Capitolo 21 - Davis
Grace mi guarda piena di un desiderio rimasto sopito per anni, con quegli occhi lucidi che una volta mi piacevano tanto.
Ricordo ogni sensazione, ogni emozione che provavo quando eravamo l'uno di fronte all'altro, come adesso. Eppure quello che provo ora sembra solo la copia sporca di quei ricordi, qualcosa che non sarà più autentico come prima, macchiato di sbagli e sofferenza.
Invece di seguire la curva del suo corpo disteso su quel divano, la mia mano scatta veloce sul suo collo. Sorpresa sussulta, non si aspettava che la situazione precipitasse così.
«Ma che fai?» chiede con voce spaventata. Cerca di dimenarsi ma la mia presa è salda, il mio sguardo duro. In questo momento sento fluire in me tutto l'odio che avevo tenuto nascosto.
«Non capisci che hai rovinato tutto?»
«Ma io pensavo...» sta per piangere di nuovo. E' incredibile come sia diventata fragile, una volta riusciva a tenermi testa.
«Tu, pensavi. Tu. Esci da quel finto mondo, te lo dico per l'ultima volta.» Stringo ancora di più. Non voglio strangolarla, non farei mai del male a una donna, voglio solo spaventarla.
«La verità è che tu non ricordi tutto, altrimenti non mi tratteresti così.»
Lascio la presa e scoppio in una risata. E' troppo sicura di sé. «Oh, ricordo eccome. Proprio per questo so per certo che da parte mia non c'è più niente. Devi smetterla di fare così. Devi aprire gli occhi. Hai rovinato la mia vita, quella dei miei genitori, di Tristan, ma Nora non c'entrava niente!» alzo la voce.
Il suo sguardo guizza verso il corridoio, teme che il figlio venga a controllare cosa sta succedendo. La sua espressione si indurisce di colpo. «Veramente mi sembra che abbia iniziato tu a prenderla in giro.»
«Tu non sai niente.» digrigno i denti. «Per quanto ti sforzi, non potrai mai sapere niente. E' finita.» Scandisco bene queste ultime parole e imprimo bene questa scena nella mia memoria prima di girarmi e andare verso la porta.
«Aspetta...» corre verso di me e si mette davanti alla porta per impedirmi di aprirla. E' disperata e non credo stia ancora fingendo. Conosco quel tono di voce. «Possiamo chiarire le cose, almeno.»
La spingo di lato e apro la porta richiudendola con forza. Ero venuto qui in cerca di qualche risposta e per consigliarle di salutare per l'ultima volta suo figlio. La situazione è precipitata ma per fortuna ho ripreso il controllo.
La sensazione che ho provato mentre mi baciava non era reale, la mia mente ha ricostruito ciò che provavo una volta. Ma quando ho realizzato ciò che era appena successo, cosa lei pensasse di ottenere, non sono più riuscito a controllarmi.
Oggi mi chiedo come abbia fatto ad assecondare tutti i suoi capricci, a essere il suo burattino per tutti quegli anni. Ho sprecato così tante possibilità per rendere felice lei, ho lasciato da parte me stesso, i miei amici. Solo perché credevo a un solo destino e pensavo che l'amore viene a cercarci solo una volta.
Ho sempre creduto che il vero amore non avesse fine, ma a volte succedono determinati eventi che ci fanno finalmente capire che persona orribile abbiamo davanti. E allora si, che può finire. Perché ci si stanca, o semplicemente si aprono gli occhi. L'amore ci rende cechi, ci nasconde un mucchio di cose che non vogliamo vedere.
Se non ci fosse stata quell'esplosione, quel giorno, se io fossi partito, probabilmente sarei tornato ancora da lei. Tutt'oggi sono convinto che mi avrebbe aspettato e tutta la mia vita avrebbe continuato a girare intorno a sua e alla malattia da cui era affetta.
Perdere la memoria mi ha fatto capire che è stato possibile dimenticarmi di lei per un secondo e andare avanti. Ricordare tutto invece, mi ha fatto capire che avrei preferito restare all'oscuro, perché senza il suo ricordo ero finalmente sereno. Amavo una ragazza vera, normale, avevo una vita difficile ma piena di amici, di affetto.
Grace trova sempre il modo di rovinare tutto, anche indirettamente. Per quanta pena provi per lei, per il suo vissuto, non posso fare a meno di odiarla per aver rovinato anche me. Io non voglio affondare insieme a lei, non me lo merito.
Tiro fuori dalla tasca il cellulare e vedo che sta ancora registrando. Pigio su stop e salvo l'audio. Sono così elettrizzato per aver portato a termine questa impresa che quasi non piango.
Fermo un taxi e mi faccio riportare a casa di Charlie. Domani sarà un bel giorno.
-
«Grazie per avermi accompagnato fin qui.» apro lo sportello della macchina.
Charlie mi rivolge un sorriso. «Di niente.»
Non ho avuto scelta, gli ho raccontato tutto. Forse Alex non è affidabile, ma Charlie sembra di sì. Considerando a tutti i casi successi qui in America non è rimasto per nulla sconvolto, questo è niente a confronto.
Prima mi sentivo energico, ma adesso che il momento clou si avvicina sto perdendo ogni certezza. Ho fretta di andare, come se d'un tratto potesse succedere un'altra disgrazia che mi impedisse di portare a termine questo compito.
«Ma sei sicuro di volerlo fare?»
«Certo.» rispondo senza pensarci due volte. «E' la cosa giusta.»
Charlie annuisce. «Mi parcheggio più in là e ti aspetto in macchina.»
Lo ringrazio e chiudo lo sportello. Se non avessi avuto lui, non so dove sarei rimasto tutto questo tempo. Forse sarei tornato da Peyton o avrei cercato un altro posto abusivo.
Salgo di corsa la scalinata ripida. Sento un'aria di rivincita, di potere. Per la prima volta sarà lei a perdere.
Apro la porta e guardo i numerosi poliziotti che si aggirano da ogni lato della stanza, ognuno è occupato a risolvere il suo compito e nessuno fa caso a me. Mi viene in mente il sogno che ho fatto mentre ero in coma, quando sono stato arrestato e interrogato e al pensiero che dovrò vivere davvero una situazione simile mi sento inqueto. Mi faccio coraggio e mi avvicino al centralinista.
«Buongiorno, mi dica.» l'uomo davanti a me non alza gli occhi dai fogli che sta compilando.
Esito un attimo e poi parlo tutto d'un fiato: «Sono qui per denunciare un doppio omicidio.»
Finalmente ho tutta la sua attenzione.
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