Sei pronta?
«Siete ancora sicuri di volerlo fare?»
Seduta a gambe incrociare sul mio morbido letto, guardai Liam e Olivia cercare di trovare una posizione comoda sul pavimento della stanza. Erano stati loro a proporre casa mia come luogo d'incontro, forse perché così, se fosse andato storto qualcosa, avrebbero potuto semplicemente fuggire senza essere costretti a buttarmi fuori di casa a calci.
Liam se ne restò in silenzio, gli occhi fissi a terra per terrore di incrociare i miei; da quando era arrivato, venti minuti prima, era riuscito a guardarmi in faccia per solo un secondo e a rivolgermi un mezzo sorriso.
«Non mi sembra di aver chissà che possibilità di scelta», mi rispose in tono secco sua sorella, che stava sprimacciando il cuscino per la quinta volta ed era ad un passo da una crisi isterica.
La capivo, avevo una paura tremenda anch'io. Anzi, ero terrorizzata.
Da quando avevamo preso la decisone di aprire la porta, le voci erano sparite, lasciandomi libera di pensare. Per una delle poche volte in vita mia, la mia mente era vuota, padrona di se stessa, silenziosa se non per il furioso martellare del mio cuore che sembrava tuonarmi nei timpani. E questo mi spaventava.
Senza le voci, senza i loro consigli, non sapevo bene chi fossi.
Non avevo mai avuto l'occasione di scoprirlo, di scoprirmi. Ero ciò che le voci mi avevano fatto diventare.
E improvvisamente la loro assenza mi faceva sentire persa, come se non sapessi bene come comportarmi, ed era assurdo, perché era tutta la vita che cercavo di liberarmi di loro. Ma quando qualcosa fa parte della tua quotidianità per troppo tempo, semplicemente non puoi più farne a meno.
«Non siete obbligati a farlo», precisai, lievemente irritata dalla risposta di Olivia. Certo, capivo la sua paura, ma non la stavo obbligando. Nessuno la stava obbligando, se non il buonsenso e il rispetto per gli altri. Per quanto volessi che fossero con me nel momento in cui avrei aperto la porta, non avrei mai obbligato nessuno a farlo.
«Obbligati forse no, ma dobbiamo comunque farlo», borbottò Liam, prima di alzare il viso verso di me «Scusa, Maggie, non è colpa tua.»
«Lo so», tagliai corto «Facciamolo e basta.»
Non avrei permesso che dessero la colpa a me, non me lo meritavo. Non avevo chiesto il loro aiuto, era stata Olivia a dire che non mi avrebbe lasciato farlo da sola. E ora me lo faceva pesare, come se l'avessi trascinata fin qui di peso e la stessi trattenendo contro la sua volontà.
Uno sbuffo contrariato mi fece capire che anche lei si era sdraiata. «Proviamoci. E speriamo non funzioni.»
Logico che non voleva funzionasse. Piccola stupida egoista.
Fortuna che avremmo dovuto essere amiche.
Chiusi gli occhi con forza, nelle orecchie il respiro pesante e spaventato dei fratelli Pierce.
Chissà cosa sarebbe successo questa notte. Chissà se avremmo semplicemente dormito, o se ci saremmo risvegliati nella radura. Chissà se saremmo stati insieme, o se avrei dovuto trovare la porta da sola, di nuovo. Chissà se ce l'avremmo fatta.
Chissàchissàchissà.
Fai troppe domande.
Quasi sobbalzai al suono delle voci nella mia testa. Erano tornate ed ero sollevata ed ero arrabbiata. Perché erano tornate proprio ora? E perché erano sparite, in primo luogo?
Ci stai tagliando fuori, Maggie. La tua testa è così occupata, da sveglia, che non c'è più posto per noi.
Occupata? Erano ore che nella mia mente regnava il silenzio più totale. C'era così tanta calma che i miei pensieri urlavano l'uno sopra l'altro, tagliando a pezzetti la mia poca sanità mentale come un coltello.
Un attimo... da sveglia? Significava che stavo dormendo?
Socchiusi lentamente gli occhi, non sapendo bene cosa sperare di vedere.
Nebbia. Nebbia fitta tutta intorno e terra umida sotto i piedi. Ce l'avevamo fatta.
