ℙ𝕒𝕣𝕥𝕖 10 - Imprevedibile
I raggi del sole trapassavano a fatica la coltre di nubi che offuscava il cielo, seppur quel giorno le previsioni indicassero che non avrebbe piovuto; le strade erano piene di gente, la maggior parte dei negozi erano già addobbati a festa nonostante fosse ancora Novembre.
Jane non amava particolarmente il chiasso, preferiva di gran lunga passeggiare in periferia evitando le strade troppo affollate. Ma quel giorno, per un motivo che coscientemente non riusciva a spiegarsi appieno, aveva deciso che avrebbe preso parte alla mostra che si sarebbe tenuta nella piazza centrale. Non sapeva se Jeff the Killer fosse uno dei detenuti che sarebbero stati "esposti", ma lo riteneva piuttosto probabile e non solo perché era ritenuto uno tra i più violenti e pericolosi: anche lui era cresciuto in quella città, ed era abbastanza sicura che per questo sarebbe stato scelto.
Non che avesse un reale desiderio di avere di nuovo a che fare con lui: le veniva la nausea solo a pensarci. Ma sapeva anche che non avrebbe potuto avere un reale contatto neanche volendo, poiché la piazza si era già riempita di persone e di certo a nessuna di queste sarebbe stato concesso avvicinarsi al palco che avevano appositamente montato sul fondo, proprio davanti al palazzo comunale.
Non si chiese per quale motivo sentisse la necessità di partecipare a quella discutibile messa in scena, sapeva di volerlo fare e basta; dopotutto, considerato il suo stato d'animo negli ultimi tempi non sarebbe potuta andare peggio di così. Al contrario, sperava che rivedere quel mostro in manette davanti alla folla l'avrebbe aiutata ad elaborare quanto accaduto giorni addietro e, con un po' di fortuna, anche ad andare oltre.
Entrò in un bar per bere un caffè, mentre il sindaco aveva già iniziato il suo discorso. Non aveva alcun interesse ad ascoltarlo, dopotutto.
Sorseggiò la bevanda lentamente standosene appoggiata al bancone e doveva avere una faccia piuttosto amareggiata, perché sorprese più volte il proprietario guardarla con preoccupazione; poi, dopo aver lasciato delle monete sul piattino, tornò all'estero e vide che la folla che si era accalcata nel centro della piazza si stava lentamente spostando, creando un varco che veniva attraversato a passo d'uomo da un veicolo blindato.
Si unì alla folla, seguendo i movimenti del furgone con lo sguardo finché questo non si fermò dinnanzi al palco. Scesero quattro agenti di polizia che con attenzione aprirono il portellone posteriore, ma trovandosi nel bel mezzo della folla non le fu possibile vedere gli individui che stavano facendo scendere trascinandoli giù con una certa violenza.
-Come promesso, miei cari concittadini, abbiamo qui per voi cinque dei peggiori criminali attualmente detenuti nel nostro carcere di massima sicurezza- annunciò il sindaco, che nel frattempo stava abbandonando i riflettori per permettere agli agenti di posizionare i detenuti in sicurezza. Solo a quel punto Jane riuscì a scorgere i loro volti, man mano che venivano fatti salire sul palco e posizionati in una fila ordinata, rivolti in direzione della folla che adesso aveva iniziato a fischiare creando un fracasso infernale.
Il primo fu un uomo corpulento e pieno di tatuaggi che non fu in grado di riconoscere, seguito subito dopo da un esile ragazzo dai capelli castani che sembrava avere a malapena diciott'anni; un terzo uomo adulto fu posizionato al centro e poi, questa volta senza stupirsi affatto, vide salire Jef the Killer seguito a sua volta dall'ex dottore che aveva già incontrato all'università, Doctor Smiley. Tutti e cinque indossavano esclusivamente delle pesanti manette che bloccavano le loro braccia dietro la schiena, incluso Jeff che questa volta si presentava privo della camicia di forza.
Rabbrividì.
Detestava gli eventi di quel tipo, li riteneva assurdi e disumani seppur in alcun modo avrebbe mai anche solo pensato di voler difendere quegli individui dalla rabbia del popolo. Nel mezzo della calca, tra fischi e urla, vi erano decine di familiari delle vittime che pretendevano, e meritavano, giustizia per i loro cari. Lei stessa era uno di questi.
Aguzzò lo sguardo riducendo gli occhi a due fessure, mentre ricevendo qualche spallata cercava di farsi strada per avvicinarsi al palco.
I detenuti furono costretti a inginocchiarsi al cospetto del pubblico, sotto la minaccia degli agenti armati di pistole e manganelli.
