ρꪖ᥅ꪻꫀ 25 - Dubitare

Jane tentò di specchiarsi nel vetro del pullman, sistemando la parrucca sulla sua testa ed assicurandosi di aver steso bene il fondotinta sulla pelle del volto; poi, avvolgendo le braccia sul petto, scese dal mezzo pubblico che si era fermato a pochi passi dalla sua destinazione.
Premendo il tasto sul citofono, il cancello elettronico fu attivato quasi subito, anche se nessuno disse niente dall'altro capo della linea. E dopo aver percorso pochi passi lungo il vialetto d'ingresso, la ragazza si accorse della presenza di Ben, in piedi accanto alla porta con la schiena puntata contro al muro.
Lui la osservava in silenzio, con le mani in tasca ed una sigaretta accesa stretta tra le labbra.
-Ciao- mugolò la mora, passandogli accanto; ed il ragazzo, facendo una smorfia, gettò a terra la sigaretta.
-Ti stanno aspettando tutti, e sembrano molto seri- disse, ridacchiando. -Che hai combinato?-.
Jane sollevò le sopracciglia. -Niente, non ho combinato niente- rispose, riprendendo a camminare. Ma non appena ebbe poggiato le mani sulla porta d'ingresso, lui la interruppe ancora.
-Se non sei qui per i soldi, perché ti sei offerta di fare la cavia?- domandò Ben, con atteggiamento spavaldo.
Lei si voltò indietro, e non nascose la sua irritazione. -Non ho bisogno di soldi- si limitò a dire.
-Allora di cosa hai bisogno?- continuò ad infierire il ragazzo, passando una mano tra i capelli.
Jane si rifiutò di rispondere a quella domanda così come aveva fatto con la prima, e senza aggiungere altro aprì la porta ed entrò. Tirò un sospiro di sollievo e si guardò intorno, rendendosi conto che Natalie la stava aspettando sul fondo del corridoio; la salutò con un cenno del capo, ma si rese immediatamente conto che l'espressione sul suo volto era molto diversa dal solito.
Sembrava preoccupata, affranta, forse delusa; le accennò un sorriso che parve totalmente forzato, e con la mano destra le fece cenno di seguirla. A passo svelto la condusse fino alla porta dell'ufficio di Arden, che si differenziava dalle altre per il suo colore grigiastro; ma prima di aprirla, si voltò indietro e posò una mano sulla spalla di Jane.
-Il dottore è un po' nervoso, non farci caso- le disse, ridacchiando.
La mora aggrottò la fronte. Voleva certamente capire che cosa stesse accandendo, ma troppe altre domande affollavano la sua mente; iniziava a chiedersi chi fossero davvero quelle persone. E quali fossero i loro reali scopi.
-Ti sei fatta un... selfie davanti a casa mia- esclamò, senza girarci intorno. L'altra parve piuttosto sorpresa di udire quell'affermazione; affondò una mano tra i suoi capelli castani e li sistemò dietro alle orecchie, tentando di dare una parvenza d'ordine alla sua pettinatura. -Sì, mi faccio foto ovunque- rispose frettolosamente. -Ma abbiamo altro a cui pensare adesso, muoviti- le intimò infine, spalancando la porta.
Lo studio del dottor Arden era una stanza rettangolare che si aggirava attorno ai trenta metri quadrati, ed era allestito con qualche scrivania piena di fogli impilati e cartelle, disposti in modo piuttosto disordinato; una grande finestra illuminava egregiamente la stanza, che era stata riempita anche con un notevole numero di librerie e scaffali. Il dottore, che si voltò in direzione della porta non appena questa fu aperta, era seduto dinnanzi all'unica scrivania sgombra presente nello studio, e reggeva una penna tra le mani.
-Sei già qui, bene- esclamò, alzandosi in piedi ed interrompendo qualsiasi cosa stesse facendo. -Dobbiamo parlare-.
Jane volse uno sguardo interrogativo a Natalie, che si era messa in disparte e guardava a terra, come fosse dispiaciuta per la ramanzina che l'altra stava certamente per subire. Ma cosa poteva aver mai fatto di tanto grave da essere convocata con tanta fretta?
-Che succede?- domandò, piuttosto timidamente. L'atteggiamento di Arden si era fatto molto più cupo ed autoritario rispetto al suo abituale modo di comportarsi, e questo la stava mettendo a disagio.
-Ora dimmi che cazzo è successo ieri sera mentre eri nella mente del mio paziente- esordì lui, piuttosto aggressivamente. -Perché da allora, la macchina non riesce più a rilevare niente- continuò.
Jane scosse il capo. -In che senso?-.
-Hai fatto un casino Jane, e devo capire in che modo posso rimediare- insistette lui, sempre più spazientito. -Non riesco più a rilevare nessun dato... Stato d'animo, fase del sonno, niente-.
A quel punto Natalie tentò di calmare le acque, intervenendo a voce bassa nella conversazione. -Magari possiamo provar-.
-Tu stanne fuori- la interruppe quasi subito il dottore, senza distogliere lo sguardo da Jane. -Credo che il paziente stia cercando di impedirti di entrare ancora nella sua mente, e ci sta riuscendo anche bene. Quindi a questo punto mi chiedo...- continuò a dire, sbuffando nervosamente. -Che diavolo hai fatto?-.
La stanza fu avvolta da un assordante silenzio, durante i secondi che seguirono quella domanda. Jane ripensò all'incendio, a quelle terribili fiamme che aveva sentito divorare il suo corpo, e poi ancora al modo in cui quella donna aveva aggredito verbalmente e fisicamente Jeff. Tutto ciò che era accaduto aveva di certo destabilizzato il ragazzo, non era stato piacevole per nessuno dei due; ma in che modo avrebbe mai potuto evitarlo? Anche lei era stata una vittima di tutto questo, e di certo non aveva desiderato vivere delle esperienze così orrende.
-Nel suo sogno Jeff è intrappolato nella casa dei suoi genitori- disse, abbassando lo sguardo. -Ho incontrato sua madre, suo padre, e... Suo fratello-. Emise un sospiro nel nominare quell'ultima persona, perché sapeva bene quanto il suo ricordo facesse male a Jeff.
-Ed hai trovato di nuovo anche lui, no?- insistette il dottore, intrecciando le braccia sul petto con un atteggiamento sgarbato. -Poi che è successo?-.
-Ho perso il controllo, abbiamo vissuto insieme un ricordo che era quasi totalmente mio- rispose lei, senza staccare gli occhi dal pavimento. -La casa è andata a fuoco, ma poi... Siamo risuciti a ristabilire la calma, più o meno-.
Arden annuì debolmente. -Quindi... Perché adesso abbiamo perso ogni contatto con la mente del paziente? Sapresti rispondermi a questo?-.
Jane deglutì a vuoto; non poteva certo dire che Jeff sembrava non fidarsi di loro, e che forse per questo stava opponendo resistenza. Sospirò e finalmente sollevò lo sguardo. -Io non lo so, okay? Non so neanche come funzioni, quell'aggeggio-.
Natalie le regalò un piccolo sorrisetto d'intesa, come fosse soddisfatta del fatto che la mora stesse tenendo testa al dottore.
-Beh, dobbiamo riprovare subito a collegarti alla sua mente- riprese a dire Arden, avviandosi verso il corridoio. -Perché non so quali siano le sue condizioni adesso, ma potremmo aver già perso la nostra unica possibilità di svegliarlo-.

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