IV: Silence

Basill Hallward said that he put too much of himself in Dorian Gray's portrait, well, I put too much of myself into this love.

~Levy McGarden~

9th January, Friday

Le lancette dell'orologio era l'unico rumore che Levy udiva, regolarmente, all'interno della classe in silenzio durante il compito, che le annunciavano quante ore, minuti e secondi mancassero all'inizio della magnifica sorpresa che aveva preparato. Ci aveva impiegato una bella settimana ad organizzare quella piccola festa, le era costato anche invitare persone che non le stavano molto simpatiche e con le quali non aveva un rapporto stretto come il fidanzato, ma le andava bene. Le sarebbe andato bene tutto purché quella sera, il suo ragazzo non le avesse dato buca, come sempre. Ma Levy era ottimista quel giorno e sperava in cuor suo che quel giorno fosse diverso da tutti gli altri.

Finite le lezioni, prima di andare a casa, si fermò pochi minuti nel cortile della scuola, dove erano soliti riunirsi gli amici del suo ragazzo e volendo confermare la loro partecipazione andò vicino ad una delle migliori amiche di Gajeel.

"Ciao Meredy, siete sicuri di poter venire stasera?" si avvicinò con un sorriso a trentadue denti, prima che la ragazza potesse prendere un pacco di sigarette dalla sua tasca.

"Si, certo Levy, noi ci saremo ma-" la turchina la interruppe prima che potesse finire la frase.

"Perfetto, allora a casa nostra alle 21." non le permise di replicare, non le piaceva stare in mezzo ai suoi amici, che la stavano fissando ma se ne andò felice come una pasqua.

E Meredy rimase con la mano destra sospesa in aria, con la bocca semi aperta, che non aveva potuto finire la frase e informarla per bene. Lasciò stare quando la vide allontanarsi, estraendo una sigaretta dal pacchetto e mettendosi a fumare tranquillamente. Loki si avvicinò qualche minuto dopo, mettendosi a fumare con lei.

Durante il tragitto per andare a casa, Levy comiciò a pensare alle varie faccende che doveva sbrigare, doveva mettere a posto i mobili e fare un po' di spazio nel salone, comprare qualche alcolico in più, ordinare del cibo e infine ritirare la piccola torta che aveva fatto preparare. D'un tratto però si fermò in mezzo alla strada, con lo sguardo perso nel vuoto. Le era passato in testa in un secondo il pensiero che non aveva invitato nessun suo amico; dopotutto essendo un tipo solitario non è che avesse chissà quanti amici.
Già, era una cosa stupida quella a cui stava pensando. Avrebbe fatto amicizia quella sera, no? E così sarebbe stata ancora più vicina al suo ragazzo.

Nonostante non fossero quelli, i tipi di persone con cui desiderava avere a che fare ma, si disse, forse avrebbe finalmente imparato a nascondere il suo disagio e cercare di andare d'accordo con tutti.

Sorrise felice al pensiero di fare, almeno un po', contento il suo ragazzo con quella piccola festicciola.

Appena tornò a casa, per prima cosa, posò sul tavolo da pranzo tutte le buste che aveva in mano, ma prima che poggiasse anche l'ultima busta, il telefono nella tasca del suo pantalone.

"Pronto?" Rispose senza vedere chi la stava chiamando, con la voce leggermente affannata a causa del peso della busta sul braccio con cui teneva fermo il telefono vicino all'orecchio.

<<Oi Levy>> rispose la vice dall'altra parte della cornetta. Levy riconobbe la voce di Gajeel. Intanto con la mano libera posò un'altra busta, liberando totalmente il suo braccio.

"Ciao Gajeel" rispose sospirando, sentendo il braccio dolere.

<<Non aspettarmi oggi a pranzo, torno direttamente stasera>> sentenziò il ragazzo senza darle il tempo di rispondere, riattaccando quasi subito.

Ripose il telefono sul tavolo da pranzo, con uno sguardo leggermente demoralizzato, voleva almeno mangiare con il suo ragazzo. Per una volta.

Si diede dei leggeri schiaffetti sulle guance, giocando un po' con esse e sul suo viso comparve un'espressione di determinazione.

Meglio ancora, lo avrebbe sorpreso ancora di piú, probabilmente la sua emozione l'avrebbe tradita e Gajeel avrebbe potuto capire qualcosa. Quindi andava bene cosí.