Mi alzai in piedi, impaziente di tornare alla porta, quando notai qualcosa al mio fianco, a malapena visibile. Olivia e Liam, rannicchiati contro il terreno duro, ancora nel limbo tra sonno e veglia.
Non potevo procedere da sola e abbandonarli a loro stessi. Non sapevo se sarebbero riusciti ad orientarsi, non sapevo se anche loro erano in grado di sentire il gocciolio.
Non sapevo un bel niente.
Sai abbastanza da trovare la porta. Aspetta i tuoi amici, poi vai. Non esitare.
Non avrei esitato, mai più. Non avrei sopportato di svegliarmi un'altra volta e trovarmi rinchiusa nel solito incubo.
Liam si mosse, svegliandosi. Si tirò su piano, cauto, finché il suo sguardo non si posò su di me, seduta a gambe incrociate di fronte a sua sorella.
«Maggie? Siamo... qui insieme?»
Mi strinsi nelle spalle, gli occhi che saettavano da una parte all'altra per assicurarmi che fossimo al sicuro. «Così pare. Olivia non si è ancora svegliata. O addormentata, non so.»
Ero stata molto attenta ad usare un tono neutro, distaccato, e a non incrociare il suo sguardo, ma lo sentivo bruciarmi contro il volto.
«Maggie.»
Con un respiro profondo, alzai il viso verso di lui.
La sua espressione era triste, tormentata. «Mi dispiace.»
Aspettai che si spiegasse, che aggiungesse qualcos'altro, ma se ne stette in silenzio, gli occhi blu fissi nei miei. «Per cosa?»
Solo allora distolse lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli. «Per tutto. Per come ci siamo comportati. Per come mi sono comportato. Non te lo meritavi. E mi dispiace per quello che stai passando e che hai passato e... per tutto. Olivia mi ha detto della vostra conversazione, a scuola.»
Gli fai pietà.
«Non ho bisogno della tua pietà», risposi, forse più brusca di quanto volessi. Era una vita che venivo guardata con pietà e disgusto da tutti ed ero così stanca.
Liam sbarrò gli occhi, quasi ferito. «Non è pietà, io...»
«Liam? Maggie? Ce l'abbiamo... fatta?»
Mi voltai di scatto verso Olivia, che si stava stropicciando gli occhi assonnata. Era sveglia. Potevamo cominciare.
«Forza, non abbiamo tempo da perdere», li incitai, balzando in piedi «Dobbiamo sbrigarci prima che qualcuno di noi si svegli per sbaglio.»
«Ma... dove? Non sappiamo nemmeno dove andare», replicò Liam, scambiandosi uno sguardo confuso con la sorella.
«Io lo so.»
Non sapevo come, o perché, ma improvvisamente sapevo che direzione dovevo prendere, sapevo esattamente dove e come muovermi. Non c'era nessun gocciolio questa volta, nessun suono, solo l'istinto.
Sei nata per questo posto. Il tuo corpo sa dove andare.
Cosa significava? Cosa voleva dire che ero "nata per questo posto"?
Vai.
E improvvisamente stavo camminando, a passo svelto e sicuro, senza nemmeno controllare che Olivia e Liam mi stessero seguendo. Stavo camminando, attraverso la nebbia, con una sicurezza che sicuramente non mi apparteneva. Ignorai i sussulti sorpresi alle mie spalle quando arrivammo alla fontana, ignorai qualsiasi cosa stessero provando a dirmi. Ignorai tutto tranne la porta.
Enorme, totalmente rovinata se non per i serpenti in rilievo, perfetti nella loro nitidezza e lucidità. Era tutto ciò che riuscivo a vedere.
Sei
Pronta?
Avanzai di un ulteriore passo, ormai di fronte a essa, e mi fermai. Allungai un braccio, come ipnotizzata. Qualcuno mi stava chiamando, ripetutamente, con urgenza, ma non era importante. Nulla importava, se non la porta. La porta che era davanti a me.
Era
Proprio
Davanti
A
Me
Afferrai entrambi i battenti, il freddo del metallo che sembrava volermi penetrare nelle ossa. Ma nemmeno questo importava.
Sei pronta?
Seiprontaseiprontaseipronta?
Ero pronta.
«Maggie! Maggie, no, aspetta!»
Tirai con tutta la forza che avevo, il legno che cigolava, quasi urlando, finché entrambi i battenti non furono spalancati.
Si va in scena.
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