32 ~ Davis ~ Giorno 12
Un nuovo giorno e io non posso fare a meno di chiedermi: cosa siamo adesso noi due?
È ovvio che non sia innamorata di me, ma con il tempo forse quel sentimento che prova crescerà.
Io comunque ci spero.
Ieri sera quando si è riaddormentata l'ho portata in camera sua, altrimenti si sarebbe alzata con il torcicollo. Dormiva così beata che non me la sono sentito di svegliarla. Chissà se ha fatto altri incubi. Chi erano quelle persone che ha menzionato?
Forse dovrei iniziare a pensare a cos'è giusto per lei. Sono consapevole di ciò che ha passato pur non conoscendola; mi è bastato guardarla dritto negli occhi per scorgere tutta quella sofferenza. Posso solo immaginare come deve essersi sentita e forse non saprò mai tutta la storia ma ciò non vuol dire che io debba diventare un altro ricordo doloroso nella sua vita.
È per questo che qui, pulendo questo tavolo in metallo in questa cucina silenziosa, ho preso una decisione. Forse lei non me lo chiederà più ma tra due giorni andrò via come da accordo.
In questo modo eviterò che si inmamori di me e lascerò che trovi un bravo ragazzo, qualcuno che la meriti, non come me.
Non voglio ferirla. Voglio che un giorno si diverti a raccontare di quella volta che ha scoperto un tizio vivere abusivamente nella sua soffitta e ha voluto mentire a tutti per aiutarlo.
Lo ha fatto per me tutto questo. Perché ha un animo buono e io non ho il diritto di giocare così.
Anche se provassi qualcosa per lei non potrebbe funzionare perché non potrei mai giurarle fedeltà. Nora non sa del mio passato e voglio che continui a starne fuori.
Busso alla porta dell'ufficio del mio capo, la puzza di fumo è così intensa da trapassare la serratura e arrivare fin nel mio naso.
«Avanti.»
Entro a passo sicuro perché come mi ha detto Nora la prima impressione ed essere sicuri conta molto. Mi schiarisco la voce. Per fortuna non è quello stronzo del figlio.
«Powell. Mi dica.» Mi guarda da sopra le sue lenti rotonde.
«Mi servirebbe un favore.» Si fa serio perciò aggiungo: «Se può.»
«Se posso.» Ripete.
Prendo un respiro di incoraggiamento. «Avrei bisogno che mi anticipasse lo stipendio di tre mesi.»
Brow spalanca gli occhi. «Scherza? Non ha nemmeno un contratto.»
«Mia madre sta male, ha bisogno di cure.» Mento.
Ora che ho smesso di bere dovrebbero bastarmi per affittare almeno una stanza, così lascerò in pace Nora, cercherò un altro lavoro e continuerò a indangare da solo.
La cosa peggiore è l'aver scoperto che in l casa prima abitava una ragazza di cui nessuno ha mai parlato. Se fosse viva dove potrebbe essere?
Devo trovarla prima che la trovi Nora.
-
Decido di dare il via alle ricerche proprio quando stacco da lavoro, non credo che importerà se non torno a pranzare.
Prendo il bus fino a Clayton e proseguo a piedi per venti metri. Mi ritrovo davanti alla stessa clinica che mi ha ospitato fino a qualche mese fa. La facciata completamente marrone mette ancora più ansia dell'ultima volta che l'ho vista.
Indosso un cappello e un paio di occhiali da sole e mi dirigo verso il banco dietro il quale vi è un'infermiera.
«Salve.»
La ragazza che non può avere più di ventotto anni mi scruta dalla testa ai piedi, non l'ho mai vista prima ma per non sembrare inopportuno tolgo gli occhiali. Sfodero il mio sguardo più sensuale e il mio sorriso più ammiccante guadagnando occhiate di approvazione.
«Mi servirebbero delle informazioni.»
«Mi dica.»
«Circa due anni fa è stato ricoverato un ragazzo qui, vittima di un incendio che ha ucciso la sua famiglia. Ne è al corrente?»
Esita per un attimo, ma poi si decide ad annuire.
«C'era anche una ragazza. Anche lei è stata ricoverata qui?»
«Non posso darle...»
«La prego, è importante.» dico serio.
Sospira. «Mi dispiace.»
«La porto a cena fuori se può servire a qualcosa.»
Sorride. «Lei è proprio uno sfacciato, non è così?»
«Può darsi. Ma mi serve che risponda alla mia domanda.»
Mi fissa dritto negli occhi e poi sottovoce mi dice di attendere. Cerca qualcosa al computer, poi la sua attenzione torna su di me. «Il nome della ragazza?»
«Non lo so.» dico incerto. «Il cognome è Mikaelson.»
Aggrotta la fronte. «Qui non risulta nessuna ragazza ricoverata due anni fa...»
«Ne è sicura?»
Mi guarda torvo. «Crede che non sappia leggere?»
«Certo, scusi. Grazie lo stesso.» dico abbattuto. Senza degnarla di uno sguardo esco dall'edificio e vado a sedermi su una panchina.
Dannazione, sono fuori strada.
Se non è stata ricoverata e non è nemmeno morta, allora non era sul luogo nel momento dell'incidente. Quindi dov'è ora?
