Labirinto

Una densa oscurità riempiva quel luogo dall'aria pesante, colma di un nauseabondo odore che si inflitrava beffardo nelle sue narici.
Camminava senza sosta da interi minuti, o forse ore.
Non era possibile avere concezione del tempo o dello spazio all'interno di quel labirinto senza porte ne finestre; poteva solo continuare a camminare finché le gambe non avrebbero ceduto sotto il suo stesso peso, respirando catrame e lottando contro il continuo istinto di piangere.
Nessun altro essere vivente pareva popolare quel luogo, ove soltanto le crepe creatosi nei muri di cemento permettevano di distinguere la differenza tra un corridoio e l'altro.
Ci si accorge di desiderare ardentemente la morte solo quando la vita stessa diventa il pericolo più grande e temuto, perché la fine di tutto assume una nuova forma.
Diventa speranza.
Diventa una meritata sosta.
Ma neanche questo gli era possibile fare, adesso; la morte in quel luogo dannato non era cosa contemplata.
E nessuno sarebbe mai giunto fino a lì, nessuno mai si sarebbe spinto così a fondo per salvarlo.
Quel tormento che sarebbe dovuto cessare giorni addietro, adesso pareva essere diventato eterno.

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