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15/01/2019
Rieccoci qui, dopo tredici anni, nel giorno del mio ventitreesimo compleanno. Sono seduta su una poltrona nella mia camera da letto con la mia parrucchiera personale che tenta di acconciarmi i capelli. Di nuovo. Non è cambiato molto dal mio decimo compleanno. I miei capelli sono sempre lunghi e color oro, gli abiti per le grandi occasioni continua a sceglierli mia madre perché dice che non ho un così grande gusto e la mia vita viene continuamente programmata.
Sono cresciuta ovviamente, ma non sono così alta come avrebbe voluto lei.
In realtà io mi vado bene così nel mio metro e sessantasei, ma non so...forse lei avrebbe preferito avere una modella come figlia.
Ed ecco un altro punto che non le va a genio. La linea. La mia dieta viene scritta da una nutrizionista che si occupa di tutta la nostra famiglia, anno per anno. Non ricordo neanche più da quando ho iniziato a seguire un regime particolare, senza mai alterare di neanche cinque calorie giornaliere.
I dolci vengono serviti solo ed esclusivamente alle feste ed ogni volta che cerco di mangiarne una fetta più grande, c'è sempre lei che mi controlla.
Una volta ci ero quasi riuscita, mia madre non mi aveva vista, ma al posto suo è intervenuto Luca.
Luca è il mio fidanzato, nonché futuro marito, nonché figlio di amici dei miei genitori. Quando ci siamo conosciuti alla mia decima festa di compleanno, ho pensato subito che fosse un bambino dolce e simpatico e lo era davvero. Crescendo ci siamo frequentati sempre di più, fino a farla diventare una cosa ufficiale circa quattro anni fa. È davvero un bel ragazzo, alto e tonico, capelli neri e occhi azzurri. Non so quando abbia cominciato a cambiare anche lui, ma penso fosse inevitabile visti i nostri genitori. È un medico chirurgo, si è laureato da poco, ma ha già uno studio tutto suo. Ovviamente.
I miei lo adorano. Ovviamente.
Un tempo lo adoravo anche io, ma sul vero senso della parola. Era così premuroso e romantico, ma eravamo ancora dei bambini e crescendo è diventato egocentrico e materialista come tutta la gente che ci circonda. Ma è il mio fidanzato, l'unico ragazzo che io abbia mai avuto e lo amo.
I miei genitori sembrano non invecchiare mai, sopratutto mia madre che continua insistentemente a fare iniezioni di acido ialuronico, anche se la sua faccia comincia ad assomigliare sempre di più a quella di un gatto. Ma sembra non capirlo. Mio padre, invece, è sempre lo stesso. Lavora, lavora e lavora. Sta spesso via per giorni e quando torna sembra essere in un altro pianeta, ma a mia mamma va bene così. Ovviamente. Io...io mi sono adeguata. Non mi sono mai sentita totalmente al mio posto qui, ma è qui che devo stare. Sto studiando per diventare avvocato, proprio come mio padre e penso di essere felice. Penso...non ne sono sicura, ma questa cosa è irrilevante. La mia carriera era già stata programmata da prima che nascessi e a me va bene così.
Ho due amiche che ho conosciuto all'università e per fortuna a mia madre sono piaciute, quindi ho avuto il permesso di frequentarle. So che può sembrare ridicolo avere il permesso di un genitore in età adulta, ma come dice lei, noi siamo persone di alta aristocrazia e quindi dobbiamo frequentare solo gente giusta. Le due mie amiche, comunque, si chiamano Alis e Ivon. Loro sì che sembrano due modelle. Alte, fisici slanciati, portamento al dir poco perfetto. Io ci provo, ma ogni volta sembra che sbagli qualcosa.
<<Abbiamo finito signorina>> dice la signora dopo aver sistemato l'ultima forcina tra i miei capelli, perfettamente tenuti stretti da uno chignon. <<Grazie>> le sorrido e lei diventa rossa. <<Si figuri>> e lascia la stanza prima che possa aggiungere un'altra parola. Mi alzo dalla sedia e mi avvicino all'immensa finestra di camera mia. Guardo fuori e sospiro spontaneamente. Adoro Londra. Il cielo grigio, il Big Ben che sporge in lontananza, la ruota panoramica. La nostra casa si trova nei pressi di Westminister ed è per questo che ho la fortuna di vedere tutto questo.
<<Sei sempre in vestaglia?!>> la voce stridula di mia madre, mi riscuote dai miei pensieri. <<Mi vesto subito>> mi volto verso di lei e vado in direzione del letto, sopra il quale si trova il vestito che dovrò indossare stasera. È lungo, senza spalline, nero. Proprio una botta di allegria, visto che è il mio compleanno. Mi tolgo la vestaglia e la lascio delicatamente su una sedia, quando sento gli occhi di mia madre puntati addosso. <<C'è qualcosa che non va?>> le chiedo, lei si avvicina e mi tasta un fianco. <<Non hai fatto abbastanza esercizio fisico, penso tu sia un po' ingrassata. Metti un altro vestito, quello non ti starà bene>> indica il letto e poi con una smorfia mi lascia di nuovo sola. Sento un peso allo stomaco.
