Capitolo 20 ~ Davis ~ Giorno 5
Le sue iridi color nocciola mi scrutano attentamente come se stessero cercando delle risposte per tutte quelle domande a cui io non ho soluzione.
《Cosa ti hanno detto i dottori? 》cambia argomento.
《Mi daranno i risultato degli esami la prossima settimana.》
Osservo la sua camicetta nera e i suoi pantaloni scuri, la giacca di Jeans che da un tocco di colore. Tiene le gambe a cavallo e le mani in grembo, i capelli sono più voluminosi dell'ultima volta e sul suo viso riesco a vedere delle macchie più chiare dovute al fondotinta. Resta in silenzio con lo sguardo basso.
Alzo le spalle.《Probabilmente è perchè non avevo mangiato.》
Sembra non crederci perchè socchiude gli occhi lievemente. Spero non insista. Inizia a giocherellare con le mani.
《Eri in pensiero?》
Nora storce la bocca e mi lancia un'occhiataccia.《Avevi bisogno di aiuto.》
Faccio un mezzo sorriso. Con mia grande sorpresa, le sue labbra assumono una piega diversa dalla solita linea dritta, sembra voglia dire qualcosa ma non lo fa. Mi sollevo appoggiando la schiena al cuscino.
《Questo letto sembra fatto di pietra.》mi lamento.
Guardo il mio compagno di stanza e mi consolo sapendo che c'è di peggio; lui ad esempio non può grattarsi.
《Quando ti faranno uscire?》parla piano per non disturbarlo.
《Sto aspettando che la flebo finisca, prima di sera dovrei tornare. Infondo è stato solo un mancamento.》
《Vuoi che aspetti qui?》
《Se hai da fare puoi anche andare, non sono mica invalido.》Scherzo.
Proprio mentre termino la frase Joanna torna nella stanza con un panino in mano e una rivista nell'altra. Mi ero dimenticato di questo particolare. Entrambe si guardano. Vorrei sparire.
《Chi è lei?》chiede sorpresa e appoggia le cose sul comodino accanto a me.
Nora si alza subito. 《Solo la sua vicina di casa.》
《Oh...》dice sorpresa.
《No, puoi restare.》mi affretto a dire.
L'infermiera irrompe nella stanza attirata dal chiacchiericcio.
《Cosa ci fa tutta questa gente qui?》
《Ehm...》balbetto.
《Ero passata a portargli delle cose.》risponde velocemente nora.
《Si, anch'io.》Joanna indica il comodino.
La donna sospira. 《La prossima volta dovete chiedere in segreteria, non entrare come se foste a casa vostra. 》
Si allontana verso l'altro letto, controlla la cartellina del paziente ed esce nuovamente.
《In verità la sua collega mi ha fatto passare. Ho dovuto dire che sei mio marito.》ammette Nora in tono amareggiato. Joanna la guarda male e si passa una mano nei capelli nervosa.
《Cosa?》rido a bassa voce.
L'uomo accanto a noi lancia un urlo di dolore e Nora sobbalza.
《Ha fatto così tutta la notte. 》
《Oddio, poverino.》dice Joanna.
《A proposito!》esclama Nora, come se si fosse ricordata qualcosa di vitale importanza. Inizia a frugare nella borsa e tira fuori un sacchetto.
《Ti ho portato da mangiare.》
《Davvero? In effetti hanno passato solo brodo di pollo.》dico a malincuore.
《Disgustoso.》ride.
《Potresti aprirlo? Ho una mano occupata.》faccio cenno con la testa verso la flebo collegata al mio braccio.
《Si, scusa. 》
Lo prendo con l'altra mano.
《Menomale, pensavo dovessi imboccarti.》
Non rispondo perchè ho già la bocca piena. Sto mangiando come se non vedessi cibo da settimane.
Probabilmente Joanna è offesa dal fatto che non abbia mangiato il suo e non le abbia parlato molto da quando è tornata. Non che prima fosse il contrario. La vedo torcersi le mani e poco dopo dice: 《Allora... se non hai più bisogno di me torno a casa.》
Annuisco. 《Grazie di tutto.》
Fa un sorriso tirato ed esce dalla stanza sotto lo sguardo perforante di Nora. Mi dispiace sia andata via così visto che non ci ha pensato due volte per salire sull'ambulanza con me e oggi è tornata a farmi compagnia. Certo, avrei preferito restare da solo, ma comprendo le sue intenzioni. Nora fa finta di niente, probabilmente ha frainteso. Questa non ci voleva.
Decido di puntare su un argomento che so le interesserà molto e le farà dimenticare questo piccolo inconveniente.
