31 ~ Nora ~ Giorno 11

«Hai sentito?» chiedo sconvolta non appena usciamo fuori. «Sono vivi.»

Davis sbuffa. «Non puoi saperlo, non abbiamo nemmeno la certezza che si sia risvegliato.»

Mi fermo sul marciapiede e gli rivolgo uno sguardo duro. «Perché hai accettato di aiutarmi se tutto questo non ti interessa? Credi che ti regalerei più tempo così?» È di sicuro questo che vuole ottenere.

Scuote la testa abbattuto. «Lascia perdere.»

Ricomincio a camminare ignorandolo. Non sopporto il suo continuo cambio d'umore.

«Perché sta diventando ossessione più che curiosità.» dice improvvisamente.

«Ah, questa è bella.» Sbotto.

Continuo a camminare in silenzio accanto a lui.

«Che ne dici di comprare qualche snack per stasera?» chiede passando davanti a un supermercato.

Faccio spallucce. «Non lo so, nemmeno mi piace Harry Potter.»

Ride. «Immaginavo.»

«Perché?» chiedo in tono curioso.

Mette le mani in tasca, sicuramente sono fredde per il gelo. Vorrei poterle toccare per averne la certezza. Ma che dico?

«Be' a quanto ho capito parla di magia. Non c'è una spiegazione per essa, vale a dire avresti un mucchio di domande irrisolvibili. E per facilitarti la vita dici che non ti piace.»

Gli lancio un'occhiata torva anche se la sua teoria alla fin fine mi diverte. «Non ci avevo pensato a questo.»

«Facciamolo per tuo padre.» propone.

«Vuoi solo entrare nelle sue grazie.» sospiro.
Davis mi guarda confuso, probabilmente non capisce se io sia ironica o non sappia cosa dire, però sono sicura di ciò che ho detto.

«Non serve, l'ho già fatto.» dice fiero e io lo liquido con un gesto della mano.

Entriamo a comprare qualche dolce sfizioso e dei pop corn al burro. Davis si offre di pagare nonostante io non voglia e la commessa stia aspettando da ben cinque minuti che ci mettiamo d'accordo.
«Non sono davvero la tua ragazza, non voglio che tu lo faccia.» gli ho detto chiudendo la questione.

Continuiamo a camminare finché il sole non sparisce e il cielo non diventa quasi buio. Le stelle non si vedono per via delle nuvole e i lampioni  nelle strade sono già accesi. Adesso è il periodo in cui fa buio presto ed è una cosa che odio. La notte non mi piace come la pioggia e il freddo: mi incute tristezza.

Da qui si riesce a vedere l'enorme albero fatto di luci che si erge al centro della piazza. Nonostante sia solo il sei novembre la città inizia a riempirsi di addobbi natalizi.

Fin da bambina ho sempre amato il Natale, non mi importa di chi sostiene sia una festa commerciale. Per me non è questo, ma una delle poche ragioni che mi fanno sperare in una vita migliore, con un po' di altruismo in più. Chissà se riesce davvero a smuovere qualcosa nei cuori delle persone.

«È vero, non lo sei.» dice riportandomi alla realtà.

Ci siamo fermati sotto una vetrina allestita con articoli casalinghi rossi, verdi e dorati. Tutto a tema, insomma.

«Ma un po' ti piaccio?» chiede cogliendomi alla sprovvista. Il mio cuore sussulta e dentro di me si ripetono le parole di Jonas. Possibile che lui lo avesse capito prima di me?

Non so cosa rispondere, perciò faccio l'unica cosa che mi riesce meglio: paro davanti un muro di indifferenza. «Certo che no. Te l'ho detto l'altro giorno.»

«Quello che non ti piace sono i miei sbagli, non conoscere il mio passato. Credi non lo abbia capito?»

Abbasso lo sguardo, questa conversazione sta degenerando.

«Non pensare che i fatti determinano la persona, persino tu che hai studiato tanto dovresti sapere che molto spesso agiamo d'istinto o inconsciamente.»

«Vuoi sentirti dire che sono interessata a te?» chiedo in tono sprezzante.

«No, voglio che dici la verità. Non pensare a cosa comporterebbe, per una volta.»

Faccio una risata amara. «Cosa otterresti, il gusto di aggiungermi alle tue conquiste?»

«Cosa?» chiede stupito e la sua reazione non fa che innervosirmi di più.

«Sono l'unica con cui non ci hai mai provato, tu, che vai sempre con chiunque. Mi stai lasciando per ultima?»

«È questo che hai pensato di me per tutto il tempo?» la sua mascella si irrigidisce e i suoi occhi diventano più scuri.

Distolgo lo sguardo incapace di sostenerli.

«Non ci ho provato con te perchè ho capito che sei più intelligente delle altre e mi sarei sentito inferiore. Poi ho deciso che non voglio prenderti in giro visto che mi stai aiutando tanto. Adesso andiamo, si è fatto tardi.»

