44 ~ Nora ~ + 44

«Sei sicura? Puoi tornare a casa quando vuoi se ti ha fatto qualcosa.»

«No, mamma.» Sbuffo. «Lo dici ogni volta, va tutto bene.»

Cerco di soffriggere zucchine e speck  tenendo il telefono con una mano e il mestolo con l'altra. Oggi non ho lezione perciò sto preparando un pranzo diverso in modo da non mangiare i soliti cibi surgelati. Davis ne sarà entusiasta.

«Scusa, non ci ho ancora fatto l'abitudine. Però non mi piace lo stesso, non credere che sia d'accordo.»

«Certo, lo so.» sbuffo.

«Non fare così. Sai benissimo...»

«Che hai un brutto presentimento. Ma è una tua impressione. Adesso devo riattaccare, saluta papà.» taglio corto.

«Certo, ci sentiamo stasera.»

Ora che sta metabolizzando meglio la situazione mi chiama minimo tre volte al giorno. Spesso sono costretta a inventare che il cellulare non funziona bene o semplicemente che la linea non prende.

Mi stressa il fatto che continui a ripetermi "guarda che conosco le mosse per mettere ko un ubriaco, se vuoi te le insegno", come se servisse a qualcosa.

Davis non beve, è l'uomo migliore che conosca se cencelliamo il nostro primo incontro, non vedo come possa nuocermi.

Aggiungo il pollo tagliato a pezzetti nella padella e qualche manciata di pepe, il riso venere e qualche cucchiaio di acqua di cottura continuando a mescolare. Speriamo che questo esperimento mi riesca bene, ho preso ispirazione da una ricetta su internet.

L'unica che mi turba è Camilla. Nei giorni seguenti abbiamo fatto finta di nulla ma io non riesco più a tenere questo peso. Sto passando da complice. È solo che ogni volta che vorrei smascherarla mi viene in mente il futuro di quel povero bimbo e il suo sorriso contagioso. Non deve subire le conseguenze delle azioni di sua madre, non lo merita.

Qualche minuto dopo la porta si apre e un paio di braccia possenti mi stringono da dietro.

«Ciao.» gli sorrido grata e lui mi stampa un bacio veloce sulle labbra. Mi accorgo che non è solo, c'è anche Charlie.

«Spero non sia un problema se si ferma a pranzo, ci siamo incontrati per caso e gli ho chiesto di salire.»

«Oh, figurati.» dico titubante guardando il cibo. «Forse per lui.»

«Nora sostiene di non essere molto brava a cucinare.» gli spiega Davis.

«A dire il vero tu sei sempre stato d'accordo.» lo interrompo.

Lui fa una smorfia e Charlie scoppia a ridere. «L'odore è invitante.»

Apparecchio per tre, non ho ancora avuto modo di comprare un servizio di piatti decenti perciò prendo quelli di plastica e servo la mia pietanza mentre entrambi sono intenti a guardare la partita.
Rispondo a un sms di Aubrey e prendo posto impaziente di ricevere dei commenti.

«Wow, ti sei superata.» mi dice Davis alla prima forchettata.

«Complimenti.» Charlie mi sorride e io mi riempio d'orgoglio.

Sono sollevata di non aver fatto una figuraccia, i tutorial per principianti che ho seguito e i consigli di Margaret mi sono stati d'aiuto.

«Allora, a quando le nozze?»

Io e Davis ci guardiamo e lui scoppia a ridere. «Prima devo mettere da parte qualcosa.»

«Certo, perché non riprovi come assistente universitario? Dovresti solo spolverare quei vecchi libri...»

Tossisce. «No, non fa per me.»

«Assistevi un professore?» domando sorpresa.

«Si, molti anni fa.» la butta sul vago. «Niente di speciale.»

Charlie continua a mangiare facendo finta di niente e io decido di non insistere. Credevo non avesse nemmeno terminato gli studi, perché non me ne ha mai parlato?

Cerco di interessarmi ai loro discorsi ma li trovo alquanto noiosi. Non vedo l'ora di uscire con Aubrey e sentire un po' di pettegolezzi da donna.

Da quando vivo con Davis non ci vediamo più molto spesso perché sono sempre occupata con il trasloco.
Ho smesso di studiare fino allo sfinimento e soprattutto di leggere libri sul linguaggio del corpo. Non mi servirebbe a nulla perchè ho raggiunto il mio obiettivo, essere tranquilla.

Perché continuare a complicarsi la vita?
L'unica cosa che ancora mi turba è quel diario.

Porto a tavola il dolce a cui mi sono dedicata stamattina: semifreddo al croccantino e frutti di bosco.

