Capitolo 13 ~ Nora ~ Giorno 2
"Ci sono essenzialmente sei posizioni differenti in cui le persone si addormentano.
Spesso chi assume quella fetale manifesta l'esigenza di raccogliersi in un bozzolo che lo isoli dal mondo circostante.
E' segno di una personalità un po' fragile e insicura, che sente la necessità di protezione e può essere maggiormente esposta a incubi notturni."
Mi rendo conto che corrisponde proprio alla mia descrizione.
Io non voglio questo, però. Voglio essere forte da sola, senza qualcuno che debba proteggermi.
Meglio che smetta di leggere per ora, prima che mi demoralizzi. Mi stiracchio e infilo le pantofole notando che una sta iniziando a bucarsi; dovrò comprarne di nuove. Scendo le scale ed entro in salotto. Accendo la tv sul telegiornale.
《...pianifica l'uccisione della compagna e del fratello convinto che fossero amanti. Il processo avverrà dom...》Cambio canale sintonizzandomi sul tg locale.
《La ragazza prodigio Samantha Sandler ha un dono pazzesco: sostiene di poter parlare con i morti. 》
Sbuffo. Quante bagianate.
Prendo della limonata dal frigo e la verso in un bicchiere. Non avrei dovuto accettare l'appuntamento, ma ormai non posso tornare indietro.
Sospiro. 《Jonas... perchè proprio questo nome?》
È uno scherzo del destino. Non può essere una semplice coincidenza che si chiami come colui che ho amato alla follia, lo stesso che mi ha piantato un paletto di legno nel cuore come fossi un vampiro. Da quel momento in poi, mi sono sentita come se ogni goccia di sangue presente nel mio corpo si sia prosciugata.
È colpa sua se ho sempre le aspettative peggiori. Anche se qualcuno mi sta solo guardando, riesco a pensare che mi stiano giudicando, deridendo.
Peccato che Jonas Turner non si limita a questo e so che non mi lascerà in pace finchè non gli concederò una possibilità. So che lo fa con tutte, ma con me non funzionerà: non cadrò ai suoi piedi per le sue attenzioni.
Il mio cuore è paralizzato e sembra che niente lo possa far ripartire.
Non lui, di sicuro. E il fatto che abbia lo stesso nome del mio ex ragazzo non c'entra nulla.
Chissà se si ricordano ancora di me. Certo che sì, probabilmente mi chiamano ancora con quei nomignoli che mi avevano attrubuito. Ricordo a memoria il viso di Madison quando cercava di difendermi e la falsitá nella conformità della sua bocca mentre cercava di giustificare l'accaduto. Stringo il bicchiere e quasi temo di romperlo e conficcarmi il vetro nel palmo. Eravamo amiche.
Prendo un toast e salgo nuovamente di sopra. Nel corridoio regna un silenzio insopportabile e quasi spero che qualcosa lo interrompa. Come un tonfo. Dovrei essere spaventata o arrabbiata, invece questa situazione mi intriga più di quanto dovrebbe. E' così assurdo da sembrare un film. Chi è che avrebbe avuto una pensata del genere o anche solo di metterla in atto?
Guardo l'orologio, probabilmente sta dormendo.
Riapro l'agenda dove sono elencati gli indizi sull'omicidio e li rileggo. Penso a qualcosa di nuovo da aggiungere ma non mi viene in mente nulla. Devo chiedergli di aiutarmi. Vorrei sapere come sia finito in questa situazione. Do un morso al toast, mi sdraio sul letto e ricomincio a studiare.
"Posizione allungata a tronco: Questa postura assomiglia a quella di un soldato sull'attenti. Con tutta possibilità si ha una personalitá abbastanza estroversa: siete socievoli e aperti nei confronti del prossimo, vi piace frequentare le persone, conoscere cose e luoghi nuovi."
Fin troppo aperti, penso.
Non ricordo più la sensazione del suo corpo accanto al mio, ma so che lui dorme ancora così.
