ℙ𝕒𝕣𝕥𝕖 3 - Crudele
Giocherellando con le dita per nel tentativo di apparire meno nervosa di quanto non fosse Jane si fermò dinnanzi al docente, che le indicò la scrivania posta dietro alla sua schiena; sulla superficie laccata vi erano disposte dieci cartelle bianche.
-Bene, ti vedo un po' agitata Jane- commentò. -Quindi facciamo un piccolo strappo alla regola, dai un'occhiata veloce a queste schede e scegline una. Quella che preferisci-.
La ragazza fece un piccolo cenno con il capo, avvicinandosi alla scrivania.
-Dovrei assegnartela io, ma ho pensato che...-.
-La ringrazio- mormorò lei, iniziando a ispezionare i documenti in modo estremamente rapido, notando che sulla copertina non erano presenti i nomi dei criminali ma soltanto il codice numerico a loro assegnato dal penitenziario. Le fu sufficiente sfogliare solo la prima pagina per reperire le informazioni di cui aveva bisogno poiché, nelle primissime righe, erano state impresse le caratteristiche primarie di ogni soggetto ed anche i principali crimini da lui commessi, qualora fossero stati più di uno.
"248829 - Parricida, ha ucciso il padre per accedere all'eredità".
"673825 - Accusato di pedofilia e violenza domestica".
Jane fece scorrere rapidamente altre cartelle davanti a sé.
"368991 - Triplice omicidio e vilipendio di cadavere. Praticava l'imbalsamazione delle vittime".
Fece una smorfia di disgusto, allontanando il documento per poi afferrarne un altro.
-Ok dai, prendi questo- la interruppe subito dopo il docente, indicando una tra le cartellette che non aveva ancora visionato. -Non posso concederti più tempo di così. La cella è quella la in fondo-. Nel pronunciare quelle parole le indicò il banco sul quale avrebbe dovuto sistemarsi per avviare il suo interrogatorio.
Jane afferrò il documento ed eseguí ciò che le era stato chiesto, seppur con una certa titubanza; avrebbe voluto avere più tempo, per assicurarsi di non ritrovarsi davanti un individuo che non sarebbe riuscita a gestire.
Fece un respiro profondo.
Si sentiva addosso gli occhi di tutti quanti e l'ansia da prestazione aveva iniziato a scavare una voragine nel suo stomaco. L'intera università conosceva molto bene la storia della famiglia Arkensaw, ciò che anni addietro lei aveva dovuto passare era diventato con il tempo una specie di gossip che girava tra i banchi ancor meglio dell'erba; trovarsi dinnanzi a un detenuto accusato di crimini di quel tipo, non poteva far altro che riportare indietro la sua memoria al maledetto giorno in cui tutto accadde. Il giorno in cui i suoi genitori furono uccisi in modo atroce e la loro casa data alle fiamme; lei stessa aveva quasi perso la vita quel giorno, sopravvisse per miracolo, ma le ustioni riportate le causarono danni permanenti non solo nel fisico ma anche nella mente.
I suoi ricordi di quell'evento erano tuttora molto frammentati a causa del trauma subito, tanto che fin dal primo risveglio in ospedale non era stata in grado di fornire una descrizione del suo assalitore; ancora oggi non riusciva a ricordare quasi niente di lui, poiché la sua mente aveva rimosso completamente ogni ricordo legato al suo aspetto.
Per quanto ne sapeva, quindi, il mostro che le aveva distrutto la vita poteva trovarsi ovunque in quel momento e anche trovandoselo davanti non sarebbe stata in grado di riconoscerlo.
Deglutí a vuoto, sistemandosi a sedere e riponendo i documenti davanti a sé.
"268920 - Medico in neurologia, ha causato volontariamente il decesso di circa 25 pazienti attraverso pratiche mediche sperimentali".
Lentamente la ragazza sollevò il viso sulla gabbia di metallo posta davanti a lei, dove un uomo sulla trentina se ne stava seduto comodamente su una piccola sedia di legno, con le ginocchia premute contro alle sbarre ed entrambe le braccia bloccate sullo schienale con l'ausilio di un paio di manette. Il particolare individuo la stava osservando in silenzio, con un ghigno sul viso appena percettibile come se fosse sinceramente divertito dalla situazione ma non volesse renderlo troppo palese.
Senza lasciarsi scoraggiare Jane aprí il plico di fogli e scrutò brevemente le informazioni in suo possesso.
"Soprannominato Doctor Smiley, il soggetto presenta tratti di personalità narcisista e vanta considerevoli conoscenze in ambito medico in generale, pur essendo ufficialmente specializzato solo in neurologia. Ha avuto una carriera di grande successo per alcuni anni, finché non sono stati sollevati i primi sospetti sulla sua condotta".
Fece scorrere lo sguardo tra le righe molto rapidamente, tralasciando le informazioni che reputava essere meno importanti.
