Capitolo 27 ~ Davis ~ Giorno 9
Quattro ore di sonno e delle occhiaie sono ciò che mi restano della notte precedente. Oggi è il fatidico giorno.
Non so e non voglio immaginare quale reazione scaturirà dal piano di Nora, sicuramente non porterà a nulla di buono. L'unica cosa che riesco a pensare è che sia stata davvero gentile.
Forse non è detta l'ultima parola.
«Ecco il tuo stipendio Powell.» Brown mi porge una busta.
«Grazie, signore.»
Sembra che mi abbia consegnato la chiave d'accesso a un altro mondo, non posso permettermi di bruciare anche questi soldi.
«Ascolta.» Mi richiama quando sto per uscire. Mi giro.
«Sei uno dei nostri migliori dipendenti. Non ti piacerebbe avere un compito più serio?»
Rifletto sulle sue parole: vuole assumermi con contratto, ne sono sicuro.
«Ci penserò. Arrivederci.» Rispondo sbrigativo prima di allontanarmi.
Esco all'aria aperta e il sole mi acceca la vista. Oggi è una bella giornata. Sono le due del pomeriggio e non ho la più pallida idea di ciò che stia facendo Nora adesso. Sarà già uscita oppure ha altre ore di lezione?
Sospiro. Devo trovare il coraggio di chiederle il numero, in modo da fare un passo avanti. Infondo sono il suo fidanzato.
Torno dentro e prendo un panino ripieno di salsiccia, ketchup, maionese, cipolla, peperoncino, insalata e funghi, lo incarto e lo porto via insieme a una bottiglietta di coca cola. Mi incammino verso casa, non vedo l'ora di divorarlo.
Guardo il ponte da lontano, il mare blu scuro, gli edifici alti. Anche se questa città mi ha provocato tanto dolore mi piace da morire.
Una vicina è nel cortile intenta a raccogliere qualcosa, perciò decido di aspettare prima di entrare e continuo a camminare dondolando la borsa avanti e indietro. Non appena sparisce, torno indietro e corro di sopra prima che qualcun altro mi veda.
Lascio le mie cose sul divano e vado a fare una doccia.
Mi rivesto e scarto il pranzo dal sacchetto.
A metà porzione bussano alla porta, sono certo sia lei.
Apro e mi ritrovo davanti il suo viso apparentemente inquieto. È per via di quello che stiamo per fare o le è capitato qualcosa?
Indossa un maglione bianco largo e dei Jeans attillati ed è un peccato che quel cumulo di lana copra tutto.
Prima che possa dire qualcosa, mi supera e va a sedersi sul letto.
Sospira. «I miei torneranno tra poco.»
«Allora?» Chiedo continuando a mangiare.
«Allora è il momento adatto.»
Ingoio a fatica il boccone. «Adesso?»
«Si.» Dice seria, poi il suo sguardo si sofferma sul panino che ho in mano.
«Vuoi assaggiare?»
«No, grazie. Mi verrebbe un'indigestione.»
Faccio un sorriso e scuoto la testa. «Peggio per te.» Dico continuando a gustare questa prelibatezza.
«Sai chi parlava di te oggi? Joanna e Aubrey.»
«Ah, davvero?» Rispondo per nulla sorpreso, sono abituato questo tipo di attenzioni.
«Forse hanno una cotta per te.» Sbuffa in una risata e io la guardo confuso.
«D'altronde, chi non cadrebbe ai miei piedi? Persino tu.» La prendo in giro e lei mi fulmina con un'occhiata.
«Cosa dicevano?» Chiedo ordinando la stanza.
Nora distoglie lo sguardo. «Cavolate.»
«Avanti, adesso voglio saperlo.» Insisto.
Alza gli occhi al cielo. «Parlavano delle tue prestazioni... sessuali.»
Scoppio in una sonora risata. «Ecco perché eri interessata.»
«Non ero int...» fa un gridolino isterico. «Lascia perdere!» Si alza e con furia si dirige verso la porta aprendola.
«Vuoi muoverti?» Mi urla e io ridendo la seguo di sotto.
«Comunque loro non mi piacciono affatto.» Preciso.
«Non mi interessa.» Sbotta.
È proprio sexy quando si arrabbia.
Osservo il suo sedere muoversi mentre scende le scale, vorrei scoprire cosa nasconde sotto tutti questi strati di vestiti ma so che non avrò mai questa fortuna.
«Bene.» dice sedendosi sul divano. «Ripassiamo cosa diremo.»
«Come se fosse facile.» Borbotto pensando a quanto sia rigida sua madre.
«Mamma, papà, c'è una cosa che devo dirvi: Davis è il mio ragazzo.» recita come se fosse uno spot pubblicitario.
La guardo basito. «Spero che tu stia scherzando. E poi è una pazzia presentarmi e subito dopo insidiarmi in casa loro.»
