Mentre fuori piove (pt.1)
Quella notte non dormii affatto.
Io e mamma restammo in cucina a parlare fino all'una, ma lei aveva le palpebre così pesanti che era palese fosse ancora in piedi solo per farmi compagnia, quindi simulai un paio di sbadigli e andammo entrambe a letto, dove passai ore a rigirarmi tra le coperte.
Non era strano per me non riuscire a dormire per un'intera notte, ma era strano non sentire le voci. Nessuno mi parlò, non ci fu neanche il minimo rumore. Restai sola con i miei pensieri per un'intera eternità, fino a quando il silenzio diventò assordante, insopportabile.
Verso le sei, quindi, nonostante l'ora abbondante sulla sveglia, decisi di alzarmi e di andare in cucina a fare colazione con calma.
Il profumo di pancakes appena fatti mi accolse come una coperta calda nel giorno più freddo d'inverno.
«Mamma?»
Sobbalzò, spaventata, e si voltò a guardarmi portandosi una mano sul cuore.
«Oh, Dio, tesoro, mi hai fatto prendere un colpo. Che ci fai già sveglia?»
Aggrottai le sopracciglia. «Che ci fai tu sveglia?»
La osservai meglio, confusa. Mamma era sempre stata molto attenta al suo aspetto e all'apparenza, anche in casa stava sempre vestita di tutto punto, nonostante io e papà fossimo gli unici a vederla; ma e lei non interessava, diceva che lo faceva per se stessa e non per gli altri, perché le piaceva essere sempre al meglio.
In quel momento, invece, sembrava proprio che dell'apparenza non le importasse un bel niente: aveva i capelli raccolti alla bell'è meglio in uno chignon improvvisato, indossava un pigiama di flanella rosa con disegnati dei gattini e ai piedi aveva delle pantofole pelose che non avevo mai visto prima. In tali condizioni e senza un filo di trucco, intenta a preparare pancakes come se fosse domenica, non sembrava neanche lei.
«Non riuscivo più a dormire, quindi ho pensato di rendermi utile in qualche modo. So che quando hai scuola tendi a non mangiare nulla a colazione perché poi ti resta sullo stomaco, ma se ti va potresti portarne via qualcuno, nel caso ti venisse fame.»
Era un'idea dolcissima, che mai mi sarei aspettata da lei. Pensavo non sapesse nemmeno come facevo colazione, e invece scoprivo che era sempre stata più attenta di quanto mi fossi mai resa conto.
Probabilmente mi si leggeva in faccia ciò che stavo pensando, perché sospirò e si lasciò cadere sulla sedia più vicina.
«So che non sono stata proprio una brava madre», mormorò, lo sguardo basso a fissare il pavimento «So che non ti ho dato le attenzioni che meritavi e di cui avevi bisogno. So che volevi più bene a papà e che avresti preferito ci fossi stata io al suo posto. Non serve negarlo, so che è così e non te ne faccio minimamente una colpa. Non ho fatto nulla per farti pensare diversamente, ti ho spesso trascurata e ho lasciato fosse tuo padre a prendersi cura di te. Ma non ha fatto tutto lui. Qualcuno in famiglia doveva indossare i pantaloni, e lui non era proprio tagliato per essere autoritario, quindi il ruolo della cattiva l'ho spesso dovuto interpretare io. Ma ho deciso di riprendere in mano la mia vita, a partire dal rapporto con te. Proverò ad essere la madre che ti sei sempre meritata, se me lo permetterai.»
Distolsi lo sguardo, profondamente turbata.
Non l'avevo mai ammesso ad alta voce, ma tutto ciò che aveva detto era vero: avevo sempre pensato, nel profondo del mio cuore, che le cose sarebbero state diverse se ci fosse stata lei al posto di papà. E ogni volta che il pensiero mi sfiorava mi veniva la nausea, perché un figlio non dovrebbe pensare certe cose, ma non potevo fare diversamente. Non potevo controllare i miei pensieri, e anche se era vero che papà non si era mai imposto su nulla e mi aveva sempre permesso di fare tutto ciò che volevo, mamma a volte aveva goduto del suo ruolo al comando un po' troppo.
