ρꪖ᥅ꪻꫀ 26 - Logorarsi
-Niente... Niente da fare. Lo vedi?-.
Arden sembrava molto più irritato e scontroso del solito; continuava a smanettare sui comandi del macchinario nel tentativo di stabilire una connessione ormai da più di due ore.
Jane emise un lento sospiro, mentre fissava il soffitto con la testa piena di elettrodi. Non riusciva più a connettersi alla mente di Jeff, nonostante gli oltre quindici tentativi già effettuati sotto l'attenta supervisione del dottore. Anche il giovane Ben stava assistendo alla scena, in piedi sull'entrata con la spalla sinistra poggiata sullo stipite della porta. Di tanto in tanto borbottava qualcosa e scuoteva la testa, ma senza interloquire con nessuno; Natalie, invece, era intenta ad assistere Arden qualunque cosa lui stesse cercando di fare.
-Tutto inutile, siamo fottuti- borbottò ancora l'uomo.
Jane volse lo sguardo in direzione di Jeff, disteso su quel maledetto letto; il suo cuore batteva, stava respirando regolarmente. Era vivo, assolutamente vivo.
Ma allora perché la sua mente risultava del tutto inaccessibile?
Possibile che stesse davvero impedendo l'accesso al suo inconscio di sua spontanea volontà?
La situazione pareva essere disperata; se non fossero riusciti a ristabilire un contatto, l'esperimento sarebbe fallito ed Arden lo avrebbe lasciato morire.
E non era così che dovevano andare le cose.
Eppure, nella mente della ragazza continuava a risuonare con una forza assordante quella disperata rischiesta che lo stesso Jeff le aveva fatto: "Stacca quella spina". Avrebbe mai trovato il coraggio di farlo?
-Okay, basta così- grugnì il dottore, balzando in piedi come una furia. -Stiamo solo perdendo tempo in questo modo-. Si voltò poi verso di lei, con uno sguardo che avrebbe intimorito chiunque. -Tornatene a casa, Jane. Devo provare a modificare il settaggio della macchina e ci vorrà del tempo, quindi vattene via-.
La ragazza rimase interdetta, e si limitò ad annuire; non capiva perché lui fosse diventato così freddo nei suoi confronti, considerato che fino a quel momento aveva fatto del suo meglio per collaborare.
Staccò gli elettrodi dalla sua fronte e vi passò la manica della sua felpa per rimuovere il fastidioso gel residuo dalla pelle, per poi alzarsi a sua volta in piedi sotto lo sguardo deluso e preoccupato di Natalie. La castana fece una piccola smorfia e sollevò le spalle, sembrava delusa e rammaricata dalla situazione che si era venuta a creare, e probabilmente non approvava il comportamento di Arden.
-Quanto tempo ci vorrà?- mormorò Jane, sistemando il colletto della giacca che aveva appena infilato.
-Non lo so, non so neanche se riuscirò a fare qualcosa- borbottò l'uomo. -Ad ogni modo- concluse sospirando -Ti chiamerà Natalie per aggiornarti-.
La mora annuì debolmente, spostando ancora lo sguardo sul corpo dormiente di Jeff. Si accorse che ormai riusciva a malapena a guardarlo, tanto forte era il senso di colpa che stava provando; non sapeva dirsi se ciò che stava facendo era giusto oppure no, e questo la distruggeva. Si chiese se tutto questo lottare per salvargli la vita non fosse altro che un atto di egoismo da parte sua.
-Ti accompagno a casa, Topolino?-. La voce di Natalie la distolse dai suoi pensieri, e solo allora si rese conto che doveva essere rimasta in piedi a fissare il vuoto per troppo tempo. Mimò un no con la testa e si avviò in direzione dell'uscita senza aggiungere una sola parola.
......
Il cielo si era riempito di grigie nubi, eppure neanche una goccia di pioggia aveva ancora sfiorato il terreno. Jane fumò nervosamente una sigaretta lungo il percorso fino a casa, che percorse a piedi con la testa bassa e la mente sovraccaricata di brutti pensieri.