Per pranzo mangiò un semplice panino con la mortadella, con il sorriso in volto, pensando ai vari preparativi per la festa.

Cominciò cosí alle 3 del pomeriggio a preparare il necessario. Come prima cosa, spostò il divano dal centro del salotto alla parete sinistra della stanza. Poi prese a sistemare a destra, un tavolo con sopra un'incerata color blu notte, dove poi ci avrebbe sistemato l'aperitivo.

Dopo circa 5 ore di preparativi, decorazioni e cibo che aveva preparato, si fece una doccia bollente per riprendersi un po' dalla fatica. Mancava 1 ora prima dell'arrivo degli invitati e ne avrebbe approfittato per riposarsi, visto che il vestito che avrebbe indossato lo aveva giá scelto.

Si appisolò, colpa della troppa stanchezza , e non si svegliò prima di ricordarsi dell'imminente festa di compleanno. Balzò dal letto, stordita, girandosi verso il suo comodino per controllare l'orario sulla sua sveglia.

20.21

Si alzò dal letto velocemente, andò in bagno per sciacquarsi la faccia, ancora mezza addormentata e cominciò a truccarsi.

Ci mise esattamente mezz'ora per prepararsi e cominciò a sudare freddo per il ritardo. Si vestì in fretta, inciampò anche nei suoi stessi piedi, qualche volta. Ultimando i preparativi, si concesse di guardarsi allo specchio un'ultima volta, trovando i capelli leggermente in disordine, usando velocemente le mani per sistemarli insieme a qualche forcina, poco prima che suonasse il campanello del suo appartamento. Imprecò mentalmente e si fiondò ad aprire la porta di casa.

La prima persona che vide fu Meredy, che con un sorriso smagliante la salutò, dietro di lei c'era il suo ragazzo, Loki e una ragazza dai capelli blu, Juvia. Un'altra ragazza molto amica di Gajeel e molto amica di Meredy.

"Buona sera, entrate" disse cordialmente Levy.

I ragazzi persero un momento per osservare come il salotto era stato disposto, Juvia spostò il suo sguardo verso le foto sparse per la stanza, che raffiguravano Gajeel e Levy in viaggi o durante le feste. Juvia sorrise leggermente, immaginando lei e il suo principe azzurro proprio come loro.

Il campanello suonò nuovamente e quando Levy aprí la porta, cinque ragazzi la salutarono, entrando in casa. Levy ricambiò il saluto, scambiando qualche parolina di cortesia per poi farli accomodare. Tutti conoscevano Levy, era la ragazza di Gajeel, il teppistello passaguai della scuola, ma nessuno ci aveva mai avuto una vera conversazione, data l'estrema timidezza della ragazza, erano tutti sorpresi e contenti che, almeno un po' la ragazza stesse cercando di avvicinarsi a loro, dopotutto, nonostante tutto quello che avevano fatto nei primi anni della loro adolescenza, non stava a significare che fossero delinquenti. Un po' il motivo per cui quasi tutti cercavano di evitarli; poi c'era anche chi non dava ascolto alle voci e non vedeva niente di male a parlarci.

I ritardatari non mancarono di certo, ma Levy non si aspettava certo che tutti sarebbero stati puntuali . La vera ansia iniziò ad arrivare quando intorno alle 23 Gajeel non accennava a tornare a casa. Lo stomaco della turchina si strinse in una morsa dolorosa e il suo cuore cominciò a battere più forte. Anche i ragazzi, benchè si tenessero impegnati tra birre e conversazioni tra di loro, cominciarono ad annoiarsi. Fu allora che Levy, nella speranza che quello del suo ragazzo fosse solo un banale ritardo, cominciò a mettere della musica (che aveva programmato avrebbe dovuto mettere una volta che Gajeel fosse arrivato), che distrasse i ragazzi.

Fu a mezzanotte che si scatenò il caos, la porta d'ingresso dell'appartamento si spalancò, mostrando un Gajeel barcollante, che si manteneva con una mano alla porta per non cadere. Quando alzò la testa, Levy capì cos'aveva.

Si gelò sul posto, il cuore saltò un paio di battiti e quella dolorosa morsa allo stomaco si fece sentire più forte di prima. Era a dir poco furibonda e ciò non le permise di muoversi per aiutare il suo ragazzo.

Ci pensarono un paio dei suoi amici, ignari delle sensazioni che la turchina stava provando, ad aiutarlo ad alzarsi, scherzandoci su.

