2. Tutti hanno la loro storia

L'aereo stava per decollare e Isabelle aveva sempre avuto paura dalla partenza, le saliva un senso di nausea che la portava a pensare di poter vomitare da un momento all'altro.
Di solito a tranquillizzarla c'era sua madre che le stringeva la mano, le ripeteva che tutto sarebbe andato bene e le manteneva un sacchetto qualora avesse veramente vomitato. Eppure, Isabelle non l'aveva mai fatto, non aveva mai vomitato, la sua era solo una sensazione che sentiva allo stomaco e passava non appena l'aereo saliva in cielo. Era tutto nella sua testa.
Dei tre sedili della fila numero 22 del suo volo, quello al centro era vuoto.
Vicino al finestrino c'era seduta proprio lei che non riusciva a staccare gli occhi dall'esterno. Sentiva l'aereo muoversi, per dirigersi sulla pista di decollo, sotto i suoi piedi.
Sentiva un vuoto dentro, afferrò lo stomaco con le mani e una lacrima le rigò il viso quando pensò a tutti i viaggi condivisi insieme alla sua famiglia, alla felicità che provavano all'unisono durante quei momenti.
Le mancavano tremendamente. Come l'aria. Era come se le avessero strappato l'ossigeno e lei stesse continuando a vivere solo perché doveva, come se si trovasse in uno stato vegetativo e continuasse a vivere lasciandosi trasportare degli eventi della vita.
La vecchietta, la stessa dagli occhi color diamante ch'era seduta accanto a lei nel gate dell'aeroporto, si trovava seduta nella sua fila, sedile corridoio, e le lanciò uno sguardo. Isabelle si rese effettivamente conto di non essere sola e si asciugò velocemente quella lacrima per non farsi vedere notare.
Non si erano ancora scambiate una parola, soltanto un "buongiorno" di sfuggita prima di prendere posto e il dolce sorriso che le aveva riservato.
Quando l'aereo si fermò all'inizio della pista di decollo, la vecchietta, con uno scatto felino, si slacciò la cintura e coprì lo spazio che c'era tra le due a causa di quel sedile centrale vuoto. Afferrò improvvisamente la mano della ragazza dai capelli color rame e quest'ultima si voltò verso di lei sorpresa, ma le sorrise e la vecchietta ricambiò quel sorriso così dolce ma al contempo cosi infantile. Quel gesto l'aveva colpita, non se lo aspettava ma si sentì subito meglio grazie ad esso.
Per quanto Isabelle potesse sembrare solo qualche anno più grande della sua vera età, restava pur sempre una ragazzina alle prese con gli ostacoli della vita. Gli occhi color diamante della signora anziana percepirono proprio il sacrificio che quella giovane si era ritrovata a fare.
«Andrà tutto bene» la rassicurò, si sorrisero ancora per un po' e poi Isabelle chiuse gli occhi e strinse forte la mano della vecchietta al suo fianco mentre l'aereo decollava.
Decise di rimandare a dopo i ringraziamenti e le chiacchiere che sicuramente si sarebbero scambiate durante il volo.
Mentre aveva gli occhi chiusi immaginò il volto della madre al posto di quello della vecchia signora e riuscì a tranquillizzarsi e rilassarsi per una frazione di secondo. Tirò un sospiro e smise di pensare a tutto ciò che l'aspettava una volta atterrata. Staccò completamente il cavo che collegava tutti i suoi pensieri per un istante, si sentì finalmente leggera come una piuma.
Aprì gli occhi quando erano molto in alto e gettò uno sguardo al finestrino, riuscendo così a scorgere il mare. Si ricordò che la sua mano era ancora legata a quella della signora accanto a lei e quindi girò il volto ed incontrò due occhi che la stavano fissando con attenzione, come se la conoscessero da tutta la vita. Isabelle le sorrise ancora, il sorriso più sincero che avesse mai riservato a qualcuno. L'aveva ringraziata già mentalmente, toccava solo farlo a parole.