"Tra i crimini segnalati: iniezioni letali non autorizzate in ambiente ospedaliero, interventi chirurgici eseguiti clandestinamente per denaro, esecuzione di pratiche mediche non autorizzate in ambito psichiatrico tra cui terapia elettroconvulsionante (elettroshock)".
-Ti affascina il muo curriculum?- esclamò il detenuto, che adesso aveva allargato le labbra in un sadico sorrisetto che la disgustò.
Jane ricambiò il suo sguardo. -Affatto- sbuffò.
"Crimine oggetto dell'interrogatorio: decesso di giovane paziente in ambiente ospedaliero, avvenuto alle prese 16:34 del 6 Giugno. Completare la seguente sezione inserendo le informazioni richieste".
La giovane studentessa rivolse ancora il suo sguardo insicuro al criminale sforzandosi di mantenere un atteggiamento pacato e professionale, anche perché il docente la stava osservando attentamente a pochi metri di distanza. Non poteva permettersi di fallire.
-Doctor Smiley, oggi sono qui per ricostruire la dinamica dell'omicidio avvenuto il 6 Giugno dello scorso anno, ai danni di un ragazzino di 12 anni, tale Jake Thomson- iniziò a dire.
L'uomo si ricompose per un secondo, tornando a sghignazzare sotto i baffi subito dopo. -Di interrogatori pessimi ne ho ricevuti, ma questo ragazza mia...- inveì. -Credo dovresti rilassarti un po', tanto per cominciare-.
-Silenzio!- gridò l'agente di polizia posto di guardia, sbattendo il manganello contro alle sbarre della cella.
Un brivido di freddo percorse la schiena di Jane, che tentò di ricomporsi schiarendosi la voce. -Puoi parlarmi di come hai causato quel decesso?- domandò.
Ma l'ex dottore, visibilmente divertito dalla situazione, non sembrava affatto voler collaborare. -E tu vuoi dirmi perché sei qui? Con quel bel faccino avresti potuto scegl...-.
-Silenzio, ho detto!- intervenne ancora la guardia. -Limitati a rispondere alle domande-.
L'uomo iniziò a dondolare le ginocchia, piegando lievemente la testa di lato. -In un'occasione diversa potremmo divertirci molto, io e te-.
Quell'ultima frase fece spazientire il poliziotto, che aprí la cella quanto bastava a colpirlo sul volto con una violenza terrificante. -Chiudi quella bocca, cane bastardo!- gli gridò, per poi impugnare il taser ed appoggiarlo sul suo collo, pronto ad azionarlo.
Jane si irrigidì, stringendo in silenzio la cartella che aveva in mano; non si aspettava una reazione tanto violenta, non ne vedeva la necessità.
-Ok, ehm...- balbettò, cercando di recuperare il controllo della situazione. Si accorse che a quel punto l'agente di polizia la stava osservando in attesa che riprendesse il suo interrogatorio, e così si sforzò di ingoiare l'angoscia che la stava soffocando.
-In quale modo... Con quale metodo hai...- mugolò, rendendosi conto che stava facendo fatica a far uscire le parole dalla sua bocca.
E l'ex medico, spavaldo, se ne accorse subito. Puntò i gomiti sulle ginocchia e la guardò dritta un faccia, con lo stesso sorrisetto malizioso che aveva mantenuto per tutto il tempo. -Staccare la spina, iniettare sostanze tossiche in endovena, causare arresti cardiaci... Soltanto a pensarci mi viene duro anche adesso- esclamò, con insano divertimento. -Ecco la tua risposta-.
Jane emise un sospiro tremante, richiudendo rapidamente la cartella bianca tra le mani. -Chiedo scusa- disse poi, rivolgendosi al professore che le si era avvicinato. -Non credo di farcela, non con lui-.
Il docente annuì, dimostrandosi molto più comprensivo di quanto avrebbe immaginato. -Puoi riprovare con il detenuto della cella accanto, se preferisci. Altrimenti, temo che dovrò considerare il test pratico non superato-.
La ragazza restò dapprima in silenzio, osservando come l'uomo in divisa si apprestava a richiudere la cella di Doctor Smiley non prima di averlo afferrato per i capelli, strattonandolo con disprezzo.
Non era più sicura di farcela, ma non aveva intenzione di mollare in quel modo.
-Ok...- si limitò a dire. -Vorrei riprovare, se me lo concede-.
Il docente annuì. -Spostati nel banco qui affianco, allora-.
Jane obbedí, senza più osare rivolgere un solo sguardo al detenuto lì davanti, certa che adesso sul suo volto fosse dipinto un sorriso estremamente soddisfatto. Si alzò in piedi e si spostò nella nuova postazione, ove trovo riposta la relativa cartella bianca da sfogliare.
Si accorse tuttavia che la situazione non sembrava essere migliorata granché, non appena posò gli occhi sui nuovi documenti a sua disposizione.
"088356 - Pluriomicida, ha assassinato la sua famiglia in giovane età, per poi collezionare un numero tutt'oggi ancora non definito di vittime".
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