《So che non è il momento di chiedertelo... ma potresti dirmi ciò che sai riguardo l'omicidio?》
Sembra sorpresa. Smetto di masticare e la guardo mentre inizia a frugare nella borsa e poi mi porge un'agendina. 《Ho preso alcuni appunti.》
La apro e leggo l'elenco che ha stilato. Eppure non c'è niente che già non sappia né che possa portare alla verità, ma una cosa mi ha colpito particolarmente:《R.G.?》chiedo indicando le lettere sulla pagina.
《Si. Sono incise in camera mia, credo siano le iniziali dell'assassino.》
Sbuffo. 《È assurdo. Per quale motivo avrebbe dovuto firmarsi?》
Fa spallucce. 《Non lo so. Forse vuole essere trovato.》
Scoppio a ridere. 《Ma smettila, non siamo mica in un film giallo.》
Distoglie gli occhi imbarazzata dalla pessima osservazione.《E tu, cosa sai?》chiede poi.
Mi irrigidisco. A cosa le servirà mai saperlo?《Nulla di più.》mento.
In verità so una cosa di vitale importanza: conoscevo bene le vittime.
Sospira. 《Dove possiamo cercare, allora?》
《Puoi tentare con altri vicini.》
《Dubito che mi diranno qualcosa.》si appoggia abbattuta allo schienale della sedia.
《Di certo se non ti conoscono non parleranno.》
Finisco anche il toast, proprio appena l'infermiera torna a togliermi l'ago dalla vena.
《Ma chi è Agnes?》chiedo quasi dimenticandomene.
《Abita davanti casa... mia.》Sembra incerta su come definirla. Ammetto che la situazione è parecchio strana.
《Finalmente, posso andare adesso?》chiedo mettendomi a sedere.
Annuisce.
《Perfetto.》mi alzo e mi infilo le scarpe.
Nora poggia la sua mano sul mio braccio. 《Sicuro di stare bene?》
Mi sta toccando? Non lo ha mai fatto prima. 《Sto bene.》
《Prima di andarsene passi a firmare dei moduli.》ordina la donna uscendo dalla stanza.
Vado in bagno a sciacquarmi la faccia e poi ci dirigiamo al piano terra.
《Prendiamo l'ascensore?》le chiedo per impiegare meno tempo ma lei scuote la testa.
《Non avrai mica paura.》
《Una volta sono rimasta chiusa lì dentro per due ore.》
Cerco di non ridere, per lei dev'essere stato traumatico.
《Non dev'essere stato bello.》dico osservando i numeri appiccicati alle porte.
Nel corridoio c'è un silenzio inquietante, si sente solo qualche paziente russare. Finalmente posso lasciare questo posto che odora di disinfettante e sapone per pavimenti. Osservo il corridoio in penombra. E' tutto tinteggiato di bianco e infondo vi è un piccolo altare.
《Ecco, dovete aspettare qui il vostro turno.》sta dicendo un'infermiera.
Davanti a lei c'è un ragazzo sulla sedia a rotelle, una donna e un uomo sui cinquant'anni.
《Ma deve essere ricoverato? Forse sarebb...》
《Cara...》la ammonisce il marito.
Inizia a spingere la carrozzina nel lato opposto, rivelando il volto palesemente contrariato dell'invalido.
Nora che fino a due secondi fa era concentrata ad usare il telefono, alza gli occhi incuriosita. Si ferma di botto, fissando proprio il ragazzo che si avvicina. I suoi occhi sono spalancati, le sue mani così intorpidite che quasi il telefono non le cade terra. Lui non smette di fissarla man mano che si avvicina, bianco in volto.
《Si fermi un attimo.》dice alla dottoressa.
Nora mi prende per il polso e mi tira verso le scale, due signori alla fine del corridoio ci guardano sconvolti. Chi diavolo erano?
《Aspetta.》biascico. Non riesco a tenere il suo passo, sono molto stanco.
Mi accorgo che ha una guancia rigata di lacrime, perciò la blocco al muro.
《Che ti è preso?》
Tiene lo sguardo basso.《Chi era?》insisto.
《Nessuno.》proferisce a denti stretti interrompendomi. Si asciuga furiosamente la faccia con la manica, inutilmente perchè torna esattamente come prima. La segretaria ci osserva dietro al vetro, così come tutta la gente seduta in attesa da chissà quanto tempo.
《Vieni, usciamo di qui.》la spingo delicatamente con la schiena verso la porta.
Una volta fuori andiamo a sederci sulla panchina in legno posta dietro l'ospedale.È buffo che sia venuta per me e adesso è lei ad avere bisogno di aiuto. Restiamo in silenzio per un tempo indeterminato, a volte spezzato da un suo singhiozzo. È meglio non fare domande, non voglio infastidirla. Se vorrà sarà lei a parlarmi.
《Ho la macchina parcheggiata lì.》ad un certo punto indica un grande spiazzale a destra.
Vuole far finta che non sia successo niente. Si alza strofinando i palmi delle mani sulle cosce.
