Capitolo 19 ~ Nora ~ Giorno 5

Sento urlare il mio nome in lontananza. Aubrey si avvicina al tavolo affiancata da una ragazza mai vista prima. Pelle bianchissima, occhi chiari e capelli corti da ragazzo, neri come il carbone.
Ha passato della matita sulle sopracciglia dello stesso colore ma si notano i peli chiari, quindi deduco che sono sicuramente tinti.

《Lei é Camilla.》

《Ehm...ciao.》rispondo colta alla sprovvista.

《Piacere.》si presenta e mi stringe la mano decisa. Sembra un po' più grande di noi.

《La tua fama di "nuova arrivata" è stata rubata adesso, puoi tranquillizzarti.》Scherza mentre si siedono.

Guardo Aubrey confusa.

《L'ho salvata da una guida turistica a pagamento all'università.》

《Sei nuova?》chiedo in tono strano. Non è un po' in ritardo per iniziare?

Annuisce.《Non conosco nessuno, ma per caso io e Aubrey ci siamo incontrate. A dire il vero vi avevo già viste alla riunione in palestra, per questo sono venuta a presentarmi.》

《Ah.》mi limito a dire. Che strano.

La sua espressione sicura mi mette in soggezione. É molto più carina di me, più bassa ma snella. Le sue labbra rosse naturali farebbero innamorare chiunque e hanno un non so che di fastidioso.

《Verrà con noi domani sera, se sei d'accordo.》

Perchè deve sempre comportarsi da eroina e salvare tutti?

Continuo a fissarla. 《Certo. Perché non dovrei?》

Sorride allargando la bocca e si sposta una ciocca dalla fronte. Penso che se avessi un taglio del genere sembrerei un uomo, ma lei è perfetta. Sembra una dea. Chissà se è americana, non sembra.
Dana ci raggiunge poco dopo interrompendo la nostra discussione con un cappuccino in mano.
《Ragazze, sapete che hanno aumentato la ricompensa per chi troverà il ladro?》annuncia poi.

Sbuffo. 《Ancora?》

《Si, non vogliono arrendersi. Anche io sto partecipando.》

《Per me è una perdita di tempo, figuriamoci se non è stato attento ad ogni mossa.》dice Camilla.

《Proprio così.》rispondo mentre qualcuno mi urta la spalla.

《Ops, scusa.》è Jonas. É ovvio che lo ha fatto di proposito.《Che coincidenza, ci incrociamo spesso.》

《Ma dai?》dico ironica.

La sua attenzione si sposta sulla ragazza che lo fissa senza distogliere lo sguardo.
Ricordo la prima volta che ci siamo incontrati, quanto ero infastidita dal sua atteggiamento. Lei invece è a suo agio, sembra quasi che le piaccia.

《Tu sei?》

《Camilla.》La sua bocca si allarga in un sorriso.

Jonas la fissa ancora per qualche secondo, e tutte restiamo in silenzio a guardare la sua tattica di approccio.《Ci vediamo in giro.》fa un ghigno prima di mettersi le mani in tasca per poi allontanarsi.

《Wow, è così figo!》Dana fa un urletto di eccitazione e io la guardo male.

《Non capisco cosa ci sia di figo in lui.》

《Ma è ovvio, tutto!》Esclama.

《Io non ci trovo niente di eccezionale.》Commenta Camilla. La pensiamo allo stesso modo anche su questo, a quanto pare. Ragazza sveglia.

《A proposito, non mi sono presentata!》Dana si rivolge a lei scusandosi e le porge la mano.

Continuano a chiacchierare mentre ci dirigiamo verso l'ala sud dell'edificio. I corridoi sono quasi deserti perchè gli studenti sono nelle varie classi, ci si può imbattere solo in qualche bidello intento a raccogliere cartacce.

《Com'è stato uscire con lui?》mi chiede Aubrey. 《Non ci hai ancora raccontato nulla.》

Se davvero volessi dire qualcosa, di certo non lo farei davanti ad un'estranea.

《Non un granchè.》mi limito a rispondere. 《Che lezione hai?》mi rivolgo a Camilla.

《Chimica.》

《Vuoi ottenere il Bachelor of Science?》chiede Aubrey. Lei annuisce.

《Comunque hai sbagliato direzione.》mi accorgo di aver usato un tono scortese.

