Te l'avevo detto
Sembravo uno zombie.
La mia immagine riflessa mi osservava dallo specchio, sciupata, con le guance leggermente scavate e delle bruttissime borse scure sotto gli occhi. Avevo già applicato due spessi strati di correttore, ma non c'era rimedio possibile.
La mancanza di sonno aveva ritorsioni anche sul mio aspetto fisico, purtroppo.
Sapevo di essere troppo magra e spesso troppo pallida, che i miei occhi azzurri sembravano annacquati, vuoti, e che i miei capelli biondo cenere avevano bisogno di un taglio e di una bella sistemata, ma non c'era molto che potessi fare. Nei giorni peggiori, lo sguardo pieno di pietà che la gente mi rivolgeva mi faceva capire che il mio aspetto era quello di un malato.
E stavo per affrontare il mio secondo giorno di scuola, dove sarei stata ancora più osservata del giorno prima e presa sotto esame, controllata, da tutti. Ero una bomba ad orologeria pronta ad esplodere da un momento all'altro.
Ma ce la potevo fare.
Prendendo un bel respiro profondo, uscii dal bagno e mi diressi in cucina, dove mamma si stava preparando una spremuta.
«Sei in anticipo», mi disse, senza nemmeno voltarsi a guardarmi.
Nessun "buongiorno, tesoro, sei riuscita a dormire stanotte?", ma d'altronde non mi aspettavo nulla di diverso da lei.
«Sono sempre in anticipo», le feci notare in tono inespressivo, versandomi un'abbondante dose di caffè nella tazza più grande che avevamo e altrettanta in un thermos che misi già dentro lo zaino.
Mamma mi guardò con le sopracciglia aggrottare e schioccò la lingua.
La conoscevo abbastanza bene da sapere che quando schioccava la lingua in quel modo stava per rimproverarmi per qualcosa.
«Ci credo che non dormi, con tutto il caffè che bevi», borbottò infatti, sorseggiando la sua spremuta e osservandomi da sopra il bordo del bicchiere.
Mi trattenni dall'alzare gli occhi al cielo, limitandomi a mescolare il caffè in movimenti perfettamente circolari.
«Sto parlando con te, signorina.»
«E con chi altro, sennò? Ci siamo solo io e te, qui.»
«E allora rispondimi! E non usare quel tono arrogante con me.» Aveva di nuovo le sopracciglia aggrottate, il che le faceva risaltare ancora di più la ruga sulla fronte. Avrei potuto farglielo notare giusto per farla arrabbiare ulteriormente, ma poi avrebbe sicuramente chiamato il suo chirurgo di fiducia, e non mi sembrava proprio il caso.
«Non è il caffè a tenermi sveglia, mamma. Quindi tanto vale che lo beva, quantomeno per stare attenta in classe.»
«E come fai a saperlo, di grazia?»
Dio, si era proprio svegliata con il piede sbagliato.
«Perché due anni fa ho smesso di berlo per tre mesi e non è cambiato assolutamente nulla.» Mi alzai, risciacquai la tazza e la misi in lavastoviglie; in tutto questo, mamma non si era mossa di un millimetro, ancora appoggiata al bancone in marmo bianco vicino al frigo.
Sulla porta, mi voltai a guardarla. «Papà se lo sarebbe ricordato.»
Uscii di casa prima che potesse rispondermi.
Era stato un colpo basso, ne ero consapevole. Tirare in ballo papà così... era stata una cattiveria gratuita. Ma ero stanca anch'io, stanca del suo comportamento, stanca della sua aria di superiorità. Stancastancastanca.
«Margaret!»
Mi voltai, vedendo Olivia venirmi incontro con un sorriso stampato sul volto.
Stiracchiai un sorriso anch'io. «Ciao.»
«Non ero sicura venissi. Insomma, non mi eri sembrata convintissima ieri, quindi ero passata per chiedertelo di nuovo. Ma sei in anticipo, mi hai battuta sul tempo.» Non aveva nemmeno ripreso fiato, sprizzava gioia da tutti i pori. Era fresca e riposata, il volto della salute, i lucenti capelli castani pettinati alla perfezione e gli occhi azzurrissimi pieni di vita.
Tutto ciò che io non sarei mai stata.
Siete troppo diverse. Non potrete mai essere amiche.
«Mi piace essere in anticipo», risposi, distogliendo lo sguardo da lei e puntandolo sull'anziana signora della casa di fronte, che si stava sbracciando per salutarci.
Anche l'attenzione di Olivia venne attirata dalla vicina.
«Buongiorno, signora Higgings! Tutto bene?»
La signora Higgings si avvicinò alla staccionata e vi si appoggiò pesantemente, sistemandosi gli occhiali che le erano scivolati lungo il naso. «Tutto bene, mia cara, tutto bene. Alla mia età ormai si tira avanti, che vuoi farci! Chi è la tua amica?»
Olivia mi prese sottobraccio con un sorriso e d'istinto mi irrigidii, ma non sembrò accorgersene.
«Lei è Margaret, la nuova vicina. Lei e la madre si sono appena trasferite», le spiegò.
La signora Higgings mi squadrò confusa per un paio di secondi attraverso le spesse lenti rettangolari, poi sembrò ricordare. «Ma certo, le nuove vicine! Perdonami, cara, la memoria a volte mi gioca brutti scherzi. È un piacere conoscerti, benvenuta nel quartiere.»
«Il piacere è tutto mio, signora Higgings», risposi, leggermente imbarazzata. Di nuovo, stupidi convenevoli da vicinato.
«Eccomi, scusa», ansimò una voce maschile alle nostre spalle, facendomi sobbalzare.
Mi voltai, ritrovandomi davanti un ragazzo dai corti capelli castani arruffati e occhi azzurri che ci guardava, cercando di riprendere fiato con le mani appoggiate alle ginocchia. Aveva gli stessi occhi di Olivia.
«Maggie, lui è Liam, mio fratello. Liam, Maggie», ci presentò quest'ultima. Non so di preciso quand'era stato il preciso istante in cui eravamo diventate abbastanza amiche da chiamarmi Maggie, ma ero contenta l'avesse fatto. Solo mamma e i dottori mi chiamavano con il mio nome completo.
Liam mi sorrise. «Ciao, Maggie. Benvenuta in città.»
Non aveva fossette, ma il suo sorriso era comunque smagliante, i denti bianchissimi e perfetti, e gli illuminava gli occhi chiari.
Di fronte a loro due, così impeccabili, riposati e belli, mi sentii totalmente fuori luogo. Che ci facevo io, trasandata, stanca, malata, con loro?
Sei dove devi essere.
Ma mi ero ripromessa di essere una persona diversa. Quindi scacciai il senso di inadeguatezza e lo guardai dritto negli occhi, pronta a rispondergli che lo ringraziavo e che ero contenta di essere lì.
Ma qualcosa non andava in me. Non appena incrociai il suo sguardo, le orecchie iniziarono a fischiarmi così forte che temetti mi scoppiassero i timpani. Tanti piccoli puntini neri e bianchi mi danzavano davanti agli occhi, oscurandomi la vista, e improvvisamente le palpebre mi si fecero così pesanti che era impossibile tenerle aperte.
Ti avevo detto che da questa ragazza non se sarebbe venuto fuori nulla di buono.
Feci appena in tempo a vedere l'espressione spaventata nel volto di Liam prima che gli occhi mi si chiudessero del tutto.
Persi i sensi prima di toccare terra.
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