«Certo che scherzavo. Ma se hai un'altra soluzione ti ascolto.» Risponde.
Sospiro e mi lascio cadere sulla poltrona.
«Si vedrà sul momento.»
Nora non risponde e rivolgo tutta la mia attenzione alla tv che ha appena acceso.
I suoi genitori non arrivano, e stiamo aspettando ormai da venti minuti senza dire una parola.
Io sono troppo nervoso e penso anche lei.
Ha tolto le scarpe lasciandole sul tappeto davanti a noi e non posso fare a meno di notare quanto i suoi piedi siano piccoli.
Rido tra me e me mentre continuo a fissarla. Tiene le braccia conserte e a volte si mordicchia il labbro superiore.
«Ti piace la pizza?» Chiedo ad un tratto.
«Che domanda è? Ovvio che si.»
«Hanno aperto un nuovo locale dove fanno dei coni di pizza ripieni, sono un orgasmo per il palato.» racconto entusiasta, ma lei non sembra interessata.
«Wow.»
«Ci verresti con me?» Chiedo dimenticando il discorso precedente.
Si gira a guardarmi e io non riesco a decifrare la sua espressione.
«Ci penserò.»
Che razza di risposta è? Mi liquida così e torna a guardare la telenovela. Vuole farsi desiderare, ho capito. È un'avversaria astuta perché ci è riuscita ma questa partita la vincerò io. E sarà Game Over per lei.
Suonano al campanello ed entrambi scattiamo.
«Non hanno le chiavi?» domando.
«Non lo so.» dice agitata. «Forse le hanno dimenticate.»
Faccio un respiro profondo. «Bene.»
«Bene.» Ripete lei e rigidi come due manici di scopa ci avviciniamo alla porta.
Gira la maniglia e resto spiazzato nel vedere la nostra vicina. Per poco il cuore non mi usciva dalla gola.
«Nora!» Esclama felice e subito riporta lo sguardo su di me. «Ops, scusate. Ho interrotto qualcosa?»
«No!» risponde in tono stridulo. «Lui è... un compagno di scuola: dobbiamo fare una ricerca.»
La scusa più vecchia del mondo.
La donna a cui non do più di trentacinque anni, anniusce poco convinta e sorpresa allo stesso tempo.
«Oh, sono Margaret.» Mi saluta.
«Davis.» rispondo. Non riesco a smettere di fissarla, sembra familiare.
Mi squadra per alcuni secondi e poi continua: «Ero venuta a chiederti se volessi aiutarmi con un dolce ma...» Si interrompe all'avvicinarsi di una macchina che si ferma proprio nel vialetto.
Io e Nora ci guardiamo terrorizzati.
«Si, io...»
«Oh, ciao Lauren!» Margaret richiama la loro attenzione.
Dannazione.
Sua madre la saluta con un abbraccio caloroso e il sorriso le si spegne non appena mi vede. Tossisco per schiarirmi la voce.
«Salve signora Anderson. Signore...»
Nora si torce le mani nervosa mentre porgo la mano a entrambi e cerca qualcosa dire.
«Che sorpresa. Che ci fai qui?» chiede Cooper.
《Ehm... è venuto a darmi una mano per la scuola.》Interviene.
Margaret capisce la situazione e decide che é meglio andare.
Entrano entrambi e noi li seguiamo.
"Che facciamo?" Mimo con la bocca. Nora fa spallucce. La sua espressione è agitata. Ci fermiamo in cucina.
《Okay.》proferisce.
I suoi genitori si girano.
《Io e Davis stiamo insieme.》Dice tutto d'un fiato.
Per poco l'aria non mi va di traverso. E il discorso che si era preparata? Come le è saltato in mente di dirglielo così?
Entrambi ci fissano sorpresi e io mi massaggio la nuca a disagio. Sua madre mi guarda disgustata, forse avrei dovuto fare la barba forse.
《Abbiamo capito bene?》
《Si.》Distoglie lo sguardo. 《Volevo dirvelo prima, ma non sapevo come l'avreste presa. Per voi non dev'essere facile dopo...》si interrompe.
《Tesoro, noi siamo contenti se vuoi rifarti una vita.》dice Cooper anche se sua moglie non sembra pensarla allo stesso modo.
Si riferiscono a Jonas?
《Quindi non siete... arrabbiati o delusi o chissà che altro?》
《No, come ti viene in mente?》
Sua madre gli tira una gomitata e lui la guarda confuso.
《Sei sicura di quello che stai facendo? Da quanto lo conosci, una settimana? Potrebbe essere un maniaco.》dice seria.
Tale madre tale figlia.
Sono davanti a voi! Mi vedete?
Sposto il peso da un piede all'altro a disagio.
《Lo conosco abbastanza.》Risponde lei guardandomi.
