ρꪖ᥅ꪻꫀ 6 - Collaborare
Jane trattenne il fiato e fece un piccolo passo indietro, colta totalmente di sorpresa da quell'affermazione. -Aspetta... Cercavi me? Ma io non ti conosco- disse, balbettando.
La riccia, che pareva aggirarsi attorno ai ventotto anni, esplose in un sorriso esageratamente espansivo e rivolse ancora una volta lo sguardo al cane, che le si era avvicinato per annusarle i pantaloni. -Oh, questo cuccolone è davvero meraviglioso! Ho sempre voluto un cane!-.
Jane rimase interdetta, non solo per la strana situazione nella quale si era improvvisamente ritrovata, ma anche per il curioso atteggiamento dell'altra, che pareva avere almeno un paio di rotelle fuori posto.
-Ignora il cane e rispondimi, per favore- disse con voce decisa, espirando con violenza nel tentativo di scacciare la tenzione.
Solo allora la donna parve finalmente decidersi a dedicare unicamente a lei la sua attenzione, osservandola con una strana espressione entusiasta ed allungando una mano in sua direzione.
-Sono certa che avremo tutto il tempo per conoscerci meglio... Comunque mi chiamo Natalie-.
Jane annuì vagamente, rifiutandosi di stringere la presa. -Okay, e che cosa vuoi da me?-.
-Posso entrare?- ribattè l'altra, sistemando una ciocca dei suoi capelli castani con una mano. -È davvero scortese da parte tua non invitarmi a sedere. Avrei bisogno di parlarti con una certa urgenza-.
Ancora una volta, Jane si trovò del tutto spiazzata dinnanzi all'assurdo comportamento di quella sconosciuta. Era certa di non averla mai vista, e considerata la sua particolarità di certo se l'avesse già incontrata in passato ne avrebbe conservata memoria. -Parlarmi di cosa?- insistette, continuando a bloccare l'uscio con il suo stesso corpo.
La sconosciuta a quel punto parve spazientirsi, e si convinse a svuotare almeno in parte il sacco. -Faccio parte di un'organizzazione della quale non posso fornirti dettagli al momento. E credimi, non mi sarei scomodata per venire fino a qui se non avessi davvero bisogno della tua collaborazione- le disse, con un'aria così fredda e decisa che Jane ne fu quasi intimidita. -Certo, puoi anche mandarmi al diavolo e cacciarmi via subito se vuoi, ma fossi in te ci penserei due volte siccome sono qui per offrirti la possibilità di aiutare una persona alla quale potresti tenere molto-.
Quella conversazione si faceva ogni secondo più surreale ed enigmatica; la mora non era riuscita ancora a capire niente di ciò che l'altra stava cercando di dirle, ma decise comunque di indietreggiare facendole cenno di entrare in casa.
Richiuse la porta subito dopo essersi assicurata che fuori non vi fosse nessun altro, ed invitò la strana donna a sedersi al tavolo della cucina. Soltanto allora, accomodandosi davanti a lei, si accorse di un dettaglio raccapricciante: spostando lo sguardo all'occhio finto di Natalie, ove era stato dipinto quel quadrante d'orologio antico, realizzò che la lancetta dei secondi si muoveva per davvero. Non era semplicemente disegnata, come tutto il resto.
Nel notificare quel macabro dettaglio doveva aver assunto un'espressione confusa e stupita, perché pochi attimi dopo l'altra scoppiò in una fragorosa risata.
-Vedo che hai notato il mio gioiellino- asserì, continuando a ridere sguaiatamente. -Ho perso l'occhio in un incidente, quattro anni fa... Ed ho voluto sostituirlo con qualcosa di più unico che raro- spiegò. Sollevò poi una mano, e con un gesto rapido ma preciso afferrò la palla di vetro e la estrasse dal cranio, scoprendo così l'orbita vuota.
Jane rabbrividì, premendo le spalle contro allo schienale della sedia nel tentativo di non rendere troppo palese il suo stato d'animo. Quella donna era completamente fuori di testa, ormai non aveva più alcun dubbio.
-Vuoi toccarlo?- le disse la castana, porgendole lo strano oggetto.
-N..No, grazie... Ma no- borbottò l'altra, inorridita.
Natalie tornò allora ad inserire la protesi al suo posto con disinvoltura, sorridendo amichevolmente. -È dotato di una piccola batteria sostituibile, che muove la lancetta dei secondi. Un opera estremamente raffinata, non trovi?- continuò ancora. -Mi è costata... Un occhio dalla testa-.
A rompere il silenzio generato da quel gioco di parole di pessimo gusto fu il timido guaito di Dado, che aveva raggiunto la propria padrona poggiandole il muso tra le gambe. Jane fece una carezza alla bestiola ed emise un piccolo sospiro, iniziando a sperare soltanto che quella stramba se ne sarebbe andata via il più presto possibile. -Allora... Di cosa volevi parlami?- chiese, tentando ancora una volta di tagliare corto.
Finalmente Natalie assunse un'espressione seria, e poggiando i gomiti sul tavolo si decise a spiegarsi.
-Non mi interessa sapere quale tipo di rapporto tu abbia avuto con Jeff, o perché tu stia fingendo di non averlo mai conosciuto- esordì, guardandola dritta negli occhi. -Ma è in coma, e in questo momento si trova sotto la custodia della nostra organizzazione-.
Il respiro della mora su fece più pesante, non appena ebbe udito pronunciare quel nome. Ancora una volta il suo passato era tornato a tormentarla, ancora una volta i suoi fantasmi le sussurravano alle orecchie che in nessun modo avrebbe potuto sfuggire agli eventi che aveva vissuto.
Ma anche una strana ed inaspettata sensazione di sollievo scaldò il suo petto in quell'istante; era convinta che Jeff fosse già morto, ma adesso sapeva che non era così.
-Non lo sapevo...- mentì a bassa voce, abbassando lo sguardo sulle sue stesse mani, che già tremavano. -Ma non vedo come io potrei aiutarvi-.
Natalie strinse le labbra ed allargò un piccolo sorriso provocatorio. -Te la stai passando bene, vedo. Hai una gran bella casa...-.
-Smettila di cambiare discorso in continuazione!- gridò esausta la mora, sbattendo i pugni sul tavolo così forte che Dado, impaurito, fuggì nel salotto.
Il suo cuore scalpitava nel petto, e di nuovo una sensazione di un tremendo disagio era tornata ad assalirla come una scarpa calpesta un sassolino. -Che cosa vuoi da me? Che cosa volete tutti quanti da me?- continuò, affannando.
La lancetta dell'orologio di Natalie sfiorò il numero sei, quando la donna finalmente si allungò sul tavolo e si decise a rivelare il motivo per cui si trovava lì, a bassa voce.
Fece un piccolo sorriso e schiarì la voce, puntando sul tavolo i palmi di entrambe le mani.
-È intrappolato nella sua mente, incapace di risvegliarsi. Non sarà possibile salvarlo finché qualcuno non riuscirà a penetrare nel suo incoscio-.
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