"Ma che ti sei fatto?"diceva uno.

"Dopo tutto quello che ha preparato la tua ragazza, come fai a gotertelo in questo stato" diceva un altro.

Gajeel, per quel poco di lucidità che poteva ancora avere, farfugliò qualcosa come 'non mi interessa.' Alzò la testa al cielo, prese un respiro e riaprì gli occhi rossi. La prima cosa che videro fu la figura minuta di Levy rossa dalla rabbia.

Non ci fece caso al momento. Farfugliò qualche altra cosa e i suoi amici lo portarono in camera da letto.

Levy stava facendo uno sforzo enorme per non far scendere quelle lacrime che le stavano offuscando la vista, o per non correre in camera da letto e far dormire Gajeel fuori dalla porta. Non le importava della festa, dei preparativi e l'emozione andata al vento, le importava che Gajeel si era di nuovo drogato, chissà cosa si era buttato in corpo quella volta, nonostante le avesse promesso che non l'avrebbe fatto più.

Levy tremava quando lo vedeva così, la scena di un anno prima, quando in uno scatto d'ira dovuto a quelle sostanze, la cucina del loro appartamento si era trasformata in un inferno, quando i piatti erano volati sopra la sua testa e un paio di pugni avevano ammaccato il muro. Quella era stata la prima volta in cui avevano avuto una discussione, l'ultima in cui Levy ribattè, un'esperienza che le insegnò a stare zitta e dire di sì.

Fece dei profondi respiri e con una scusa mandò tutti a casa.

Il mattino dopo, né Levy né Gajeel parlarono, la prima perchè era furibonda, il secondo perchè non gli importava veramente. La guardava tuttavia di sottecchi, magari aspettando una reazione, magari aspettando un rimprovero. Non gli piaceva quel silenzio.

Andarono a scuola insieme, zaino in spalla, cuffiette nelle orecchie, senza una parola, senza sedersi vicini nell'autobus, senza dirsi 'a dopo'. Niente, Levy non si sarebbe lamentata ma ciò non poteva certo impedirle di non parlargli.

Le prime ore di lezione furono una noia mortale per Levy, che la sera prima non aveva affatto dormito bene; in quel momento ripensò a quello che era successo.

Stava ancora pulendo la sala da pranzo; i bicchieri di plastica, insieme ai piatti erano finiti in una busta della spazzatura posta vicino alla porta d'ingresso. I vari stuzzichini erano stati riposti in un piatto mentre tutte le briciole cadute per terra, le stava raccogliendo Levy con una scopa. Era ormai quasi l'una meno venti e c'erano diverse cose da sistemare e anche diverse cose a cui pensare. Una delle prime fu la strafottenza da parte del suo fidanzato, quella non la riusciva proprio a sopportare; la seconda fu leggermente più grave, Levy non riusciva a trovare il bracciale che le aveva regalato sua nonna, era certa di averlo riposto nel porta gioielli in camera sua e la prima cosa che pensò fu quella che dovevano essere stati per forza gli amici di Gajeel a prenderlo, dopotutto chi altro se non un delinquente, poteva avere a che fare con il suo ragazzo? Fu travolta da una rabbia senza fine, lo stomaco si chiuse e il battito accellerò.

Udì una voce, proprio quella di Gajeel, che la esortava ad andare a dormire, sentì poi un tonfo sul materasso, come se l'avesse invitata a dormire proprio lì. Inutile dire, che prese il piagiama e decise di dormire sul divano. Non fu affatto un sonno felice, visto che continuava a pensare al braccialetto rubato, alla noncuranza del suo fidanzato e alla enorme tristezza che provava in quel preciso istante.

Si chiese come mai ancora non avesse lasciato Gajeel, insomma, era strafottente, meschino, volgare, una testa bacata e sembrava non se ne fregasse proprio dei sentimenti altrui. Ebbene, decise Levy, quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

L'avrebbe lasciato proprio quel giorno.

Durante la pausa merenda, Levy decise di andare a mangiare sotto un albero nel cortile della scuola, era solita usare quel posto come un riparo, per stare tranquilla e un posto in cui riflettere. Quel giorno, tuttavia, non ebbe la possibilità di fare nessuna delle 2 cose. Alcuni ragazzi più distanti stavano giocando a calcio ed uno di loro calciò il pallone troppo forte e troppo lontano, esso colpì la bottiglietta d'acqua di Levy nel momento stesso in cui stava per portarsela alla bocca, il tiro fu talmente potente da farla sbattere vicino ai denti della turchina e da rovesciare metà del liquido addosso alla sua divisa.