《Lo so benissimo, volevo accompagnarvi.》risponde calma, non sembra minimamente scossa.

Guardo il suo abbigliamento: maglioncino aderente verde scuro a collo alto, pantaloni attillati neri con una cintura dello stesso colore e dettagli argento, scarpe nere lucide con un po' di tacco. Sul braccio sinistro tiene la giacca beije e nell'altro alcuni libri. Devo ammettere che ha anche stile. Magari anche vanitosa. Già non mi piace.

Si guarda intorno ammirando ogni aula mentre vi passa davanti.

《Questo college è enorme, mi chiedo come farò a non perdermi.》

Non ha appena detto di sapere dove andare?

Resto in silenzio finchè non arriviamo. Saluto tutte ed entro nell'aula di arte plastica.

-

Dopo lezione visto che gli operai stanno tinteggiando casa nostra, decido di fermarmi direttamente dai vicini. Osservo la casa verde pastello mentre suono il campanello di casa Wesley. Alla porta è appesa una targhetta in legno con scritto "Welcome friends". Scuoto la testa.

《Arrivo!》urla una voce melodiosa.

Margaret ha insistito perchè andassi da lei questo pomeriggio, a quanto pare vuole insegnarmi a cucinare.

《Eccoti, finalmente!》esclama felice di vedermi. Indossa un vestito semplice giallo canarino, un grembiule bianco con dei merletti. I capelli castani raccolti in uno chignon spettinato. Chissà quanti anni ha, sembra parecchio giovane. La seguo in cucina, non l'avevo ancora vista.

Al centro vi è un'enorme isola con dei lampadari in vetro che ricordano le bottiglie del latte. L'arredamento è così delizioso che mi fa venire voglia di distruggere casa mia e ricostruirla da capo. Tutto é in stile shabby, i pensili della cucina in legno bianco e verde coordinati al tavolo. C'è una pianta grassa sulla finestra e vicino alla porta, sul tavolo un mazzo di fiori freschi e il frigo é pieno di calamite colorate. I cuscini sono a quadretti gialli e verdi, sul ripiano sono disposte varie ciotole e teglie.

《Che ne dici di preparare dei cupcakes?》

《Dovremmo iniziare dalle basi, sono negata.》rispondo.

Margaret mi da un grembiule e mi rivolge un sorriso amorevole. 《Nessuno nasce imparato.》

《È semplice, se non sai regolarti con le dosi basta seguire una ricetta.》

Prende libro polveroso da una mensola e inizia a sfogliare le pagine.《Ecco, è questa.》

Mi avvicino.

《Iniziamo con quelli alla vaniglia, con quelli al cioccolato è difficile capire la cottura essendo già scuri.》

《Per me va benissimo.》rispondo titubante, so già come andrà a finire.

Prendo il burro dal frigo e lo metto a scaldare sul fuoco. Fin qui tutto bene.

《Joe come sta?》chiedo prendendo un argomento qualsiasi.

《Bene, è a lavoro. Tornerà stasera.》Prende un pentolino per far bollire il latte.

Mi dimentico di pesare la farina, ma ormai l'ho versata e il danno è fatto. Spero che non se ne accorga. Continuo a mescolare a fatica e aggiungo lo zucchero ma mi rendo conto che andava messo prima.


《Nora, caspita! Questo impasto dovrebbe essere cremoso. Sei sicura di aver messo la dose giusta?》


《Si.》mento. 《Forse la ricetta è sbagliata.》
《Mh...》dice poco convinta. 《Ci penso io qui, continua a mescolare la crema sul fuoco, in senso orario mi raccomando e attenta a non farla attaccare.》

Faccio come mi ha detto, girando la paletta nel latte. Non aveva detto crema?

《Che lavoro fa Joe?》

《Lavora con una ditta di traslochi.》risponde lei.

Inizia ad addensarsi e io faccio sempre più fatica. Com'è possibile? Non so quando sarà pronta e la lascio sul fuoco.

《Okay, c'è odore di bruciato.》Margaret viene a spegnere il fornello allarmata. 《E tantissimi grumi.》Aggiunge.

《Mi dispiace, i dolci non sono il mio forte.》

《Non preoccuparti, infondo è la prima volta. Mettiamo tutto negli stampi da forno.》

Dopo aver finito imposta la temperatura a 180° e preme start.《Visto? Non era poi così difficile.》

《No, infatti.》biascico.

