ℙ𝕒𝕣𝕥𝕖 16 - Fragile
Il cimitero locale si presentava di dimensioni piuttosto modeste, eretto sul dorso di una piccola collina alle porte della città. Uno spazio aperto circondato da vecchie mura di mattoni ricoperte di muschio ospitava un numero imprecisato di lapidi, la maggior parte delle quali pulite e curate in modo meticoloso dai parenti dei defunti.
Stava per giungere il tramonto quando Jeff si incamminò frettoloso tra lunghe file di tombe silenziose, con il cappuccio calato sulla testa in modo da celare la sua identità; come il giorno prima si era recato sul posto a quella tarda ora proprio per limitare le possibilità di incontrare qualcuno, poiché prendere tutte le precauzioni possibili era l'unica cosa che separava il suo culo dalla prigione.
E di certo, dietro alle sbarre, non intendeva tornarci.
Passando tra due piccoli monumenti che ospitavano al loro interno quelle che furono delle famiglie facoltose, il killer seguì il percorso mentale che si era prefissato raggiungendo la sua meta in fretta, evitando accuratamente di attraversare i vialetti principali; poi, dopo essersi guardato intorno un paio di volte, posò uno sguardo malinconico sulla lapide di marmo che ora si trovava ai suoi piedi.
Liuberth Woods
Lentamente Jeff si chinò a terra poggiando le ginocchia sulle erbacce che erano cresciute nel corso del tempo sulla tomba del fratello; un fitto ramo di edera si era arrampicato sulla lastra di marmo, offuscando parzialmente la data di morte che vi era incisa.
Nessuno si era mai preso cura di quel giaciglio di morte fin da quando era stato posizionato nel cimitero. Mai una singola volta era stato pulito, mai nessuno vi aveva portato fiori freschi.
Il killer emise un sospiro tremante e chiuse gli occhi, poggiando il palmo della mano sulla gelida lapide come se potesse sentirci ancora del calore umano; e sentì le sue budella annodarsi, per il dolore che stava provando in quel momento. Liu era stato un'ancora di salvezza per lui, una piccola roccia che sembrava non venir mai spostata dall vento della vita. Era un ragazzo estremamente intelligente, capace, leale.
Ma lui lo aveva privato della sua vita nel peggiore dei modi.
Strappò via con le mani un po' di erbacce e si mise a sedere ai piedi della lapide, avvolgendo le mani attorno alle ginocchia per proteggersi dal freddo; il cimitero a quell'ora era senza dubbio il luogo più silenzioso della città.
-Mi dispiace tanto, fratello-.
Una folata di vento fece rotolare a terra alcune foglie secche, ma non si voltò a guardarle; la sua mente adesso era un cumulo di ricordi sconnessi tra loro che comparivano e scomparivano come se volessero farlo impazzire, residui del suo passato che non volevano proprio saperne di lasciarlo in pace.
Poi, ad un tratto, Jeff percepì un rumore che lo indusse a voltarsi di scatto; ispezionò l'ambiente attorno a lui con una certa fatica a causa della scarsa luminosità ambientale, ma poco dopo riuscì a identificare la figura di una persona che si stava avvicinando, passeggiando con disinvoltura tra le lapidi.
-Questa è quella che si chiama una certezza matematica-. Jeff riconobbe istantaneamente la voce di Doctor Smiley, ma nonostante questo balzò in piedi mettendosi sulla difensiva.
-Ero certo che ti avrei trovato qui- aggiunse il dottore.
L'altro scosse la testa, sfiorando con le dita l'impugnatura del coltello che nascondeva in tasca. -Che cosa vuoi?- domandò, con freddezza. Non aveva alcuna intenzione di intraprendere una conversazione con lui e non esitava a renderlo palese.
Smiley assunse un'espressione divertita, ridacchiando in modo provocatorio. -Le buone maniere non sono il tuo forte, uh? Speravo mi avresti almeno salutato Jeff, e che cazzo-.
E l'altro, che di voglia di scherzare ne aveva poca, gli si avvicinò minaccioso assestando uno spintone sul suo petto. -Dimmi cosa vuoi e sparisci. Non sfidare la mia pazienza-.
L'ex dottore fece un passo indietro e sistemò con cura il colletto della sua camicia, poi l'espressione sul suo viso si fece improvvisamente più seria. -La polizia ci sta alle calcagna, non dovresti andartene a spasso così- esclamò, avvolgendo le braccia sul petto. -Stanno muovendo intere squadre per trovarci-.
