ρꪖ᥅ꪻꫀ 1 - Respingere
"Dovrei buttarlo via una volta per tutte, questo maledetto computer ".
Seduta sul divano, con l'apparecchio portatile poggiato sulle coscie, Jane fissava già da diverse manciate di secondi la schermata bianca di caricamento, che illuminava i suoi occhi scuri riflettendovi una luce artificiale. Il computer portatile continuava a bloccarsi, impedendo il caricamento della pagina web. Frustrata, la ragazza chiuse il monitor su se stesso e sbuffò rumorosamente portando gli occhi al soffitto sopra alla sua testa.
Nonostante fossero passati già alcuni mesi, non aveva ancora fatto l'abitudine a tutto quello spazio. Aveva abbandonato il suo monolocale in centro per stabilirsi nella grande casa ove era cresciuta, nonché l'abitazione che era appartenuta in passato ai suoi genitori: aveva pensato che trasferirsi tra quelle mura sarebbe stato un grande passo avanti nella sua crescita personale, perché significava aver esorcizzato una volta per tutte l'oscuro passato che tanto l'aveva segnata ed aver trovato finalmente la forza necessaria ad affrontare il presente. Oltre al fatto che in questo modo non avrebbe più avuto l'affitto, tra le varie spese da affrontare a fine mese.
La casa era spaziosa, munita di molte stanze luminose ed una terrazza con vista sul giardino, che aveva scrupolosamente ripulito e curato con il passare dei giorni, rimuovendo le erbacce e posizionando dei fiori colorati nelle aiuole.
Ma era ormai troppo abituata a passare il suo tempo in spazi limitati per riuscire ad apprezzare davvero la libertà di movimento che aveva in quella villetta di periferia; a volte si sentiva addirittura soffocata, da tutto quello spazio.
Aveva dovuto lavorare sodo per riportare la casa al suo vecchio splendore, come si suol dire usando l'olio di gomito; la sfida più difficile, senza alcun dubbio, era stata quella di rimuovere ogni traccia di muffa dalle pareti. Aveva poi riempito quelle stanze vuote con i suoi averi, in modo tale da rendere lo spazio più confortevole e dargli un aspetto un po' più familiare; e seppur i primi giorni fossero stati davvero duri per lei, adesso riusciva a sentirsi quasi protetta da quel posto.
Riusciva quasi a sentirsi a casa.
Certo, conservava vividi più che mai i ricordi della terribile strage che vi avvenne anni prima, ma adesso riusciva a calpestare quelle stesse mattonelle restando concentrata solo sul presente.
Jane si alzò svogliatamente dal divano e si diresse ciondolando in cucina, dove silenziosa si preparò un toast. A seguito di ciò che era avvenuto ormai qualche mese addietro aveva dovuto ricostruire la sua esistenza daccapo per lasciarsi alle spalle, ancora una volta, tutto quel sangue e quel dolore. Aveva deciso di abbandonare i suoi studi all'università di criminologia essendo ormai del tutto cambiati i suoi scopi, ed aveva trovato lavoro in una modesta panetteria che si trovava ubicata una strada provinciale piuttosto vicina alla sua attuale abitazione; si era promessa che, se avesse trovato un corso di studi abbastanza interessante, avrebbe ripreso le lezioni pur avendo ormai buttato un intero anno; ma nel frattempo, si era detta che mettere da parte qualche soldo in più poteva essere un'ottima idea.
Lavorava solo al mattino, e poteva godere di una totale libertà ogni pomeriggio eccetto il venerdì, giorno in cui aveva il turno pieno.
Lentamente si mise a sedere al grande tavolo in cucina, che vantava di sei posti a sedere; decisamente troppo grande per una singola persona. Addentando distrattamente il suo toast si perse con lo sguardo oltre il vetro della finestra, ove il sole stava pian piano calando dietro ai profili delle altre case.
Nonostante avesse tentato con ogni sua forza di dimenticare le sue svenire, vi erano ancora delle domande senza risposta che la tormentavano di notte: continuava a chiedersi chi fosse stato ad inviarle quei messaggi il giorno del suicidio di Smiley. Aveva più volte tentato di richiamare quel numero ma risultava non più attivo, come se fosse stato creato solo per quello scopo e subito dopo eliminato.
Ragionandoci su aveva dedotto che forse poteva essersi trattato di Jason, ma non le era chiaro come avesse potuto farlo da dietro le sbarre di un carcere, e come avesse potuto ottenere il suo contatto. Pur impegando notti insonni a cercare una risposta, non era mai riuscita ad arrivare ad una spiegazione sensata.
Le capitava spesso anche di chiedersi che fine avesse fatto Jeff, dal momento che non aveva avuto più alcuna sua notizia da quel maledetto giorno. Più volte al telegiornale le forze dell'ordine avevano ripetuto di essere ancora sulle sue tracce, ma nessun indizio era stato trovato sulla sua possibile attuale posizione.
Scosse energicamente la testa, scostando una ciocca di capelli neri dalla fronte; tutto questo apparteneva a quel passato che desiderava cancellare, eppure pareva che la sua mente non fosse affatto intenzionata a darle tregua.
E quella era già la seconda volta, nel corso della sua vita, che si trovava nella condizione di dover dimenticare tutto e ricominciare da capo.
E anche questa volta le sembrava di non riuscirci affatto.
Ma sapeva il tempo avrebbe curato ogni sua ferita nella sua anima, comprese quelle più profonde; o almeno, così doveva andare.
Con la testa trascinata via dai pensieri ripose sgarbatamente il piatto nel lavello e lo bagnò con un po' d'acqua, per poi salire le scale e recarsi nella sua stanza; era costretta ad andare a letto molto presto, perché l'indomani il suo turno in panetteria sarebbe iniziato alle cinque del mattino.
Alzarsi così presto era davvero faticoso, ma la verità era che amava preparare il pane. Era in qualche modo un'attività rilassante, che l'aiutava immensamente nel suo tortuoso percorso per ritrovare se stessa, nonché la spensieratezza di una ragazza normale come tutte le altre.
Affondò la testa nel cuscino e volse lo sguardo al lampadario che pendeva dal soffito; ci era cresciuta, in quella stessa stanza. Era sempre stata la sua cameretta, quel posto magico dove da bambina si chiudeva a chiave per giocare con le bambole e non essere disturbata dai discorsi degli adulti.
Sospirò e chiuse gli occhi.
Quei ricordi che fino ad allora l'avevano corrosa nell'anima, adesso erano diventati una tiepida consolazione e qualche volta, nel silenzio più totale, le sembrava quasi di riuscire a sentire ancora la voce di mamma che la chiamava per la cena.
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