Non riusciva a nasconderlo neanche a sé stessa: era preoccupata. Se Arden non fosse riuscito a trovare un modo per stabilire una nuova connessione tra il suo macchinario e la mente di Jeff, forse per lui sarebbe stata la fine. E ciò che le faceva più male, era ricordarsi che fosse proprio questo che voleva il ragazzo.
Non appena ebbe raggiunto casa, Jane fu assalita dall'incontenibile gioia del cane che le saltò addosso sporcandole la giacca di terra.
-Stai buono, Dado... Sì, sì, sono felice anch'io di rivederti- mormorò lei, affondando le dita nel pelo morbido che ricopriva la sua schiena. Riempì la moka di caffè in polvere ed accese il fornello, per poi buttarsi sul divano in attesa di udire il familiare profumo della bevanda pronta; avrebbe dovuto sbrigare qualche commissione, ma si disse che non avrebbe messo un solo piede fuori casa quel pomeriggio, a meno che Natalie non l'avrebbe chiamata per darle buone notizie.
Pochi minuti dopo, con la tazzina del caffè poggiata sulle ginocchia, accese la tv per stroncare il fastidioso silenzio che stava avvolgendo l'ambiente inducendola a pensare troppo.
Fece zapping per diversi minuti, mentre di tanto in tanto sorseggiava la bevanda calda, finché non si soffermò su uno specifico canale; stava trasmettendo una diretta, in cui una giovane giornalista veniva ripresa in primo piano. Sullo sfondo, era visibile l'ingresso di un tribunale.
-..iscusso proprio in questi giorni. A seguito di un dibattito molto animato, è stata approvata in data odierna la nuova legge sulla tutela dei detenuti, che andrà a rafforzare le regolamentazioni già messe in atto nelle settimane scorse-.
Dado saltò sul divano e si mise a sedere accanto a Jane, che nel frattempo riponeva sul tavolino da fumo la tazza ormai vuota.
-Tra le tante novità che ci ha portato questa legge, certamente la più incisiva è quella che riguarda le nuove obbligazioni, da parte delle autorità, di verifica dello status mentale dei criminali. Questo significa che, qualora ci si accerti che l'individuo non sia capace di intendere e di volere, oppure si sia trovato in uno status mentale fortemente alterato al momento del compinento del crimine, la pena imposta sarà decretata tenendo in considerazione anche questi fattori-.
Il collegamento con la giornalista fu interrotto, e questa volta fu ripreso un secondo inviato, posizionato dinnanzi ad una folla di protestanti.
Uno di loro in particolare si fece avanti ed afferrò di buon grado il microfono che gli fu avvicinato, per poi guarsare dritto in camera con aria palesemente adirata. -È una schifezza! Questa presa di posizione da parte dello Stato è una follia!-.
-Siete in molti a manifestare- intervenne il giornalista, avvicinando il microfono alla bocca. -Cosa ne pensa della nuova legge approvata stamattina?-.
-Il governo adesso si preoccupa della tutela dei miserabili... E chi proteggerà noi altri?- inveì l'uomo, spalleggiato adesso da altre persone che borbottavano parlando l'uno sull'altro. -Se c'era qualcosa che funzionava bene, era il sistema giudiziario che puniva severamente questa gente! Ed ora, va a finire che troveremo gli assassini a passeggio per strada!-.
Jane scosse la testa, mentre distrattamente accarezzava la testa del cane.
-La legge prevede una tutela per i maltrattamenti, che sono stati inflitti in modo disumano ai carcerati fino a poche settimane fa- intervenne il giornalista, cercando di calmare le acque. -Saranno tutelati come esseri umani uguali a noi, non sarà più possibile infliggere torture corporali o trattarli come fenomeni da baraccone-.
-Andrà tutto in rovina, la gente onesta ne pagherà le conseguenze!- gridò qualcuno.
Ma il giornalista insistette. -È una legge che promuove il diritto alla dignità. Questo non significa che non saranno applicate l...-.
Con un gesto deciso, la ragazza spense la tv ed emise un profondo, per poi distendersi sul divano accanto al cane.
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