So che sta fingendo, ma in questo momento vorrei credere davvero che si fidi di me. Poi rendendosi conto di essere troppo lontana per essere credibile si avvicina di qualche centimetro a me.
Sua madre inizia a impiattare il cibo che Nora deve aver preparato prima perché lo vedo ancora fumare.
《Bene, sei maggiorenne, assumiti le tue responsabilità.》liquida l'argomento con questa frase.
Nora guarda il padre che le rivolge un sorriso affettuoso.
《C'è dell'altro...》sussurra Nora. 《Davis ha dei problemi in famiglia. Sua madre è impazzita, e sta seguendo una terapia a casa. Per lui è molto difficile vivere a contatto con lei in questo momento, soprattutto studiare e se per voi va bene ho pensato potrebbe stabilirsi qui.》
Cosa? Impazzita? Studiare?
Questo fa cadere l'ultima goccia che fa traboccare il vaso.
《Uno sconosciuto in casa mia?》Esclama la madre.
《Lauren! Non essere insensibile.》Cooper la richiama e lei per tutta risposta poggia violentemente i bicchieri sul tavolo.《Certo. Non ci sono problemi, a patto che non facciate smancerie.》
Nora arrossisce. 《Papà!》
《Scherzo. Comunque nel mio studio c'è un divano letto, devi solo mettere delle lenzuola.》
Lei va ad abbracciarlo.
《Vi ringrazio davvero. Per me significa tanto.》cerco di fare il lecchino. 《Ma se è un problema...》
《Diventerà un problema se farai una mossa sbagliata.》mi strizza l'occhio e io mi irrigidisco. Non sono abituato a sentirmi dire certe cose. Suo padre è molto espansivo.
Saliamo al piano di sopra e Nora lascia andare un sospiro di sollievo. 《Pensavo peggio.》
《Cosa c'è di peggio di tua madre che mi guarda in quel modo?》
Fa una risatina. 《Scusala. Quando torna da lavoro è sempre nervosa.》
《Proverò a crederci.》
《Infondo i miei sono molto alla mano.》
Non posso darle torto.
Arriviamo in un corridoio con quattro porte.
Apre quella davanti a noi in cui c'è una scrivania, un letto, parecchi mobili, cianfrusaglie e poi migliaia di disegni.
《Li hai fatti tu?》
Scuote la testa. 《Mio padre disegna fumetti.》
《Caspita. 》Ne guardo alcuni mentre lei cerca nell'armadio.
《Aiutami a fare il letto.》mi ordina.
La guardo con sfida. 《Sei tu la donna di casa, fallo da sola.》
《Per me puoi dormire anche a terra.》lancia la stoffa appallottolata sul materasso.
《Va bene, va bene.》Borbotto.
In verità è una scusa per guardarla mentre si adopera piegandosi in avanti.
《A proposito! Hai ritrovato il tuo telefono?》
La guardo confuso. 《Io non ho mai perso un telefono.》
《Cosa?》alza le sopracciglia. 《Si, invece.》
Rido. 《Lo saprei se fosse così.》
《Non sei uscito con Aubrey allora?》
《Perché avrei dovuto?》 È impazzita?
《È solo che... non dirle niente, ma mi ha detto di averti rubato il telefono per racimolare un appuntamento.》
Scoppio in una fragorosa risata nel sentire queste parole. 《Ma è assurdo. Quando sarebbe successo?》
《Alla festa.》risponde seria, immagino cosa stia pensando in questo momento.
《Era il telefono di Alex. Lo tenevo io perché non aveva tasche.》
Si batte il palmo sulla fronte. 《Fa finta che non ti abbia detto niente.》
Mimo la chiusura di una cerniera sulla bocca. 《Su cosa?》domando ironico e lei sorride.
Prendo un cuscino e glielo tiro addosso facendole perdere l'equilibrio.
《Davis!》Esclama divertita.
Cerca di recuperarlo ma io lo scaglio nuovamente su di lei.
《Basta!》urla scappando e io la inseguo. Ho quasi trent'anni ma con lei mi sento ancora un ragazzino.
La metto all'angolo e lei si guarda intorno cercando qualcosa con cui colpirmi.
《Un ragno!》indica un punto indefinito dietro me.
Mi giro e con una mossa rapida me lo sfila dalle mani.
《Non vale, hai barato.》la accuso.
《Non mi importa.》inizia a colpirmi e io arretro, inciampo nel letto finendoci di sopra. Nora si prende gioco di me deridendomi mentre ciocche di capelli le svolazzano ribelli davanti al viso.
Ecco, questo è tutto ciò che desidero. Non essere più solo, vivere ogni giorno con il suono delle risate di qualcuno. Avere una famiglia.
So che è una finzione ma posso accontentarmi per ora.
In questo momento ho la consapevolezza che la distanza tra noi non è poi così grande. Potrei avvicinarmi al suo cuore e sentirlo sorridere.
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