💌 seventh
Non andarono a sciare, alla fine. I primi giorni di gennaio furono grigi e vuoti, si rispecchiavano nel plumbeo cielo invernale.
Ouji era tornato a casa, e la sua mancanza accentuava quella della padroncina. Nae pareva scomparsa nel nulla, al suo posto c'era solo un silenzio pesante. Atsuya era teso come la corda di un violino.
Era accaduto qualcosa nella notte di Capodanno; Shirou era riuscito a estorcere poche, misere informazioni dal fratello. Sapeva che i due ragazzi si erano incontrati, mentre lui era con Someoka, e che c'era stato un litigio.
Nulla di nuovo, infondo. Era abituato a sedare gli animi e riportare la pace, ma quella volta la faccenda pareva essere un po' più complicata. Non era da Nae evitare i propri amici e, soprattutto, non era da Nae lasciare in pace Atsuya tanto a lungo. Lei che non poteva fare a meno di giocare con la pazienza del ragazzo, testare il suo autocontrollo e divertirsi a vederlo esplodere. E in particolare quando era arrabbiata diventava più meschina del solito, non mancava mai l'occasione di lanciargli frecciatine.
Se fosse stata lì in quel momento, avrebbe potuto ridere di lui e prenderlo in giro per il resto della sua vita.
"Invece, chissà dove sei..."
Gli spettatori ebbero un sussulto di sgomento, quando il giocatore con la maglia rossa numero quattro andò a schiantarsi con la velocità di un proiettile contro uno degli avversari. I due ragazzi scivolarono sul ghiaccio, le mazze slittarono lontano, e la partita venne interrotta per l'ennesima volta. Atsuya era distratto.
I fratelli Fubuki avevano imparato a pattinare subito dopo aver mosso i primi passi, da sempre vivevano sul ghiaccio. In quei trenta minuti di partita giocati fino ad allora, però, il rosato aveva perso l'equilibrio cinque volte -in due delle sue cadute aveva trascinato con sé altri giocatori- e una volta aveva persino scagliato il puck contro il portiere della propria squadra, regalando un punto agli avversari.
«Cosa c'è che non va?» mormorò Shirou, come se il suo flebile sussurro potesse sovrastare il rumore delle tifoserie e raggiungere il fratello sul campo ghiacciato. Osservò il capitano della squadra di hockey gridare qualcosa contro Atsuya, e si incupì ancora di più quando lo vide incassare la predica a sguardo basso. Il ragazzo accettò di essere sostituito senza emettere un lamento -lui che era il migliore della squadra e ben lo sapeva- e si sedette in panchina ad osservare la ripresa del gioco; le pupille seguivano i movimenti dei giocatori, ma gli occhi erano vuoti. Il suo comportamento era talmente anormale da inquietarlo.
«Sei preoccupato per lui, vero?» domandò la voce gentile di Fujisaki.
Shirou le sorrise, colto sul fatto, un po' in imbarazzo.
«Si nota così tanto?»
«Non c'è nulla di male» la ragazza seduta alla sua destra allungò le gambe, per quanto lo stretto spazio tra i sedili degli spalti glielo permettesse «Anzi, direi che fai bene»
«Si comporta in modo così strano...»
Gli parve di sentire un sospiro leggero, ma la sua amica rimase in silenzio. Forse era un invito ad andare avanti.
«E anche Nae. Tra due giorni c'è il saggio di pattinaggio e lei è scomparsa nel nulla» proseguì «Questa volta è diverso, non riesco ad aiutarli. Sembra quasi che non lo vogliano neanche, il mio aiuto! Prima mi bastava guardarli negli occhi, per capire che volevano assolutamente far pace, ora invece mi evitano» si lamentò.
«Ti sbagli. Vi state comportando tutti in modo strano. Atsuya, Nae, ma soprattutto tu. Siamo abituati ai litigi tra quei due, ma se non fossi così distratto avresti già capito!»
Kotomi non aveva mai parlato con un tono tanto duro. Per qualche ragione, ciò lo fece sentire tremendamente colpevole.
«Che cosa intendi?» riuscì a chiedere, con la bocca secca ed il respiro trattenuto. Lei parve rendersi conto di ciò che aveva detto ed in che modo, arrossì.
