Capitolo 16 ~ Nora ~ Giorno 4
《Nora, l'uniforme ti sta da incanto!》Edric si intrufola tra di noi e ci cinge le spalle con il braccio.
《Grazie.》rispondo colta di sorpresa. 《E buongiorno.》
《Buon giorno a... oh, oh. Guardate quel tipo lì!》Esclama entusiasta.
《chi?》Chiediamo all'unisono seguendo il suo dito.
《Quel ragazzo biondo con gli occhi azzurri.》
《Ci saranno centinaia di studenti con questo aspetto qui, potresti essere più specifico?》Sbuffa.
Fa spallucce. 《Non so ancora il suo nome, ma questo non è importante.》Dice con malizia.
《Giusto.》Aubrey è divertita.
Alzo gli occhi al cielo.
《E tu, Calisi?》
《Adesso ti ci metti anche tu?》La guardo di traverso.
《Perché? Suona bene.》
《Mica tanto.》Borbotto.
Questo è il classico soprannome che mi riservano dalle elementari, peccato che io non abbia mai visto la serie tv.
《Non vuoi rimorchiare nessuno?》Insiste Edric.
《No.》
《Perché? Da quando ti conosco non ti ho mai vista con nessuno.》Dice Aubrey.
《Sono qui da meno di un mese.》Rispondo incredula. 《E poi ho altre cose a cui pensare.》
Perché le persone si accontentano di un passatempo?
Purtroppo c'è chi dall'altro lato ci crede davvero e io so solo che, quando succede, il tempo sembra non passare più.
Ci accorgiamo che il flusso di studenti va verso un'unica direzione e ciò ci sembra strano.
《Josh, che succede?》Chiede Edric.
《C'è una riunione d'istituto.》Risponde il ragazzo.
Ci guardiamo tutti e tre.
《Alle otto? Dev'essere grave.》
Ci dirigiamo anche noi verso la palestra, di solito questo genere di cose si svolgono qui.
Prendiamo posto vicino a delle ragazze del secondo anno e aspettiamo che qualcuno inizi a parlare. Una matricola si sta occupando di sistemare l'audio. Poco dopo alcuni membri fanno il loro ingresso dal retro. Ci alziamo in piedi.
《Seduti.》Ordina la preside.
L'unica volta che l'ho vista è stato il primo giorno in cui sono arrivata qui. Ha una corporatura magra, e se non fosse per la sua faccia dimostrerebbe quarant'anni. Sistema il microfono alla sua altezza e dice: 《Sono sicura che qualcuno di voi sa il motivo per cui vi ho riuniti qui.》
La sua espressione e il suo tono di voce sono seri, tutti si scambiano occhiate confuse e bisbigliano tra loro.
《Ieri notte qualcuno ha manomesso la serratura e il sistema di allarme del mio ufficio, è entrato e ha rubato i fondi dell'università dalla cassaforte. E dubito che siano stati i miei colleghi.》
Ci guarda in attesa, gli occhi ridotti a due fessure.
《Sarebbe inutile chiedere che il colpevole si faccia avanti, ma prima o poi lo scopriremo. E credetemi, non vorrei essere al suo posto.》Il suo tono di voce si è fatto minaccioso, ma io la trovo solo ridicola. Come crede di acciuffarlo se non ha nemmeno installato delle videocamere? Si fa da parte e un professore prende il suo posto.
《Inoltre abbiamo deciso che premieremo chi ci aiuterà a trovare il ladro con una borsa di studio molto generosa. Nel frattempo abbiamo denunciato l'accaduto alla polizia.》
Siamo tutti sorpresi da queste parole. Come si può corrompere in questo modo dei ragazzi? La preside scioglie la riunione e da inizio alle lezioni.
Vado verso l'aula di musica. Mi sento irrequieta, ansiosa. Sono pentita della mia decisione. Perché sono stata così altruista da aver lasciato una possibilità a Davis? Non so niente di lui, eppure parlarci mi riesce così naturale che mi sembra di conoscerlo da una vita. Se è successa una cosa del genere qui, figuriamoci a casa mia.
Mi fermo di colpo. Stanno succedendo troppe cose insieme. E se fosse stato lui? Infondo gli servivano dei soldi. Scuoto la testa. Non è l'unico che ne ha bisogno...
Devo trovare il modo di chiedergli dell'omicidio, ieri ho lasciato stare perché mi sembrava inopportuno. Ma c'è una cosa importante a cui non ho pensato prima: non ha una famiglia da cui stare? Degli amici, un parente... qualcosa non torna.
Mi siedo e appoggio il quaderno sul banco.
《Psss.》fa qualcuno. 《E' libero?》
Alzo lo sguardo, Nat ha le braccia cariche di libri e l'espressione affaticata. Probabilmente ha corso cercando di arrivare in orario.
