💌 fifth
Per poco non inciampò su Ouji, di nuovo.
Era pericoloso, constatò, camminare mente messaggiava con Gouenji. Anche perché quel coniglio pareva detestare la propria gabbietta e passava la maggior parte del tempo a scorrazzare per casa.
Si piegò per prenderlo in braccio e gli scivolò il telefono di mano, poi recuperò il telefono ed Ouji sgusciò via dalla sua presa; la scena si ripeté tre volte, prima di notare Atsuya che lo fissava ridacchiando.
«Sai, sono le cinque del pomeriggio, tra mezz'ora dobbiamo incontrare Nae al tempio e tu sei ancora in pigiama» gli fece notare il rosato. Continuò a ridere, mentre Shirou si fiondava in camera e indossava i primi vestiti che gli capitavano a tiro.
«Certo che sei proprio preso dalla storia dell'anima gemella» Atsuya si sedette sul letto del fratello, osservandogli la schiena nuda e pallida. Shirou sembrava lo stesso di sempre, ma era anche stranamente più distante. Il telefono gettato sul comodino continuava a vibrare e illuminarsi, un messaggio dopo l'altro. «Anche se, pensandoci bene, sei sempre stato un po' ossessionato da tutta questa faccenda...»
Come avrebbe potuto essere il contrario?
Shirou aveva un enorme bisogno d'affetto. Viveva per i baci dei genitori, gli abbracci del fratello, il tempo degli amici. La sola prospettiva di una persona a lui predestinata, qualcuno in grado di dargli tutto l'amore del mondo e di apprezzare quello che lui era disposto ad offrire, era la più bella promessa che gli si potesse fare. E aveva trascorso tutta la sua vita in attesa di quella persona.
Solo una volta trovata si era reso conto che nulla sarebbe stato immediato come nelle fiabe che da bambino amava e sognava. I due ragazzi si limitavano a conversazioni superficiali, senza alcuna fretta di conoscersi più a fondo, forse con la muta consapevolezza di essere giovani ed avere davanti tanto, tantissimo tempo.
Con questi pensieri si infilò il maglione azzurro e bianco che Nae aveva cucito per lui. Avvicinò il volto allo specchio attaccato all'armadio, cercando di dare una sistemata ai capelli elettrizzati dalla lana.
«Quel maglione fa schifo, ma il mio è anche peggio» borbottò Atsuya, e attraverso il riflesso Shirou poteva vederlo mentre lo osservava con occhio critico. Sorrise.
«Invece a me piace molto! Non pensi che sia stato un bel gesto da parte sua? Chissà quanto tempo ha impiegato per farli... apposta per noi...» lo punzecchiò, e vide che gli occhi grigi del più piccolo erano improvvisamente più vivaci; slittavano da una parte all'altra della stanza, in imbarazzo «E poi dici così, ma lo indossi ogni giorno da una settimana»
Colpito e affondato. Il viso di Atsuya divenne rosso, tanto da creare un buffo gioco di sfumature con i capelli color pesca e Shirou rise.
L'attaccante avrebbe voluto ribattere, ma non poteva negare la sua stessa incoerenza. Aprì e chiuse la bocca più volte, annaspando nel tentativo di trovare le parole.
Gli diede una pacca sulla spalla, cercando di farlo riprendere.
«Guarda che io sono pronto»
Tirava un vento freddo che gli punzecchiava le guance in maniera piacevole. La neve ai lati delle strade iniziava a sciogliersi, ormai era da parecchio che non nevicava, ma sui morbidi versanti della collina del tempio vi era ancora un sottile strato gelido e immacolato. Non era molto, ma abbastanza perché i bambini -stretti nei giubbotti dai colori sgargianti- potessero inventare nuovi giochi e strillare contenti.
«Dobbiamo per forza andare a sciare in uno dei prossimi giorni» notò Atsuya «O se ne riparla l'anno prossimo»
Gli teneva il muso, come un bambino offeso. Camminava con la schiena ingobbita e le mani nelle tasche, calciando con forza tappi di bottiglie, sassolini, pezzetti di ghiaccio e qualsiasi altra cosa che gli si presentasse davanti ai piedi.
