ρꪖ᥅ꪻꫀ 22 - Ritrovarsi
Quando il dolore non fu più sopportabile, Jane chiuse gli occhi ed ogni cosa attorno a lei fu inghiottita da un' informe massa nera, nella quale si trovò sospesa a mezz'aria.
Non riuscì più a vedere niente, ed iniziò a tastare il proprio corpo cercando di capire se le fiamme lo avessero realmente dilaniato; ma lo scoprì intatto. La pelle delle braccia era liscia come al solito, perfettamente integra; la parrucca sulla sua testa era ancora al suo posto, come lo era sempre stata.
Anche il dolore in quel momento era del tutto cessato, e l'ambiente attorno a lei era caratterizzato da una totale assenza di suono. Era come se si trovasse persa nel buio dell'universo, circondata da nient'altro che l'infinità stessa.
Sbattè le palebre più volte, finché lo spazio non ebbe riacquisito progressivamente la sua forma, man mano che la sua mente elaborava un nuovo ambiente. Si ritrovò al centro di una stanza, una in cui era già stata una volta: quella vecchia e fatiscente cucina, che molto probabilmente apparteneva alla casa ove Jeff era cresciuto. Ne riconobbe immediatamente i dettagli, non appena posò lo sguardo sul lavello di marmo pieno di piatti sporchi e su quella parete che lo sovrastava, carica di crepe e macchie di umidità.
La ragazza emise un profondo sospiro, estremamente grata che quel caos infernale fosse giunto alla fine, e poco dopo realizzò che Jeff era ancora con lei. In piedi accanto al tavolo da pranzo, con entrambe le mani affondate nella tasca della sua felpa bianca e gli occhi puntati su quella finestra che non permetteva di vedere nulla all'esterno, se non un profondo e triste buio; stava evitando il suo sguardo, fissando quel vetro sporco.
Jane riprese fiato, guardando le proprie mani tremanti, ancora incredula di essere rimasta illesa considerato ciò che le era accaduto poco prima; si sentiva confusa, e adesso che aveva recuperato la calma, anche un po' arrabbiata.
-Mi hai... Gettata tra le fiamme- esordì, con un tono chiaramente accusatorio.
Ma lui, come non avesse neanche udito le sue parole, continuò a fissare il medesimo punto, completamente immobile.
-È stato...-. Si interruppe. Aveva un nodo in gola, e le mancava il fiato ogni qual volta ripensava alla sensazione che aveva provato mentre sentiva il suo corpo bruciare; quell'orribile esperienza aveva risvegliato in lei il peggior ricordo della sua vita. L'adrenalina ancora le mozzava il fiato, e non riusciva più a smettere di tremare.
-..Perché l'hai fatto, Jeff?- concluse, cercando di scrollarsi di dosso i brividi che quei ricordi facevano correre lungo la sua schiena.
Questa volta il killer volse il capo in sua direzione; l'espressione sul suo viso, celata parzialmente dalle folte ciocche dei suoi capelli color pece, era così fredda e priva di emozione da sembrare quella di un corpo inanimato. La guardò in silenzio per una breve manciata di secondi, poi fece una smorfia. -Chi sono quelle persone?- chiese, con una tranquillità disarmante. -Chi mi sta tenendo in vita?-.
La ragazza rimase interdetta, e le parole restarono bloccate nella sua gola.
-Adesso tu vai via da qui, Jane- continuò a dire lui, appoggiandosi al bordo del tavolo ed intrecciando le braccia sul petto. -E stacchi quella cazzo di spina-.
-Io...- farfugliò lei, deglutendo a vuoto. -Io sto cercando di...-. Si interruppe, ed abbassò lo sguardo stringendo entrambi i pugni con tutta la forza che aveva in corpo. -Sto cercando di aiutarti. Ma tu... Che cosa stai cercando di fare, tu?- ghignò, espirando aria dal naso. -Ti comunico che non puoi uccidermi, qui dentro-.