《Certo.》Dico a bassa voce.
Lui prende posto accanto a me e sistema la giacca sullo schienale della sedia.
《Abbiamo molti corsi in comune.》Constato.
《Si, è vero. Mi sono iscritto da poco...》Lascia la frase sul vago.
Mi giro verso gli ultimi posti in cerca di visi familiari.
《Anche con Clarissa e Rebecca.》
Sono perfettamente truccate, le gambe accavallate, l'uniforme striminzita, probabilmente di una taglia più piccola. Tutti fanno la fila per loro, venderebbero un rene solo per potergli aprire la portiera della macchina. Nat compreso, che da quando è entrato continua a lanciarle occhiatine. Annuisce distogliendo lo sguardo.
《Avete chiarito?》Domando ricordando ciò che è successo in palestra.
《No, non credo succederà.》
Poi mi accorgo di Jonas seduto accanto a loro. Mi fissa mordicchiando la penna e mi fa l'occhiolino. Le mie guance vanno leggermente a fuoco. Perché qui sembra tutto l'opposto di come si è mostrato quella sera? Cosa cerca di dimostrare impersonando il ragazzo cattivo? La campanella suona e io mi infilo tra la massa compatta di studenti che segue un'unica direzione, quella dell'uscita. Guardo le pareti dei corridoi tappezzate di annunci, gli armadietti perfettamente allineati e l'ansia si insinua dentro di me.
I loro sguardi mi bruciano la pelle, i loro pensieri sono rumorosi, li sento.
Mi giudicano, mi deridono. Altri mi compatiscono.
Attraverso quello stretto corridoio che prima d'ora sembrava fosse troppo spazioso.
L'aria è pesante, carica di pesi che mi schiacciano il petto.
Mi sento così piccola, così esposta.
Le gambe rigide come un manico di scopa, le spalle curve come a proteggermi, i piedi che si muovono automaticamente.
Tengo i capelli sulla faccia per nascondere le lacrime che cercano di sgorgare fuori.
《Eccola.》Bisbiglia qualcuno.
Risate, ancora risate. Le loro dita mi puntano. 《Adesso sei famosa per essere una iettatrice, non la ragazza del più carino del liceo.》
Quelle parole mi asciugano la gola impedendomi di ribattere.
Vorrei urlargli la verità, dire che non è stata colpa mia. Che ha rovinato tutto da solo, mi ha fatto del male e poi se ne è fatto lui. Vorrei dirlo al mondo, quanto sia stato stronzo.
Invece rimango in silenzio, un mutismo angoscioso che alimenta ancora di più la loro crudeltà.
Rimango calma, attenta a non far esplodere il cuore dal petto finchè l'ingresso non si fa più vicino.
Penso a quando potrò scappare da questo inferno, ogni giorno. Alla campanella che suonerà l'ultima ora e mi permetterà di allentare la lingua tra i denti. Sento il sapore metallico del sangue bagnarmi le labbra, voglio che tutto questo finisca.
Scuoto la testa. Ormai è acqua passata.
-
《C'è qualcuno?》
Non ottengo nessuna risposta. Casa mia è deserta come sempre. Lascio cadere la borsa sulla sedia e inizio a rovistare nel frigo. Cavoli, carote, insalata, melanzane, pomodori, latte, yogurt. Sbuffo. A volte sarebbe piacevole trovare un dolce o della salsiccia ma mia madre è una salutista, e come tale è ossessionata dai grassi. Non ricordo una sola volta della mia infanzia in cui mi abbia cucinato una torta. Purtroppo non ho il privilegio di sentire quell'odore di cacao salire su per le scale, bussarmi alla porta e trascinarmi direttamente in cucina. Prendo della pasta dallo stipite e metto l'acqua a bollire. Nel frattempo cerco un barattolo di pesto, ma non trovo nemmeno quello. Perché nessuno fa mai la spesa? Trovo un pacco di panna da cucina, è perfetto. Prendo del salmone e lo taglio a fettine, ho già l'acquolina in bocca.
Qualcuno bussa alla porta, chi può essere? Forse i vicini di casa hanno bisogno di qualcosa... Guardo dallo spioncino e la rabbia mi pervade.
《Davis, cosa vuoi?》Grido da dentro.
《Non hai una cotoletta per me anche oggi?》Mi prende in giro.
《Sparisci.》
Torno in cucina ignorando ciò che dice. Lui compare dietro la finestra sul lavabo facendomi prendere un colpo. Incrocio le braccia arrabbiata ma lui scoppia a ridere per via del mio grembiule fuxia.
Abbasso lo sguardo e non riesco a trattenere un sorriso.
