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Il dottor Elisa Ricci uscì dal laboratorio e sotto una pioggia finissima, s'incamminò lungo la via coprendosi la testa con il cappuccio. Era quasi mezzogiorno e c'era un discreto movimento di persone per la strada nonostante il freddo e la pioggia. Percorse tutto il marciapiede arrivando in fondo alla via, dove all'angolo spiccava l'insegna di un McDonald. Doveva mangiare qualcosa, aveva già saltato la cena la sera prima. Stava per attraversare quando sentì chiamare il suo nome «Elisa»

Si girò vedendo l'auto ferma a qualche metro di distanza. Dal finestrino tirato giù compariva il viso sorridente dell'ispettore Massimo Ricciardi

«Massimo» stringendosi nelle spalle per ripararsi dal freddo e dalla pioggia

«Stavo venendo da te per chiederti una cosa» l'uomo si allungò ancor di più per parlare

Lei indicò il locale difronte «stavo andando a mangiare un panino»

Lui alzò un sopracciglio «lì?» chiese

Lei sorrise «che hai contro i Mc? Si spende poco e si mangiano i giusti grassi»

Massimo scosse la testa «non posso lasciarti sola ad affrontare quel cibo pericoloso» spegnendo l'auto e scendendo.

Si incamminarono insieme verso l'entrata «sei un vero cavaliere ispettore» lo prese bonariamente in giro

«Che non si dica che in questa città la polizia lascia sola una donna a combattere contro quei grassi malefici» sorrise

***

«Dobbiamo muoverci se arrivo in ritardo mia mamma mi ammazza» Marco era davanti a fare l'andatura

«Tranquillo che arriviamo per il suono della campanella» rispose Giuliano anche se sapeva che la campanella aveva già suonato. Non si erano accorti del tempo trascorso impegnati a recuperare legni e rami per la capanna.

«Tua mamma non c'è a casa quando rientri, la mia mi fa il terzo grado se ritardo di un minuto» continuò Marco

Erano usciti dal bosco ed erano ormai rientrati nel paese. In fondo alla strada che stavano percorrendo, vedevano la piazza e, svoltando a sinistra, la via dove a circa un chilometro c'era la scuola.

«Cazzo» Amedeo si fermò portandosi una mano alla fronte. Gli altri due si girarono «ho lasciato il cellulare al capanno» disse ricordandosi di averlo poggiato su un tronco vicino al masso dov'era seduto

«Io non torno indietro» Marco alzò le mani «sto già rischiando di non uscire più per una settimana»

Amedeo si girò «vado a riprenderlo» disse ritornando indietro

Giuliano guardò Marco «non possiamo lasciarlo da solo»

«Io devo correre a casa» sembrò giustificarsi

«Ci mettiamo al massimo venti minuti»

«No, no non mi interessa, se vuoi vai tu con lui» sentenziò Marco «io vado» e girandosi proseguì lungo il marciapiede

Giuliano rimase qualche istante interdetto, fermo a metà tra i compagni che andavano in due direzioni opposte.

Marco era già arrivato alla rotonda mentre Amedeo, attraversata la statale, era scomparso lungo il sentiero tra gli alberi del bosco.

***

Avevano pranzato con due porzioni di patatine e hamburger doppi. Elisa aveva ordinato mezza naturale Massimo una birra piccola

«Non sei in servizio?» chiese lei sorridendo mentre lui sorseggiava la bevanda

«Colto in flagrante» ammise lui con circospezione «spero non vorrai denunciarmi» disse con lo sguardo dolce

«Mi sembra di averti già detto che non sono perfetta» si piegò sul tavolinetto avvicinandosi a lui «sarà un nostro segreto» sussurrò

«Grazie» gli sorrise ancora

Elisa si rialzò contro lo schienale dello sgabello. Dai finestroni leggermente appannati si vedeva la pioggia che continuava a cadere su una città grigia e fredda.

«Cosa volevi chiedermi?» sistemandosi la ciocca che le era caduta sul viso

«Sul tuo rapporto si parla di Disopiramide e Atenololo» disse «ho trovato un sito dove è possibile acquistarle, ma su quello stesso sito ho trovato altri medicinali simili e mi chiedevo perché proprio quelli?»