Forse però non è cattiva come pensavi.
«Maggie? Dì qualcosa.»
Non sapevo che dire. Da quando papà era morto, non avevo più parole.
Mi limitavo ad osservare, a pensare, ma non a parlare. Era più facile tenermi tutto dentro, perché discuterne rendeva il dolore più reale, più concreto. Tenendo per me i miei pensieri, invece, non rivelandoli a nessuno, era come se non esistessero.
Dille che le vuoi bene.
«Lo apprezzo molto, mamma. Siamo rimaste solo noi due, no? Dobbiamo farci forza a vicenda.»
Stiracchiò un sorriso. «Bisogna, tesoro. Bisogna.»
***
Non ero particolarmente brava a scuola.
Mi impegnavo, studiavo più che potevo, ma una conseguenza della privazione di sonno era un grave deficit dell'attenzione, che remava contro qualsiasi mio buon proposito.
Stare ferma in classe per me era una tortura, tenere lo sguardo fisso sulla lavagna ancora di più: mi sembrava di sentire sussurrare, di percepire sguardi posarsi su di me, di essere derisa, e la mia mente iniziava a vagare e vagare e non si fermava più; quando finalmente riuscivo a riportare l'attenzione su quello che stavo facendo avevo già perso il filo del discorso e, sapendo benissimo di non riuscire più a recuperare, mi facevo prendere dal panico.
Una leggera gomitata mi riportò alla realtà.
Mi voltai verso Liam, seduto al mio fianco nella classe di spagnolo, con aria spaesata.
«Señorita De Santis?», mi chiamò nuovamente l'insegnante, guardandomi con aspettativa.
Mi aveva fatto una domanda, e mi ero distratta. Tutta la classe stava aspettando la mia risposta in silenzio, osservandomi, e io non avevo la più pallida idea di cosa mi avesse chiesto. Sarebbe stata la prima volta che parlavo durante una lezione e avrei fatto la figura dell'imbecille.
Mantieni la calma. Respira.
Non ricevendo una risposta, la professoressa sospirò.
«Señorita De Santis», ripeté «¿Que hizo usted anoche?»
D'accordo, era facile, potevo cavarmela.
«Anoche hablé un poquito con mi madre y despues leía un libro.»
«Muy bien!», mi sorrise, e finalmente spostò l'attenzione su qualcun altro «Y usted, ¿señor Torreman?»
Mi lasciai sprofondare contro la schienale, sollevata di non avere più gli occhi di tutti puntati addosso. Odiavo essere osservata.
«Hai un'ottima pronuncia», commentò Liam, dondolandosi all'indietro sulla sedia.
Mi sentii arrossire. «Grazie.»
«Frequentavi il corso avanzato dov'eri prima?»
Non avevo mai frequentato un corso avanzato in vita mia, richiedeva troppo sforzo mentale, e anche la sola idea di farlo era ridicola.
«No, corso base, come qui. Ma sono stata in Spagna un mese l'estate scorsa con la mia famiglia, penso sia grazie a quello se me la cavo.»
«Sei stata in Spagna? Che figata! Noi non siamo mai usciti dallo Stato, figuriamoci in giro per il mondo.»
Avevo viaggiato molto, soprattutto in Europa, perché il lavoro di papà lo obbligava spesso a partire per concludere affari con clienti importanti, e non se ne sarebbe mai andato senza portarci con sé. Amava il suo lavoro, e nonostante per lui fosse tutto tranne che un viaggio di piacere, riusciva comunque a ritargliarci abbastanza tempo da non farci mai sentire trascurate, facendoci da guida turistica appena poteva, organizzandoci visite nei musei e facendo in modo che vedessimo tutto quello che c'era da vedere.