Davis ricomincia a camminare e per un attimo mi sento in colpa ad aver detto quelle cose. Ho parlato senza pensare spinta dalla paura, non intendo sembrare superiore con nessuno e mi dispiace averlo fatto sentire così.
Non so se abbia detto la verità ma le sue parole sembrano essere venute fuori da quel lato nascosto che mi affascina tanto.  Per tutto il tempo abbiamo avuto una visione sbagliata dell'altro ma sembra che vivere insieme stia servendo a conoscerci meglio.
Da una serie di azioni è nato un rapporto così complicato che io stessa non saprei come definire. Siamo amici?

Forse mi sto affezionando a lui perché ogni giorno cerco di decifrare i suoi pensieri e tutti gli altri sono passati in secondo piano. A volte mi ascolta e sembra riesca a capirmi, altre è distante e vorrei capire cosa ci separa.
Troppe cose che non conosco ci sono tra di noi, ma nel momento in cui mi ha preso per mano mi sono sembrate così insignificanti.

Ci conosciamo da pochi giorni, ma sono successe così tante cose da farli sembrare eterni.

Adesso che si sta dimostrando una persona matura, pian piano sto cambiando idea. Sento il cuore improvvisamente leggero come non succedeva da mesi, e la tensione e il timore che si sono accumulati fin ora sembrano svaniti nel nulla.

La mia mano agisce d'istinto senza il bisogno che io decida nulla. Stringe il suo braccio e lo trattiene.
Davis si gira mantenendo un'espressione impassibile come se si aspettasse di essere aggredito dalle mie parole ancora una volta.
Io stessa mi stupisco del momento in cui mi sollevo in punta di piedi e le mie labbra si premono sulle sue.
Come se non se lo aspettasse, lascia cadere la busta a terra e poggia le sue mani stranamente calde sulle mie guance che in questo momento stanno andando a fuoco.

La sua lingua che ha un sapore diverso da quello che mi aspettavo, caffè forse, avvolge la mia in un modo così delicato e lento che mi fa impazzire.

So che date le circostanze sarebbe meglio fare con calma, ma ho bisogno di capire tante cose e non esserci mai sfiorati prima, se non per sbaglio, stava rendendo tutto più difficile.

Come desidererei che questa scena durasse per sempre, invece arriva il punto del film in cui siamo costretti a fermarci per via dei passanti che ci guardano curiosi.

«Adesso dirai che avevi voglia di baciarmi?» chiede scherzando.

Ha un'espressione felice e anch'io mi scopro sorridere come una ragazzina davanti al suo primo bacio.

Davis sposta lo sguardo dietro di me e diventa serio all'istante.

«Non ci credo.» una voce squillante ci giunge alle orecchie e vorrei non averla mai sentita.
Spero con tutta me stessa che non sia lei, ma quando mi giro e vedo la sua espressione arrabbiata un sensore di allarme scatta dentro la mia testa.

«Mi avete mentito entrambi. Nora...»

La interrompo. «Aubrey... non trarre false conclusioni.»

«Non ce né bisogno, i fatti parlano chiaro.» risponde delusa.

«Non stiamo insieme.» mi giustifico.

«Potevate almeno dirmelo.» si rivolge a Davis. «Tutti e due!»

«Veramente ti ho sempre det...»

«Non importa.» Fa lei. «Davvero. Non voglio più sentire...» lascia la frase in sospeso e mi volta le spalle.

Le sue parole mi hanno ferita. Adesso mi vede come l'amica traditrice e la cosa peggiore è che lo sono davvero. Ma la sua reazione è stata comunque esagerata. È buffo come un momento così bello possa finire nel giro di pochi secondi.

«Nora...» dice Davis con cautela.

«No, andiamo a casa.» mi limito a dire e lui annuisce. Sa che è meglio non insistere.

-

Mio padre ha già infilato il dvd nel lettore, aspettava solo che tornassimo per premere play.

«Coraggio, sediamoci.» dice entusiasta ignorando gli sbuffi di mia madre.

Ci accomodiamo sul divano più piccolo mentre i miei genitori su quello grande. Poggio la busta del supermercato sul tavolino davanti e mi appoggio allo schienale.
Il film parte ma io non riesco a concentrarmi. Sono una persona falsa, se le avessi parlato tutto questo non sarebbe accaduto. Il problema è che non riesco a fidarmi.
Davis si accorge che non sto seguendo il film e mi da una gomitata. Mi giro ma non dico nulla e lui mostra un sorriso comprensivo.

Sospiro. Il mio sguardo si posa sulle su labbra ricordando a come eravamo vicini solo qualche minuto fa. Come vorrei sentire ancora quella morbidezza.
Forse non è la scelta più giusta e il fatto che continui a voler sbagliare dovrebbe farmi sentire peggio, invece vorrei tanto sentirmi dire che posso abbassare la guardia e stare tranquilla, per una volta.

