40 ~ + 17
Davis
Questo quartiere mi piace, ci vivo da due settimane e non rimpiango niente della mia vecchia vita, a parte lei.
Ormai il suo ricordo si è annidato in me come una vecchia presenza, qualcuno che non vedrai più ma sai che resterà lì, in un piccolo posto nel tuo cuore.
Indosso il Parka nero che ho comprato ieri e mi lascio riscaldare dalla pelliccia interna. Il tragitto fino alla biblioteca è più breve del Papa's Burger ma fa troppo freddo per rendermene conto; mi sembra di non arrivare mai. Credo che nevicherà.
Oggi è la vigilia ma a me sembra un giorno come tutti. Non sento lo spirito del Natale nell'aria anche se le strade sono piene di addobbi e ragazzini che cantano in coro. Chissà se da piccolo ero così anch'io, non me lo ricordo.
È così strano ritrovarsi da soli. Da quando sono andato via mi sono estraniato da tutti, non ho più avuto contatti con ragazze e nemmeno con i miei amici. Che mi venga un colpo, sono davvero io?
Sospiro. Sarà stato quell'incontro a cambiarmi.
-
Con la manica mi asciugo il sudore dalla fronte. Scaricare questi pacchi è così faticoso, non credevo che i libri pesassero tanto.
Da quando ho ricevuto per posta quel diario non mi sono più dato pace. Come ha fatto Nora a capire dove abito, e soprattutto perché non è venuta di persona?
La cosa peggiore è che sicuramente lo ha letto, chissà che cosa avrà pensato, avrà capito perché non volevo aiutarla con l'omicidio? Butto l'ultimo scatolone a terra e mi pulisco le mani piene di polvere sui pantaloni.
«Bene Davis, ottimo lavoro.» dice il proprietario.« Adesso sai cosa fare.»
Annuisco. Controllare che tutta la merce sia arrivata e ordinarla nell'apposito scaffale.
Credo di essere l'unico dipendente che riesce a sopportarlo e che non si è ancora licenziato. Da quanto si vociferava stare al passo con lui era così difficile che tutti si licenziavano ancor prima che passasse una settimana. A me non sembra così terribile, anzi, paga pure bene.
«I più grandi autori.» recita il titolo di un libro. Apro una pagina a caso capitando su Platone.
Questo nome non mi è nuovo. Inizio a leggere la sua biografia e improvvisamente mi ricordo. Questo libro era aperto sulla scrivania di Nora; aveva sottolineato una frase in particolare. Scorro le pagine per trovarla.
Eccola: "l'amore è un demone. L'amore desidera qualcosa di cui ha bisogno ma che non ha ed è quindi una mancanza. L'amore è un demone."
Passo il dito sull'inchiostro nero come se potessi trarne conforto.
Perché quando l'ho letta non ci ho fatto caso? Ha sofferto così tanto da reputare l'amore un mostro.
Ora capisco che se fosse innamorata di me non verrebbe mai a cercarmi, perché l'ho ferita.
Ho scelto per lei eppure le ho fatto del male.
«Powell, che stai facendo? Sbrigati.» prende aria. «Non ti pago per ciondolare tutto il pomeriggio.»
«Ciondolare... ma sentilo.» borbotto nervoso.
Da una fessura tra le mensole intravedo dei boccoli castani e subito il mio sguardo guizza più vicino. Possibile che tutto mi ricordi lei? Lascio andare quello che ho in mano e mi avvicino velocemente all'altro reparto.
Mi guardo intorno ma della ragazza non c'è più traccia. Mi sento subito ridicolo.
Lancio un'ultima occhiata e faccio un passo indietro, ma inavvertitamente sbatto contro la schiena di qualcuno.
«Scusi.» dico con non curanza.
Sto per andarmene ma il mio cervello mi suggerisce di voltarmi, e non appena esegue il comando resto di stucco.
Lei è davvero qui, incredibile.
Nora
Ero convinta di riuscire ad andarmene come se niente fosse, ma quando ho visto che anche lui cercava me ho cambiato idea e alla fine ci siamo scontrati.
Continuiamo a fare così da quando ci siamo conosciuti.
La sua espressione da sorpresa passa ad arrabbiata e io nascondo lo spavento che ho provato.
«Volevi scappare?» chiede serio.
Sento il cuore battere così forte che potrebbe uscirmi dal petto in qualsiasi secondo. «Non sapevo che fossi qui.»
Il suo sguardo si indurisce di più. «Invece mi avevi visto.»
Faccio una smorfia, è più perspicace di quanto pensassi. Non riesco a formulare un pensiero di senso compiuto e sento che le gambe mi stanno abbandonando. Abbasso gli occhi, forse non avrei dovuto comportarmi così ma ero impaurita.
«Ero venuta per cercare un libro, come potevo immaginare che ti avrei incontrato?»
«Ci sono così tante biblioteche in cui saresti potuta andare.» abbassa la voce per non disturbare la gente.
Le guance mi vanno a fuoco. «E' stato solo un caso.» sbotto.
Guarda preoccupato alle mie spalle e vedo un vecchietto che ogni tanto ci fissa da dietro il bancone. Davis mi fa segno di abbassare la voce e io alzo gli occhi al cielo. Lo sa benissimo che non riesco a controllarmi in certe occasioni. Non posso fare a meno di notare il libro che tiene in mano.
«Quello ce l'ho anch'io.» dico sorpresa.
Davis storce la bocca. «Si, lo so.» poi si incupisce.
