Not For Sure
Apro lentamente gli occhi, rivolgendoli con calma verso l'alto, mentre una lacrima solitaria mi attraversa il viso. Uno strano brivido mi percorre la schiena, nel contempo che una fitta acuta mi trafigge il cuore, affaticato dalla continua necessità di pompare sangue in tutto il corpo.
Perché fa così male? Cos'è quel vuoto che sento dentro, all'altezza del petto, che si allunga verso lo stomaco e ne afferra la bocca in una morsa tenebrosa?
Ogni cosa intorno a me pare crollare, mentre tu, che una volta mi avvolgevi sempre con le tue magnifiche ali nere, adesso stai in piedi di fronte a me, guardandomi negli occhi. I tuoi, di un nero pece, sembrano scrutarmi fin dentro l'anima, leggendone le cicatrici e le ferite. I miei, invece, a malapena vedono quello che hanno di fronte, una figura sfocata e indefinita.
«Non lasciarmi...» Sussurrò a fior di labbra. Gli altri non sarebbero stati in grado di udire quelle parole, ma so che tu, invece, le hai udite fortemente e chiaramente. «Non lasciarmi, ti prego» ripeto supplicandoti, il tono disperato.
Tu ti avvicini lentamente, Angelo Nero, posandomi una mano sulla guancia e accarezzandola con dei movimenti delicati del pollice. Le fitte aumentano e le lacrime escono più copiosamente, depositandosi sulla tua mano gentile e delicata.
«Perché stai piangendo?» Mi chiedi con la tua voce profonda e calda, quella melodia che mi ha sempre guidato e portato conforto quando ne ho avuto più bisogno.
Nonostante tu mi ponga la domanda, conosci perfettamente la risposta. Sai che sto piangendo perché non sopporto l'idea di perderti, un sentimento talmente forte, ora più che mai, da togliermi il respiro. Che sono terrorizzata all'idea di aver combinato un casino, di averti mandato via inconsapevolmente e che questa volta, a differenza di tutte le altre, tu te ne andrai via definitivamente.
«Ti prego, non andartene» la mia voce è ridotta a un sussurro, le lacrime mi invadono il viso e la mano che tieni ancora sulla mia guancia, mentre con l'altra afferri una delle mie, per poterla stringere forte.
Non dici nulla, non so se non vuoi aggiungere niente oppure se effettivamente non hai idea su che cosa dire.
Un brivido mi percorre la schiena sotto il tuo sguardo attento, indecifrabile. Le lacrime non vogliono placare il loro corso e i singhiozzi cominciano lentamente a farsi strada, scuotendomi il corpo.
L'unica cosa che riesci a dirmi è: «Tranquilla», prima di stringermi forte tra le tue braccia, luogo in cui più volte ho trovato conforto e sollievo.
Non riesco a capire più nulla, mi sento un mostro per come spesso ti ho trattato, un essere ignobile che non ti merita, che non è all'altezza della persona che in realtà sei. Non ti ho mai protetto, ho solo contribuito a ferirti, perché era un modo per proteggere me da te, quando in realtà non facevo altro che attaccare quella fragilità che con tanto timore celi agli occhi degli altri, per timore di rimanere scottato dalla vita.
Caro Angelo Nero, mi dispiace che tu mi abbia incontrato, ma per favore, non abbandonarmi.
Ho ancora bisogno di te.
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