Capitolo 30 ~ Davis ~ Giorno 11

La luce della luna filtra dalla finestra e illumina il quaderno che ho in mano. L'ho trovato in soffitta qualche mese fa, incastrato dietro la testata del letto. Possibile che mentre ristrutturavano non lo abbiano visto?

Appunti di astronomia riempiono la maggior parte delle pagine, altre sono piene di numeri, nomi, disegni strambi che io non riesco a decifrare.
Non lo dirò a Nora, preferisco essere sempre un passo avanti.
Decido di tenerlo per me e continuo a sfogliare.

"Te ne vai e lasci anni di sofferenza
non ti vedranno i miei occhi tristi , innamorati di te,
di come sorridi, di come ti muovi."
Mihai Erminescu

Quasi non vomito leggendo questa poesia.

"Così soave rassomigli,
Il bianco fiore del ciliegio,
E angelo, tu, fra la gente,
Incontro alla mia vita sorgi."

«Il bianco fiore del ciliegio...» rifletto.
Ma chi paragonerebbe una ragazza a un fiore bianco?  Ciò potrebbe significare... che la ragazza è morta nell'incendio? Se n'è andata per questo?

Stringo i denti e lo butto sulla scrivania. Nora non è l'unica a pensare troppo, anch'io ho domande ben più complicate per cui trovare una risposta. Potrebbero volerci mesi, anni.

"Rimarrai deluso" mi aveva detto, e invece si sbagliava. Vale più di quanto crede e per quanto io possa negarlo dentro di me cresce lo strano desiderio di starle vicino. Mi piace sentirla parlare, soprattutto quando si fida nel raccontarmi qualcosa.
In quel momento voglio credere che non tradirò mai la sua fiducia e invece lo sto facendo anche adesso tenendola all'oscuro di tutto.

-

Il resto della giornata i suoi genitori sono stati a casa. Sarà una mia impressione ma da quando sono qui ci stanno continuamente tra i piedi mentre prima non c'erano quasi mai.
Nora è andata da Margaret per aiutarla e io sono rimasto con suo padre e l'unica conclusione a cui sono arrivato è che parla continuamente.
Quando ancora lo guardavo dalla soffitta scendere dalla macchina nel suo completo blu scuro e la sua camicia bianca, mi sembrava il classico uomo d'affari che conduce ogni giorno la vita monotona dietro una scrivania.
Mai avrei pensato che al contrario della sua madre, fosse estremamente socievole e spesso ficcanaso.

«Allora, credi che io abbia avuto una buona idea?»

«Si, signore. Non è mica da tutti pensare a una bambina che pattina tra le stelle.»

A dire il vero mi sembrava il solito trita e ritrita ma non volevo offenderlo.

«Che diavolo hai detto?»
Alza il tono di voce e io sobbalzo. Cosa lo ha urtato?

«Ehm...»

«Non chiamarmi mai più così.» Sbuffò. «Mi chiamo Cooper, per la barba di Merlino.»

Scoppio a ridere. «Come?»

«Non dirmi che non hai mai visto Harry Potter.» mi guarda con gli occhi spalancati.

Ci penso ma non me lo ricordo. «Credo di no.»

«Questo è un oltraggio.» fa cenno di no con il dito, come quando da piccolo commetti una monelleria e tua madre​ ti rimprovera. «Ma si può rimediare. Domani sera organizzeremo un Binge Watching

Sono sorpreso dal suo carattere estroverso e dalla nostra improvvisa confidenza. «È una buona idea.» dico ancora una volta.

«Per te qualunque cosa dico è una buona idea, eh?» mi sorride complice. Prende una matita bianca e inizia a passarla sul foglio per creare un effetto di lucidità. «Sai cosa lo è per me?»

«No, Signor Cooper.» mi lancia un'occhiataccia. «Cooper.» preciso.

«Che tu ti sia messo con mia figlia. Insomma, è nel pieno della sua bellezza.»

«Si.» Rispondo imbarazzato.

«Non so perché si ostinasse a restare single. Forse perché... niente. Lasciamo perdere.»

«Me ne ha parlato.» ammetto. Lui alza gli occhi su di me preoccupato ma subito dopo si rilassa. «Davvero? Non credevo, di solito evita la questione. Non la biasimo.»

Annuisco e segue un breve silenzio.

«Significa che si fida di te, più di me.» lo dice in un tono leggermente malinconico. «Fin da piccola mi ha sempre raccontato tutto. Ma questo... lo abbiamo scoperto da soli.» Scuote la testa.

«Magari stava soffrendo troppo, non significa che non si fidi più.»

Mi guarda con un'espressione diversa dal solito. «E' diventata strana, non parliamo più come prima. Ma quando l'ho vista con te... scherzava, si sforzava di parlare anche con noi.»

Resto ad ascoltarlo incapace di capire dove vuole arrivare.

«Non fare come quel coglione.» esordisce infine.

Sorpreso dal linguaggio che ha usato mi limito ad annuire e dargli la mia parola, mentre un'ansia improvvisa mi invade.