Evidentemente lo aveva visto in camera mia. Un piccolo barlume di speranza si fa strada dentro di me. Se lo stava leggendo di proposito significa che gli mancavo?
Mi accorgo che ciò che stavo cercando è proprio accanto a lui, perciò allungo la mano per leggere meglio il titolo ma lui mi prende per il polso e mi attira a sé con forza.
Affondo il viso nella sua camicia morbida e inspiro a fondo il suo profumo che è diverso da quello che aveva l'ultima volta. Un po' mi urta che siano cambiate delle cose in lui di cui io non ero al corrente.
Sento le lacrime bruciarmi gli occhi ma mi trattengo con tutta la forza che ho. Rafforza la stretta e io lo lascio fare perché ho desiderato questo momento per giorni e anche se domani sarà tutto finito ora voglio fingere che durerà, che tutto andrà come lo immaginavo nella mia mente.
Quel signore, sicuramente il proprietario, si avvicina a noi ed entrambi ci stacchiamo. Sento Davis irrigidirsi e subito si affretta a scusarsi.
«Lo so. Mi rimetto a lavoro...»
«No.» lo interrompe. «Oggi è la vigilia, andate a divertirvi.»
Sbatte gli occhi incredulo. «Mi sta mettendo alla prova per decidere se può licenziarmi o meno?»
«No, ragazzo. Coraggio andate.» gli risponde lui e poi inizia a spingerci verso l'uscita.
Raccogliamo i cappotti e un po' titubanti apriamo la porta.
«Scusate se ho origliato, ma se posso permettermi di darvi un consiglio godetevi questa vita insieme.» respira a fondo. «E' più breve di quanto pensiate e non vi consiglio di perdere tempo. Guardatevi.»
Indica il nostro riflesso sulla finestra ed entrambi facciamo come ha detto. Vedermi accanto a lui è una sensazione molto strana e dalla sua espressione capisco che la pensa in questo modo.
Solo adesso mi rendo conto di quanto sia molto più bassa e mi sento indifesa.
Fosse così facile, vorrei rispondere.
«Grazie.» risponde Davis.
«Mia moglie è morta quasi un anno fa...» respira «...e non vi augurerei di scoprire come ci si sente.» fa una pausa molto lunga e la sua espressione si incupisce. «Ora sono diventato un'altra persona, una brutta persona me ne rendo conto.» prende aria e io lancio un'occhiata confusa a Davis. «Però credetemi, qualunque cosa sia successa non sarà peggio di questo, non è niente che non si possa perdonare.» respira ancora. «Buone feste.»
Nessuno dei due sa bene cosa rispondere e io sono arrossita. Mi limito a ricambiare gli auguri mentre borbotta un «Ci vediamo il ventisei.» a Davis.
Nessuno dei due si era accorto che stesse nevicando, solo quando le nostre scarpe affondano in qualcosa di morbido.
Dei fiocchi bianchi scendono dal cielo e si posano a terra ricoprendo il paesaggio di bianco. Non piove, non tira vento, è tutto calmo ed è tutto reale.
«Wow.» fa lui con la testa rivolta in su.
Ma io non guardo la neve, guardo la sua espressione sorpresa e il suo sorriso da bambino. Il suo parka nero e le sue scarpe poco adatte a questo clima.
«Smettila di fissare me, guarda che bello.»
Imbarazzata mi giro e lui scoppia a ridere.
Vorrei tirargli una palla congelata in faccia ma prima che possa accennare qualche movimento mi prende in braccio e inizia a correre.
«Mettimi giù!» urlo.
Per fortuna nessuno sta assistendo alla scena o ci prenderebbero per pazzi. Forse solo il proprietario della biblioteca ci sta guardando da dentro fiero del suo operato. O forse si è già dimenticato di noi.
«Guarda che bello, Nora!» esclama.
Sorride ancora di più e anche i suoi occhi, così smetto di pensare che potremmo cadere e farci male e mi lascio trasportare dal momento.
«Sei sicuro della tua età?» chiedo divertita.
«No.» dice fiero, e mi stupisco di come si stia comportando in questo momento, non l'ho mai visto scherzare così.
Tutto è illuminato dai lampioni e dalle luci degli addobbi, e non si sa come sembra proprio di essere al Polo Nord, non in un quartiere qualunque di San Francisco. Davis mi mette giù e poi poggia le mani sulle mie guance scostandomi i capelli dal viso.
«Vieni a vivere con me.» dice tutto d'un fiato.
«Ho sentito bene?»
«Vieni a vivere con me!» Urla felice, così forte che temo scateni una valanga.
Dovrei ribattere, essere arrabbiata per il tempo in cui l'ho aspettato e non si è fatto vivo. Dovrei farmi valere, come mi ha consigliato Aubrey. Pensare a cosa è meglio per me.
Ma ho vissuto aspettando qualcuno che mi regalasse tanto calore da sovrastare tutto il freddo che sentivo, come quando nevica e non senti nulla, e hai voglia di correre felice, di sdraiarti a terra e sentirne la morbidezza, di fare delle foto come se fosse un'occasione che non si ripeterà più. Forse proprio come in questo momento, forse aspettavo proprio lui.
Sotterro la mia parte razionale qui, sotto questo ghiaccio. «Verrò ovunque con te.»
E non mi importa di sapere a cosa sto andando incontro, non mi importa più di trovare risposte.
Mi sono innamorata di quest'uomo, so che questa è l'unica certezza che mi basta.
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