《Posso entrare? Ti ho portato una cosa.》Solleva una busta di plastica che sicuramente contiene del cibo.
I miei genitori non sono in casa, e anche se lo vedessero non sospetterebbero mai che vive qui.
Sospiro. 《E va bene.》Vado ad aprirgli.
《Menomale, si gela.》Commenta sfregandosi le mani.
Mi faccio da parte per permettergli di entrare. Mi sento stranamente nervosa all'idea di ospitare un uomo in casa mia. Certo, il mio ex ragazzo ci veniva spesso, ma lo conoscevo bene. O almeno credevo. Adesso è diverso, anche perché Davis è un estraneo che ha violato la legge più di una volta, è più grande di me e poi...
《Wow, che bella casa.》 interrompe i miei pensieri.
Si guarda intorno come se stesse visitando un museo e presta troppa attenzione persino all'attaccapanni vicino a lui.
《Vuoi dire che non sei riuscito ad intrufolarti anche qui dentro?》
《No, non ci ho nemmeno provato.》Ammette. Si sporge verso il salotto e continua a camminare lungo il corridoio.
Lo seguo.《Grazie. Hai finito di ficcare il naso ovunque?》
Mi sembra troppo curioso.
《Si, scusa.》Entra in cucina e poggia il contenuto della busta sul tavolo.
《Pesce fritto!》Esclama entusiasta.
Mi chiedo cosa penserebbe mia madre se vedesse tutto quell'olio.
《Cosa c'è di tanto eccitante?》chiedo.
《Tanto per cominciare l'ho fatto io a lavoro. E poi è buono.》
Alzo gli occhi al cielo e verso la pasta nella pentola.
Davis guarda il cibo disposto sul ripiano.《Il mio piatto preferito, speriamo che tu non mi faccia cambiare idea.》Si burla di me.
Mi innervosisco.《Se non ti piace come cucino puoi anche tornare in soffitta e arrostire qualche topo.》
Scoppia a ridere. 《Calmati, stavo solo scherzando. Vuoi una mano?》
Gli lancio un'occhiataccia. 《No. Più mi stai lontano e meglio è.》
Alza le sopracciglia e sbuffa.
《E ora cosa c'è?》domando acida. 《Ho ferito i tuoi sentimenti?》
《Ti credi migliore degli altri solo perché studi il linguaggio del corpo?》
《E questo cosa c'entra?》chiedo seccata mentre apparecchio la tavola.
《Puoi prevedere tutte le azioni che vuoi, ma io posso controllare le tue.》
Gli rivolgo un'espressione scettica. Che idiota. Ma chi si crede di essere? Per un attimo immagino di rovesciargli la panna in testa. 《Non sono una marionetta, non puoi controllarmi.》
《Scommettiamo?》Fa un ghigno.
《Piantala.》Dico secca.
Si sporge in avanti verso di me e parla a bassa voce, come fosse un segreto: 《Tu cadrai ai miei piedi.》
Il mio cuore manca un battito. Alzo lo sguardo fugacemente e incastro i miei occhi spalancati nei suoi.
Scoppia a ridere fragorosamente. 《Stavo solo scherzando.》
Resto interdetta. Ruffiano, villano, cafone. Gliene direi di tutti i colori.
Continuo a cucinare ignorando le sue parole di pessimo gusto. Questo è un argomento che non mi piace toccare, ho troppe ferite che non si sono rimarginate.
《Non dovresti assaggiarla?》Chiede indicando la pentola.
《E tu non dovresti farti i fatti tuoi? So quello che faccio.》
Alza le mani in segno di difesa. 《D'accordo. Era solo un consiglio.》
Figuriamoci se ne ho bisogno.
《Comunque, credo che il mio capo mi aumenterà lo stipendio.》
Mi giro.《Credi?》
《Si, be'... ci ho parlato.》Dice malizioso.
《Non ci credo. Sei gay?》
《Cosa?》Strabuzza gli occhi. 《E' una donna!》
Scoppio a ridere. 《Mi sembrava strano.》
《Sarebbe stato un problema?》Chiede malizioso.
《No. 》 Rispondo acida. 《Solo che non hai l'aria di esserlo.》
《Che vuoi dire?》
Sto peggiorando la situazione. Arrossisco. Ho commesso una gaffe.
《Non ti comporti in modo da sembrarlo.》
Ride.《Ci sono uomini affascinanti che riescono a nascondere il loro orientamento sessuale meglio di quanto tu creda.》
《Infatti. Ma non serve nascondersi, ho notato che qui tutti hanno una mentalità molto liberale.》
《Vero.》Annuisce.
Scolo la pasta e la condisco.
