ρꪖ᥅ꪻꫀ 10 - Confidare
-Quindi io... Che cosa dovrei fare?- domandò Jane, facendo scorrere nervosamente il palmo della mano sulla guancia.
L'uomo in camice sorrise, e voltandosu indicò un preciso punto della stanza. -Lo vedi quello? È il mio gioiellino. Una macchina straordinaria, certo, ma ancora in fase sperimentale- ammise, alzando le spalle.
La mora spostò lo sguardo sull'oggetto in questione, con i nervi saldi e la fronte aggrottata. Si trattava di uno strano macchinario di dimensioni considerevoli, pieno di cavi attorcigliati con disattenzione ed una serie di elettrodi che pendevano a mezz'aria.
-Sarai la prima persona a sperimentare la sua funzionalità, dopo me e Natalie ovviamente. Non posso spiegarti come funziona perché non mi basterebbe una vita- ridacchiò, in un goffo tentativo di sciogliere la tensione. -Ma ti posso dire come procederemo-. Poggiò le natiche sulla piccola scrivania che si trovava alle sue spalle ed intrecciò le braccia sul petto. -Attraverso una serie di elettrodi mi sarà possibile connettere la tua mente a quella del paziente, e se avremo fortuna riuscirai a penetrarvi all'interno e trascinarlo via dal suo stato di incoscienza. In pratica potrai entrare letteralmente all'interno del suo sogno, se ne sta facendo uno. Questa è la spiegazione più semplice che posso offrirti- concluse.
Jane strinse le labbra. -Ok, ma se non ce la faccio? Insomma...- borbottò, abbassando lo sguardo. -Quali sono i rischi?-.
A seguito di quella domanda spinosa, il dottore si scambiò uno sguardo piuttosto preoccupato con Natalie, la quale roteò il suo unico occhio sano con disappunto. -Potresti rimanere intrappolata nella sua mente- intervenne la castana, con schiettezza. -Ma in realtà non sappiamo di preciso cosa può accadere. Il macchinario è in fase sperimentale, come ti abbiamo già spiegato-.
La mora taque per diversi secondi, con lo sguardo fisso sul pavimento lucente. Sembarava una missione suicida, un salto nel vuoto. Ma era davvero disposta a rischiare così tanto per Jeff?
A quella domanda, non era sicura di avere una risposta.
-Che tu debba correre dei rischi mi sembra ovvio, topolino- aggiunse imperterrita Natalie, come a volerla punzecchiare. -Ma devi tenere conto di due cose molto importanti. La prima: hai l'occasione unica ed irripetibile di prendere parte allo sviluppo di un'innovazione scientifica senza precedenti- spiegò, allargando un sorriso del tutto fuori luogo. -E la seconda, non meno importante: sei probabilmente l'unica persona al mondo che forse può salvare quel ragazzo-.
Le parole della donna rimbombarono nella mente di Jane come una musica assordante, carica di accuse e giudizi. Fu come se le avesse appena conficcato un coltello nel petto; nonostante le stesse chiaramente dando la possibilità di fare la sua scelta, la stava parallelamente costringendo ad accettare di sottoporsi a quella pratica tramite una chiara pressione emotiva.
Jane non seppe che cosa dire, rimase bloccata con il fiato sospeso ed i pugni stretti, mentre tornava a posare il suo sguardo sul corpo dormiente di Jeff. Disteso su quel letto, sembrava l'essere più innocuo e debole della terra.
Notando la sua titubanza, a quel punto fu il dottore a riprendere le redini del discorso. -Capisco che sia una scelta difficile, Jane, e per questo non voglio farti troppa pressione- disse, mentre recuperava una piccola pila di fogli che aveva precedentemente riposto sulla scrivania. -Questi sono i moduli che dovrai compilare qualora decidessi di aiutarci. Portali a casa e leggili con calma, potrai tornare domani a mente fresca per darci il tuo responso- spiegò con un sorriso tirato, mentre allungando le mani porgeva i fogli alla sua interlocutrice. -Non intendo nasconderti nessuno dei rischi che correrai, e delle complicazioni che potrebbero sorgere durante il processo; è scritto tutto qui, quindi leggi con attenzione prima di firmare-.
La mora afferrò la pila di fogli ed annuì debolmente. -Va bene... Lo farò- bisbigliò a bassa voce.
-Se vorrai farlo davvero preparati al peggio, Jane. Dio solo sa quali mostri possono annidarsi li dentro- aggiunse, indicando la testa di Jeff con una mano. -Prendi la tua decisione con coscenza ma fallo in fretta... Il macchinario indica che il paziente sta soffrendo molto-.
Senza rendersene conto, Jane strinse i fogli con troppa forza e finì per spiegazzarli. -E cosa succederà se... Dovessi decidere di non farlo?- mormorò.
Il medico strinse le labbra e sollevò le spalle. -Beh, continueremo a provare... Ma se non riusciremo a penetrare in quella mente in nessun modo, prima o poi dovremo staccare la spina-.
La ragazza deglutì a vuoto. -Intende... Ucciderlo?-.
-Non ucciderlo, lasciarlo morire- la corresse Natalie, con una breve risata carica di nervosismo. -Perché è questo che vuole, lui-.
Jane taque. Sapeva che la castana aveva ragione; dopotutto Jeff aveva tentato il suicidio e non era neanche la prima volta che portava a termine un atto di quel tipo. Lei aveva intravisto più volte il vuoto e il tremendo dolore oltre i pozzi neri dei suoi occhi, sapeva quanto l'esistenza di quel ragazzo era per lui pregna di dolore e rimorso.
Quindi sì, Jeff desiderava la morte.
Deglutì a vuoto ed ebbe la sensazione di stare per perdere l'equilibrio; forse salvarlo sarebbe stato un atto puramente egoistico, ammesso che ci sarebbe riuscita? Se lui desiderava spegnersi per sempre, impedirglielo sarebbe stato sbagliato?
Posò lo sguardo sul plico di fogli che adesso reggeva tra le mani, con la mente così confusa che le fu impossibile riuscire a dare un senso a quelle macchie d'inchiostro su sfondo bianco. -Va bene, datemi... Solo un po' di tempo- mormorò, con la voce che tremava. -Sarò... Di nuovo qui domattina- aggiunse.
Natalie le sorrise in modo strano dal fondo della stanza, intrecciando le braccia sul petto. -Okay topolino. Ti riaccompagno a casa, allora-.
-Non è necessario- ribattè prontamente la mora, alzando le mani. -Una passeggiata... Mi farà bene-.
Senza aggiungere nient'altro lanciò un ultimo breve sguardo a Jeff, prima di voltare le spalle ad entrambi i presenti ed affrettarsi a raggiungere la porta d'ingresso.
Le sue gambe tremavano così tanto che si stupì di riuscire a stare ancora in piedi; aveva bisogno di riflettere, e placare la tempesta di emozioni che la stavano assalendo.
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