Mi avvicino al grande specchio situato di fronte al letto e mi osservo, tasto i miei fianchi, li strizzo. Eppure non ho mangiato niente di più e ho fatto regolare attività fisica. Mi sento da schifo. Mi giro di profilo per osservare la pancia e forse ha ragione mia madre, sono ingrassata, non mi starà bene niente stasera.
Apro l'armadio e dopo non so quanto tempo a rufolare, tiro fuori un abito color prugna che arriva fino alle ginocchia. È dritto e non dovrebbe fasciarmi particolarmente. Lo indosso e metto dei tacchi neri a decorare il tutto. Non sarà bello come il primo, ma è comunque un abito di Gucci molto elegante. Mi dò un'ultima controllata allo specchio, il mio viso precedentemente truccato alla perfezione che quasi sembro finta. Gli occhi verdi contornati da un filo di matita nera e un ombretto smock, i capelli tirati in modo impeccabile. Non sono male.
Scendo per la mia festa.
Arrivata in salone, come da copione, ogni invitato alza il calice verso di me per farmi gli auguri. Ogni anno la stessa storia, amici di famiglia, colleghi di lavoro di mio padre, amiche dei Club di mia madre. Per fortuna, in lontananza, vedo le mie amiche ed il mio fidanzato. <<Salve ragazzi>> saluto non appena arrivo da loro. <<Tanti auguri Anna>> dicono una alla volta usando il mio diminutivo e mi baciano le guance. Sono stupende, nei loro abiti da sera. <<Grazie>> ringrazio e poi rivolgo la mia attenzione a Luca che mi sta fissando da capo a piedi. <<Sei....stai bene>> dice baciandomi una guancia pure lui, io gli sorrido come sempre. Sì, come sempre perché non credo di aver mai sentito un altro complimento diverso da un 'stai bene' uscire dalla sua bocca.
Ogni tanto mi ha detto un 'sei bella' ma con un tono talmente apatico che neanche sembrava vero, Ma a me va bene così. Anche i miei genitori hanno questo tipo di rapporto e sono felici. Giusto?
<<Andiamo a prendere qualcosa da mangiare, ti va?>> mi chiede Luca porgendomi il suo braccio. <<Certo>> glielo afferro e ci dirigiamo verso il buffet. Il cameriere prende un piatto e inizia a mettermici un po' di tutto. <<Io ti consiglierei un bel piatto di insalata, che dici?>> mia madre sbuca dal niente vicina a me. <<E' il mio compleanno>> provo a dire, ma lei mi guarda in malo modo. Vorrei essere più convincente, ma forse ha ragione lei. Vorrei che il mio fidanzato mi difendesse, ma si è già volatilizzato. <<Le hai viste le tue compagne? Vuoi che tu venga vista come l'amica brutta e grassa?>>.
Brutta e grassa.
Brutta e grassa.
<<No>> deglutisco e faccio un cenno di scuse al cameriere, poi mi metto seduta su una delle sedie che trovo libere sparse nel salone. <<Cosa ti ha detto tua madre?> Luca si avvicina a me, masticando non so cosa. Arriva sempre tardi, ma va bene così. <<Che devo riguardarmi per non diventare l'amica brutta e grassa>> sbuffo, ma lui rimane impassibile. <<Ha ragione, dovresti fare un po' più di esercizio fisico. Stai crescendo e presto avremo anche dei bambini, devi mantenerti in forma>>. Silenzio. La mia vita, ogni singolo giorno, tutti che mi dicono cosa devo fare, io che non vado mai bene. Sento gli occhi pizzicare, ma non posso assolutamente piangere. Mia madre non approverebbe assolutamente, Luca comincerebbe a farmi la paternale sulla figura che dobbiamo mantenere come donna, uomo e coppia. Devo uscire e prendere una boccata d'aria. Non mi interessa del dolce, tanto nessuno mi canterà la canzone di buon compleanno. Non ho neanche mai spento le candeline e comunque non potrei neanche mangiarlo con gli occhi di falco di mia madre e del mio fidanzato. Senza farmi vedere da nessuno, esco da una porta che dà sul retro della nostra immensa casa. L'aria gelida di Londra mi penetra diretta dentro le ossa e non ho neanche una giacca. Mi avvicino alla mia macchina che per fortuna lascio sempre aperta, con le chiavi attaccate.
Abbiamo un immenso giardino, chiuso da un cancello e quindi è difficile che entrino per portarmela via. Salgo e accendo l'aria calda, mi scaldo immediatamente. Poi un brontolio. Un altro. È il mio stomaco. Sto morendo di fame. Forse potrei sgattaiolare via un attimo e andarmi a prendere uno yogurt o un'insalata. Non sono mai andata via di nascosto da casa, ma ho talmente tanta fame che non riesco quasi più a vedere. Giro la chiave e senza pensarci due volte, parto.