Vorrei che i nostri respiri non si fossero mai mischiati, in quel buio nel quale facevamo l'amore.
-
Ci metto un po' a capire a quale locale si riferisse Jonas.
Lo trovo nascosto in un vicolo, dietro l'insegna di un negozio di cosmetici.
C'è un piccolo ingresso con una porta di vetro, un cartello al neon con sfondo bianco, su cui spicca in rosso la scritta "Happiness Forgets". Come avrei potuto notarlo? Davanti non ci sono nemmeno delle sedie o qualche indicazione. Lui è già dentro e sta parlando con il barista appoggiato al bancone, il quale si estende per gran parte della sala. Non appena mi vede alza la mano per farsi riconoscere.
Il bar è molto grande, da fuori non sembra affatto. Le pareti sono bordeaux e il pavimento in parquet scuro: molto elegante.
I tavoli e i divani occupano solo metà della stanza, il resto deduco venga utilizzata per ballare. Infatti ci sono delle casse ad ogni angolo.
《Ciao.》Dico avvicinandomi.
《Nora, non ci speravo più ormai. 》Dice con un sorrisetto beffardo.
In effetti ho ritardato qualche minuto perché mi ero persa.
《Si, scusa. Stavo valutando di darti buca. 》
《Gentile da parte tua. Cosa prendi da bere? 》
Guardo le bottiglie dietro il barman perché non sono molto esperta in materia di cocktail. Poi i miei occhi si spostano su di lui e rimango un attimo interdetta. Sono amici? Davis fa un lieve sorriso e mi strizza l'occhio, io distolgo lo sguardo nervosa.
《Mh... cosa mi consigli? 》dico cercando di non farci caso.
Sta per rispondere ma Davis lo precede.
《Bellini: pesche e spumante. 》
Lo fisso per qualche istante, non posso far capire che ci conosciamo.
《E Bellini sia, allora. 》Sorrido e lui si mette all'opera.
《Tu non prendi nulla?》Domando.
《Una birra, voglio tenermi in forma per stanotte. C'è un'altra festa, vuoi venire?》
Scuoto la testa.《Ho molto da fare.》mento e sento Davis tossire in modo ironico da dietro il bancone.
Ci giriamo, io lo fulmino con lo sguardo.
《Scusate, l'aria condizionata.》dice per giustificarsi.
Alzo gli occhi al cielo e andiamo a sederci su un divanetto in pelle bianco.
《Doveva essere un'uscita tra amici, invece ha tutta l'aria di un appuntamento galante. 》
《Dipende dai punti di vista. 》Fa un ghigno.
Stavolta è vestito molto meglio che a scuola. Nonostante non porti mai l'uniforme, usa sempre indumenti sportivi. Adesso invece porta una camicia azzurro chiaro che sta molto bene con il colore dei suoi capelli.
《Allora... hai qualche passione? 》Gli chiedo per cercare un argomento.
《Passione? Uh...》Il fatto che ci sia pensando mi fa dedurre che stia inventando qualcosa. 《Giocare a basket mi piace, anche a Football.》
《Ma all'infuori dello sport non fai nulla?》
Esita per un attimo. 《E va bene. Però non ridere e soprattutto non dirlo in giro, d'accordo?》
Faccio segno di chiudere la bocca con la cerniera.
《Tre volte a settimana lavoro in un asilo.Il pomeriggio, dopo le lezioni.》
《Oh mio dio. Tu? Non ti ci vedo alle prese con un bambino.》Rido sommensamente.
《Avevi detto che non mi avresti preso in giro.》Mi lancia un'occhiatina anche se si intravede l'accenno di un sorriso.
《Ok, scusami. Quindi dopo scuola... cambi pannolini sporchi?》Cerco di trattenermi.
《Non solo questo, ma... più o meno si.》
《Wow.》Rido.
《E tu? Che Hobby hai?》
Per fortuna la cameriera interrompe la nostra discussione portandoci da bere. 《Ecco a voi. E' suo il bellini?》Annuisco e lei lo poggia sul tavolino davanti a me.