Mi schiarisco la voce e faccio finta di niente.
《Hai una macchina? Non l'avevo vista.》domando incredulo cercando di spezzare la tensione.
《Si, l'abbiamo ordinata prima di trasferirci, così sarebbe stata pronta in tempo.》risponde mentre fruga nella borsa in cerca di qualcosa. Tira fuori un paio di chiavi e schiacciando sul bottoncino fa illuminare la macchina grigio scuro a pochi passi da a noi. La seguo e mi siedo al posto del passeggero.
《È strano per un uomo stare da questo lato, sai?》
《Non ti farò guidare.》proferisce in tono fermo.
Sospiro appoggiando la testa al sedile.
《Ho ancora molto da vivere, comunque.》dico mentre mette in moto.
《Non sottovalutarmi.》
Rido tra me. Accendo la radio sintonizzandola su una stazione a caso che riproduce musica metal.
《Che schifo.》 Commenta lei.
《Si, preferisco quella latino americana.》
Mi guarda con la coda dell'occhio. 《Già, anch'io.》
《Oh, wow.》 Spalanco la bocca. 《Allora abbiamo una cosa in comune.》
Fa un sorriso forzato senza spostare lo sguardo dalla strada.
Percorriamo tutto il tratto del lungo mare, arriviamo sulla via principale e poi dall'altro lato della città fino a casa sua. Si ferma poco prima.
《I miei genitori sono dentro.》mi ammonisce.
《Oh, non preoccuparti. Sarò silenzioso.》
Nora annuisce e tiene gli occhi fissi sul volante. Le sue mani lo stringono anche se non ci stiamo muovendo, credo perchè sia agitata. E' già notte e i lampioni illuminano il quartiere. Cosa farà adesso, uscirà per svagarsi o resterà a piangere? Poco importa.
《Era il mio ex.》dice piano, smorzando il silenzio.
《Ah.》dico soltanto.
《Abitava in Italia. E adesso è qui. Non so perché. Mi sembra assurdo. Sembra lo abbia fatto a posta.》sembra che stia parlando da sola. Sospira. Forse si aspettava che dicessi qualcosa, ma non ho la più pallida idea di come possa aiutarla, soprattutto perchè non conosco le circostanze.
《Scusa, di certo non sono problemi tuoi. Non so nemmeno perchè te lo sto dicendo.》si sente in imbarazzo.
《Figurati. Parlarne fa bene.》
《Non c'è nulla da dire.》
Le metto una mano sulla spalla e sento il suo corpo irrigidirsi. 《Molte storie finiscono prima o poi, ma se sono andato avanti io puoi farcela anche tu.》lo dico velocemente e senza pensarci. Nora non risponde, forse sta cercando di decifrare quello che ho appena detto. Ho sbagliato, devo cambiare argomento prima che rovini tutto.
《Sei così bella. Sarebbe un peccato se nessuno potesse averti perchè sei ancora occupata a pensare a lui.》 Le sussurro piano.
Sul suo viso compare un mezzo sorriso ma non risponde. Mi porge invece la busta con i miei vestiti che ha portato inutilmente. Evidentemente ha pensato fosse qualcosa di grave e si è preoccupata per me. Sorrido.
《Ci vediamo domani. Verrò a vedere come stai appena avrò finito le lezioni.》dice.
《No, andrò a lavoro.》
《Cosa?》scatta. 《Ma non puoi.》
《Domani starò meglio.》la rassicuro scendendo dalla macchina. 《Ci vediamo a quella festa?》
《Ehi, quale festa...》 chiudo la portiera dell'auto interrompendola e mostro un ghigno soddisfatto. Forse non ne è al corrente? Poco importa, se vorrà vedermi troverà il modo di informarsi. Con un cenno della mano mi allontano. Sento che anche lei è scesa ma non mi sta seguendo. Raggiro il cortile e con molta cautela mi intrufolo nel mio "appartamento". Forse avrei dovuto restare a confortarla, ma non credo sia un compito adatto a me. Ne ho uno migliore.
Orgogliosa com'è non credevo potesse cedere per un motivo così, eppure quel tizio deve aver significato molto per lei. Chissà se era disabile anche prima o gli è successo qualcosa.
Non riesco proprio ad immaginarli insieme in circostanze simili. Io non vorrei vivere come un vegetale.
Non è bello da pensare, ma che vita potrei condurre su una sedia a rotelle? Nessun lavoro, non potrei essere autonomo, shance con ragazze limitate. Mi chiedo cosa possa averla spinta a innamorarsi di lui.
Questo sentimento per me è estraneo, è quasi come se fosse stato cancellato dalla mia memoria. Non ricordo cosa si provi ad amare. Anzi, non lo so proprio. Forse è per questo che sono così insensibile. Vorrei che questa avidità sparisse ma so che non succederà finché non ritroverò me stesso.
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