Guidare con i tacchi ai piedi non mi è mai riuscito particolarmente bene, ma non vedo l'ora di arrivare a destinazione per mettere qualcosa sotto ai denti. Le strade di Londra sono vuote. È così difficile vederla in questo modo, il pomeriggio è così piena di persone, di turisti, che adesso non sembra neanche più la stessa città. Ma mi piace...mi piace davvero questo senso di tranquillità. Essendo Gennaio, il freddo è davvero pungente e quindi stare fuori risulterebbe davvero difficile. Mi sto davvero chiedendo come farò a scendere di macchina solo con questo vestito indosso, congelerò sicuramente. Continuo a guidare senza una meta precisa, non ho la minima idea di dove andare. Di solito, quando esco fuori a cena, o guida Luca o il nostro autista personale e non ho mai prestato particolarmente attenzione alla strada. Ad un certo punto sento vibrare la mia gamba. Oh cavolo, il mio cellulare. Di solito, ogni volta che partecipo ad un party, lo infilo sempre tra l'elastico delle autoreggenti e stasera me ne ero totalmente dimenticata. Provo a non rispondere, prima o poi smetterà di vibrare e invece no, continua e continua. Attivo il Bluetooth e rispondo alla chiamata, ho il cuore letteralmente in gola. <<Pronto>> dico con voce mozzata. <<Dove diavolo sei finita? È arrivato il momento di tagliare la torta e tu non ci sei. Tua madre è su tutte le furie ed io uguale>> il tono piatto è gelido del mio fidanzato mette i brividi. <<Scusami, avevo bisogno di prendere un po' d'aria, adesso torno>> rispondo dopo aver preso un bel respiro. <<Vedi di muoverti. Tutte queste persone sono venute qua per il tuo compleanno e tu ti stai comportando da vera maleducata>>. <<Hai ragione, arrivo subito>> sento di nuovo gli occhi pizzicare, ma ovviamente non piango. <<Sbrigati>> dice e poi riattacca la chiamata. Ma cosa mi è venuto in mente? Non sono mai scappata così senza dire niente a nessuno e tantomeno il giorno del mio compleanno. Dovevo immaginarmelo che sarebbe stato un errore. Poi per cosa? Per un po' di fame? Adesso mia madre me la farà pagare, lo so. A mia discolpa, però, non posso non riflettere sulle parole di Luca. 'Quelle persone sono lì perché è il mio compleanno'...ma in realtà chi le conosce quelle persone? Chi è veramente interessato a me? Penso neanche i miei genitori stessi, a loro basta fare una bella figura con tutti quei soggetti con la puzza sotto il naso. Sì, io penso davvero tutte queste cose, ma devo accettare la mia vita. Sono nata e cresciuta in questo modo, non ne conosco altri. La vibrazione del mio cellulare mi fa sussultare di nuovo, rispondo subito. <<Pronto>>. <<Mi vuoi dire dove sei?>> è mia madre, il mio cuore inizia a battere troppo velocemente. <<Mamma sto arrivando>> dico in preda al panico. <<Non ti preoccupare, ho già tagliato la torta io e sai che non puoi mangiarla, quindi resta pure dove sei>>.
Gelo. Gelo assoluto. La mia torta di compleanno. Non so cosa dire. Ho il cuore in gola e l'agitazione inizia a farsi sentire davvero pesantemente, sento come se qualcuno mi stesse strozzando, non riesco a respirare e la debolezza dovuta alla fame non mi aiuta di certo. Ho bisogno di fermarmi, la testa inizia a girarmi, non sento più il controllo del mio corpo. <<Hai capito?>> chiede di nuovo mia madre, ma io non riesco a rispondere. Sento un grande formicolio alle mani e ai piedi, poi tutto succede in un attimo. Mi sembra di vedere tutto da occhi esterni, la macchina inizia ad andare per conto suo. Una botta, poi di nuovo. Sento la testa sbattermi prima indietro e poi in avanti, poi non so come il mio corpo si solleva dal seggiolino, ma la cintura mi sta bloccando. Non respiro più, vedo un palo davanti a me. Ho sbandato e ho preso un palo. Sento la voce di mia madre che mi chiama al telefono, sembra preoccupata, forse sono morta. Non riesco a tornare lucida. Vedo del sangue, ma non so da dove sia uscito. Poi dei vetri rotti. Ho sfondato il parabrezza della macchina, non me ne sono neanche accorta o forse l'ho dimenticato. Non so cosa fare, forse sarebbe meglio chiudessi gli occhi e basta. Non sento niente, non sento dolore. Non riesco a vedere niente, tranne delle luci lampeggianti venire verso di me. È un'ambulanza? Chi l'ha chiamata? Forse sono morta e sto sognando. Non ho più le forze, chiudo gli occhi e poi c'è solo buio.
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