Shirou sapeva che non era davvero arrabbiato con lui. Il suo fratellino era solo in imbarazzo per quanto accaduto poco prima, parlare di altro e distoglierlo dai propri pensieri sarebbe stata la cosa migliore da fare.
«Hai ragione» rispose, e iniziò a fare un paio di calcoli «Forse potremmo andare giovedì mattina; sarà un po' stancante visto che a pomeriggio abbiamo gli allenamenti di calcio, ma almeno ne varrà la pena. Questo, però, significa che i compiti vanno finiti tutti mercoledì e venerdì»
«Mi mancano solo letteratura e inglese, direi che è fattibile»
Raggiunsero la cima della scalinata, lì dove si apriva il grande spiazzo antistante al tempio, e capirono che individuare la piccola figura di Shiratoya Nae in mezzo alla folla festante non sarebbe stato facile.
Atsuya si mise a smanettare con il telefono cercando di contattare l'amica e Shirou si aggrappò al suo braccio nel tentativo di rimanergli vicino, opponendosi con tutte le forze al flusso di persone che gli veniva addosso spingendo da ogni direzione. Ma bastarono una spallata un po' più forte delle altre -sufficiente a fargli perdere la presa sul fratello- e un attimo di distrazione; il tempo di riacquistare l'equilibro, ed ecco che si ritrovò da solo.
«Atsuya?» chiamò, più volte e inutilmente. Il suo sguardo vagò in cerca della familiare chioma color pesca, ma il fratello era scomparso -inghiottito da un oceano di persone.
Shirou fece un passo indietro e inciampò nei suoi stessi piedi. Sarebbe caduto, se ce ne fosse stato lo spazio, invece il suo volo si arrestò contro un grande petto di stoffa, morbido e gelato.
«Buon ultimo dell'anno, Shirou, attento a dove metti i piedi» disse la voce gentile di Someoka, mentre il ragazzo gli poggiava le mani sulle spalle e lo aiutava a rimettersi in piedi «Sei qui da solo? È strano»
Someoka era buffo, completamente nascosto da strati e strati di abiti caldi eppure tremante di freddo; del suo volto abbronzato era visibile solo una striscia all'altezza degli occhi scuri.
Shirou gli spiegò in fretta e furia come stavano le cose, sollevato dalla presenza di un amico, e consapevole del fatto che Ryuugo si sarebbe proposto di aiutarlo senza esitazioni. Vagarono per mezz'ora o anche di più, ma a nulla servì l'aiuto del rosato -che con la sua altezza spiccava sulla folla, e aveva una visuale più ampia- e il telefono dell'argenteo squillò lungamente a vuoto.
Infine, quando il sole iniziava già a calare e il cielo preannunciava i colori del tramonto, si fermarono sotto gli alberi sul versante della collina, lontani dalla calca soffocante.
Quando per l'ennesima volta partì la segreteria telefonica, Fubuki lasciò scivolare il telefono in tasca, stanco e preoccupato.
«Non capisco perché non rispondano, secondo te è successo qualcosa? Non... non li avranno rapiti? Il signor Shiratoya è ricco, se avessero preso in ostaggio sua figlia potrebbero chiedergli dei soldi... e poi Atsuya...»
Someoka rise e Shirou arrossì, forse stava diventando paranoico.
«Sono abbastanza sicuro che siano semplicemente troppo impegnati per ricordarsi di noi, se capisci cosa intendo» ammiccò, per poi ridere ancora più forte davanti alla faccia confusa dell'argenteo.
«Cosa?»
«La-lascia stare, sei troppo puro per questo»
Shirou continuò a non capire.
Lentamente calò un silenzio che sapeva di tensione; l'espressione di Ryuugo era indecifrabile, nascosto com'era dietro alla sciarpa e al cappello, ma i suoi occhi parevano inquieti. Come se avesse qualcosa di molto importante da dire.
Fu una sensazione che Shirou ebbe solo per pochi attimi, perché quando le iridi scure del ragazzo incontrarono il suo sguardo, parevano aver lo stesso luccichio affettuoso che riservava solo agli amici più cari.
«Ancora nessuna notizia dalla tua anima gemella?»
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