Mi mette un braccio intorno alle spalle sotto lo sguardo indagatore di mia madre che finge di non vederci e io un po' titubante mi stringo a lui. Chiudo gli occhi ignorando il piccolo Harry che viene rinchiuso nel sottoscala e mi concentro su quanto sia comoda questa posizione.

Bussai alla porta ma non sapevo sarebbe stata la scelta peggiore di sempre. Quei tonfi arrivarono dritti al mio petto e si mescolarono con i miei battiti.
Ethan comparve sulla soglia mezzo assonnato scrutandomi dalla testa ai piedi. I suoi capelli neri intonati alla maglia non erano in ordine come al solito ma arruffati ai lati.

«Che ci fai qui?» il luccichio del suo orecchino richiamava la mia attenzione.

Mi strinsi nelle spalle. «Lo hai saputo?»

«Si, mi hanno chiamato oggi.»

Mi scese una lacrima ma in verità mi sentivo solo una falsa.

«Sono le due di notte.» constatò.

«Non riuscivo a dormire.»

Titubante si fece da parte per permettermi di entrare. Dentro era buio e lo seguii mentre mi faceva strada.

«Non stava venendo da me, era vicino casa di Madison. Se lo sono inventato.» Iniziai a blaterare.

Sospirò. «Non serve continuare a star male. Già lo sapevamo, no?»

Abbassai gli occhi e deglutii a fatica. «Perché...»

«Shh...» si avvicinò e mi abbracciò. «Alcune persone sono così, è impossibile capire il perché delle loro azioni.»

Quella frase mi ferì ancora di più. Il fatto che in tutto quel tempo io avessi avuto davanti delle persone che non conoscevo e non mi fossi mai accorta di noente mi fece sentire una stupida. Come potevano entrambi aver tradito la mia fiducia?

Mi fece spazio sul letto, tolse alcuni vestiti che aveva ammucchiato e scostò le lenzuola.

«Hai bisogno di dormire. Non hai chiuso occhio.»

Feci come mi disse e mi sdraiai su un fianco dandogli le spalle. Lui non mi piaceva ma era un buon amico, per questo in quel momento non mi sentivo per niente nervosa.

«Devi fingere che non esista. È brutto da dire ora che potrebbe, insomma... ma a volte bisogna pensare anche a se stessi.»

Non mi aspettavo di sentire quelle parole proprio dal suo più caro amico e trovarmici d'accordo. Non mi aspettavo neppure che la sua mano mi sfiorasse la schiena e di conseguenza il mio corpo reagisse con dei brividi. Forse erano tutte le emozioni che stavo tenendo soppresse? Decisi di baciarlo, un po' per sfogare quell'odio dentro di me, un po' per distrarmi da quella sofferenza.
Mi farà sentire meglio, pensai.

Qualcuno suonò alla porta. Credetti di averlo sognato ma delle botte si fecero più persistenti.
Ethan si alzò in fretta e andò ad aprire, io lo seguì.
«Che cosa hai fatto?» Davis era davanti a noi e ci guardava paonazzo. La bocca socchiusa, i pugni stretti con le nocche bianche.
Cosa ci facevo da Ethan? Le prove erano evidenti, come avrei potuto giustificarmi.

«Non posso crederci.» disse disgustato.
«Aspetta!» Urlai ma lui mi voltò le spalle.

«Nora...» disse Ethan.

Volevo piangere, ma non ci riuscivo. Volevo urlare ancora, tornare indietro e cambiare tutto.

«Nora...»

Perché la sua voce mi appare così lontana? Il mio corpo non reagisce e non riesco a rispondere, ho freddo.

Mi sveglio.

«Nora.» Davis mi chiama ancora una volta e io sobbalzo.

Mi guardo intorno cercando di capire dove siamo. Questa è casa mia.

Quando mi rendo conto che è stato solo un brutto incubo mi rilasso immediatamente.

«Calmati.»

Sono tutta sudata, sento i vestiti e i capelli appiccicati addosso.
La tv è spenta, il film dev'essere finito. I miei genitori devono già essere andati a dormire.

Davis mi guarda accigliato. «Sono calma, non preoccuparti.»

«Sei sicura? Continuavi a dire nomi strani.»

Mi preoccupo. «Solo nomi?»

«Si, perché?»

Sospiro di sollievo e mi appoggio di nuovo a lui. «Niente.»

Mi accarezza i capelli, nessuno dei due dice niente, si sentono solo i nostri respiri che si mescolano e il silenzio di una notte appena iniziata.

Mi sposta delicatamente il viso in modo che io lo guardi bene.

«Hai solo bisogno di essere aiutata.» Sussurra piano. E in quel momento mi sembra davvero che sia lui la persona più adatta a farlo.

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