«Non saprei risponderti a questa domanda» ammise lei

Lui non rispose ma sembrava riflettere

«Cosa pensi?» chiese Elisa, dopo qualche istante, spezzando quel silenzio

«Vado a sensazione» disse Massimo come a volersi difendere da una castroneria che stava per dire «è possibile che usi quei medicinali e non altri perché li conosce e sa come dosarli?»

«Se la tua sensazione resta ferma a quella di un medico come possibile autore degli omicidi, ti stai però contraddicendo» rispose lei «un medico potrebbe usare anche altri farmaci simili ne conosce gli effetti»

Massimo sospirò «hai ragione»

Lei vide il leggero sconforto negli occhi dell'uomo «cosa ti tortura?»

Lui sospirò «voglio prenderlo» disse con decisione e rabbia che non sfuggì a Elisa

«Tutti lo vogliamo»

Lui si sistemò sulla sedia «mio fratellino morì in un incidente quando aveva otto anni e rivedere tutti quei corpi in quel cimitero mi ha acceso una rabbia che non riesco a spegnere» disse lui con sincerità

Lei sorrise leggermente per tranquillizzarlo «mi dispiace, ma non lasciarti accecare dalla tua rabbia e continua a dar retta al tuo intuito, se credi sia un medico insegui questa pista ma lasciati però aperte altre possibilità»

Lui riprese la bottiglia di birra «è che non abbiamo nulla» e portandosela alle labbra la sorseggiò

«Dobbiamo scoprire l'identità di quei corpi, solo così forse possiamo trovare un nesso tra quelle morti»

Lui la guardò «tu credi ci sia un nesso?»

«Un killer seriale non colpisce a caso, le vittime le sceglie, le cerca perché hanno un valore per lui, hanno uno scopo» si spostò sulla sedia «quasi sempre alla base del modo di agire di un omicida seriale si ravvisano componenti sadiche legate al suo passato. Le vittime per lui non sono persone ma oggetti che servono al suo scopo»

«E quale sarebbe lo scopo?»

«Farlo sentire onnipotente ad esempio, farlo sentire un Dio. Solo lui può decidere la vita e la morte. Attraverso l'uso sadico della vittima lui riesce a trovare piacere» disse Elisa «ma non il piacere fine a sé stesso come lo intendiamo noi, non è legato solo all'atto sessuale. Spesso si riconosce nella vittima, nelle sue mancanze, come l'incapacità di raggiungere una relazione matura ad esempio o le sue paure. La violenza che pratica su quei corpi allora è solo la scoperta di un possibile contatto con le vittime e attraverso loro con il resto del mondo» sospirò «uccidere lo rende parte di qualcosa, lo rende onnipotente»

«Quindi se non uccide è un emarginato?»

«Sì, ma solo nella sua mente. Nella realtà non lo vedrai mai aggirarsi da solo nelle strade, lui è spesso il vicino della porta accanto, quello al quale lasceresti tuo figlio se necessario, quello su cui metteresti la mano sul fuoco»

«Folle» scosse la testa

«No!» rispose lei «ti sembra folle, invece la sua mente è lucida, lui sa perfettamente cosa vuole e come fare»

«Non ti sembra di esagerare?» chiese lui «sembra che tu lo stia venerando»

«No Massimo dico solo come sono i fatti, è lucido, non ha lasciato impronte, nessun indizio, niente che possa legarlo a quel cimitero, nulla che ci dica qualcosa di lui, nulla» si avvicinò a lui «tranne...» sussurrò

«Cosa?» spalancando gli occhi lievemente. Era curioso

Lei sollevò leggermente lo sguardo, anche se era lì di fronte a lui sembrava però essere da un'altra parte. Massimo notò che era persa nei suoi pensieri

«Si siede a guardarli» disse con un sussurro Elisa «resta lì fermo a guardarli morire, e questo gli dà talmente piacere che ne prolunga l'agonia» riportò nuovamente lo sguardo su di lui «devi scoprire perché rallenta la morte di quei bambini» si ritirò su riprendendosi da quella specie di trance momentanea «se scopri il perché, scopri anche chi è l'assassino» aggiunse

© Dan Ruben

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