ρꪖ᥅ꪻꫀ 44 - Sorreggersi

La vita di Jeff era come un filo sospeso nel vuoto, che lui a stento riusciva a percorrere a piedi nudi mantenendo l'equilibrio. Ad ogni passo rischiava di cadere giù, da una parte o dall'altra, ed ogni sua esperienza di vita risultava estrema, imprevedibile, e pericolosa.
Decisioni drastiche ed irreversibili, azioni irresponsabili, esperienze fortemente traumatizzanti avevano composto pezzo dopo pezzo la psiche deviata che lo caratterizzava ormai da tempo; e spesso pareva che i suoi demoni interiori potessero comandarlo a bacchetta, come fosse un pupazzo nelle mani di un sadico vetriloquo.
Ma sotto a quella spessa corazza che lo difendeva dal mondo esterno come una fortezza impenetrabile vi era un cuore pulsante come quello di ogni essere umano, e Jane era sicura di sapere quando e come potervi accedere.
-A questo punto, Jeff, credo proprio che potrei perdonarti qualsiasi cosa- mormorò, con un amaro sorriso sulla bocca. E non avrebbe potuto dire niente di più vero, perché dopo averlo visto sterminare la sua famiglia e distruggere la sua vita con la facilità con cui si butta giù una piramide di carte, era immobile seduta su quel divano a lasciarsi cullare da quel caldo quanto triste abbraccio: stretta tra le mani del suo carnefice.
Eppure ne era certa, non avrebbe voluto trovarsi in nessun altro posto al mondo.
-Qualunque cosa...- ripeté, lasciandosi scappare un sorriso appena percettibile.
Jeff restò in silenzio per molti secondi, mentre con gli occhi chiusi si riempiva il naso del suo odore; non sapeva se l'avrebbe potuto sentire più, quel profumo. E replicarlo sarebbe stato impossibile, quello era il profumo di Jane. Il suo, e suo soltanto.
-Ora capisci cosa intendevo- le disse, senza muovere un muscolo. Aveva ormai recuperato la calma, il totale controllo della sua mente; e per quanto potesse apprezzare il fatto di sentirsi nuovamente lucido, detestava quella condizione di quasi normalità che gli impediva di anestetizzare le emozioni che non voleva sentire.
Jane sollevò lentamente la testa dal suo petto, per guardarlo dritto in faccia. -Cosa..?- mormorò con una smorfia di dolore, causata dalla contusione subita poco prima alla nuca.
-Ti sei lasciata abbindolare- rispose il killer, guardandola dritta negli occhi. -Mi stai dando una fiducia che non merito, ancora una volta. E questo, lo sai, finirà per ucciderti-.
Jane scosse lievemente la testa, senza interrompere il contatto visivo.
-O meglio- si corresse lui. -Io.. Finirò per ucciderti-.
L'espressione sul suo volto era molto diversa da quella che vi era dipinta poco prima. Jeff sembrava estremamente turbato, corroso da un dolore interiore che avrebbe potuto chiamare in molti modi. Tristezza, senso di colpa, paura, rimorso. Ma non era mai stato bravo a capire se stesso e ciò che provava, così come non lo era mai stato nessun altro che avesse incontrato eccetto lei.
E forse fu proprio per questo che Jane, senza alcuna esitazione e senza dire una singola parola, avvicinò a lui il suo volto e posò lo sguardo sulle sue labbra, strette in un ghigno. Fu un gesto quasi automatico per lei posarvi sopra le sue, con una delicatezza tale da sentire a malapena il contatto.
Jeff restò ancora immobile, non tentò di allontanarla in alcun modo ma si limitò a stringere i pugni, tentando di scacciar via il desiderio di indietreggiare: nessuno mai aveva dimostrato nei suoi confronti un tale affetto, nessuno mai era riuscito a penetrare la sua corazza fino a quel punto.
Jane adagiò le proprie labbra sulle sue trattenendo il fiato, con le palpebre socchiuse. Non era sicura di come avrebbe reagito, ma quella era una cosa di cui mai si sarebbe potuta pentire.