«Scusa! Scusami non volevo!» la sua voce tremò «Intendevo dire che... ultimamente sembri distratto e... lontano»
Poi si zittì all'improvviso, e fino alla fine della partita nessuno dei due parlò più.
Se in panchina Atsuya era parso tranquillo, sulla via del ritorno diede sfogo a tutta la rabbia repressa.
Camminava a passo di marcia diversi metri più avanti, con la sacca dell'attrezzatura che oscillava pericolosamente sulla sua spalla e pareva pronta a trasformarsi in un'arma micidiale, se solo ce ne fosse stata l'occasione. Il colore dei suoi capelli si confondeva con il tramonto dipinto nel cielo.
«Atsuya-kun, non si dovrebbero prendere decisioni quando si è arrabbiati» tentò di persuaderlo Kotomi.
«Guarda che io sono calmissimo!» fu la risposta del rosato, tutt'altro che serena «Ormai ho preso la mia decisione: da oggi in poi con l'hockey ho chiuso! Preferisco molto di più concentrarmi sul calcio. Che poi, li avete visti quei deficienti dei miei ex-compagni di squadra? E il capitano? Ah! Ma chi si crede di essere?»
«Non essere così avventato, potresti pentirtene» ma i suoi consigli erano parole al vento e la ragazza già lo sapeva.
Proseguirono in silenzio e Shirou ne approfittò per lasciarsi sommergere dai pensieri che continuavano a stuzzicargli la mente. Che fosse distratto, nei giorni passati, glielo avevano già fatto notare le parole di Someoka e gli sguardi preoccupati dei suoi genitori. Il motivo era chiaro.
«Kotomi, cosa intendevi poco fa? Cosa dovrei aver già capito?» domandò. La ragazza camminava al suo fianco, mantenendo la stessa lenta andatura per non lasciarlo indietro.
«Non volevo dire quelle cose...» sospirò lei, le sue gote erano rosse «Il motivo del litigio sei tu... lo sanno tutti»
Gli ci volle qualche istante per realizzare, e credette di star affogando. Improvvise lacrime gli appannarono la vista, deglutì a vuoto e la gola era in fiamme. La colpa era sua?
Soppresse i singhiozzi, se suo fratello lo avesse sentito piangere le possibilità di continuare quella conversazione sarebbero svanite, ma lui doveva assolutamente parlare con Kotomi.
«T-te lo hanno detto loro?»
«Shirou... si nota. Probabilmente Nae voleva sapere cosa ti fosse preso e Atsuya l'ha cacciata -sai com'è fatto, quando si tratta di proteggerti...» Kotomi gli accarezzò un braccio, come per cercare di consolarlo e finse un colpo di tosse per coprire un singhiozzo più forte degli altri «Vuoi un consiglio? Qualunque cosa ti stia accadendo, anche se per caso non fosse nulla di che, parlane. Forse solo per aiutarti, ma sono certa che quei due torneranno a fare squadra»
Shirou calmò il proprio respiro e forzò un sorriso, le lacrime insieme all'aria invernale gli avevano congelato le guance. Notò Atsuya, fermo ad aspettarli con la schiena contro un cancello di metallo e solo allora riconobbe la zona in cui si trovavano e, di fronte a loro, la casa di Fujisaki.
«Ci vediamo domani agli allenamenti, Shirou-kun, Atsuya-kun» con il suo tono gentile e il suo sguardo dolce, la ragazza dai capelli blu salutò i due fratelli e scomparve oltre la soglia.
Solo allora Atsuya parve accorgersi del volto stanco e arrossato dal pianto del fratello. La parte più protettiva di lui scattò immediatamente; afferrò Shirou per le spalle e lo scosse, il suo viso era un misto tra la preoccupazione e la rabbia.
«Hey, aniki, che cosa è successo? Fujisaki ti ha detto qualcosa?»
Shirou ascoltò a malapena la domanda, nuovamente immerso nei propri pensieri.
«Come credi che reagirebbero, Nae e Kotomi, se sapessero di Gouenji?» domandò, più a sé stesso che al fratello. Ci furono alcuni attimi di stallo, in cui l'espressione di Atsuya mutò in pura confusione.
«ASPETTA, ASPETTA! NON STARAI PARLANDO DI QUEL GOUENJI?»
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