In quel momento si sentì osservata, quasi tutti quelli che erano nel cortile la osservavano, le sembrò di vedere anche un gruppo di ragazze che la guardavano e ridevano, una di loro, le parve fosse quella ragazza bionda che aveva iniziato una rissa fuori scuola qualche settimana prima.

Le sue guance si colorarono di un leggero rosso e non si accorse nemmeno che un ragazzo le stava porgendo la mano.

"Scusami" disse "Ti sei fatta male? Credo di aver lanciato quella palla parecchio forte"

"Non ti preoccupare, non fa niente" cercò di tagliar corto la turchina, "ho il cambio nella palestra" aggiunse. Senza mai alzare la testa, imbarazzata come non mai.

Si affrettò a raggiungere la palestra, seguita dal ragazzo, che aveva insistito per accompagnarla e non demordeva.

Levy si chiuse la porta alle spalle e si diresse verso l'armadietto assegnatole. Doveva essere stato un primino a lanciare la palla, lo poteva dedurre dalla bassa statura e il modo impacciato di girare per la scuola, stava per sbagliare diverse volte la direzione per arrivare alla palestra. Non gliene fece una colpa, non credeva assolutamente l'avesse fatto apposta.

Prese la maglia a mezze maniche e la indossò, tuttavia faceva freddo fuori e fortunatamente, da persona previdente quale era, indossò anche un maglione a collo alto, uno dei suoi preferiti perchè dotato di tasche.

Si diresse verso la porta mettendo le mani proprio in quelle tasche ma qualcosa di ruvido vi entrò in contatto. Levy lo estrasse e lo osservò; il suo cuore fece un balzo. Era il suo braccialetto, quello che non aveva trovato la sera prima, quello che credeva fosse stato preso dagli amici di Gajeel. Si sentì immediatamente in colpa.

Prima che potesse uscire dallo spogliatoio sentì una voce profonda, quasi ringhiante fuori-

"Che ci fai qui moccioso?" chiese Gajeel.

Il primino cercò di spiegare che era lì perchè aveva per sbaglio tirato un pallone addosso ad una ragazza e l'aveva accompagnata in palestra per cambiarsi.

"Non me ne fotte un cazzo, vattene via, ci penso io alla mia ragazza" disse alzando il mento in segno di superiorità.

"Smamma"aggiunse.

Fu in quel momento che Levy uscì dallo spogliatoio, lo guardò in faccia, rossa in viso e si diede della stupida.

"Ti ha fatto male quell'imbecille?" chiese Gajeel alzandole il mento con il pollice e l'indice, esaminandola, come per vedere se avesse qualcosa.

Levy negò con la testa.

"Andiamocene allora" pronunciò infine il corvino.

Levy era silenziosa, il respiro leggermente affannanato che continuava a darsi della stupida.

Gajeel era volgare, strafottente ed egoista ma aveva la capacità di farle rimangiare tutte quelle parole, perchè Levy non riusciva a resistere quando si avvicinava a lei e la faceva sentire protetta e amata.






Angolo Autrice

Buona Pasqua ragazzi e ragazze, come state? Spero tutto bene. Non sono morta e mi dispiace di averci messo un anno per pubblicare ma voglio dirvi le ragioni e sarò al 100% sincera con voi. Ho avuto un blocco dello scrittore molto forte per quanto riguardava questo capitolo, la storia mi sembrava frivola, priva di significato e non sapevo come andare avanti, come esprimermi perciò mi sono presa una pausa. Dopo qualche mese ho ricominciato a trovare ispirazione, mi sono venute in mente scene molto carine da aggiungere a questa storia e ho avuto ispirazione per crearne di nuove. Tuttavia poi non ho avuto tempo per usare un poco il computer, poi c'è stata la pandemia e quindi non ho avuto modo di andare nell'azienda dei miei genitori ed usufruire del computer. Adesso mia mamma ne ha comprato uno e lo sto usando, perchè preferisco scrivere a computer piuttosto che su tablet o telefono.

Finirò le altre storie in sospeso e ne pubblicherò di nuove.

Per il resto vorrei sapere da voi come vi è sembrato il capitolo e se nutrite ancora interesse per questa storia.

Un bacio, Rossy

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