-

È mattina presto. Mi alzo e faccio attenzione a non fare rumore, ormai sono un maestro in questo.
Mi fermo davanti la porta di Nora, da sotto non si intravede nessuna ombra in movimento perciò deduco che dorma ancora. Entro con molta cautela e cerco di abituare i miei occhi al buio della stanza; è piena di libri come immaginavo, nessuna foto appiccicata, niente poster, ma centinaia di vestiti seminati a terra e sui mobili. Non credevo fosse così disordinata, la reputavo una precisina.
Il suo viso è nascosto per metá dalle coperte, si vede che soffre il freddo. Mi avvicino di più e mi abbasso per essere alla sua stessa altezza. Sento il suo respiro più veloce del normale, starà facendo un brutto sogno?
Vista così mi fa quasi tenerezza. Stringo le labbra a una fessura perchè mi sono reso conto che inizio a volerle bene e le ho mentito fin dall'inizio. Non merita questo.
«Perdonami se un giorno accadrà qualcosa da cui non posso proteggerti.» Sussurro piano.

-

Uscito dal lavoro penso di aspettare Nora fuori dalla SFS, ma per evitare di incappare in qualche imprevisto dal nome Joanna/Aubrey torno a casa. Suo padre mi ha dato una copia delle chiavi da usare in caso non ci sia nessuno, perciò la tiro fuori dalla tasca per entrare. Dentro c'è il silenzio più totale.
Potrei preparare da mangiare, ma non so nemmeno dove tengano l'occorrente e se apprezzeranno, cosa che dubito da parte di sua madre. Rischiamo. Cerco nei pensili tutto quello che mi serve, apro il ripostiglio che usano come dispensa e mi metto all'opera. Prendo un grembiule me lo lego in vita per non sporcarmi.
Preparerò un piatto semplice molto usato in Italia, pasta alla carbonara.

Quando la porta d'ingresso si apre ho già apparecchiato e in casa si è diffuso un forte odore di pancetta. Nora fa capolino in cucina attirata sicuramente dal buon profumo. «Davis...»

Sorrido. «Ciao, sto preparando un piatto molto comune nel tuo paese.»

Su guarda intorno e poi fa un sorrisetto tirato. «Apprezzo il tuo tentativo, ma mia madre è vegetariana.»

Lascio cadere la paletta sul marmo e tiro un sospiro. «Grande.»

«Non preoccuparti, per lei andrà bene senza pancetta.»

«Magari ci aggiungo delle verdure.»

Nora annuisce e si appoggia al piano di lavoro restando a guardare ogni mia mossa.

«Qualcosa non va?»

Scuote la testa ma i suoi occhi dicono altro. Finisco di amalgamare la pasta e inizio a cucinare le verdure.

«Ti sei messo alla ricerca di un nuovo lavoro?»

«Ieri pomeriggio ho dato un'occhiata in giro. Ma non ho trovato nulla, ho lasciato il mio numero però.»

Annuisce ancora, sta diventando irritante.

«Dai, che hai oggi?»

«Non c'è niente, Davis, ma qualcuno.» Sospira. «Hai mai avuto un brutto presentimento sulle intenzioni di una persona che nemmeno conosci?» inizia a blaterare. Sembra non aspettasse altro che tornare a casa per sfogarsi.

Ci rifletto. «Sono io questo qualcuno?»

«No, una ragazza nella mia scuola. Aspetta, anche tu a volte. Comunque abbiamo partecipato a un'assemblea perché c'è stato un furto nell'ufficio della preside e lei era così interessata alla questione. È arrivata da una settimana e già la conoscono tutti, si impegna per il bene del college e a rubarmi gli amici. È anche entrata nella squadra delle cheerleaders, è diventata amica anche di persone odiose. Come se non bastasse mi sta perennemente tra i piedi. Ma cosa vuoo da me? La odio!» Parla tropo veloce e capisco solo metà di ciò che ha detto.

«Ehi.» le metto una mano sul braccio. «Calmati. La pronuncia non è affatto buona quando sei arrabbiata.» rido.

Il suo sguardo si indurisce. «Cioè Aubrey le sta sempre appiccicata. Anche Dana, Jonas, adesso persino Nat. Manca solo Edric.»

«Ah, quel Jonas...» dico ricordando la prima volta che li ho visti insieme. Nora è in imbarazzo.

«Non che mi importi, ovviamente. Era per dire.» si affretta a rispondere.

«Comunque sarà una tua impressione. Tranquilla.» dico con non curanza.

Una macchina parcheggia nel vialetto, i suoi sono tornati. Sospira e mi aiuta a impiattare.

«Caspita, guarda che carini. Sembrano marito e moglie.» commenta Cooper.
Nora arrossisce. Posso aggiungere anche che spesso è inopportuno.

Ci sediamo tutti a tavola come una finta famigliola felice. Sua madre ha la solita espressione arrabbiata, Nora è tesa e sbocconcella il cibo svogliatamente.

«Non ti piace?»