Prendo una spugna e inizio a pulire il tavolo mentre lei lava gli attrezzi.

《Come mai vi siete trasferiti?》mi chiede improvvisamente.

《Per il lavoro di mia madre.》mi limito a dire.

《Non ti mancano i tuoi amici? Se fossi stata al tuo posto non so come mi sarei sentita.》

Sento un groppo alla gola. Non riesco a pensare come mi sentirei se dovessi tornarci, invece.

《No, per niente.》dico fredda.

Si gira e mi guarda confusa, con quegli enormi occhi neri.

《Non avevate un buon rapporto?》


Esito prima di rispondere.《Diciamo che amavano prendermi in giro.》

Margaret scuote la testa.《Ne so qualcosa.》

Non credo possa immaginare ciò che è successo a me, perciò mi limito a stare in silenzio. Chissà cosa ne penserebbe.

《Alla tua età ero un po' bruttina, le mie compagne erano già sviluppate ma a me non cresceva il seno. Per questo mi prendevano in giro, soprattutto perchè ero bassa e sembravo una bambina.》sospira.

《Mi dispiace.》dico.

《Come vedi adesso sono più alta, ma le tette non sono cresciute di molto. Ero così ossessionata che decisi di andare da una psicologa.》fa una risatina amara. 《Pensavo che non avrei mai trovato un ragazzo, se per caso qualcuno si faceva avanti perchè provavo vergogna. Ma se non ti ami tu per prima, come potrebbero farlo gli altri?》

Ci rifletto per qualche momento. Ripenso ai miei capelli tagliati, il mio viso truccato per sentirmi meno brutta, i vestiti larghi dentro i quali mi nascondo, le feste a cui vado solo per essere accettata dagli altri. Ripenso a com'ero prima; mi rivedo nella foto con Madison appiccicata in camera mia. Mi rivedo sorridente con Jonas quando uscivamo insieme e tutte provavano invidia perchè il ragazzo più carino voleva me. Se fossi davvero brutta, mi avrebbe scelto ugualmente?Dopo ciò che mi ha fatto mi viene da pensare di si.

《Poi per fortuna ho incontrato mio marito che mi ha fatto cambiare idea.》dice con occhi sognanti.

Ripercorro con la mente ciò che ha detto prima, fino a giungere all'elemento che ci accomuna. Entrambe siamo andate dallo psicologo. Per questo sono sicura che potrebbe capire ciò che provo, potrei aprirmi con lei. Ma potrei fidarmi, parlarle come se fosse un'amica? Non credo.

Laviamo i piatti e poi si asciuga le mani sul grembiule dicendo:《Vado un attimo in bagno, ti dispiace? Controlla tu i cupcakes.》

《Certo.》

Guardo attraverso il vetro e mi accorgo che stanno gonfiando. Nell'aria si sta diffondendo un odore di cotto, ma nella ricetta c'è scritto di cuocere per trenta minuti e ne mancano ancora quindici.

《Eccomi.》

La guardo mentre inizia a lavare i piatti sporchi. Mi chiedo perché lei e Joe non abbiano dei figli. Sono sicura che sarebbe un'ottima madre con tutta la pazienza di cui é armata.

《A proposito, ieri sera siamo andati all'Happiness Forgets, sai dov'è?》
Annuisco.

《C'era l'addio al nubilato della mia migliore amica. Abbiamo mangiato un cream caramel squisito.》racconta entusiasta.《Peccato per l'inconveniente, però.》aggiunge tornando seria.

《Cioè?》domando curiosa.

《Un dipendente ha perso i sensi e hanno chiamato l'ambulanza, altrimenti sarebbe stata una bella serata.》

D'apprima non ci faccio caso ma poi mi sale il dubbio.《Chi?》

Margaret ci pensa un attimo. 《Credo fosse il barman.》

Sento un nodo allo stomaco. Non è detto che ci sia solo Davis a svolgere questo ruolo però.

《Ne sei sicura?》

《Credo di si... 》sembra titubante.

Immagino tutta la scena dentro la mia testa. Mi sembra di ricordare che non ha parenti qui, perciò chi è andato con lui in ospedale? Potrebbe essere da solo. E se avesse bisogno di qualcosa?
Provo un enorme senso di tristezza dentro di me, la solitudine è la cosa peggiore a questo mondo, soprattutto quando capita qualcosa del genere. Mi sento in dovere di andarlo a trovare.

