente vuote, munito solo di un paio di finestre che riflettevano ovattata la luce dall'esterno. Niente quadri, nessuna decorazione, solo due mura tinte di un bianco brillante.
Jane seguì in silenzio i passi decisi di Natalie, che ogni tanto si voltava per assicurarsi che lei non fosse rimasta indietro. Non incrociarono assolutamente nessuno durante il breve tragitto, dettaglio che fece supporre alla mora che quel luogo non fosse frequentato da un gran numero di persone; la trovò una cosa piuttosto strana, ma non vi diede troppo peso. Probabilmente quella sorta di organizzazione era composta da quattro pazzoidi squattrinati che erano risuciti ad ottenere la custodia di Jeff solo grazie ai loro legami con la mafia; ma non appena Natalie aprì la porta e si voltò verso di lei sorridendo, Jane capì di essersi sbagliata. Varcando la soglia si ritrovò all'interno di una camera di grandi dimensioni, illuminata da vetrate ed arredata in modo sterile; incrociò lo sguardo di un uomo sui sessanta che indossava un lungo camice bianco, e scrutò dietro alla sua schiena la presenza di diversi grossi macchinari che mai aveva visto prima di allora.
Pareva essere, in tutto e per tutto, una sala operatoria munita di costose apparecchiature moderne.
Non appena il presunto dottore si accorse della presenza della mora, si voltò in sua direzione e sollevò le sopracciglia esternando un certo stupore, per poi rivolgere il suo sguardo a Natalie.
-Non ci credo... L'hai convinta davvero!- esordì.
Jane aggrottò la fronte, piuttosto disorientata da quella situazione. Realizzare che quel tipo la stava in qualche modo aspettando, la mise fortemente a disagio.
-Certo che sì, dubitavi forse di me?- rispose la donna, scuotendo amichevolmente il capo ed allargando un altro sorriso esagerato, che metteva in mostra una fila di denti immacolati.
Jane stava per chiedere che diavolo significasse tutto ciò, ma prima ancora di socchiudere le labbra sentì il sangue ghiacciarsi nelle vene: sul fondo della stanza, accanto a delle apparecchiature mediche di vario genere piene di fili e pulsanti, vi era un letto ospedaliero avvolto da un paio di candide lenzuola.
E lì disteso, immobile, vi era Jeff.
In quell'istante la sua mente si svuotò da ogni pensiero che l'avesse abitata fino ad allora, ed i suoi occhi posati su quel corpo inerme si rifiutarono di interrompere il contatto visivo. La respirazione cessò, trattene il fiato gonfiando il petto e si chiese se stesse per svenire.
-Ah si giusto, come vedi eccolo qua- esordì Natalie, con una naturalezza del tutto fuori luogo. -È vivo, ovviamente- aggiunse, per qualche ragione ridacchiando in modo fastidioso.
Dunque era tutto vero; quella svitata non aveva mentito.
Incapace di parlare, Jane rimase immobile come una statua ad osservare il killer dormiente, con il fiato sospeso ed i pugni così stretti da percepire dolore alle dita.
Il ragazzo era disteso con il volto rivolto verso il soffitto, ed il suo corpo era parzialmente coperto dalle lenzuola stropicciate; un sottile tubo di plastica era stato inserito nella sua cavità nasale, probabilmente per nutrirlo artificialmente, mentre una flebo penetrava una vena del suo braccio sinistro. Non fu difficile notare immediatamente il gran numero di ferite che ricoprivano la pelle chiarissima di entrambi i suoi avambracci, né supporre che fossero quasi certamente autoinflitte.
Jane tacque, ma si sentì morire dentro. La vitalità del ragazzo era garantita tramite il respiratore al quale era attaccato, che stava monitorando proprio in quel momento le sue condizioni vitali; le sue labbra erano violacee e molto screpolate, i capelli riversi sul cuscino bianco.
-..Jeff- sussurrò, con un filo di voce. Nella sua mente apparve il ricordo dell'ultimo giorno in cui lo aveva visto, quando dopo il suicidio di Smiley le voltò le spalle e se ne andò via. In passato quel ragazzo aveva compiuto atti mostruosi, aveva strappato la vita ad un numero incalcolabole di persone; ma adesso era proprio lì davanti a lei, impotente come un neonato dinnanzi alla vita.
Aveva tentato il suicidio mischiando grandi quantità di alchool e farmaci psicoattivi, ma solo dopo essersi inflitto tutti quei tagli sul petto che adesso erano celati dalle bende. Aveva tentato ancora una volta di autodistruggersi, e questa volta c'era quasi riuscito.
-La sua vita non è più in pericolo- la informò l'uomo in camice, probabilmente notificando il dolore che adesso riflettevano gli occhi della ragazza. -Abbiamo stabilizzato tutti i paramentri vitali, e direi che è in ottima forma- aggiunse.
-...Non si direbbe- borbottò lei, che ancora non era riuscita a staccare gli occhi da quel corpo immobile..
-Ossigeno, pressione, battiti, tutto assolutamente nella norma- continuò a dire il dottore, grattandosi la nuca. -Il problema è che proprio non si riesce a farlo svegliare-.
Natalie si avvicinò a Jane e le poggiò una mano sulla spalla. -È per questo che ti abbiamo cercata, mia cara. Probabilmente sei l'unica che può riuscire ad entrare dentro a quella testa-.
La mora scosse il capo. -Io non capisco... Lui dovrebbe essere in ospedale, non qui!- esordì. -Non potete usare una persona non conseziente per sperimentare i vostri...-.
-Macchinari innovativi che cambieranno la storia della medicina- la interruppe bruscamente l'uomo, che vantava di una voce piuttosto profonda ed intimidatoria. -Le autorità sanno quello che stiamo facendo, abbiamo tutte le carte in regola- aggiunse.
-Solo grazie a gente corrotta, però- ghignò la ragazza, aspramente.
A quel punto interevenne ancora una volta la pacifica Natalie, che avvicinandosi al letto ove giaceva Jeff ne indicò il suo viso dormiente, ed assunse un'espressione decisa. -Al momento siamo gli unici che possono salvarlo. È intrappolato nella sua mente, lo vedi? È in perfette condizioni di salute ma incapace di riprendere conoscenza- le disse, giocherellando con una mano tra i capelli ricci. -Se decidi di aiutarci non solo salverai il tuo amico, ma darai un importantissimo contributo alla nostra ricerca e indirettamente potresti salvare in futuro migliaia di altre persone-. Sorrise, ed intrecciò le mani sul petto emettendo un breve sospiro.
-A me non sembra così male-.
Jane abbassò lo sguardo sul pavimento di piastrelle bianche e strinse le labbra; non aveva nessuna fiducia in quei due sconosciuti, ma non poteva negare a Jeff l'aiuto di cui aveva disperatamente bisogno.
I suoi pensieri furono interrotti poco dopo dalla voce del medico, che ancora una volta catturò la sua attenzione. -Ho provato personalmente più volte ad entrare nella mente di questo ragazzo, ma sembra che lui continui ad impedirmelo- rivelò, con una punta di fastidio.
-Ma forse a te... Permetterà di entrare-.
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