«Si, certo. Ma non ho molta fame.» Si giustifica. Forse pensa ancora alle cose che mi ha detto prima.
Suo padre è intento a guardare il notiziario delle tre e io approfitto della situazione per prenderle la mano sotto il tavolo. Nora si gira di scatto verso di me mimando un "che diavolo fai?"
Faccio spallucce e le mostro un ghigno impertinente. Con mia grande sorpresa non ha tolto la mano, che le piaccia questo finto contatto?

«Nora, quando hai tempo cerca i dvd di Harry Potter. Passeremo una serata in famiglia.» le dice il padre.

«Cosa?»

«Cooper, ti rendi conto che non hai più l'età per certi film?» commenta sua moglie.

«E dov'è scritto?» dice divertito. «Nora, mi raccomando.»

Lei annuisce, poi si alza, porta il piatto sul lavello e si allontana di sopra.

«Scusate.» biascico prima di alzarmi e seguirla. Salgo di corsa le scale e la raggiungo prima che si chiuda in camera sua. «Tutto bene?»

«Si, scusa. È solo... ho avuto un déjà-vu.»

Capisco che ha bisogno di essere consolata. «Va bene.» mi avvicino di più ma lei si scosta.

«Puoi smettere di giocare al fidanzatino adesso.» dice in tono freddo.

Faccio una mezza risata. È sciocco il modo in cui cerca di nascondere la sua gelosia. «Avevo voglia di prenderti la mano e l'ho fatto, mi serve un attestato?»

Mi guarda torva. «Oh, certo. E dopo fingerai di aver avuto voglia di baciarmi?»

Sorrido sornione. «Ti aspetti che succeda?»

«Ovviamente no.» balbetta imbarazzata. «Lascia perdere.» apre la porta e io la blocco per il polso. Si gira, i nostri visi sono più vicini di quanto non lo siano mai stati.

«Se succederà sarà perché ti amerò davvero, non per una stupida commedia.»

I suoi occhi vacillano per un attimo, poi li abbassa e cambia argomento. «Oggi mi accompagnerai lì?»

Si riferisce alla stazione di polizia, e questo mi irrita. Perché non la smette?

«Non voglio andarci da sola.»

Sospiro. «E va bene.»

-

Sono così nervoso che se fossi sospettato di qualche crimine non prenderebbero sul serio neppure le mie giustificazioni.

«Siete qui per sporgere denuncia? Sei stata aggredita?» Un poliziotto panciuto e dai baffi neri che sembra essere il capo ci osserva da dietro la sua scrivania.

«No, volevamo delle informazioni.»

«Non lo sapete che per questo c'è il centralinista?»

«Non sono cose che potevamo chiedere a lui.» ribatte seria.

Ci scruta attentamente, infine si arrende allo sguardo minaccioso di Nora. «Vi do cinque minuti. Dopodiché ho un furto di nani da giardino da risolvere.»

Io e Nora ci guardiamo confusi, nessuno riesce a capire se sia ironico o meno. Poi la sua attenzione torna all'uomo.
Ma perché ho accettato?
Spero solo che si rifiuti di aiutarla.

«Si ricorda dell'incendio di due anni fa ad Alamo Square?»

Lo sguardo del poliziotto appare divertito. «Sa, lei è la seconda che viene a chiedermi la stessa cosa nell'ultimo mese.»

«Davvero?»

Chi altro cerca la verità?

«E sarà anche la seconda a non ottenere risposta.»

«La prego, io abito in quella casa.»

«Allora?» tira una boccata dal suo sigaro.

«Allora ho il diritto di sapere.»

«Diritto? Tutto ciò che c'è da sapere è riportato sui giornali, su internet. Si informi da lì, sta perdendo tempo.»

«Pensa che creda a quello che è scritto lì?»

Il poliziotto sospira e guarda l'orologio.

«Non sono ancora passati.» puntualizza Nora.

«Lei è una ragazza molto cocciuta, lo sa? È fortunata ad avere qualcuno che la sopporta.»
Mi indica.

Sta per ribattere ma la sua curiosità è più forte. «La prego, ho bisogno di sapere.»

Il poliziotto sospira. «Cosa in particolare?»

Il volto le si illumina e senza perdere tempo inizia a interrogarlo. Buffo che di solito sia il contrario. «Quanti erano?»

Mi torturo le mani nervoso.

«Quattro. I genitori con i due figli, un maschio e una femmina.»

«Quattro?» è sempre più curiosa. «Sui giornali...»

«Mi dispiace, il tempo è scaduto.»

L'uomo si alza e ci apre la porta.

«Andiamo.» Le intimo prima che faccia altre domande.
Non servirebbe a niente parlarne, peggiorerebbe solo le cose. Meno si dice e meglio è.

«Sono vivi? La prego, risponda almeno a questo.»

«Questa conversazione sta diventando inopportuna.» ci fa cenno di uscire.

«Cosa le costa pronunciare una parola? Tanto è acqua passata, non influirà in alcun modo.»

«Non si hanno notizie, lui dovrebbe essere in coma. È contenta adesso?»

Nora è spiazzata. Il suo sguardo si rattrista mentre le orecchie mi fischiano.

Due figli, questo si che è strano. Com'è possibile?

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