《Aveva la barba e i capelli castano molto chiaro?》domando per accertarmene.

《Si. Lo conosci?》

《No, cioè... di vista.》mento. 《Mi dispiace solo.》

Annuisce. 《Anche a me.》

Se non è stato nulla di grave potrebbe già essere tornato, andrò a controllare. Cerco di sembrare il più calma possibile.

《Accidenti, sono le quattro. Dovrei andare a studiare.》mento.

《Certo, vai pure. La prossima volta ti insegno a fare la pizza, torna quando vuoi.》dice seguendomi fino alla porta. Ho troppa fretta perciò cerco di passare ai convenevoli.

《Grazie.》dico abbracciandola, e mi dirigo verso l'uscita.
Corro verso casa. Controllo se qualcuno mi sta guardando e con discrezione salgo le scale sul retro fino alla soffitta. Guardo dalla finestra; dentro non si vede nessuno. La porta del bagno è aperta quindi non può essere lì dentro, si trova ancora in ospedale. Magari sta tornando. Decido di aspettare e vado giù.

Faccio qualcosa per distrarmi; inizio a scartare tutti i miei vestiti mettendoli in un sacco per la beneficenza.
Quel giorno Clarissa ha detto che non ho buon gusto, un motivo ci sarà altrimenti avrebbe trovato qualcos'altro da commentare. Adesso nell'armadio ci sono solo un paio di Jeans, alcune magliette e qualche felpa. Sospiro, tutto quello che sto dando via è per una buona causa. Ma chi voglio ingannare, se non mi importasse degli altri non starei donando nulla. Sono un'egoista.

È passata solo mezz'ora e quel pensiero nel profondo di me continua ad assillarmi.
Come faccio a sapere in quale clinica si trova? Non c'è nessuno a cui possa chiedere.
Vado dritta alla soluzione a tutti i miei problemi: cerco su Google Maps. Ne trovo due nelle vicinanze e decido che potrei provare con il primo. Chiamo il numero e chiedo alla segretaria se Davis si trovi lì. Bingo.

Vado a bussare alla porta dello studio di mio padre ed entro. È ancora tutto disordinato, pieno di mobili che non c'entrano nulla.

《Papà?》

Alza gli occhi dal foglio su cui sta disegnando e mi saluta. Mi avvicino e guardo l'accostamento di linee, alcune più marcate altre più lievi, le ombre, le sfumature. L'insieme forma un ragazzo che usa la luna come una tavola da surf e cavalca le nuvole come se fossero onde. Anche se dovrebbe esserci un cielo azzurro, da sfondo c'è lo spazio, scuro e pieno di stelle e pianeti. Devo ammettere che è bello, e colorato lo sará ancora di più.

《Nuovo disegno?》

Annuisce. 《Si, stanotte ho avuto un'altra idea. Speriamo che decidano di pubblicarlo.》

《Se non lo facessero sarebbero degli stupidi.》

Sorride. 《Com'è andata oggi?》

《Tutto normale.》

《Sei sicura?》chiede guardigno.《E comunque se hai bisogno di andar...》

Lo interrompo. 《Papá, grazie. Sto bene. A proposito, vi serve la macchina?》cambio argomento velocemente prima che mi ricordi cose a cui è meglio non pensare.

《No, puoi prenderla.》risponde sollevato.

Anche se non sembra lui e mia madre si preoccupano troppo per la mia salute. Quando stavo male prendevano sempre delle ferie e passavano più tempo a casa con me. Ma adesso che sto meglio tutto è tornato alla normalità, i nostri dialoghi si limitano a poche parole e tutte molto riserbate.

《Grazie.》Gli do un bacio prima di andarmene.

Rispondo a un sms di Aubrey e tiro fuori dalle buste quello che ho comprato ieri.
Non so perchè mi è saltato in mente di prendere delle scarpe con il tacco pur sapendo che le odio e nemmeno ci so camminare.

Indosso una camicetta aderente a righe sottili, un paio di Jeans e stivali bassi, prendo le chiavi e scendo di sotto.

Dovrei portargli qualcosa? Forse ha fame. Prendo un panino dal frigo e un toast. Immagino che schifezze possano cucinare lì. Ha sicuramente bisogno di un cambio perciò salgo di nuovo in soffitta.