Il moro strinse le spalle, iniziando a rilassare i nervi. Per quanto disprezzasse la sua compagnia, non sembrava avere alcuna intenzione negativa nei suoi confronti. -So quello che faccio, Smiley-.
-Lo so, in realtà non ti ho cercato per questo- rivelò l'altro, poggiando una mano sulla sua spalla con cautela, forse temendo una reazione violenta. -Ho bisogno del tuo aiuto-.
Ancor prima che potesse aggiungere altro Jeff scosse energicamente la testa e indietreggiò, fino ad appoggiarsi contro alla lapide del defunto fratello. -Non se ne parla, no- rispose.
-Andiamo, non mi lasci neanche parlare?- ribatté il dottore, aprendo le braccia in un gesto incredulo. -Non ti ho ancora detto di cos...-.
-Stammi a sentire- lo interruppe il killer, evidentemente innervosito da quella situazione. -È un miracolo che il tuo piano del cazzo abbia funzionato, ma in qualche modo adesso sono fuori e non ho intenzione di giocarmi la mia libertà per aiutare te, a prescindere da ciò che vuoi chiedermi-.
Un'espressione di disappunto comparve sul volto dell'ex dottore, che ora rivolgeva uno sguardo pensieroso al cielo laddove il calar del sole lo stava tingendo d'arancio; per quanto avesse sperato in una risposta positiva, sapeva che che l'altro aveva ragione. Tacque per una lunga manciata di secondi, iniziando a camminare avanti e indietro tra le lapidi, poi si fermò di colpo e tornò a direzionare il suo sguardo al moro. -Un attimo, e di Jane che ne è stato?- domandò.
Jeff aggrottò la fronte, rivolgendogli uno sguardo interrogativo. -Uh?-.
-Andiamo, Jane, la ragazza che hai...-.
-Ho capito di chi parli- lo interruppe. -Ma non capisco cosa mi stai domandando-.
Smiley si guardò intorno come per verificare che non vi fosse nessuno, nonostante il fatto che l'oscurità stesse ormai rendendo quasi impossibile distinguere le sagome delle tombe da tutto il resto. -L'hai uccisa?- domandò poi, con una disumana rilassatezza.
Il ragazzo scoppiò in una breve risata carica di nervosismo, affondando entrambe le mani nella tasca della sua felpa. -Perchè me lo chiedi?- ghignò.
-Perché avrò bisogno anche di lei- rispose Smiley, con un pesante sospiro. -Ma temevo che l'avessi fatta fuori durante la tua fuga- aggiunse.
Il killer staccò la schiena dalla lapide e tornò a scuotere il capo, sempre più disturbato da quella presenza poco gradita. -Non se ne parla, non ho alcuna intenzione di prendere parte a questa stronzata, di qualunque cosa si tratti- esclamò, alzando il tono della voce quasi senza rendersene conto. -A maggior ragione se ha a che fare con quella ragazza-.
-Sei pentito di non averla uccisa, oppure hai paura che potresti farlo adesso?-.
Nell'udire quella domanda Jeff si sentì svuotato; la verità è che non l'aveva, una risposta. Non avrebbe saputo spiegare neanche a se stesso per quale motivo avesse deciso di lasciarla andare, ma di una cosa era certo: avrebbe preferito non doverla rivedere mai più.
-Ci vediamo, Smiley- mormorò, mentre si voltava di spalle incamminandosi a passo lento verso l'uscita più vicina; ma sentì un brivido attraversare il suo corpo e sapeva che non aveva niente a che fare con il freddo. Il tremore che scosse il suo corpo fu, al contrario, una risposta emotiva.
Doctor Smiley lo osservò allontanarsi in silenzio per una manciata di secondi, forse valutando di lasciarlo andare; ma non aveva intenzione di arrendersi così facilmente.
-Devo rimediare a un errore, Jeff. Un terribile errore che ho commesso- esclamò.
Il killer rallentò il passo fino a fermarsi, ma non si voltò indietro.
-Devo aiutare una persona importante, a cui ho rovinato la vita tanto tempo fa. Si trova nel carcere adesso- continuò l'ex dottore. -E se non facciamo qualcosa, le guardie lo massacreranno cercando indizi sulla nostra posizione attuale-.
Jeff si voltò indietro, finalmente propenso ad ascoltarlo per davvero. -Di chi stai parlando?-.
-Ticci Toby- rispose prontamente l'altro. -Il ragazzetto che hai menato nelle docce. È importante Jeff, devo tirarlo fuori da lì-.
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