Capitolo 19 - Nora

Sono già stata addestrata per questa situazione, so già come ci si sente a essere lasciati in sospeso. E' la seconda volta che Davis scappa dalle sue responsabilità e mi chiude fuori dalla sua vita. La prima volta come ha detto lui lo ha fatto per me e potrei pure crederci, visto che oggi conosco le vere motivazioni. Ma adesso? Adesso non ci sono scuse.

Proprio ora che finalmente mi ha detto la verità, proprio ora che si era fidato e aveva messo da parte la paura, se n'è andato di nuovo. E lo ha fatto per colpa della mia reazione, perché è troppo egoista per tenere sulle spalle tutta la mia rabbia e la mia sofferenza, perché è troppo orgoglioso perché lasci che io mi vendichi.

E' vero, non potevo starmene in silenzio e accettare tutto con facilità. Il mio risentimento doveva pur fuoriuscire in qualche modo o sarei scoppiata. E adesso che lui se l'è data a gambe sto ancora peggio. Sono così fuoriosa che non riesco nemmeno a piangere.

Forse è così che mi immagina, triste e in lacrime perché mi ha lasciata dopo avermi chiesto di sposarlo. E probabilmente ne va fiero, sadico per com'è. Stringo i pugni. Se il Davis che ho conosciuto io è la parte reale di quell'anima, allora non sarebbe felice a pensarmi in quel modo.

Davis si preoccuperebbe per ciò che mi ha fatto e sarebbe qui a proteggermi. Anzi, in questo momento starebbe comprando un anello e poi busserebbe alla porta chiedendomi di nuovo la mano.

Scuoto la testa. Queste cose accadono solo nei film, o peggio, nella mente delle donne. Gli uomini non sono così sensibili. E in caso contrario, sono molto rari.

Mi impongo di non pensare ai nostri di notte, alle nostre conversazioni profonde, le nostre carezze in penombra, illuminati solo dalla luce esterna. Sembrava così vivo, così profondo. Era tutto così vero e allo stesso tempo finto. Perché non l'ho capito subito?

Eppure continuo a pensare che non sia tutta colpa sua. Quell'incidente gli avrà provocato un trauma, lo ha reso instabile. La colpa è di Camilla, di Grace, della donna che lo ha rovinato. Non merita di frequentare l'università, di vivere una vita normale e tranquilla, di portare suo figlio al parco, rovinare anche la mia vita, Meriterebbe l'ergastolo.

Sono contenta di aver raccontato tutto ad Aubrey, se non mi fossi confidata con lei sarei affogata nella mia ansia. A volte avere qualcuno che ti consigli fa bene a tante cose, anche se non sai se puoi fidarti. Ma questo non importa, potrebbe tradirmi ma non sarebbe mai peggio di quello che Davis mi ha fatto.

Mi alzo dal letto e vado in cucina seguendo il rumore di piatti e stoviglie. Per un attimo temo che sia lui e sono già pronta a fargli una sfuriata. Le ginocchia mi tremano e io continuo a ripetermi di smetterla, di essere forte.

«Nora.»

Lascio andare un sospiro di sollievo. «Avevo dimenticato che fossi rimasta a dormire qui.»

Aubrey mi fissa divertita e scuote la testa. Noto che il tavolo è apparecchiato con cappuccino e toast caldi. «Che carina, grazie.»

«Dopo quello che hai passato mi sembra il minimo.»

Ho una fitta allo stomaco ripensando a ieri, quando lui ancora era in questa casa. Aubrey se ne accorge e si scusa.

«Ma no.»

«Bene, quando tornerà continueremo con la nostra vendetta.»

Sorrido amaramente. «Non tornerà.»

«E come lo sai? Non dire sciocchezze.»

«Lo so.» dico più seria che mai. «Certe cose si sentono.»

Aubrey non insiste, forse ha capito che ha ragione ma infondo vorrei sbagliarmi.

«Allora... visto che abbiamo toccato il tasto dolente volevo dirti una cosa.»

«Devo preoccuparmi?» Prendo la tazza e inizio a sorseggiare restando in piedi di fronte a lei.

Sorride dolcemente. «Nora di me puoi fidarti, davvero. Non ci crederai ma sono così onorata dal fatto che tu mi abbia raccontato parte della verità. Io lo avrei subito detto a qualcuno al tuo posto, ma tu hai avuto la forza di tenerti tutto dentro quindi capisco che dirmelo abbia richiesto un grande sforzo e soprattutto che non resistevi più. Mi dispiace, tu non dovresti sentirti così, nessuno dovrebbe. Ancora non ci credo.»

Ho gli occhi lucidi. Poggio la tazza sul tavolo e vado ad abbracciarla. Non l'ho mai fatto prima e mi sembra così strano e nuovo, il suo profumo fruttato, la forma del suo corpo, i suoi capelli morbidi sul mio viso. «Anche la mia migliore amica mi ha tradita.» rispondo d'istinto.