Mi muovo con cautela in modo che nessuno mi senta.Tiro da sotto il letto la valigia con tutti i suoi vestiti e la apro. Un odore dolce invade le mie narici, sembrano fiori di loto. Resto stupita: ha davvero poche cose. Prendo un pigiama, dei calzini, e anche dei boxer.

Toccare le sue mutande mi mette in imbarazzo, mi sento come se stessi violando la sua privacy.
Cerco di non pensarci infilando l'occorrente nella borsa, sistemo tutto come l'ho trovato ed esco.

-

Quando arrivo è quasi buio, il sole è già tramontato. Sono partita di casa mezz'ora fa ma c'era traffico. Parcheggio e oltrepasso l'enorme atrio piastrellato di marmo bianco e nero. Tutta la gente in attesa punta gli occhi su di me non appena entro. Mi dirigo al bancone sigillato da un vetro, dietro il quale una signora in camice bianco si occupa di fornire informazioni a tutti. Probabilmente è stata lei ad aver risposto al telefono prima.

《Salve.》

《Posso esserle utile?》La voce conferma la mia ipotesi.

《Si. Stavo cercando un ragazzo. Anzi... un uomo, diciamo, sui trent'anni.》dico indecisa.

《Non siamo in orario di visita. Può tornare alle sei.》

Guardo l'ora sul telefono. 《Ma sono le cinque.》

《E allora? Non le ho mica stabilite io le regole.》

《La prego, l'ho anche chiamata prima, poteva almeno avvertirmi.》dico nervosa. 《È mio marito...》aggiungo per convincerla.

Abbassa leggermente gli occhiali e mi guarda da sopra le lenti. 《Quanti anni ha, mi scusi?》

Esito prima di rispondere. Non posso mica mentire, mi chiederà un documento.

《Venti, ci siamo sposati presto.》ritraggo la mano nel caso le venga in mente di guardare se ho la fede.

La donna resta in silenzio con gli occhi fissi su un foglio. Alla fine sospira. 《Come si chiama?》

《Davis.》Cerco di ricordare il cognome, ma non sono neppure sicura che me lo abbia detto.

《Powell?》

Faccio cenno di sì, sperando sia davvero lui.

《Secondo piano, corridoio a sinistra, stanza 13. Suoni il campanello se la porta è chiusa e dica che entra solo per portare quelle cose.》indica la busta che tengo in mano.

《Grazie.》dico sollevata e mi allontano velocemente prima che cambi idea.

Salgo le scale fino al secondo piano. Tutto è aperto, quindi vado alla ricerca della stanza sperando che nessun infermiere mi cacci via. Mi muovo a passo felpato, finché non leggo nel muro la scritta M13. Credo che la lettera M stia ad indicare il reparto maschile perchè dal lato opposto riesco a leggere delle F.

Busso senza ottenere risposta, ma entro comunque.
Ci sono due letti. Sul primo è adagiato un ragazzo ingessato dalla testa alle ginocchia, e per un attimo mi preoccupo. Per fortuna non è lui. Mi guarda confuso e io mostro un sorriso forzato superandolo. Davis è in fondo, con la faccia rivolta al soffitto e le braccia stese lungo i fianchi.
"Posizione da soldato".
Richiudo la porta e mi avvicino a passo incerto. Non voglio svegliarlo, perciò senza far rumore trascino una sedia accanto a lui. Resto a guardarlo dormire, così immobile, indifeso. Con gli occhi seguo il contorno della sua mascella fino alle labbra. E' strano essere qui, sono l'unica che si è preoccupata per lui.

Solo, e ribadisco solo per un attimo, la sensazione che mi ricorda come sia facile cedere, si insinua a spintoni dentro me.
Vuole prendersi tutto, lo stomaco, il cuore, i polmoni.
Ma la mia mente le tiene testa e la scaccia via.

Davis apre gli occhi, ci guardiamo per un tempo che sembra interminabile.
Mi sento in imbarazzo.

《Sei venuta fin qui?》
La sua voce è roca e assonnata.
Gli zigomi segnati dalla stanchezza, i suoi capelli scompigliati.

《Sono l'unica che possa portarti un cambio pulito.》

Accenna un sorriso.
《Lo hai fatto solo per questo?》adesso il suo sguardo è vispo e pieno di luce.

Le mie corde vocali vibrano nell'unico suono corrispondente alla verità: 《Si.》

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