Dopo la tempesta - Carter

Un raggio di sole si infilò in una piccola fessura tra le tende, irradiando la stanza che fino a quel momento era stata immersa nel buio. Carter aprì lentamente gli occhi, impiegando qualche secondo per fare mente locale. Ah sì, ora ricordava. Era crollato nel suo letto la sera prima, dopo la scoperta che aveva finalmente illuminato il terrificante buio dell'ignoto.

Aprendo la finestra, notò che il temporale del giorno precedente sembrava non esserci mai stato: le cupe nuvole dense di pioggia, il tremolante fischio del vento, l'acqua che scendeva incessante... tutto sparito. Solo qualche pozzanghera, qua e là, a testimoniare miseramente il passaggio dell'animo prepotente e selvaggio della natura. Adesso il sole splendeva alto, deciso ad affrontare un giorno nuovo. Carter avrebbe fatto lo stesso.

Uscendo dalla stanza, si fermò a contemplare le foto appese ai muri del corridoio. Il suo primo giorno di scuola, la vittoria delle gare di spelling, il diploma. Carter riconobbe che, dietro a tutti quei piccoli successi, si celavano i suoi genitori, sempre lì a sostenerlo. Sì, i suoi genitori. Anche se non erano le persone che lo avevano messo al mondo, erano senza ombra di dubbio quelle che gli avevano insegnato ad affrontarlo. Contava questo.

Entrò in cucina, dove li trovò in un evidente stato di apprensione. Rachel, vedendolo, mormorò che era tanto dispiaciuta per quello che era successo e che... Carter non le lasciò neanche finire la frase, precipitandosi tra le loro braccia.
"Vi voglio bene."
I coniugi si sentirono decisamente più sollevati vedendo la reazione di Carter e lo strinsero in un abbraccio.

*

Ristabilita l'armonia in famiglia, il passo successivo fu un ulteriore confronto. Le domande di Carter non erano finite.

"Iniziamo da una facile: quanti anni avevo quando mi avete, insomma, portato a casa?"

"Quasi cinque. Ho in mente quel giorno come se non fossero passati che pochi istanti."  L'emozione nella voce di Rachel palesava quanto caro fosse per lei quel ricordo.

Carter sorrise e prese atto della risposta, stupito da quanto poco ricordasse dei suoi primi anni di vita. Esitò prima di formulare la domanda seguente. Da quando aveva scoperto di essere stato adottato, continuava a chiedersi perché fosse stato abbandonato. Insomma, cosa poteva aver mai fatto un bambino di cinque anni di così brutto da volersene sbarazzare?

"Dei miei genitori biologici si sa qualcosa?"

Un sospiro precedette la risposta. "Si chiamavamo Walter e Celia Johnson, entrambi erano insegnanti."

I Barrymore si scambiarono uno sguardo contrito, poi Rachel proseguì.

"Sono morti in un incidente d'auto mentre tornavano dal lavoro. Mi dispiace, piccolo."
Un iniziale turbamento fu rimpiazzato da un'ombra di sollievo nell'espressione di Carter.

"Quindi non mi hanno abbandonato?"

"No! A quanto ci è stato detto erano delle brave persone e vi volevano tanto bene."

"Ci volevano?"

Ethan prese la parola.

"È di questo che hai sentito parlare me e la mamma. L'altro giorno, abbiamo ricevuto dall'orfanotrofio una lettera contenente diversi documenti. Adesso li vado a prendere, così puoi dare un'occhiata tu stesso."
Dopo qualche istante, il padre fece capolino con un plico di fogli che porse a Carter.

"Savannah Johnson? Io non..."

"È tua sorella, Carter. I vostri dati sono stati catalogati erroneamente nei database, perciò siete stati separati e mandati in due orfanotrofi diversi."

"Mia sorella" sussurrò Carter portandosi le mani alla bocca. Il silenzio che seguì fu carico di emozione. "E dove si trova adesso?"
Aveva una sorella e per tutto quel tempo l'aveva ignorato! Non riusciva a concentrarsi su nient'altro.

"In un orfanotrofio qui vicino, a Ridgewood."

"Andiamoci!" Queste parole uscirono violentemente dalla sua bocca, senza neanche dargli il tempo di riflettere.

"Beh, possiamo chiamare l'istituto e poi..."

"No!" Ancora una volta, Carter rispose d'impulso. "Voglio dire, non lo so."

Lo sguardo dei genitori da perplesso si fece comprensivo.

"Certo, una cosa alla volta."

Carter era sotto shock. L'idea di andare a Ridgewood lo terrorizzava. Il pensiero di non andarci lo pietrificava.

*

Poco dopo Carter stava armeggiando con il computer. Tenersi impegnato era l'unico modo per non soccombere alla sensazione che fosse tutto frutto della sua fervida immaginazione. Gli servivano altre conferme tangibili.

Raccolse qualche informazione su Ridgewood, per poi spostare l'attenzione sull'orfanotrofio dove lui e sua sorella erano stati da piccoli.

La ricerca portò i suoi frutti: trovò le foto dell'orfanotrofio e improvvisamente un cassetto impolverato della sua memoria fu completamente scoperchiato. Riuscì ad isolare delle immagini mentali ricorrenti negli anni, che ora era in grado di catalogare come flashback: una grande stanza con la carta da parati ingiallita, una camerata piena di letti, numerosi bambini tutti insieme. Poteva rievocare persino alcuni profumi di quel posto.

Ad un tratto, Carter si sentì pronto per partire alla ricerca di una certa Savannah, la costante nei suoi "nuovi" ricordi.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top