Nuove ambizioni - Savannah

Savannah era entrata nell'immensa aula magna dell'istituto e aveva preso posto in quarta fila: né tanto avanti da essere notata né troppo in fondo, dove avrebbe avuto difficoltà ad ascoltare attentamente ciò che veniva detto. Dopo qualche minuto di attesa, la voce di una donna iniziò a propagarsi attraverso un microfono, attirando l'attenzione dell'uditorio. Savannah capì subito che a parlare era la preside, la quale, dopo le necessarie prove tecniche con il microfono, diede inizio al suo discorso:
"È con piacere che do il benvenuto a tutti voi qui presenti! Che bello vedervi così numerosi! Io sono la professoressa Glynne, insegnante di letteratura e preside di quest'istituto. Non voglio annoiarvi, quindi eviterei altri inutili convenevoli."

Savannah apprezzò i modi schietti e diretti della preside.

"Dunque, l'incontro di oggi ha lo scopo di offrire ai più giovani la possibilità di esprimere le propri doti. Il consiglio d'istituto ha deciso di accogliere la richiesta di dar luogo a un concorso artistico. Da adesso sono aperte le iscrizioni che potranno essere effettuate presso lo stand alla mia destra. Per ogni categoria verrà selezionato un vincitore, l'artista che riuscirà a trasmettere qualcosa di sé, emozionandosi ed emozionandoci. Bene, direi di aver parlato anche troppo, spero di non avervi annoiato a morte. Non mi resta che augurare a tutti voi un buon lavoro!"
Savannah ridacchiò, rendendosi conto di aver sempre sottovalutato la preside Glynne.

Savannah era solita perdersi nei suoi pensieri, talvolta per creare una realtà tutta sua, edulcorata dalla fervida immaginazione che l'aveva contraddistinta sin dall'infanzia e da un animo riflessivo fuori dal comune.
A Savannah tornò in mente quel venerdì sera invernale di qualche anno prima, quando era arrivata la tanto agognata 'scatola dei regali', uno scatolone pieno di oggetti vari che ogni tanto qualche associazione di beneficenza donava ai bambini degli orfanotrofi. Gli altri ragazzini erano soliti preferire bambole e giocattoli, ma Savannah aveva scelto qualcosa di diverso. Un oggetto pieno di pulsanti e dalla forma assai bizzarra -queste le sue impressioni a prima vista- aveva catturato la sua attenzione.
"Si chiama 'macchina fotografica', Savannah..." le aveva spiegato pazientemente la signorina Hernandez e poi le aveva mostrato come usarla. Da lì era nato tutto, la sua passione, il suo essere.
Anni dopo, Savannah continuava ad interrogarsi su cosa l'avesse spinta a scegliere quell'oggetto. Forse non ne avrebbe mai scoperto il motivo, ma di una cosa era certa: non avrebbe potuto fare scelta migliore. Strinse fra le mani la sua cartellina rossa e si lasciò scaldare a quel ricordo.

*

Finalmente arrivò il suo turno. L'uomo dietro al bancone aveva l'aria gentile e pacata: riuscì a trasmetterle serenità persino in un momento come quello. Pensò che fosse come uno di quei nonni dei telefilm, quelli che hanno sempre una caramella nella tasca per i nipotini. La voce del signore la risvegliò dai suoi pensieri.
"Lei è...?"
"Johnson. Savannah Johnson."
"Bene, signorina Johnson. In quale categoria vuole iscriversi? Fotografia, immagino." Fece un cenno, indicando la Canon che Savannah teneva appesa al collo.
"Fotografia. Ha indovinato."
"Benissimo. Attenda solo un attimo." Digitò velocemente qualcosa sulla tastiera del computer che aveva davanti e prese un foglio lungo e stretto che era appena uscito dalla stampante alle sue spalle. "Questo è il suo identificativo." Le disse porgendole un tagliando con dei numeri sopra. "Mi raccomando di non perderlo. Nella bacheca qui fuori sono affissi la data e la sede in cui dovrà presentarsi per consegnare le sue opere."
"Perfetto. Grazie, grazie mille signore. Arrivederci e buona giornata."
L'addetto ricambiò il saluto muovendo il capo e si dedicò al candidato successivo.

Savannah uscì dall'aula magna, tenendo stretto il suo tagliando. Gli occhi le brillavano dalla gioia: avrebbe finalmente mostrato la sua arte, la sua passione, qualcosa che era solo suo. Questa era anche la cosa che la terrorizzava maggiormente. Avrebbe esposto una parte di sé che il mondo aveva sempre ignorato. In quelle foto c'erano i suoi ricordi, le sue emozioni, i suoi sorrisi, le sue lacrime. Stava condividendo il suo lato sensibile e vulnerabile, il lato che fino a quel momento aveva celato.
Ma questa paura l'aveva frenata per troppo tempo: ormai aveva deciso di rischiare, di mettersi in gioco e non sarebbe più tornata indietro.
La bacheca era nel corridoio principale dell'istituto, fuori l'aula magna, come le era stato indicato. La tabella affissa indicava centinaia di identificativi, semplici numeri, dietro ai quali però Savannah, ragazza affatto superficiale qual era, scorse altrettanti ragazzi che molto probabilmente avevano, come lei, fame di un'opportunità per esprimere loro stessi nel miglior modo che conoscessero: l'arte.

"È qui la tabella per il concorso?"
Una voce squillante fece sussultare Savannah, tutta assorta nei suoi pensieri.

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