Ne bevo un sorso.《Caspita, è buonissimo.》
《Merito di Davis.》Fa un cenno con la testa verso di lui. Mi giro a guardarlo e mi accorgo che ci sta spiando con la coda dell'occhio. Che ficcanaso. Jonas non dice nulla a proposito del loro battibecco, probabilmente era troppo ubriaco per ricordarsene.
《L'ho visto all'ultima festa. Ma come ha fatto ad entrare?》Ne approfitto per chiederglielo.
Adesso è scontato che non fa parte del nostro istituto, anche se lo avevo già intuito.
Fa spallucce.《Avrà i contatti giusti. Ho visto che stava insieme a uno che spaccia.》
《Cosa?》
Annuisce. Non ci posso credere. Una cosa in più in lui che non mi piace. Non sono nessuno per giudicare ma certi comportamenti non li capisco proprio. Potrebbe essere un gesto di difesa, penso per giustificarlo. Ma ciascuno di noi ha un passato sulle proprie spalle. Ciò non significa che la nostra vita debba ridursi a questo. O forse è solo un altro modo per divertirsi. Come tanti altri.
《Il mio più grande sbaglio, eccolo.》 dissi allargando le braccia.
Lui non capì, mi fissò con occhi inespressivi, come sempre.
《Lo pensava davvero?》
Esitai. 《Certo che sì. Guardi come sono diventata: cerco sollievo persino nella morte.》
Scuoto la testa per reprimere il ribrezzo delle sedute dallo psicologo. Perché adesso mi viene in mente questo?
《Cosa c'è?》Mi chiede guardandomi strano.
Mi maledico. Spero di non essere rimasta in silenzio troppo a lungo.
《Nulla.》bevo l'ultimo sorso. 《Andiamo a fare un giro?》
《D'accordo.》
-
L'aria che sferza leggermente il mio viso è gelida, e io mi stringo nelle spalle per i brividi.
《Odio il freddo, non mi stancherò mai di dirlo.》Mi lamento.
Lui Ride. 《Hai il naso arrossato.》
A quelle parole mi irrigidisco e distolgo lo sguardo. Un déjà vu mi attraversa di corsa la mente e io scuoto la testa per cacciarlo via. 《Si, immaginavo. Mi succede sempre.》
Continuiamo a camminare sul marciapiede che attraversa il centro, e io mi soffermo a guardare le vetrine. Non mi piace fare shopping, forse perchè non mi trovo a mio agio con il mio corpo o semplicemente sono un maschiaccio. La cosa più brutta è entrare in un negozio e vedermi riflessa negli specchi. A me si adattano solo felpone larghe e jeans, non sarò mai come le altre ragazze della mia età, vale a dire alla moda, desiderate, sicure di sè. Le poche volte che ci ho provato da quando sono qui mi sono sentita una persona costruita, che non esisteva. E' una sensazione orribile impersonare la vita di qualcun altro.
《Possiamo entrare se ti va.》dice lui.
Scuoto la testa. 《No, spenderei tutti i soldi e voglio evitare.》cerco di trovare una scusa convincente.
Fa una risatina. 《Ti regalo qualcosa io, vieni.》
All'inizio penso che stia scherzando, ma quando mi tira per il braccio capisco che non è così.
《Ehi! Ma...》Non so cosa dire. Nessuno si era mai offerto di comprarmi qualcosa, invece per lui sembra normale.
《Scegli pure quello che vuoi.》Sorride.
Lo guardo, in questo momento i suoi occhi color nocciola sembrano sinceri. Non assomiglia per niente a quel ragazzo arrogante che ho conosciuto il primo giorno, né all'ubriaco prepotente della festa.
Sospiro. 《E va bene.》
Mi guardo intorno ma questi indumenti non mi ispirano, gli uomini hanno un pessimo istinto; io al contrario riesco a intuire se un negozio ha roba buona solo passandoci davanti.