《Volevo chiederti una cosa molto importante.》
《Dimmi.》
《E' da stamattina che ci penso...》 Dico portando i piatti a tavola. Mi siedo davanti a lui tenendo lo sguardo basso, guardarlo in faccia mi rende nervosa. 《Perché proprio questa casa? Perché non hai cercato altrove?》
Davis esita nel rispondere e stavolta mi decido a guardarlo. Ha un mezzo sorriso stampato in faccia.《Sapevo che lo avresti chiesto.》
Prende una forchettata di pasta e mastica per alcuni secondi. 《Wow, pensavo peggio.》Dice mandando giù il boccone.
Assottiglio gli occhi in segno di minaccia.
《Sono sempre stato attirato dai misteri. La mia passione iniziò quando avevo dieci anni, un giorno il mio cane sparì nel nulla e io diventai ossessionato. Pensai che non poteva essere scappato perché la pallina con cui giocava di solito era in mezzo alla strada. Perché avrebbe dovuto lasciarla lì e andarsene? Sapevo che qualcuno lo aveva rapito, così...》
《D'accordo. Non mi importa un fico secco della tua infanzia, né di te in generale. 》Incrocio le braccia e lo guardo esigente di una risposta. Non ho ancora toccato il cibo, mentre lui ha quasi finito.
《Ma è questo il motivo. Mi affascinano i misteri, e da quanto riportano i giornali il caso è rimasto irrisolto.》
Scoppio in una risata isterica. 《Certo. Ecco che arriva Sharlock Holmes a risolvere tutti i nostri dubbi.》
Sospira.《Non ho detto questo. Ma pensando che nessuno avrebbe comprato questa casa, mi ci sono stabilito.》
《E io ho mandato i tuoi piani in fumo.》
Fa un mezzo sorriso. 《Si, averti incontrata ha scombussolato tutto.》
《Non lo avevi neppure considerato.》
Scuote la testa senza smettere di sorridere.《Colpa del destino.》
《Ci credi?》Domando.
《Perché no.》Dice passandosi una mano sulla barba.
Sospiro e inizio a mangiare.《Wow, è vero. Mi sono superata.》Dico entusiasta.
《Ti sei impegnata perché volevi fare colpo.》
Lo guardo cercando di capire se stia scherzando o meno e inevitabilmente scoppiamo a ridere. Ecco, in questo momento sembra che sia parte della mia quotidianità. Pranzare insieme, condividere un po' di felicità, ridere come due stupidi e rendersi conto che non è poi così anormale. L'inquietudine sembra sparita. Questa sensazione, questo contatto invisibile che si sta creando tra noi è tiepido come un respiro che non scotta, e per un attimo desidero di più, il mio cuore chiede di più. Vorrebbe liberarsi dal freddo inverno che lo attanaglia.
Mi riscuoto.《Comunque il motivo non è convincente.》Dico.
《Mi dispiace che tu non mi creda.》
Che razza di risposta è? 《Sono convinta che tu sappia di più.》
Si irrigidisce. 《Che cosa te lo fa pensare?》
《Il fatto che la prima volta ne hai parlato con naturalezza. Qui invece sono tutti così taciturni sull'argomento.》
Sbuffa. 《Caspita, che osservazioni.》
Faccio l'occhiolino. 《A questo servono i miei studi.》
《Possiamo indagare insieme.》Propone.
Lo guardo bene e mi accorgo che è serio. Sento il rumore di una macchina fermarsi nel vialetto. Mi sporgo dalla finestra e vedo che i miei genitori sono tornati.
《Devi andartene!》Esclamo.
《Ma...》indica il tavolo e cerca di dirmi qualcosa.
《E' una situazione complicata, non possono vederti qui. Sbrigati!》
Lo prendo per un braccio e lo trascino verso la porta sul retro. Sento il rumore della portiera sbattere e il mio cuore aumenta il battito vertiginosamente. Non possono vederlo qui, non devono pensare che stiamo insieme.
《Cerca di non fare rumore.》Sussurro prima di chiudere la porta mentre quella d'ingresso si apre.
《Nora?》Chiama mia madre.
《Si?》Gracchio.
Mi precipito di là e mi accorgo che sta guardando il tavolo. Sposto gli occhi sui due piatti e poi su di lei, che mi guarda confusa. Vado nel panico.
《Si, ehm... è venuta Aubrey.》balbetto.
《Chi sarebbe?》Chiede.
《Una mia amica, ma adesso è dovuta andare via... proprio prima che arrivaste voi.》
Mi lancia un'occhiata scettica e in quell'istante mio padre entra in casa. Quasi ho un mancamento quando mi accorgo che Davis è dietro di lui. Fa un mezzo sorriso mentre si ferma sul tappetino dell'entrata e mi rivolge un'espressione carica di scuse.
《Aubrey, eh?》
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