Vite incrociate - Carter

Il giorno della partenza era arrivato più in fretta del previsto e la famiglia Barrymore si era messa in viaggio alla volta di Ridgewood. Carter era troppo preso dall'osservare il paesaggio per ascoltare quello che stavano dicendo i suoi genitori. Lo sguardo di Carter, sin da bambino, aveva avuto una sensibilità unica e gli aveva dato la possibilità di cogliere ciò che era invisibile agli occhi di molti.

"I sognatori li riconosci, sono quelli che si siedono vicino al finestrino."
Carter aveva letto questa massima: poche parole che lo rappresentavano in pieno.
Ed eccolo lì, un sognatore che scrutava l'infinito da cui quel finestrino lo divideva, l'immensità dell'universo che lo circondava. Lui era in grado di vedere non solo con gli occhi, ma con il cuore.

Carter era più che pronto per la ricerca che stava intraprendendo. Lo era. Lo era? Fino a poco prima ne era stato convinto, almeno fino alla loro partenza. Poi, i dubbi e le incertezze si erano fatti strada, sostituendo in parte l'emozione e l'entusiasmo. Era dall'inizio del viaggio che cercava di ignorare la loro meta, era dall'inizio della giornata che cercava di non pensare a quello che sarebbe successo una volta giunti a Ridgewood.

E se Savannah avesse sempre saputo di lui, ma avesse scelto consapevolmente di non conoscerlo? Magari si era fatta una vita, una vita in cui non c'era posto per lui.

Eppure, la speranza non aveva ancora ceduto del tutto. La speranza che quei dati contenuti nella sua cartellina rossa potessero essere qualcosa di più che semplici numeri e lettere. La speranza che al suo arrivo la sua famiglia sarebbe finalmente stata completa.

Questa battaglia interiore ebbe vita breve: dal momento che non poteva prevedere o controllare come sarebbe stato quell'incontro sempre più vicino, perché tormentarsi inutilmente?

Una volta giunti a destinazione, Carter capì che aveva bisogno di stare ancora un po' da solo prima di seguire i genitori, i quali si erano avviati verso l'orfanotrofio. Così, raggiunse un parco che aveva intravisto dal parcheggio e si sistemò su una panchina.

Carter adorava entrare per pochi istanti nella vita di altre persone. Sui mezzi pubblici, ad esempio, o su una panchina come quella -poco importava il posto- era solito osservare il mondo scorrere: persone di ogni sorta che andavano e venivano, vite che si incrociavano e si intrecciavano l'una con l'altra; una continua interazione di elementi singoli seppur inevitabilmente legati fra di loro.

Tra le tante persone che affollavano il viale, la sua attenzione fu catturata da due ragazze che si dirigevano fianco a fianco verso la panchina proprio di fronte alla sua. La loro gioia era così grande da essere contagiosa.

"Qualcuno ha avuto una bella giornata" pensò Carter, ancora ignaro di quanto quelle due vite fossero ad un passo dall'intrecciarsi con la sua.

Una delle ragazze aveva la pelle olivastra, i capelli neri e mossi, gli occhi verdi e luminosi. Carter la trovò molto carina.

Ma fu la sua amica a catturare completamente la sua attenzione. Carter rimase incantato dal suo sorriso. Non poté fare a meno di associarlo e compararlo a quel sorriso che ogni mattina vedeva guardandosi allo specchio, lo stesso immortalato dalle foto appese in camera sua, quello stesso sorriso che sua madre trovava così bello.

Curioso come due estranei potessero essere così simili, vero?

Carter sentì un cellulare squillare nelle vicinanze e quando capì che apparteneva alla ragazza che gli stava di fronte, si ripromise di tentare almeno di non ascoltare la conversazione. Non aveva fatto altro che fissarla negli ultimi istanti, voleva evitare di invadere completamente la sua intimità mettendosi addirittura ad origliare. Eppure, c'era qualcosa che gli impediva di concentrarsi su qualsiasi altra cosa.

Quella chiamata interruppe l'euforia che le due ragazze avevano sprigionato fino a quel momento. La "ragazza-sorriso" rispose e in un secondo la gioia si trasformò in stupore prima e in commozione poi. Teneva lo sguardo fisso sulle proprie scarpe: delle semplici Converse rosse e non esattamente nuove, che tradivano la fatica di lunghe e impervie camminate. Con una mano, accarezzava una macchina fotografica, a cui doveva tenere parecchio. Carter capì anche questo. Ciò che invece sfuggì all'occhio attento di Carter fu la cartellina rossa che la ragazza aveva appoggiato sulla panchina accanto a sé. A onor del vero, Carter la vide e nella sua mente balenò la sensazione che quell'oggetto avesse un che di familiare.

Ma prima di poter scoprire la ragione che si celava dietro a tale sensazione, il ragazzo si sentì chiamare in lontananza e, alzando lo sguardo, intravide i suoi genitori a qualche metro di distanza.

Quella visione lo catapultò tempestivamente nella sua realtà. Quando sua madre gli fece cenno di avvicinarsi, Carter si alzò e li raggiunse. La ragazza con le Converse uscì dai suoi pensieri.

C'è chi dice che la vita non sia altro che una strada fatta di salite scoscese, ripide discese ed improvvisi cambi di direzione. In tal caso, Carter stava per imbattersi in una curva repentina.

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