Alla fine scelgo una maglia aperta sulle spalle, che non costa nemmeno tanto.
《Non la provi?》Mi chiede.
Scuoto la testa. Voglio solo uscire da qui.
Jonas paga e dopo averlo ringraziato torniamo a passeggiare.
《Allora, ti ho convinto?》mostra di nuovo il suo sorrisetto beffardo.
《Se escludiamo la parte in cui ci provi con la commessa si.》dico seria, ma poi scoppio a ridere.
《Non ci stavo provando, stavo solo facendo un'osservazione sui suoi pantaloni.》
《Già, è la cosa che ti riesce meglio.》lo accuso in tono scherzoso.
Guardo l'orologio, è passata solo u'ora e già vorrei tornare a casa. Non ho nulla contro di lui, è stato gentile per tutto il tempo, ma so che lo ha fatto con un unico obiettivo. Si vede da come indugia sulla scollatura della mia maglietta quando mi parla.
《Ascolta, Jonas...》
Ci fermiamo vicino un carretto dei gelati. Con questo freddo chi ne comprerebbe uno? Mi guarda sicuro di se, impaziente che continui.
《Magari sei un bravo ragazzo, come sembri in questo momento...》Contraggo le labbra in una smorfia. 《Ma non credo potresti essere il mio tipo.》
Sta per ribattere qualcosa ma alzo un dito per zittirlo. 《No, non dirlo. E' palese che non è un'uscita tra amici e io ti piaccio. Il punto è che le relazioni non mi interessano.》
Alza un sopracciglio. 《In che senso?》
Mi schiarisco la voce e sposto lo sguardo a disagio. 《In quel senso. Insomma, tutto quel doversi preoccupare se ti scriva o no, camminare per ore mano nella mano sotto i pini... non fa per me.》
Jonas mi guarda per qualche secondo, sembra che abbia capito. Ad un tratto scoppia a ridere e io rimango perplessa.
《Quindi sei lesbica?》
Perché è così idiota?
Ho l'impressione che fare il galant'uomo gli riesca così bene perché è abituato con le ragazzine a cui basta un misero atto di gentilezza per cadergli ai piedi. Poi sarà lui a dare il ben servito quando si stancherà della solita routine. Io sono più complicata di così, e non gli conviene. Anche perchè a quanto pare, nella sua testa c'è solo segatura.
《Lascia stare.》
Riprendo a camminare, voglio andarmene il prima possibile.
Lui mi viene dietro accelerando il passo.《Comunque Nora, ti sei sbagliata. Di solito faccio così con tutte, ma tu mi intrigavi perché mi rifiutavi costantemente. Alla fine sono riuscito a conoscerti e... non ti offendere ma nemmeno tu sei il mio tipo. Hai solo carattere da vendere.》
Cosa? 《Evidentemente hai avuto un'infanzia difficile e hai bisogno di sfogare la tua rabbia sugli altri. Uno a zero per me.》Gli sorrido compiaciuta, ma mi pento di gran parte delle parole.
《Vuoi dire che la partita non è ancora finita?》fa un ghigno.
Lo guardo male.
《Ho capito, ti riporto a casa.》
《No, preferisco andare a piedi.》rispondo nonostante il freddo.
Mi guarda per qualche secondo.《Sei ancora in tempo per cambiare idea.》
《Grazie, Jonas.》Dico in tono troppo acido.
《Ci vediamo a scuola.》
Non sembra turbato. Lo guardo allontanarsi nella direzione opposta. Cammina con le mani in tasca e lo sguardo dritto. Di tanto in tanto scuote la testa per via del ciuffo che gli ricade davanti agli occhi. Sono sollevata che se ne sia finalmente andato. Non vedo l'ora di mettermi sotto le coperte e aspettare che un altro giorno passi. Ne mancano ancora dodici.
Ma una cosa mi turba, sono stata troppo antipatica. Perché nonostante il suo carattere presuntuoso non ha risposto ai miei insulti?
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