ρꪖ᥅ꪻꫀ 39 - Aiutarsi
Quel breve viaggio in automobile fu per Jane qualcosa di profondamente strano, quasi surreale.
Osservava di sbieco il volto rilassato di Natalie, che alla guida dell'auto teneva lo sguardo fisso avanti a se, canticchiando delle note che risuonavano esclusivamente nella sua testa; poi si voltava in direzione di Jeff, e lo trovava puntualmente immobile nella stessa posizione: il ragazzo teneva la schiena inarcata in avanti, con gli occhi socchiusi ed i capelli neri che prendevano sul suo volto tirato. Era chiaramente esausto, aveva bisogno di riposare e di far ordine nella sua testa, che in quel momento doveva essere un groviglio di pensieri ed emozioni contraddittorie.
Ciò che era accaduto quel giorno, nessuno dei tre avrebbe potuto mai dimenticarlo; ognuno per una ragione differente.
Jane si sentiva esternamente sollevata dalla consapevolezza di essere riuscita nel suo intento, di aver salvato la pelle di Jeff e di averlo sano e salvo al suo fianco; allo stesso modo però, ciò che aveva dovuto affrontare l'aveva scossa in modo profondo ed inesorabile.
La mustang pilotata da Natalie svoltò a destra, imboccando la strada provianciale che li avrebbe condotti dritti alla villetta degli Arkensaw.
Dritti a casa.
La mora volse lo sguardo al finestrino, e lasciò scorrere i suoi occhi sui profili dei palazzi che si susseguivano rapidamente. Poi, abbassando la testa lentamente, sfilò dalla tasca i fogli di carta che Natalie le aveva consegnato pochi minuti prima, con il fine di verificare di cosa si trattasse; era praticamente certa che fosse un semplice biglietto di scuse che quella stramba donna le aveva scritto in fretta e furia, per questo non li aveva guardati prima d'ora.
Ma capì presto che si sbagliava.
Li osservò con cura, erano tre in totale e su ognuno di essi vi era impressa solo quale parola, scritta con una calligrafia a malapena leggibile; ed in alto a sinistra, impresso con inchiostro nero, vi era il timbro di un medico.
Il dottor Arden Armingam.
Si trattava di tre ricette mediche ripetibili, che riportavano nomi di farmaci che Jane riconobbe in pochi istanti.
Un sedativo, un antipsicotico, un antidepressivo.
Rapidamente tornò ad infilare i tre fogli in tasca, assicurandosi che Jeff non la stesse guardando; era chiaro che quelle ricette mediche fossero destinate a lui.
Natalie doveva aver pensato che una terapia di quel tipo l'avrebbe potuta aiutare a gestirlo, e probabilmente era stato lo stesso Arden a suggerire l'utilizzo di quei medicinali per tenere a bada gli istinti violenti del killer, qualora per qualche ragione la situazione gli fosse sfuggita di mano.
La mora sorrise lievemente, quando vide che l'auto aveva accostato sul marciapiede proprio davanti casa.
Fu un sollievo immenso rivedere quel giardino che da giorni ormai aveva cessato di curare, la fontana di marmo che zampillava acqua, ed il portone d'ingresso al quale lei stessa aveva appeso una graziosa decorazione floreale.
Quel dannato incubo era finito.
Forse non nel migliore dei modi, ma era finalmente giunto al termine.
Aprì la portiera ed uscì per prima, con il fine di assicurarsi che nessun curioso passasse da quelle parti; solo dopo essersi assicurata di essere lontana da occhi indiscreti, allungò una mano all'interno dell'abitacolo ed aiutò Jeff ad uscire a sua volta.
Il ragazzo poggiò i piedi sull'asfalto e si guardò intorno, con il volto decorato da un'espressione indecifrabile; impossibile capire che cosa stesse provando in quel momento, che cosa gli frullasse per la testa. Ma sembrava relativamente calmo, e tanto bastava a Jane per sentirsi estremamente fiera del suo operato.
Natalie abbandonò il posto di giuda e compì un giro attorno all'automobile, per poi poggiarsi a sedere sul cofano ed allargare un piacevole sorriso.
-Puoi sempre cercarmi se hai bisogno, Topolino- borbottò, grattandosi la nuca in segno di tensione. -Voglio dire... Se vorrai... Non lo so...-.
La mora annuì brevemente, prendendo Jeff sotto braccio. -Grazie di tutto, Natalie- si limitò a dire, per poi voltarle le spalle e raggiungere a passo lento il cancello d'entrata.
La castana restò immobile a guardare i due mentre si allontanano lungo il giardino senza dire una parola, e fu pervasa da una soffocante tristezza; per quanto quell'avventura fosse stata dolorosa anche per lei, era certa di aver maturato un certo affetto per quella coraggiosa ragazza.
Ma sapeva di non poter prentendere nulla da lei, dopo tutto quello che aveva combinato assieme ad Arden.
Quello era un giorno di svolta per ognuno di loro, si disse la castana; il giorno in cui avrebbe dovuto ricominciare da capo.
Salì in auto ed azionò il motore, lanciando un ultimo sguardo al cancello chiuso prima di ripartire.
..........
-Solo un attimo...- mormorò Jane, lanciando la presa su Jeff ed infilando le mani in tasca, dove custodiva il suo mazzo di chiavi.
Ne selezionò una e la infilò rapidamente nella serratura del portone, per poi girarla con decisione. E non appena l'ingresso fu aperto, Dado si precipitò su di lei non prima di aver abbaiato un paio di volte.
-No, buono!- esclamò la mora, ridacchiando. -Sono tornata, sì, contento eh?- disse ancora, carezzando la testa del cane. -Starai morendo di fame, cavolo-.
Jeff osservò la bestiola immobile sul ciglio della porta, con gli occhi sbarrati e la fronte aggrottata. -Hai... Un cane?- mormorò a bassa voce.
Lei sorrise ancora. -Sì. Dai, vieni dentro... Ho paura che qualcuno possa vederti-. Si affrettò a richiudere il portone sbadatamente, mentre cercava di tenere a bada il suo amico a quattro zampe che nel frattempo l'aveva già leccata un po' ovunque.
Dopo aver ispezionato con cura ogni odore che fosse impregnato nei vestiti della sua amata padroncina, Dado si avvicinò a Jeff e provò a fare lo stesso con lui; ma il killer si ritrasse quasi subito, respingendolo con una manata.
-È bravo, non ti farà niente!- intervenne Jane, con un sincero sorriso che non riusciva più a togliersi dalla bocca.
-Non mi piacciono i cani- borbottò lui, stringendo le spalle.
La ragazza inspirò, riempiendo i polmoni del confortante profumo della sua casa; oramai era al sicuro, per davvero.
Lanciò uno sguardo alla porta serrata e si disse che aveva appena chiuso fuori un capitolo della sua vita che desiderava soltanto dimenticare.
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