Impiego il tempo seguente a chiedere per sicurezza in altri due ospedali ma senza alcun risultato.
Guardo l'ora, per oggi può bastare. Prendo un autobus che mi porta a casa.
-
Sembra che al piano di sotto non ci sia nessuno, perciò ne approfitto per prendere una limonata nel frigo.
«Oh, merd...» Sobbalzo dallo spavento quando mi accorgo che la madre di Nora è seduta proprio nel salotto, era così immobile che non l'avevo notata.
«Ehm, salve.» dico titubante.
Mi guarda seria e accenna a un saluto stentato. Faccio un sorriso forzato prima di allontanarmi, ma lei mi ferma.
«Siediti.»
Sembra che abbia detto "di le tue ultime preghiere". Mi accomodo aspettando la sentenza.
«Perché proprio lei?» mi chiede inaspettatamente. «Perché proprio mia figlia, con tutte le ragazze facili che ci sono in giro.»
Mi irrigidisco. «Non capisco che cosa voglia dire.»
«Non usare quel tono con me.» dice seria.
Quale tono? «Scusi.» Cerco di essere il più calmo possibile.
Sospira. «Sarei più felice se la lasciassi in pace, sai?»
«Con tutto il rispetto, ma non spetta a lei decidere.»
«Certo che no, ma lei non vede ciò che vedo io. Tanto per cominciare quanti anni hai? Non me la bevo la storia del college.» Pronuncia queste parole in modo così minaccioso che mi fanno più paura dell'accusa stessa. Si vede che è una donna attenta.
«Qualche anno in più di lei.»
Sbuffa. «Ma guardati, potresti essere suo nonno. Scommetto che non ti chiami nemmeno... come hai detto di chiamarti?»
«Davis.» Rispondo acido. «E mi chiamo davvero così.» Mi da anche del bugiardo ora? Questa donna è odiosa, anche se è parecchio bella per l'età che porta.
Ma che pensieri faccio?
«Mio marito è troppo ingenuo, ma io no. Se scopro qualcosa o fai una sola mossa sbagliata...»
«Non serve che vada avanti.» Intervengo.
«Bene. Sparisci, lei è di sopra. Rimedia al danno che hai fatto.»
«Scusi? Io non ho fatto nessun danno.»
Se si riferisce a ieri è stata lei a baciarmi, che motivo avrebbe di stare male?
Lauren ha riportato gli occhi sui fogli sparpagliati sul tavolo e non mi ascolta più, così mi alzo e vado al piano di sopra.
Resto incerto davanti alla soglia. Sembro troppo invadente? Come devo comportarmi?
Sospiro e decido di entrare visto che la porta è socchiusa.
Nora è sdraiata di pancia sul letto, dondola i piedi mentre mordicchia una matita.
«Ti aspettavo.» dice non appena mi vede.
Guardandola bene sembra che non abbia dormito bene.
«Adesso ho il permesso di entrare?» Cerco di scherzare.
«Nei limiti.»
Sorrido e scuoto la testa. Vado a sedermi sul letto accanto a lei e la guardo sfogliare il libro.
«Ma non ti prendi mai una pausa?» le chiedo.
Si alza e si mette seduta.
«Lo farei se la gente smettesse di essere così difficile.»
Mi guardo intorno nella camera che è più ordinata dell'ultima volta. Il sole è già tramontato e la temperatura si è abbassata.
Dimenticavo che vuole sempre trovare una risposta a tutto.
Cambio argomento. «Hai risolto con Aubrey?»
Nora si incupisce. «Non mi ha rivolto la parola oggi.»
Forse è questo il motivo per cui sta male.
«E cosa intendi fare?» le chiedo.
Si lascia cadere sul materasso. «Aspetterò che le passi. Ho sbagliato è vero, ma non corro dietro a nessuno.»
«Lo hai fatto perché non volevi ferirla. Ma così passi per quella orgogliosa.»
Sbuffa. «Ma è così esagerata. Nemmeno ti conosce, sei solo il primo che le è sembrato carino.»
Rido. «Sei gelosa?»
«No, sono infastidita.»
Faccio un mezzo sorriso mentre la guardo. Alcune ciocche le ricadono sulla fronte, altre sono sparpagliate sul cuscino. I suoi occhi mi fissano in modo diverso dal solito ma non posso baciarla.
«Dove sei stato?» mi chiede.
Esito prima di risponderle perché non so che scusa inventare. Mi vengono in mente le parole di sua madre e mi irrigidisco. «Ho fatto un giro.» rispondo restando sul vago.
Non sembra crederci ma non è nelle condizioni di curiosare. Non le dirò che ho intenzione di andarmene, non ora almeno.
In questo momento c'è silenzio ma non è imbarazzante, è come se non avessimo bisogno di parlare perché ogni contatto, anche quello visivo ha una propria importanza tra di noi. È strano che non riesca a pensare ad altro anche adesso che è qui sdraiata sul letto, io non desidero altro che il suo bene.
Forse aveva ragione a volermi tenere lontano.
Ieri avevo intenzione di approfittarmi della sua bontà, oggi voglio solo che sia felice. E a cambiare tutto é bastato solo un bacio.
Per riuscirci devo sparire prima che sia troppo tardi. Nora sta imparando qualcosa dal suo passato, sta diventando più forte; la renderei solo più debole.
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