«Grazie mille per avermi stretto la mano e per l'incoraggiamento, ne avevo veramente bisogno. Io sono Isabelle Chloe Blanc piacere di conoscerla.» Il minimo che poteva fare per ricambiare il favore della gentile signora era presentarsi educatamente, poiché l'educazione e il rispetto erano le cose primarie che i suoi genitori le avevano insegnato.
La signora anziana sussultò al suono del nome della ragazza e staccò la propria mano che aveva ancora intrecciata a quella di Isabelle.
La giovane aggrottò le sopracciglia e adottò un espressione dispiaciuta, come se avesse detto o fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti senza accorgersene, ma non riusciva a capire esattamente cosa.
«Non c'è di che tesoro mio. Io mi chiamo Jennifer Landi, ma tutti mi chiamano Jenny» disse dopo aver scosso la testa ed essersi ripresa al suono del suo cognome, così le sorrise dolcemente facendo finta di nulla, sperando che la ragazza non avesse dato troppa importanza alla sua reazione. Era pur sempre una donna anziana e questo in parte la giustificava.
«Cosa ti porta su questo aereo tutta sola?» chiese con gentilezza e afferrò di nuovo le mani della ragazza e le appoggiò sulle sue, come una nonnina è solita a fare con i suoi nipotini.
Isabelle non riusciva a capire, era confusa dal gesto della signora Jenny, ma decise di non pensarci e si tranquillizzò non appena la vecchietta ritornò in sé e capì che voleva chiacchierare. Di solito era molto timida e non amava parlare della sua vita personale e dei suoi problemi con sconosciuti, a stento lo faceva con le sue amiche, ma quella signora seduta accanto a lei, che le stringeva le mani con dolcezza, trasmetteva fiducia e calma, decise quindi di lasciarsi andare.
Jenny, oltre ai suoi bellissimi occhi color diamante, aveva i capelli bianchi, la pelle del viso scavata, dalle avventure di un intera vita, e un corpo esile, all'apparenza debole. La osservò mentre attendeva una sua risposta e le stringeva le mani morbide e ancora molto giovanili.
«È una storia complicata» rispose abbassando la testa e fissando le loro mani unite. Sentiva di potersi fidare di quella donna, il suo cuore le diceva di aprirsi una volta per tutte e di smetterla di nascondersi. Voleva sfogarsi veramente con qualcuno, da quando erano iniziati i problemi nella sua famiglia, si era sempre tenuta tutto dentro, consapevole di poter scoppiare da un momento all'altro. Ma non era mai successo, non era mai scoppiata e ora che davanti le si presentava un opportunità di sfogo non voleva lasciarsela sfuggire, e sopratutto quella signora non conosceva ne lei ne la sua famiglia.
«Sono una vecchia, credo di poter sopportare una storia complicata. E se vuoi ti racconterò anche io la mia, in modo più breve possibile!» confessò Jenny ridacchiando, nella speranza di averla fatta sentire a proprio agio con quella semplice battuta.
Jenny percepiva il suo bisogno di comunicare con qualcuno, capiva perfettamente che Isabelle aveva bisogno qualcuno con cui parlare, con cui sfogarsi, qualcuno a cui chiedere un consiglio, ma soprattutto qualcuno a cui aggrapparsi anche solo per la durata di quel volo.
«Non avere paura di aprirti, di raccontarti, tutti hanno la loro storia
Vide la ragazza tentennare, forse non era ancora pronta a parlare con qualcuno, ma poi alzò i suoi grandi occhioni marroni e li puntò nei suoi color diamante, e sorrise.
Isabelle era pronta a sfogarsi con qualcuno ed era emozionata all'idea di sentire il racconto della vita della signora Jenny.
Qualcosa univa entrambe, all'apparenza completamente diverse, ma con entrambe il peso delle loro famiglie sulle spalle.

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