Davis mi sorride. «Che fortuna che avessi già preparato tutte queste delizie.»

«Nemmeno a farlo a posta.»

Charlie è un tipo riccioluto con le lentiggini sparse sul volto e un po' di rotondità sui fianchi. Non è brutto, ha il suo fascino, i suoi occhi verde scuro e la sua simpatia contribuiscono molto. Adesso sta raccontando degli aneddoti divertenti di quando era piccolo a cui io fingo di ridere.

«Caspita, e tua nonna come ha reagito?» Chiede a fatica Davis mentre si asciuga le lacrime dagli occhi.

«Ha minacciato di spedirmi in un convento e farmi diventare un monaco. Io ovviamente ci ho creduto.» risponde lui.

Sospiro e inizio a lavare i piatti, ma qualcos'altro richiama la mia attenzione.
Charlie mi ha rivelato un'altra cosa che non sapevo sul passato di Davis e ora mi sento inquieta.

Mi allontano fino alla camera da letto e prendo il quaderno dal cassetto. Perché mi viene in mente proprio ora?
Eppure non posso fare a meno di pensare che questo ragazzo doveva amare molto la ragazza con cui stava, ma cos'è successo che gli abbia fatto cambiare idea?
Sono frustrata, vorrei conoscere il motivo.
Sfoglio velocemente tutte le pagine ma qualcosa cade davanti ai miei piedi.
Raccolgo il foglietto sul quale leggo delle parole:
«Le tue minacce non mi indeboliscono,
Sono i postumi della sbornia a farti parlare.
E tu, indifesa, al buio mi chiami e urli con i tuoi occhi cupi
Urli le parole della morte che sovrastano quelle dell'amore.
Svegliati, torna a splendere di vita!
Sii realista, pensa anche a me.
Cos'è più egoista, amare più se stessi da uccidere l'altro, o uccidere te stesso per il bene dell'altro?»

Resto perplessa. Potrebbe definirsi una poesia o un pensiero buttato a caso durante la notte quando le idee ti riempiono la testa. Rileggo ancora le ultime righe e cerco di trarne un senso.

Entrambe le ipotesi sono da egoista e chi le ha pensate stava soffrendo molto.

Perché si è posto questa domanda? Mi sdraio sul letto.
Tutto resta sempre nel vago, se solo ci fosse quel particolare in più...

«Uccidere per difenderti o uccidere te stesso?»

Torno indietro nel punto in cui descriveva la sua vita infelice. Un mostro, non più il tulipano rosso che amava tanto. Forse è questo il motivo.
Egoista, lei era egoista con lui. Odiava San Francisco, un odio profondo verso tutti. L'odio porta a compiere azioni terribili di cui spesso ci si pente.
Ma certo, ho capito!

«Davis!» mi precipito nel salotto senza fare caso a Charlie.

«No, ovvio che non deve saperlo. Sei impazzito?» Sta dicendo.

«Dav, ho capito tutto!» esclamo. «È stato il ragazzo ad incendiare la casa, perché odiava lei con il suo egoismo, odiava il suo lavoro, quel posto, tutto. È così ovvio, come abbiamo fatto a non pensarci prima?»

Entrambi mi guardano sbigottiti, lui stringe la mascella. «Ne sei sicura?»

«Ma certo, ci ho riflettuto così tanto e non ci vuole una laura per capire quanto possa essere pericoloso questo stato d'animo. Guarda qui: uccidere per difenderti. » ripeto il senso di quel che c'è scritto.

Distoglie lo sguardo, Charlie lo guarda confuso e preoccupato allo stesso tempo, infine scoppia a ridere e si avvicina a me. «Hai troppa fantasia.»

«No, dico davvero. Andiamo a dirlo alla polizia. Dobbiamo scoprire se lei è morta davvero.»

«Lo sapremmo se fosse così.»

«Ma se lui è in coma un giorno potrebbe risvegliarsi. Non può essere lasciato libero, è un pazzo! Dev'essere fermato.»

Charlie si intromette. «Ma se la tua ipotesi fosse vera, come mai è finito per essere coinvolto?»

A questo non ci avevo pensato. «Magari non è stato abile nei calcoli.»

Davis mi spettina i capelli e mi bacia. «Sei stata brava tesoro, ma non credo che questa teoria sia accettabile. Dai, vieni a sederti con noi, c'è il tuo telefilm preferito.»

«Ma...» insisto ma lui mi trascina sul divano.

Charlie mi mostra uno sguardo comprensivo ma io non riesco ancora a crederci. Se lui non fosse in coma calzerebbe tutto perfettamente.

Perché è così complicato, e perché mi è venuto in mente proprio ora? C'è un piccolo particolare che mi sfugge.

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