L'espressione sul volto del killer si fece d'un tratto confusa, poi profondamente delusa. La osservò senza dire niente, con le labbra strette; poi, tornando a fissare la finestra, le rispose.
-Credi che volessi ucciderti?- domandò, con un filo di voce. -Non ho tentato di farlo, ho solo fatto in modo di tirarti fuori dai guai-. Il suo sguardo si perse nell'oscurità oltre quel vetro, quasi come se lui riuscisse a vederci qualcosa; sfilò via le mani dalle tasche e si sgranchì le spalle fingendosi disinvolto. -Perchè sei qui, Jane? Se non ti fidi di me, perché sei qui?-.
Jane scosse la testa, sorpresa ed irritata allo stesso tempo. -Sto rischiando tutto per te- rispose, senza rendersi conto che stava balbettando. -Perché non voglio che tu... Muoia-.
-Se vuoi farmi davvero un favore..- ribattè il killer, guardandola dritta negli occhi. -Stacca quella cazzo di spina e torna alla tua vita-. La sua voce era fredda, distaccata, quasi inumana; ma ben nascosti dietro a quelle dure parole vi erano dei sentimenti che presto o tardi sarebbero traboccati fuori dal vaso.
Jane scosse nuovamente la testa, con più decisione. -Non puoi chiedermi questo, non voglio farlo- disse, con un filo di voce.
In quell'esatto momento, la porta che dal corridoio conduceva alla cucina si aprì, e nella stanza entrò la donna che Jane aveva incontrato durante la sua prima immersione nella mente di Jeff; indossava esattamente la stessa vestaglia, ma aveva raccolto i capelli in una coda di cavallo. Ignorando del tutto la presenza della ragazza, si avvicinò al killer e si fermò proprio affianco a lui, ispezionandolo dalla testa ai piedi come cercasse qualcosa. Ma Jeff la ignorò completamente, continuando a volgere il suo sguardo a Jane come se quella donna di fianco a lui neanche potesse vederla; ma sembrava fortemente turbato, da quella presenza.
-Ti tirerò fuori da qui- mormorò Jane, tentando forse di rassicurarlo.
Ma ecco che fu la strana donna, questa volta, a parlare; e si rivolse direttamente a Jeff, con una tale cattiveria da farle raggelare il sangue. -Sei il mio fallimento più grande, Jeffrey, lo sai?- gli gridò in faccia, puntando più volte l'indice contro al suo petto. -Devo fare tutto io, come sempre- ghignò. -Ma adesso le cose cambieranno... Adesso tu vai da lui, e fai una volta per tutte quello che ti ho chiesto. Altrimenti ti giuro che ti ammazzerò con le mie stesse mani, hai capito?!-.
Jane continuò a ricambiare lo sguardo di Jeff, che sembrava non voler assolutamente rivolgerlo a quella donna nonostante lei stesse urlando come una pazza a pochi centimentri dal suo volto. Accennò un sorriso a malapena visibile, e strinse le spalle.
-Trovarmi intrappolato qui è la cosa più terribile che mi potesse mai accadere, Jane- le disse, con un filo di voce. -Ti prego, voglio soltanto morire. Lasciami andare-.
La ragazza sentì una voragine aprirsi nel suo petto. Sapeva quanto lui fosse sincero in quel momento, lo comprendeva dai suoi occhi, dal tono disperato della sua voce.
Stava per dire qualcosa, ma le grida della donna le impedirono di farlo. La vide afferrare Jeff per una spalla e sbatterlo contro alla parete, con una forza decisamente impossibile per una donna della sua stazza, per poi mollargli un sonoro ceffone sulla guancia.
-Cos'hai fatto a tuo fratello, bastardo?!- urlò a squarciagola, per poi colpirlo ancora. -Cos'hai fatto?! Io non ho cresciuto il mostro infame che sei diventato!-.
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