Capitolo 7 - Grace

La mia vita sembrava procedere verso uno stato di equilibrio. Leonard cresceva bene, Tristan era un buon compagno, e io una madre discreta. Le mie crisi sembravano essersi attenuate. Non avevo avuto nessuna depressione post parto e nemmeno per via del mio bipolarismo, tutta me stessa era concentrata su mio figlio. Passavo tutto il tempo con lui, lo osservavo muoversi, ridere, crescere velocemente, lo tenevo sempre vicino a me come se da un momento all'altro potessi andare via. Lo portavo con me ovunque, non lo lasciavo mai nemmeno con i nonni o con qualche baby sitter, per questo non andavo più a lavoro e Tristan cercava di mantenere tutti e tre senza lamentarsi.

Un giorno decisi di fare una passeggiata più lunga e andammo in un supermercato diverso dal solito per comprare degli omogeneizzati. Fu lì che lo vidi, mentre si rigirava tra le mani due bottiglie di vino e le guardava con indecisione. Aveva un aspetto totalmente diverso, irriconoscibile. Eppure io sapevo bene com'era fatto, era impossibile che mi fossi sbagliata. Sbattevo gli occhi incredula tenendo Leo stretto al petto e continuavo a osservarlo. Mi chiedevo perché avesse attuato un cambiamento così drastico sulla sua persona e perché non mi avesse mai cercata.

Cambiò tutto. Mi resi conto che mi odiava. Eppure in quel momento sembrava sereno, per niente accecato dal rancore. Non sapevo da quanto tempo si fosse risvegliato, non avevo mai smesso di pensare a lui ma non avevo osato andare a cercarlo. Non potevo. Prima che si girasse scappai e uscii dal negozio. Avevo paura che mi guardasse negli occhi e mi riconoscesse. Tornai a casa e non fu mai più lo stesso.

Quel breve incontro aveva solo aizzato il fuoco dentro me, un sentimento che non si era mai assopito. Sapere cosa facesse diventò un'ossessione, così iniziai a pedinarlo. Scoprii dove lavorava e dove abitava. Restai allibita. Non mi spiegavo del perché si nascondesse nella nostra soffitta. Forse aveva paura che tornassi lì e non voleva vedermi, pensai.

Non ho mai perdonato a me stessa ciò che ho fatto alla nostra famiglia, più sua che mia. Infondo essere orfani non è una novità per me, sono cresciuta con questa sensazione. Ma per lui tutto doveva essere spaventosamente triste. Non mi sarei stupita se avesse voluto morta anche me. Ma se mi avesse amata abbastanza forse ci avrebbe messo una pietra sopra. Forse avremmo potuto ricominciare senza preoccupazioni, stavolta.

L'idea di quell'amore non realizzato non mi lasciava andare. Pensai davvero di rovinare la mia famiglia per inseguire Roy, finchè non successe davvero. Più questo desiderio dentro di me cresceva nutrito da speranza e illusioni, più mi allontanavo da Tristan. Solo Leo restava al centro delle mie attenzioni.

Ci separammo, portai Leo a vivere con me in un appartamento preso in affitto. Vivevamo con il mio lavoro da donna delle pulizie in un Hotel; era grande e facevo parecchi soldi con cui potevo mandare Leo a l'asilo.

Tenendomi a distanza continuavo a spiare Roy, le sue conversazioni e le sue amicizie. Da un po' lo vedevo preso da una donna che scoprii essere il suo capo anche se ogni settimana ne aveva una diversa. Pensai che era un modo per distrarsi dal dolore e non ci feci caso più di tanto.

Mi accorsi che la nostra casa era stata comprata da degli estranei. L'aveva messa in vendita lui e per questo stava in soffitta? Non avevo modo di scoprirlo, fin quando un giorno sentii qualcuno chiamarlo con un nome diverso: Davis. Aveva cambiato identità anche lui? Perché farlo, se non aveva alcuna colpa dell'accaduto?

Volevo sapere di più, ma nei giornali o su internet non c'era scritto niente di importante, il caso dopo tutti quei mesi era stato archiviato e nessuno ci pensava più, non potevo nemmeno tornare nel mio perché sicuramente mi avrebbero riconosciuta.

Per giorni restai immobile a osservare gli eventi. Ero a un vicolo cieco, non sapevo come proseguire. Ma poi successe qualcosa di diverso. Il modo in cui lui guardava quella ragazza non mi piaceva. In un modo o nell'altro erano sempre insieme, scherzavano, si sorridevano. Scoprii che era una studentessa del San Francisco State University perché una mattina la seguii quando uscì di casa.

Era innamorato di una ragazzina molto più piccola di me, poco carina, e con un pessimo gusto nel vestire. Cosa lo aveva colpito di lei? Avevo un solo modo per scoprirlo, dovevo diventare sua amica e per farlo iscrivermi anch'io in quell'istituto.

Dovetti rubare i fondi dell'università per pagare la retta. Avevo esperienza in questo tipo di cose perché Roy mi aveva insegnato come fare, era lo stesso di dover rubare all'autogrill. Si creò un po' di trambusto ma bastarono per pagare l'iscrizione, l'affitto dell'appartamento e nuovi vestiti per me e Leo.

Riuscii a scoprire molte cose su Nora grazie ai suoi amici, lei con me non parlava mai perchè per un motivo sconosciuto le stavo molto antipatica. Forse i nostri caratteri erano semplicemente incompatibili. Mi chiedevo spesso se Roy le avesse parlato di me, se avesse mai visto una vecchia foto, se sarebbe stata gelosa nello scoprire che quella ragazza ero proprio io. Ma sapevo anche che era abbastanza riservato e probabilmente non le aveva detto nulla.