-Criminali di stampo mafioso, assassini, stupratori- continuò a recitare la voce del sindaco, adesso sceso tra la calca con il microfono stretto nelle mani. -Non lasciatevi commuovere, non deve esistere alcuna pietà nei loro confronti-.
La folla applaudì, qualcuno iniziò a gridare, qualcun'altro ad agitare le mani in aria; ed i fortunati che erano riusciti ad ottenere posto in prima fila si misero a sputare sui detenuti esposti sul palco, urlando insulti di ogni genere.
-Fate schifo!-.
-Meritate soltanto di crepare!-.
-Bastardi!-.
Non senza fatica Jane riuscì ad avvicinarsi al bordo del palco, ottenendo così una visuale decisamente migliore. Era sicura di voler vedere come la gente avrebbe ridicolizzato quei criminali come si trattasse di un grottesco spettacolo da ammirare, ma solo un attimo dopo si rese conto che non si stava divertendo affatto: una delle guardie camminava avanti e indietro con un manganello in mano e di tanto in tanto, in modo del tutto casuale, sferrava dei colpi sulle loro spalle per il semplice gusto di farlo. E ad ogni botta la folla impazziva.
-Non c'è posto nella nostra società per individui come questi, perché una persona che compie atti del genere non può più essere reputata umana! Loro non sono come noi, non lo sono stati mai!-.
Con un groppo in gola Jane posò lo sguardo sul volto impassibile di Jeff, che in ginocchio davanti al pubblico se ne stava immobile con lo sguardo fisso nel vuoto; non mosse un muscolo neanche quando qualcuno gli lanciò addosso un oggetto rotondo, che poco dopo capí essere una pietra. Anche l'esile ragazzino che aveva notato poco prima se ne stava fermo sul posto, tuttavia lui pareva essere assolutamente terrorizzato dalla situazione. Doctor Smiley, al contrario, continuava a inveire sulla folla ad ogni insulto ricevuto.
-Ipocriti figli di puttana, ecco cosa siete!-. E ancora: -Sì, bravi, continuate pure a lanciarmi merda addosso. In un solo pomeriggio potrei amputare chirurgicamente le mani a ognuno di voi, se solo volessi!-.
Jane osservò la scena incredula, nel momento in cui la folla di spettatori iniziò letteralmente a lanciare contro ai detenuti qualsiasi oggetto che riuscivano a trovare: lattine, pietre, bastoni, bottiglie vuote, ogni cosa che capitasse a tiro. Il caos nella piazza aveva raggiunto un livello insopportabile, tanto che la ragazza fu costretta a tapparsi le orecchie.
Non le piaceva affatto ciò che stava vedendo.
Per un attimo valutò di andarsene, ma rimase pietrificata quando vide una lattina di birra piena colpire in faccia Doctor Smiley procurandogli una ferita sulle sopracciglia, che immediatamente iniziò a sanguinare. E questo, per la folla, non fu che un motivo in più per continuare a scatenare il caos più totale.
Decise di avvicinarsi ancora ritrovandosi ormai a pochi metri di distanza da Jeff, e si accorse che lui aveva notato la sua presenza: i suoi occhi chiarissimi adesso non erano più puntati nel nulla, ma su di lei. E nonostante il suo volto sfregiato sembrasse non esprimere alcun tipo di emozione era certa che in quel momento stesse patendo le pene dell'inferno, non tanto per gli oggetti che continuavano a venir lanciati violentemente sul suo corpo, quanto per l'umiliazione che scaturiva in lui quella situazione.
Per la prima volta, forse, sentì di provare un briciolo di pena nei suoi confronti.
-Figli di puttana!- continuava a gridare la folla, ora più agitata che mai. -Animali!-.
Jane si rese conto che Smiley aveva detto qualcosa rivolgendosi a Jeff, ma a causa del baccano non riuscì a comprendere una singola parola; subito dopo, la situazione si capovolse nel giro di qualche secondo. Vide Jeff scattare in avanti verso di lei saltando giù dal palco, sentì le sue braccia avvinghiarsi al suo collo così forte da privarla del fiato, per poi costringerla a girarsi verso la folla di spettatori i quali, d'un tratto, avevano cessato le loro grida. Tentò di liberarsi ma la sua presa era troppo stretta, e non fu neppure in grado di urlare poiché le sue mani forti premevano energicamente sulla sua gola; in poche parole, realizzò di essere spacciata.
-Fermi tutti o l'ammazzo!-.
Soltanto allora si rese conto di che il suo assalitore impugnava un piccolo pezzo di vetro, che adesso puntava dritto alla sua gola utilizzandolo come arma.
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