Fu un bacio estremamente breve, che la ragazza interruppe bruscamente allontanando la testa e riaprendo gli occhi. -Probabilmente questo è... Sbagliato- disse, emettendo un sospiro. -Ma io... Non voglio che te ne vada-.
Udendo quelle parole Jeff sentì il cuore mancare un battito, e neanche si rese conto che una minuscola lacrima stava solcando la sua guancia sfregiata. Neanche lui desiderava andarsene via, chissà che cosa avrebbe dato per poterle restare accanto, per poter sentirsi ancora protetto da quelle mura, per poter vivere anche solo un giorno in più quella vita che era per lui così estremamente e straordinariamente normale.
Ma se anche avesse mai pensato di poter diventare una persona come tutte le altre, la realtà delle cose gli era stata sbattuta nuovamente in faccia con una ferocia disumana. L'unica cosa certa era che fosse un pericolo per se stesso e per chiunque gli stesse attorno; e soprattutto, la sua presenza era estremamente pericolosa per Jane.
Non avendo possibilità di controllare i suoi impulsi nei momenti in cui la parte malata della sua personalità veniva a galla, non avrebbe mai potuto garantire la sua incolumità; e la cosa più importante per lui adesso era assicurarsi che lei fosse al sicuro dalla bestia che si portava dentro.
-Non rendere tutto così complicato, Jane- mormorò, allontanandosi da lei con i palmi premuti sulla tela del divano. -Andarmene è la cosa più sensata che io possa fare adesso-.
La mora strinse le mandibole, ed istintivamente afferrò una mano del ragazzo, come volesse assicurarsi che non balzasse in piedi da un momento all'altro e fuggisse via.
-Ti ho lasciato distruggere tutto quello che avevo più e più volte, Jeff- gli disse, con la voce che tremava. -Ed ogni volta ho rimesso a posto i pezzi, in qualche modo. Ma sento che... Se te ne vai adesso, non potrò farlo ancora-. Abbassò lo sguardo e strinse la sua mano, così forte da fargli male. -Non potrò rimettere a posto nessun pezzo, questa volta. Perché ho bisogno di te-.
Il killer la guardò in silenzio, e si chiese che cosa fosse l'emozione che stava provando. Fu qualcosa di travolgente che per un attimo gli suggerì di non fermarsi ulteriormente a pensare, ma di alzarsi in piedi ed andarsene via; ma poi posò gli occhi in quelli di lei, e li fece scorrere sulla pelle arrossata del suo volto, sul ghigno di dolore che decorava il suo viso. Era stato così vicino al prendersi la sua vita ancora una volta; ed ancora una volta non l'aveva fatto.
C'era forse qualcosa che, per caso o per qualche ragione specifica, gli aveva impedito di ucciderla fino ad ora?
Voltò distrattamente lo sguardo nel momento in cui sentì la testa di Dado poggiarsi sulle sue ginocchia, ed in quel momento capì che forse un posto in quel mondo malato c'era anche per lui.
-Se resto... Non so cosa potrà succedere- mormorò, con un filo di voce.
Jane sorrise, mentre faceva una carezza sulla testa del cane. -Succederà che le cose andranno meglio, prima o poi- rispose. -Pensa a com'eri la prima volta che ti ho incontrato, all'università-.
Il killer deglutì a vuoto.
-Sei cambiato tanto, da allora. E sono sicura che puoi fare anche di meglio- continuò lei, soffocando a stento le fitte di dolore. -Se tuo fratello fosse qui... Se Liu fosse qui, ti chiederebbe di restare. Sono sicura che neanche lui vorrebbe vederti andare via-.
Le guance di Jeff si bagnarono, senza che lui se ne fosse reso conto.
-Devi smettere di fuggire, ti prego- concluse Jane.
Il killer fece roteare il polso e strinse a sua volta la mano della ragazza, scosso da un susseguirsi di brividi.
Forse aveva finalmente trovato una luce, alla fine di quel tunnel.

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