Più di una volta avrei voluto dirle la verità, farle aprire gli occhi. Stava vivendo una bugia, ero convinta che se fossi apparsa nella loro vita improvvisamente, sicuramente l'avrei rovinata. Ma i miei sospetti erano infondati e se un giorno non mi fossi decisa a confidarmi con Agnes, non lo avrei mai capito.

Avevo una vicina di casa molto gentile, che spesso si era occupata di noi dopo la morte della signora High. Agnes non aveva mai avuto dei figli, perciò ci voleva bene come fossimo suoi. Sapevo che di lei avrei potuto fidarmi, così un giorno decisi di bussare alla sua porta. Non mi riconobbe subito, finchè non fui io a confessare. Restò scioccata e mi abbracciò. Tutti pensavano fossi morta anche se nessuno aveva mai trovato il mio corpo.

Quando vide Leo avvolto nel mio cappotto scoppiò a piangere. Le raccontai tutto, o quasi. Come previsto si offrì di badare a lui quando io ero all'università e non potevo prenderlo a l'asilo.

Ma Agnes aveva un atteggiamento strano, come se nascondesse qualcosa. Ebbi il sospetto che volesse dire alla polizia che io avevo provocato l'esplosione, anche se non lo avevo mai ammesso. A lei ho sempre detto che non mi spiegavo come fosse successo, che anche per me era stata una disgrazia. Il suo problema però non era questo, un giorno si decise a rivelarmi che aveva notato un'ombra che di notte aggirava il giardino della mia vecchia casa. Sapevo si riferisse a Roy ma non dissi nulla. Incuriosita, la sera seguente si appostò nascosta con un cannocchiale e vide che questa si intrufolava nella soffitta dalla finestra e così per molto tempo. Pensò che probabilmente era un barbone che viveva lì.

Era decisa a chiamare la polizia, quando un giorno lo vide passare e lo riconobbe. Era Roy, non c'era altra spiegazione. Chiese di lui alla clinica in cui era ricoverato e scoprì che l'aveva lasciata mesi fa. Eppure la casa era in vendita, aveva visto nostro zio ristrutturarla e portare via tutte le nostre cose. Non si spiegava perché si nascondesse lì dentro. Le venne in mente che non aveva più una casa, forse era questo il motivo.

Si impietosì così tanto che si fece coraggio e gli andò a parlare. La mattina presto lo seguì fino al locale in cui lavorava e prima che entrasse lo chiamò. Lui si fermò un attimo ma non si girò e continuò a camminare. Non voleva accusarlo di niente, solo offrirgli un tetto sotto cui stare, infondo sapeva che fosse un bravo ragazzo. Lo fermò per il braccio e lui la guardò sorpresa. Le disse che era Agnes, la sua vicina di casa, ma dal modo in cui le rispose capì che non ricordava niente.

Roy aveva perso la memoria. Per questo aveva cambiato identità, non ricordava niente e probabilmente voleva scoprire di più sulla sua famiglia, per questo si ostinava a restare lì. Ma chi meglio di me avrebbe potuto ricordargli chi era?

Ero felice, sapevo che dentro di lui quell'amore per me c'era ancora. Non poteva sparire così, dovevo solo spiegargli tutto. Se mi avesse guardata negli occhi per davvero, forse avrebbe capito. Forse una marea di immagini sarebbero comparse nella sua mente tutto d'un colpo, come succede nei film.

Ma quelle fantasie restarono tali, perché la prima volta che ci incontrammo mi guardò di sfuggita, senza soffermarsi abbastanza su di me. Non gli importava, era troppo preso da Nora. Era lei il problema, e non sapevo come disfarmene.

Anche quando mi presentai, mi sembrò di scorgere qualcosa nella sua espressione. Ma era solo un'illusione, lui non ricordava. Non sapeva chi ero, non gli piacevo più. Anche quando gli chiesi di ballare a quella festa lui era chiaramente a disagio. La sua stretta era lenta e i suoi occhi cercavano quelli di lei, neppure mi ascoltava.

Non volevo crederci, per volerlo vicino a me a tutti i costi lo avevo allontanato per sempre. E non per sua volontà, non aveva nessuna colpa, non era nemmeno consapevole. Questo faceva più male di ogni cosa, il fatto che dentro di lui forse ancora mi amava eppure non poteva ricordarlo.

Dovevo dirglielo. Se avessi aspettato ancora chissà come sarebbero proseguite le cose. Magari lui sarebbe stato così innamorato di Nora che se anche si fosse ricordato di me, non mi avrebbe amata più per davvero. E a quel punto non ci sarebbe stato più niente da fare.

Per puro caso vidi che era ricoverato nell'ospedale in cui faceva tirocinio. Il destino era dalla mia parte. Decisi di andare a parlargli e dalla cartella clinica capii che aveva problemi legati alla sua amnesia. Avevo studiato bene da sapere che gli effetti potevano manifestarsi per mesi, e nei casi più rari anche per un anno. Ma Roy era arrabbiato per via di quello che era successo in presidenza.

Proposi di andare a prendere un caffè per chiarire. Stavolta eravamo da soli e sembravamo in sintonia perché non c'era l'influenza di Nora nelle vicinanze. Parlammo di molte cose e mi rivelò che lavorava in nero e aveva pochi soldi. Non era arrabbiato per il mio gesto, ma perché avevo coinvolto la sua ragazza.

Fu lui a propormi un secondo furto, infondo avevamo un problema in comune. Anzi, molti di più.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top