Aubrey non si stacca. «Si, anche a me. Forse è d'obbligo. Non ti chiedo di fidarti completamente di me, né che tu mi creda. Ma se avrai bisogno di parlare con me, di sfogarti senza alcun impegno e senza pensare che potrò tradirti anch'io potrai farlo quando vorrai.»

Annuisco. «Grazie.»

-

Andare all'università in macchina è una comodità. Prendere i mezzi pubblici è scomodo e stressante e si rimane sempre in piedi accalcati tra gente che se va bene ha un buon odore e non si appoggia completamente a te. Inoltre puoi scegliere la stazione radio.

Aubrey e io ci dividiamo davanti al portone, andiamo in due direzioni diverse. Non le ho ancora raccontato di Camilla ma lo farò presto. Spero di non incontrarla oggi, non la vedo da quando l'ho invitata a casa e spero di continuare così.

Quanti giorni sono passati? Forse tre, ma sembrano molti di più. Quando una persona va via il tempo sembra rallentare di colpo, sembra ti lasci tutti i vostri ricordi da rivedere in loop minuto dopo minuto che rende tutto così insopportabile che vorresti cambiare vita per non essere costretta a conviverci.

Ecco, cambiare vita. D'istinto è quello che viene in mente di fare quando le cose si complicano e sembra così banale detto a parole. Ma farlo davvero, sembra impossibile eppure lui lo ha fatto. Ma non è come avere un nuovo taglio di capelli o rifarsi il naso dal chirurgo plastico, ci sono conseguenze ben più grandi. Si rischia di non riconoscersi più, o peggio di perdersi, scaricare la propria frustrazione su gli altri.

Non è una giustificazione voler essere qualcun altro perché chi siamo ci fa soffrire, se poi siamo noi a far soffrire. Non è bello rimandare indietro il male che si riceve, anche se così sarebbe tutto più semplice e allettante. Ma è un circolo vizioso che non avrebbe mai fine, perché poi comunque tornerebbe sempre a noi, e allora bisogna accettarlo e basta.

Aspettare che arrivi qualcuno che ci dia del bene e mettere da parte tutto il rancore accumulato negli anni, è questo che si fa per andare avanti. Non nascondersi dietro una maschera, né illudersi che sia diverso o che questa nuova parte di noi possa cancellare il nostro passato, perché non è così. Nemmeno perdere la memoria è una soluzione permanente, lo so per esperienza.

Siedo vicino a Nat, ci sorridiamo e seguiamo la lezione. Tutto è come sempre e per gli altri la mia vita scorre passiva e indisturbata. Solo io sento ciò che sta succedendo e vorrei sprofondare in un sogno e non svegliarmi mai più pur di non sentire questo dolore, o persino essere morta.

E' un dolore diverso dagli altri, pieno di rabbia, rancore, tristezza e amarezza. Di una perdita, di un amore finto. Come si può descrivere questa sensazione? Forse sarò la prima a darle un nome, non credo che ci si trovi spesso nella mia situazione.

E come si affronta, come si reagisce? Si piange, ci si sfoga, forse si prova a sistemare le cose nei casi più estremi, o nel mio caso ci si porrebbero ancora domande. Eppure so che non servirebbe a niente, anche perchè Davis ha portato via quel diario. Evidentemente non era vero il fatto che volesse dimenticare, è ancorato al suo passato e non si libererà mai di esso.

Io sono stata solo un ostacolo in più.

Esco dall'università e mi accorgo di un assembramento in lontananza nel cortile. Mi avvicino, noto che è una manifestazione. Un gruppo di donne sta parlando al microfono e pochi passanti le ascoltano con attenzione. Ognuna di loro tiene un cartello: violenza verbale, violenza domestica, violenza fisica, violenza psicologica, violenza sessuale, stalking, mobbing, violenza di genere...

Una in particolare sta raccontando la propria esperienza. Incuriosita resto ad ascoltarla, è la donna identificata da violenza domestica.

«La coercizione riproduttiva è una forma di violenza, noi donne dobbiamo avere la libertà di decidere sul nostro corpo!» 

Tutti applaudono.

«Mike mi ha fatto questo, ma nessun uomo ne avrà mai più il diritto!»

Ho un crampo allo stomaco. Davvero esistono persone così? Non dovrei esserne stupita dopo quello che mi è capitato.

«Buongiorno.» mi saluta una di loro e io sorrido.

«Ciao a tutti, sono Linda. Come state?» adesso la voce è di un'altra donna. Sposto lo sguardo su di lei e resto ad ascoltare.

Mi viene in mente che tutte sono accomunate dall'altruismo di voler aiutare il prossimo. Raccontano il loro dolore per far si che non ricapiti a qualcun altro, o almeno, per rendere preparato a ogni evenienza il prossimo. Incredibile.

Guardo l'ora sul cellulare, sono già le quattro del pomeriggio e ho parecchi messaggi da Aubrey. Blocco lo schermo e sorrido, una scarica di adrenalina sfocia nel mio corpo.

Mi sento improvvisamente eccitata e carica come non mai, forse ho trovato il modo di superare il mio dolore.

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