Ma non ci sarebbero stati altri viaggi. Non più.
«Hey», mi richiamò lui, preoccupato «Tutto bene?»
Provai a stiracchiare un sorriso. «Certo.»
La campanella mi risparmiò di essere tartassata di ulteriori domande a cui non volevo rispondere.
Mi capitava spesso di perdermi nei miei pensieri, soprattutto da quando papà non c'era più, ma la gente non capiva. Non capiva che qualsiasi cosa, anche la più insignificante, mi faceva pensare a lui, mi riportava alla memoria un ricordo, un episodio, un attimo vissuto insieme che non avrebbe potuto ripetersi mai più.
Quindi mi guardavano come se fossi pazza, o stupida, una con la testa fra le nuvole che ad ogni frase si perdeva nei suoi pensieri e che bisognava continuamente riportare alla realtà.
Ma a volte la realtà era semplicemente troppo difficile da accettare.
Non sei sola. Per qualsiasi cosa, non sei sola.
Come se avessi mai potuto dimenticarlo.
Un tornado dai capelli castani e alto un metro e settanta mi travolse non appena uscii dalla classe.
«Oh, mio Dio, Maggie, non puoi immaginare cosa mi è appena successo!», urlò Olivia, la voce resa stridula dall'agitazione. Aveva le guance arrossate e un sorriso raggiante ad illuminarle il volto.
«Buongiorno anche a te», borbottò suo fratello alle mie spalle, completamente ignorato.
Lei continuò a non degnarlo di un'occhiata. «Ero a Educazione Civile prima e indovina chi mi ha chiesto di uscire?»
Considerando che a parte loro due non conoscevo nessuno in quella scuola, qualsiasi nome mi avesse detto sarebbe stato per me una sorpresa.
«Michael Konsvi!», strillò, non ricevendo risposta.
Notando la mia totale mancanza di reazione, Liam ridacchiò. «Livvy, è qui da ieri. Non sa chi sia Konsvi.»
Olivia sbarrò gli occhi, rendendosi conto che suo fratello aveva ragione. «Non ci avevo pensato. Beh, non importa, lo scoprirai presto. Michael è il ragazzo più carino del nostro anno, ed è anche ricevitore della squadra di baseball!»
Mi voltai verso Liam, che si era incamminato lungo il corridoio al nostro fianco. «Ma tu non giochi a baseball?»
Si strinse nelle spalle. «Sì, quindi?»
Olivia si fermò di colpo. «Mio Dio, mi hai sentito raccontare a Brianna che mi piace Michael. Sei andato da lui e gli hai detto di chiedermi di uscire!»
Lui evitò il suo sguardo. «Non è andata esattamente così.»
Sua sorella si coprì il viso con le mani. «Non ci posso credere! Ma come ti viene in mente di fare una cosa del genere?»
«Livvy, calmati. Non ho fatto nulla di male. Gli ho solo ricordato che ti sei lasciata con Ryan più di due mesi fa e improvvisamente era molto interessato. Forse pensava foste ancora insieme.»
Si tolse le mani dal volto solo per fulminarlo con un'occhiata. «Tutti sanno che non stiamo più insieme. Tutti sanno che mentre stava con me se la faceva anche con Meghan. La tua Meghan. Non posso credere tu mi abbia fatto questo!»
La situazione si sta facendo interessante.
Liam si oscurò in volto. «Non è mai stata la mia Meghan. E comunque ti ho solo fatto un favore, non avresti mai avuto il coraggio di farti notare da lui.»
«Pensala come vuoi. Io e Maggie andiamo a pranzo.» Mi prese sottobraccio e mi trascinò avanti, dirette verso la mensa.
«Sei ridicola!», urlò mentre ci allontanavamo.
In tutta risposta, gli mostrò il medio senza nemmeno voltarsi.
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